OMOPOLARI, LEGAMI (XXV, p. 349)
LEGAMI Lo studio del problema relativo ai legami chimici che si stabiliscono tra gli atomi di una molecola poliatomica ha portato a formulare per via sperimentale alcune regole molto comode di addittività dell'energia dei singoli legami per il calcolo dell'energia complessiva della molecola, facendo supporre che, almeno per un gran numero di casi, gli elettroni, all'interno della molecola, si riuniscano per così dire in gruppi di due (doppietti elettronici), e questi gruppi in un certo senso si localizzino in particolari zone della molecola. I varî doppietti poi, secondo queste vedute, dovrebbero essere tra loro indipendenti per poter spiegare le regole di addittività trovate. Sono stati i moderni concetti della meccanica quantistica che hanno contribuito notevolmente a chiarire il problema e si è trovato che le proprietà del legame chimico che si stabilisce tra due atomi a e b sono spesso determinate da quelle delle funzioni d'onda di due soli elettroni (doppietto) una per l'atomo a e l'altra per quello b, poiché la funzione d'onda della molecola ab può essere scritta in funzione di queste due autofunzioni atomiche.
La meccanica quantistica mostra poi come, in molti casi, le proprietà di indipendenza tra i varî legami vengano spiegate dalla particolarità presentata dalle autofunzioni atomiche (che concorrono a formare un dato legame) di sovrapporsi il più possibile tra loro e pochissimo con quelle che concorrono a formare un legame diverso; con ciò si ottengono integrali di risonanza molto elevati per le autofunzioni di elettroni che contribuiscono ad un dato legame e molto piccoli per le autofunzioni di elettroni relativi a legami distinti.
L'approssimazione relativa alle regole di addittività cade però in difetto in un numero notevole di casi, come ad esempio ogni qual volta nella molecola ci siano doppî legami coniugati, o comunque si presentino varie possibilità di stabilire i legami; un esempio classico è costituito dalle molecole aromatiche come il benzolo, la naftalina, ecc., per cui si possono pensare gli schemi seguenti per il legame chimico:
Per molecole di questo tipo, di cui è ricchissima la chimica organica, è necessario abbandonare il concetto, inteso in senso stretto, della addittività dell'energia di legame e della localizzazione degli elettroni in parti ben circoscritte della molecola, anzi si dimostra che gli elettroni che concorrono a formare i doppî legami coniugati debbono pensarsi distribuiti un po' dovunque nella molecola stessa.
Se lo studio del legame di valenza nelle molecole biatomiche è già notevolmente complesso, si comprende quante maggiori difficoltà si presentino per lo studio di quei casi per i quali il campo di potenziale in cui si vengono a trovare gli elettroni è molto più complicato che non quello, a semplice simmetria cilindrica, delle molecole biatomiche. Pertanto la soluzione completa di tali problemi di valenza è legata essenzialmente a metodi approssimati che in gran numero sono stati elaborati allo scopo, ma che essenzialmente oggi si raggruppano nei due che hanno preso il nome dagli autori che li hanno proposti: il primo metodo detto delle risonanze è dovuto ad Heitler-London-Slater-Pauling (H. L. S. P.) e prende lo spunto dal classico lavoro di Heitler e London sulla molecola di idrogeno per generalizzare il metodo anche a molecole più complesse; il secondo, il metodo degli orbitali molecolari, fu studiato essenzialmente da Hund-Mulliken-Hückel (H. M. H.), Lennard Jones ed altri.
La soluzione dei problemi di valenza coi metodi della meccanica quantistica comporta essenzialmente la ricerca degli autovalori Ej (livelli energetici) e delle autofunzioni relative alla equazione di Schrödinger:
in cui H è l'operatore hamiltoniano del problema.
