Organizzazione dei Paesi arabi il cui nome ufficiale è Lega degli Stati arabi (Jāmi‘at al-Duwal al-‘Arabiyya). Fu costituita al Cairo nel marzo 1945 da Egitto, Arabia Saudita, Transgiordania (poi Giordania), Iraq, Libano, Siria e Yemen del Nord (che firmò nel mese di maggio), con lo scopo di coordinare la politica estera e promuovere la cooperazione culturale in tutto il mondo arabo. In seguito sono entrati a farne parte Libia (1953), Sudan (1956), Tunisia e Marocco (1958), Kuwait (1961), Algeria (1962), Yemen del Sud (1967; dal 1990 unito allo Yemen del Nord nella Repubblica dello Yemen), Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Oman e Qatar (1971), Mauritania (1973), Somalia (1974), Palestina, rappresentata dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, OLP (1976), Gibuti (1977), Isole Comore (1993). Sono stati ammessi come osservatori il Brasile (2002), l’Eritrea (2003), l'Armenia (2004), il Venezuela (2006) e l’India (2007). La Libia è stata sospesa nel febbraio 2011 a seguito dell’inizio della guerra civile, e riammessa nell'organizzazione nell'agosto dello stesso anno, la Siria nel novembre 2011, reintegrata, "a determinate condizioni", nel maggio 2023.
Al momento della fondazione la Lega si proponeva di favorire la liberazione dei paesi arabi non ancora indipendenti e di impedire la creazione dello Stato ebraico in Palestina, allora sotto il mandato britannico. La questione palestinese è rimasta poi il punto centrale di convergenze e contrasti (➔ anche Arabi) e la pace separata firmata con Israele prima dall’Egitto, nel 1979, poi dalla Giordania, nel 1994, determinò una significativa incrinatura nell’unità del mondo arabo, fino ad allora compatto nel suo antagonismo verso Israele. Così per dieci anni, dal 1979 al 1989, l’Egitto fu sospeso dalla Lega e per lo stesso motivo dal 1979 al 1991 la sede dell’organizzazione fu trasferita dal Cairo a Tunisi. Nel 1993 l’organo supremo della Lega, il Consiglio, espresse la propria approvazione agli accordi di pace di Oslo conclusi tra Israele e l’OLP e da allora, pur deplorando a più riprese l’irresolutezza di Israele nel rispettare gli accordi presi e la violenza e la sopraffazione nei confronti della popolazione palestinese, la Lega si è a lungo sostanzialmente allineata sulle posizioni moderate del presidente egiziano Mubarak, al potere dal 1981 al 2011. Nel marzo del 2002, nel corso del vertice di Beirut fu approvato un piano di pace ispirato dall’Arabia Saudita secondo il quale i paesi arabi si sarebbero impegnati a costruire relazioni diplomatiche con Israele in cambio del ritiro dai Territori occupati dal 1967 in poi e dell’accettazione di uno Stato palestinese indipendente in Cisgiordania e a Gaza. Il governo israeliano, però, ignorò sostanzialmente l’iniziativa.
All’inizio degli anni Novanta in seguito all’invasione irachena del Kuwait si creò una grave crisi nei rapporti fra i paesi membri; la maggioranza degli Stati aderenti, però, si mostrò favorevole all’intervento militare, predisponendo l’invio di truppe arabe in Arabia Saudita al fianco della forza multinazionale. Nel marzo 2003, con l’eccezione del Kuwait, la Lega condannò l’intervento militare angloamericano in Iraq, mentre le piazze dei paesi arabi si infiammavano contro la guerra voluta dagli Stati Uniti e dalle potenze occidentali.
Nonostante l’attivismo del nuovo segretario egiziano Amr Moussa, nominato nel 2001, il protagonismo politico della Lega sembrava via via ridimensionarsi sia per le divisioni interne, sia per la crescente marginalizzazione della questione palestinese nello scenario mediorientale e internazionale. In occasione della crisi libanese nell’estate 2006 e dell’attacco israeliano a Gaza nel dicembre 2008 fu confermata la spaccatura tra i paesi tradizionalmente alleati di Washington, guidati da Egitto e Arabia Saudita, e sul fronte opposto quelli vicini alle posizioni del presidente siriano Bashar al Assad che chiamava il mondo arabo alla rottura diplomatica con Israele e a sostenere la lotta di Gaza, come dichiarò nel vertice di Doha del gennaio 2009 che riuniva i 13 paesi della Lega allineati sulle sue posizioni. In questo contesto, nel tentativo di aprire un nuovo fronte internazionale per restituire visibilità all’operato della Lega, questa ha cercato una collaborazione sempre più stretta con l’Unione africana, di cui si è fatto interprete principale il leader libico Gheddafi, auspicando iniziative comuni e accordi economici. Nel marzo 2009 richiamò l’attenzione della comunità internazionale la calorosa accoglienza riservata dal summit della Lega a Doha al presidente sudanese Omar al-Bashīr sul quale pendeva un mandato d’arresto internazionale della Corte penale internazionale dell’Aia per crimini di guerra e contro l’umanità.
Nei decenni tra la fine del XXI secolo e l’inizio del nuovo gli Stati aderenti alla Lega si sono dovuti confrontare con nuovi problemi e difficili sfide. La violenza e i drammatici contraccolpi del terrorismo islamista e l’aggressiva politica estera del presidente iraniano Ahmadinejad, deciso ad aumentare la sua influenza nella regione, non potevano non preoccupare le tradizionali monarchie sunnite del Golfo. Ancora più difficile appariva il ruolo della Lega di fronte alle rivoluzioni che nei primi mesi del 2011 rovesciavano i regimi in Tunisia e in Egitto provocando un’ondata di manifestazioni e rivolte in tutto il mondo arabo; in più occasioni il segretario uscente Amr Moussa ha invitato i regimi ad accogliere le istanze di democratizzazione provenienti dalla società civile e dalle opposizioni, condannando la violenta repressione della protesta popolare in Libia, in Siria e nello Yemen.