Protagonista di King Lear (Re Lear), tragedia, rappresentata nel 1606, tra le maggiori di W. Shakespeare. Egoista e autoritario, abdica, nell'illusione di poter conservare il piacere e le prerogative della regalità senza le responsabilità e i doveri inerenti; ma l'ingratitudine delle due figlie beneficate che lo scacciano gli apre gli occhi alla realtà. La tempesta del suo animo, riflessa nella tempesta degli elementi, determina in lui uno sviluppo duplice e inverso: più la sua mente si ottenebra fino alla pazzia, più nel suo animo si fa luce. Dalla iniziale atmosfera di fiaba del re che divide il suo regno fra due delle sue figlie, misconoscendo la minore che è la sola buona, attraverso la statura titanica che il vegliardo reietto assume nella tempesta, si segue l'espiazione della pazzia e il crescere della luce interiore, finché, purificato e redento, egli riconosce la bontà e l'amore nella figlia già ripudiata (Cordelia). Egli nasce, infine, allo spirito nel momento in cui muore sul cadavere della figlia che è stata uccisa.
La storia di Lear si trova nella Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth (1137), nella Chronicle di Holinshed, nel racconto di J. Higgins in Mirrour for Magistrates, nella Faerie Queene di E. Spenser (l. II, canto 10, st. 27-32), e in una tragedia, The true chronicle history of king Leir and his three daughters (1605), cui più che ad altro probabilmente attinse Shakespeare.
Per approfondire Shakespeare, William, di Mario Praz (Enciclopedia Italiana)