La soluzione esatta di questa equazione non è materialmente possibile che in un certo ristretto numero di casi semplici, ma sono stati escogitati numerosi metodi approssimati che conducono a risultati soddisfacenti e ad una interpretazione spesso suggestiva dei fatti sperimentali che riguardano le proprietà del legame chimico. Tra questi metodi sono di grande utilità il metodo delle perturbazioni e quello variazionale. In ambedue si parte da certe funzioni ϕi (sul cui significato torneremo fra breve), che soddisfano molto grossolanamente l'equazione [1] e che costituiscono la base per l'impostazione del calcolo; se si prende come autofunzione approssimata una combinazione lineare delle ϕi del tipo Φ = c1 ϕ1 + c2 ϕ2 + ... + cn ϕn si giunge con ambedue i metodi a stabilire una equazione (equazione secolare del problema; vedi per es. un metodo per giungere ad essa nel vol. XXV) di questo tipo
dove:
La soluzione di questa equazione permette il calcolo dei livelli energetici Ej (autovalori approssimati dell'equazione di Schröddinger [1]) e dei coefficienti ci delle funzioni Φj (di cui se ne trova una per ciascun livello Ej) le quali rappresentano una buona approssimazione delle vere soluzioni Ψj che soddisfano la [1] ed il computo esatto delle quali non è in genere possibile.
Come si vede, nella [2] compaiono gli integrali di certe funzioni di cui ancora non abbiamo specificato la natura. Sarà utile soffermarci sui concetti che conducono alla loro scelta, in quanto ne trarremo una facile distinzione e classificazione dei due metodi sopra nominati di H. L. S. P. e H. M. H. relativi allo studio dei problemi di valenza.
Sia pertanto la molecola in esame costituita dagli atomi a, b, c,... n; l'operatore hamiltoniano che compare in [1] sarà del tipo:
dove il primo termine rappresenta l'energia cinetica dei nuclei, il secondo quella degli elettroni, e Vnn, Vne, Vee sono i contributi all'energia potenziale derivanti dalle interazioni nuclei-nuclei, nuclei-elettroni ed elettroni elettroni, e inoltre Mα, m sono le masse dei nuclei e degli elettroni rispettivamente, e h è la costante di Planck e Δ²α, Δi2 sono gli operatori del tipo
Se si allontanano progressivamente tra di loro tutti gli atomi in modo tale che ognuno conservi il suo elettrone di valenza, evidentemente nell'operatore H si annullano i termini Vnn e Vee ed il termine Vne si spezza in termini relativi all'energia potenziale di ciascun elettrone con il proprio nucleo. Un tale operatore, che possiamo simbolizzare con H∞, conduce ad una equazione di Schrödinger:
le cui autofunzioni (come è facile dimostrare) si fattorizzano in un prodotto delle n aut0funzioni ψaα oppure ψaβ, ψbα oppure ψbβ, ψcα oppure ψcβ, ... ecc., degli elettroni sui singoli atomi, nelle quali per comodità è stata separata la parte relativa alle coordinate di posizioni ψa, ψb, ψc ..., da quella relativa alle funzioni di spin α ovvero β (a seconda che lo spin è + 1/2 oppure − 1/2); cioè l'autofunzione complessiva può essere scritta per es.:
dove i numeri 1, 2, ..... stanno per il gruppo di coordinate x1, y1, z1; x2, y2, z2; ecc. degli n elettroni. Si comprende come una tale funzione possa essere usata con buone speranze di successo come funzione variazionale anche per il problema [1] quando cioè le distanze tra i singoli atomi decrescono dall'infinito fino al valore delle distanze di equilibrio. Analogamente a quanto si fa nella molecola di idrogeno (vedi vol. XXV), di funzioni come la n] ve ne sono n! se si pensa che si ottiene ugualmente una soluzione di tipo [4] per un qualsiasi scambio degli elettroni, come per es.:
ognuna delle quali è soluzione della [3] come anche lo è ogni loro combinazione lineare. Si dimostra però che, per il principio di Pauli, sono permesse solo combinazioni lineari delle n (autofunzioni del tipo 4] che siano antisimmetriche per lo scambio delle coordinate degli elettroni; ed un modo molto semplice di scrivere queste funzioni è:
in quanto si è certi che lo scambio di 2 elettroni equivale a permutare due righe, e pertanto la ϕ cambia di segno (è antisimmetrica per lo scambio dei due elettroni). Di funzioni ϕ, come è facile vedere, ve ne sono 2n poiché ciascuna colonna può contenere il fattore αoppure β di spin. si dimostra poi (v. vol. XXV) che tra due atomi adiacenti si può stabilire un legame se le autofunzioni di spin relative alle autofunzioni dei due elettroni di valenza dei due atomi sono opposte, cioè sono rispettivamente α e β oppure β ed α.
