MORATÍN, Leandro Fernández de
Commediografo spagnolo, nato a Madrid il 10 marzo 1760, morto a Parigi il 21 maggio 1828. Figlio di Nicolás F. de Moratín (v.), Leandro ne ereditò l'amore alla poesia e al teatro; d'ingegno precoce, ottenne i primi premî all'età di dieci anni (La toma de Granada, 1770, in endecasillabi; Lección poética, 1773, satira letteraria), e, dopo aver fatto buona prova nella bottega d'un suo zio orafo, si recò a Parigi, come segretario del conte Francisco Cabarrús (1787). Protetto da Manuel Godoy, il potente ministro di Carlo IV, il M. ottenne aiuti finanziarî che gli permisero di conoscere i paesi dell'Europa, dal 1792 al 1796. Le sue ripetute dimore a Parigi e la cultura francese a cui si andava educando, lo fecero parteggiare per Giuseppe Bonaparte, da cui accettò più tardi l'ufficio di direttore della Biblioteca Reale, seguendo poi, nelle alterne vicende della guerra, le sorti dell'invasore, finché, stanco di una vita agitata e incerta si rimise alla giustizia di un tribunale per un processo di discolpa ("Juicio de purificación), dal quale uscì riabilitato e reintegrato nel possesso dei suoi beni (1815). Ma, avverso al dispotismo religioso imperante, il M. dovette passare in Francia, dove visse fino alla morte. Per decreto della regina Isabella II, le sue ceneri furono trasportate a Madrid (1853).
La più notevole delle opere della giovinezza del M. è La derrota de los pedantes, del 1789, caustica satira contro i poetastri e gli scrittori pedanti, contro gli ultimi seguaci del cultismo o gongorismo. Nella lirica il M. è classicheggiante, ispirandosi all'arte di Orazio e, tra i moderni, a qualcuno degl'Italiani (Parini e Monti). E poeta semplice e sobrio; c'è in lui certo sentimentalismo malinconico, un po' vago, come nella bella poesia, las Musas, che fa presentire nuove tendenze liriche.
Il M. eccelle come commediografo. Cinque sono le sue commedie originali: El viejo y la niña (1790), rivolta a mostrare le tristi conseguenze d'un matrimonio imposto, La comedia nueva ó el Café (1792), acre satira letteraria, che gli suscitò molte ostilità, intesa a fustigare il mal gusto degli scrittori drammatici, inetti continuatori dell'antico teatro eroico spagnolo; El Barón (1803), più veramente zarzuela; La Mojigata (1804), imitazione del Tartuffe di Molière; El sí de las niñas, rappresentata nel 1806. Due traduzioni libere da Molière sono: La escuela de los maridos e El médico a palos; da Shakespeare ridusse l'Amleto.
Erano ormai esauste nel Settecento le ricche vene della drammatica spagnola; per di più la folta schiera degl'imitatori del teatro classico del "siglo de oro" ne avevano segnato l'ultimo decadimento con l'esagerazione ridicola del meraviglioso e del romanzesco, con le morbose sentimentalità della commedia lacrimosa, con le triviali comicità. Nella Comedia nueva il M. ritrae, satireggiandolo nel protagonista don Eleuterio, il più in vista fra cotesti inetti imitatori, il catalano L. F. Comella. Un inizio di reazione con orientamenti verso il teatro francese neoclassico segnarono la Hormesinda di Nicolás de Moratín, padre di Leandro, il Sancho García di J. Cadalso, il Munuza di G. de Jovellanos; ma solo con Leandro si affermò la nuova poetica, e con lui sorse una vera e propria scuola moratiniana che ebbe numerosi seguaci (Martínez de la Rosa, Ventura de la Vega, M. E. de Gorostiza, Bretón de los Herreros, ecc.). Il M. mosse dal concetto che la commedia "è imitazione dialogata in prosa o in verso di un avvenimento occorso in un sol luogo, nel giro di poche ore fra persone private, mediante il quale avvenimento e la conveniente espressione di affetti e di caratteri sono messi in ridicolo i vizî e gli errori comuni nella società, e quindi esaltata la verità e la virtù". A parte il preconcetto dell'unità di luogo e della satira come proposito d'arte, sono principî di sano realismo quelli a cui s'ispirò il M., che ritrae appunto gli uomini e i costumi del tempo, i vizî e gli errori comuni, gl'incidenti della vita domestica, secondo un sicuro senso di concretezza: si avvicina al fondamentale canone goldoniano del "non guastar la natura". Altro merito del M. è d'aver dato al teatro comico contemporaneo del suo paese il vero modello della prosa (ché quasi esclusivamente in versi era sempre stata la commedia spagnola) con le due traduzioni dal Molière e soprattutto con le due commedie originali: La Comedia nueva e El sí de las niñas. Questa è il capolavoro del M., di una grande semplicità scenica; una commedia a tesi contro la falsa educazione impartita alle fanciulle nell'ambiente rigorosamente autoritario della famiglia del tempo antico. Graziosa e vivace commedia, che ci dà una visione retrospettiva così precisa d'altri tempi, ma che interpreta e rispecchia anche con tutta verità anime e passioni fortemente umane.
Ediz.: Obras, in Bibl. de aut. esp., II; Obras póstumas, Madrid 1867-68. Obras, nei Clásicos castell., Madrid 1924.
Bibl.: J. Martínez Rubio, M., Valenza 1893; F. Venizet, M., Florian et la littér. esp., Parigi 1909; G. Maddalena, M. e Goldoni, in Pagine istriane, II (Capodistria 1905).