CAMPANA, LEGA
. Quando, nell'846, i Saraceni s'impadronirono della punta di Licosa e di Ponza e si diedero ad infestare le coste e le isole più a nord, Napoli, Gaeta e Amalfi, che si erano costituite in regime di autonomia, e dei traffici sul Tirreno avevano fatto un monopolio proprio, si strinsero in una lega che fu la prima opposta da città italiane alla prepotenza straniera.
Il duca di Napoli, Sergio, con le navi napoletane e con quelle di Sorrento, di Gaeta e di Amalfi, assalì quei predoni e li vinse probabilmente nel golfo di Napoli, sicuramente in quelli di Gaeta e di Salerno; li snidò da Licosa e da Ponza e liberò dalle loro incursioni le isole e le coste dei tre golfi.
Ma nell'estate dello stesso anno due armate musulmane salparono contemporaneamente dalla Sicilia e dall'Africa. L'una ridusse Miseno a quasi un mucchio di rovine; l'altra approdò ad Ostia, fugandone gli abitanti e il presidio (23 agosto 846). Sbarcati, gli assalitori avanzarono su Roma tra incendî e stragi; saccheggiarono e devastarono orrendamente la basilica, allora estramurana, degli Apostoli; ruppero i Romani, usciti a respingerli sul campo di Nerone, e le scarse forze condotte dal giovane re d'Italia Ludovico II. Ma, sopraggiungendo d'ogni parte aiuto di altre genti, temettero d'essere accerchiati e separati dal mare: e, fiancheggiati dalle navi, si ritirarono per la via Appia verso la Campania, dove arsero Fondi, distrussero Formia, posero assedio a Gaeta. Qui venne ad affrontarli un nuovo esercito franco, che fu sbaragliato e messo in fuga. Ma in quel punto, il console Cesario, figlio secondogenito del duca Sergio, a capo delle armate napoletana e amalfitana, riuscì a penetrare nel porto della città assediata e lanciò i suoi guerrieri alla caccia degl'inseguitori. Grazie all'intervento del giovane ammiraglio napoletano, Gaeta fu salva. E più gloriosa impresa lo stesso Cesario con la Lega campana compì tre anni dopo, agli avvisi che un'altra flotta africana si avviava alla volta d'Ostia. Con le forze di Napoli, di Gaeta e d'Amalfi, si presentò davanti a Roma; si fece annunziare al pontefice Leone IV (v.), che lo accolse nel Laterano, lo riaccompagnò ad Ostia e ne benedisse i guerrieri con una preghiera ch'è rimasta nella liturgia. E quando, la mattina seguente, s'appressarono le navi africane, Cesario le investì vigorosamente, affondandone parte. Secondo il biografo papale una tempesta pose termine alla battaglia, sbaragliando la flotta africana, lasciando illesa quella cristiana.
Certo è che la Lega campana nell'849 risparmiò a Ostia e a Roma la sventura di tre anni prima. E, se la Chiesa celebrò come trionfo suo quella giornata e la rammenta tuttora nella sua liturgia, Raffaello, chiamato a ritrarla nel Vaticano, non mancò di far campeggiare di fronte al papa la figura del console napoletano coi suoi prodi guerrieri. La Lega campana poi si disciolse; ma la storia deve riconoscere ad essa e a Cesario il merito reale di quella che fu la più insigne vittoria navale dei cristiani sui musulmani, prima di Lepanto.
Bibl.: Si vedano specialmente M. Schipa, Storia del principato longobardo di Salerno, in Arch. stor. per le prov. nap., XII (1887), p. 104 segg., e Il ducato di Napoli, ibid., XVII (1892), p. 606, recentemente condensati e rifusi dallo Schipa stesso in Il Mezzogiorno d'Italia anteriormente alla monarchia. Ducato di Napoli e principato di Salerno, Bari 1923, p. 67 segg. Si potranno inoltre utilmente consultare le opere di J. Gay, L'Italie méridionale et l'Empire byzantin, Parigi 1904, p. 54 segg.; L. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, III, i, Gotha 1908, p. 194 segg.; G. Romano, Le dominazioni barbariche in Italia, Milano 1910, p. 479 segg.; L. Duchesne, Le premiers temps de l'État Pontifical, 3ª ed., Parigi 1911, p. 207 segg.; F. Gregorovius, Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter, I, Dresda 1926, p. 619 segg. Da riscontrare anche Ph. Lauer, Le poème de la destruction de Rome et les origines de la cité léonine, in Mélanges d'arch. et d'hist., XIX (1899), p. 307 segg.