Una funzione ϕ come la [6] rappresenterà pertanto uno stato di legame della molecola in cui c'è un legame (spin antiparalleli) fra l'atomo b e quello c, mentre non c'è fra quello a e quello b, e così via... Questo modo di scegliere le funzioni variazionali è stato adottato nel metodo di H. L. S. P. ed è interessante notare che le funzioni ϕ rappresentano solo stati di valenza omopolare pura in quanto ogni autofunzione atomica ψaα, ψbα... ecc. è occupata da un solo elettrone. Stati ionici, infatti, non sono presi in considerazione poiché per essi si dovrebbe contemplare il caso in cui alcune autofunzioni atomiche siano occupate da due elettroni a spin antiparallelo ed altre non siano occupate affatto. Questa eventualità invece è prevista nell'altro metodo, quello di H. M. H., per il quale la scelta delle funzioni ϕ, che servono di base per la impostazione del calcolo variazionale, è fatta con un criterio diverso. In questo metodo s'introduce il concetto di orbitale molecolare che rappresenta la funzione d'onda di uno solo di tutti gli n elettroni della molecola, muoventesi nel campo di potenziale dello scheletro molecolare, costituito dai resti atomici, e degli altri elettroni di valenza. Anche qui, se si trascurano nell'operatore hamiltoniano i termini del tipo Vee di interazione fra gli elettroni di valenza, l'operatore stesso si può spezzare in una somma di n termini ciascuno relativo ad uno degli n elettroni, e pertanto l'autofunzione complessiva del problema si può scrivere, in approssimazione zero, come un prodotto di n funzioni d'onda monoelettroniche (orbitali molecolari). Queste ultime, poi, si possono scrivere approssimativamente come combinazione lineare delle autofunzioni atomiche dei singoli atomi della molecola: Φ = a ψa + b ψa + c ψc + ...; in questo metodo, pertanto, come funzioni variazionali ϕ si prendono direttamente le autofunzioni atomiche ψa, ψb, ... così l'autofunzione complessiva acquista la forma:
in cui questa volta per semplicità si sono omessi accanto alle ψa, ψb ... i fattori di spin; ogni parentesi quadra dunque rappresenta un orbitale molecolare monoelettronico. Al solito la soluzione dell'equazione secolare conduce al calcolo dei livelli energetici e dei coefficienti ai, bi, ci;..... che defluiscono gli orbitali molecolari Φ in funzione di quelli atomici; va notato però che ogni livello può essere occupato da due elettroni a spin antiparalleli in quanto, come si è detto, nell'impostazione abbiamo tralasciato il fattore di spin.
Per vedere più da vicino il significato di [7], considerando il caso di due soli atomi e svolgendo il prodotto, si avrà:
notiamo subito il risultato importante che in queste funzioni d'onda, oltre ai soliti termini come il secondo e il terzo in cui ogni autofunzione atomica è occupata da un solo elettrone, compaiono anche termini come il primo ed il quarto in cui su di una stessa autofunzione atomica sono localizzati ambedue gli elettroni 1 e 2 (termini ionici). Il metodo di H.M.H., pertanto, prende in considerazione anche termini ionici, ma si può dimostrare che ne esagera in genere il loro contributo. Ambedue i metodi ora esposti sono di grande utilità nell'interpretazione delle proprietà dei legami chimici e l'apparente complessità dei calcoli viene quasi sempre ridotta moltissimo in pratica poiché, in primo luogo, alcuni teoremi riguardanti le proprietà delle autofunzioni di spin permettono di ridurre moltissimo il numero degli integrali che compaiono in [2′] (2″] (2‴], secondariamente vengono quasi sempre girate le difficoltà del computo matematico dei rimanenti integrali, in quanto i loro valori possono essere apprezzati, con buona approssimazione, per molecole semplici, dal confronto con i dati sperimentali ed usati poi per molecole analoghe ma la cui struttura sia più complessa.
Per illustrare molto brevemente i due metodi ed il tipo di semplificazioni che su di essi possono essere fatti, prendiamo in considerazione il problema dei 4 elettroni pz del ciclobutadiene che concorrono a formare i due doppî legami coniugati:
Si hanno in questo caso 4 autofunzioni atomiche che chiameremo ψa, ψb, ψc, ψd. secondo il metodo di H. L. S. P., per associazione con le autofunzioni di spin, e se ci si limita soltanto ai casi in cui gli spin siano a due a due antiparalleli (il che corrisponde a prendere in considerazione solo autofunzioni di legame), si ottengono le seguenti possibilità:
dove le Σ ± P rappresentano le somme delle 4! permutazioni degli elettroni, 1, 2, 3, 4 sugli orbitali ψa, ψb, ψc, ψd ed il segno ± vale a seconda che la permutazione sia pari o dispari; le [8] rappresentano pertanto lo sviluppo delle funzioni sotto forma di determinante come la [6]. Possiamo notare che le autofunzioni che descrivono il legame a-b c-d, cioè quelle per cui gli elettroni occupanti gli orbitali a e b formano un legame (essendo a spin antiparallelo) e quelli occupanti gli orbitali c e d ne formano un altro, sono solamente le ϕ1, ϕ3, ϕ4, ϕ5; pertanto una loro opportuna combinazione lineare (antisimmetrica per lo scambio delle coordinate degli elettroni) sarà l'autofunzione complessiva adatta a rappresentare la situazione A; si trova in effetti:
analogamente la situazione B si trova essere rappresentata da:
Se restringiamo per semplicità il nostro problema allo studio soltanto della interazione tra le due strutture principali A e B (che corrispondono in un certo senso al formalismo chimico classico), si vede che ϕA e ϕB rappresentano le funzioni variazionali a noi necessarie, nella trattazione del problema col metodo di H. L. S. P., per la risoluzione del problema secolare [2].
Nel nostro caso si avrà:
Per la risoluzione della [11] è necessario il computo degli elementi del tipo HAA = ʃ ϕ*A H ϕA d τ, ecc., i quali a loro volta si ottengono per le [9] e (10] da quelli H11 = ʃ ϕ*1 H ϕ1 d τ, H12 = ʃ ϕ*1 Hϕ2 d τ.... ecc. L'integrale H12 per es., ricordando le (8] è del tipo (limitandoci al caso di auto funzioni ϕa, ϕb, ecc. reali):
dove, come si è detto, le somme vanno estese a tutte le permutazioni dei quattro elettroni sulle quattro autofunzioni. È facile notare che si otterrà lo stesso risultato se gli operatori Σ ± P1, Σ ± P1, P2, vengono moltiplicati volta a volta per l'operatore inverso di P1 cioè P = P1-1; con questo ogni termine nella somma di sinistra rimarrà invariato poiché P1-1 P1-1 = 1 e si potrà scrivere:
si avrà pertanto:
essendo P′ - P1-1 • P2 un'altra permutazione del gruppo che opera sui quattro elettroni. Si ha così che lo sviluppo di [12] è composto di 4! termini dei quali un esemplare è del tipo:
il quale, se l'operatore hamiltoniano non opera sulle autofunzioni di spin, può essere anche scritto:
È facile notare che per le condizioni di ortogonalità e normalizzazione delle autofunzioni di spin:
integrali del tipo [13] sono nulli a meno che gli spin sulle autofunzioni a sinistra e a destra di H relativi ad ogni particolare elettrone, 1, 2, 3, 4, non siano uguali. Questo risultato è di grande importanza in quanto permette una riduzione notevolissima del numero degli integrali di tipo I ed inoltre consente di scrivere tali integrali solo rispetto alle funzioni posizionali ψa, ψb, ψc ecc., cancellando i fattori di spin. È facile vedere che gli unici termini in H12 non nulli sono:
che d'ora in avanti scriveremo col simbolismo indicato a destra a significare che nel primo (ad es.) si tratta della permutazione delle coordinate degli elettroni su b e c, nel secondo, sono state permutate prima le coordinate su a e b e poi su a e c, ecc. Si può dimostrare che integrali di scambio multiplo sono in genere molto piccoli e si possono trascurare (il secondo, il terzo, ed il quarto di [15]) pertanto H12 si riduce al primo termine:
Da considerazioni come quelle illustrate per H12 sono state dedotte delle regole molto utili per il computo degli integrali Hij che permettono di ridurre moltissimo il numero di termini che compaiono in essi. Tali regole si possono riassumere essenzialmente nelle tre seguenti:
1° L'elemento di matrice Hij, tra due diverse (i???j) funzioni ϕi e ϕj antisimmetriche, si assume uguale a zero a meno che le due funzioni non differiscano che per un singolo scambio degli spin di due orbitali atomici: in questo caso Hij è semplicemente uguale all'opposto dell'integrale di scambio tra questi due orbitali. Per esempio in H12, ϕ1 e ϕ2 differiscono solo per lo scambio degli spin di ϕb e ϕc in quanto ϕ1 si ha il fattore ψb β • ψc α ed in ϕ2 quello ψcα • ψc β, pertanto H12 = − (bc).
2° Gli elementi di matrice Hii tra due autofunzioni identiche (i = j) si ottengono sottraendo all'integrale coulombiano Q dell'autofunzione ϕi; tutti gli integrali di scambio tra orbitali aventi lo stesso spin: per es. nel caso H11 l'integrale coulombiano sarà: Q = ʃ ψa (1) ψb (2) ψc (3) • ψd (4) H ψa (1) ψb (2) ψc (3) ψd (4) d τ′ ed inessendo ϕ1 = Σ ± P ψa (19 α (1) • ψb (2) β (2) • ψc (3) α (3) • ψd (4) β (4), gli orbitali atomici con la stessa autofunzione di spin α sono ψa e ψc, e ψc, e ψb e ψd con spin β, pertanto H11 = Q − (ac) − (bd).
3° Gli integrali di sovrapposizione Δij sono uguali ad uno oppure a zero a seconda che i = j oppure i??? j se si fa l'ipotesi che le autofunzioni siano mutuamente ortogonali e normalizzate.
Per mezzo di queste regole si trovano facilmente gli elementi HAA, HAB, ecc. che compaiono in [11] per es.:
Se chiamiamo α (da non confondere con l'analoga notazione per la funzione α di spin) gli integrali di scambio del tipo (a b), (c d), ecc. tra autofunzione di atomi adiacenti
e trascuriamo quelli del tipo (a d), (b c) tra autofunzioni di atomi lontani, si ha da [16]
pertanto la [11] può essere scritta:
che fornisce per i livelli energetici E i due valori seguenti: E1 = Q + 2α, E2 = Q − 2α, dei quali il primo rappresenta lo stato fondamentale essendo a presumibilmente una quantità negativa.
Vediamo ora come si risolve il medesimo problema col metodo degli orbitali molecolari (H. M. H.); questa volta le funzioni variazionali sono addirittura le autofunzioni atomiche ψa, ψb, ψc, ψd, (omettiamo qui il fattore di spin), e l'equazione secolare del problema, se si trascurano gli integrali del tipo ʃ ψa H ψd d τ e ʃ ψb H ψc d τ tra autofunzioni atomiche di atomi non adiacenti, e se poniamo
può essere scritta:
Da questa ultima si ricavano i seguenti valori per i livelli energetici: E1 = q − 2β ; E2 = q ; E3 = q ; E4 = q + 2β, deiqualil'ultimoèil più basso poiché presumibilmente β è negativo. Si hanno pertanto quattro orbitali molecolari Φj = ajya + bjψb + cjψc + djψd, corrispondenti ognuno ad uno dei livelli Ej trovati. Poiché nella nostra trattazione si è omesso il fattore di spin, potremo sistemare su ognuno di questi orbitali due elettroni a spin antiparallelo e quindi nello stato fondamentale del nostro problema, che comporta quattro elettroni, saranno occupati gli orbitali che corrispondono alle due energie più basse: E4 = q + 2 β ed E3 = q, e l'energia totale dei quattro elettroni sarà: E = 2 (E4 + E3) = 2 (2q + eβ) = 4q + 4 β.
Nella tabella sono indicati i valori in v. e. degli integrali di tipo α e β che si presentano nei due metodi:
Questi valori sono stati ottenuti dal confronto delle energie di risonanza (calcolabili rispettivamente nei due metodi dai valori di E) con quelle sperimentali, e mostrano, per le varie molecole prese in considerazione, una concordanza notevole se si pensa alle approssimazioni fatte, fornendo così una riprova della bontà dei metodi di calcolo usati; non sarà inutile notare che la quasi costanza del rapporto β/α fornisce una garanzia dell'equivalenza dei due metodi di approssimazione di H. L. S. P. e H. M. H.
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