ALBERTI, Leandro
Nacque a Bologna il 12 dic. 1479 da Francesco, di famiglia oriunda da Firenze. Decenne, fu affidato per gli studi umanistici al retore bolognese G. Garzoni. Nel novembre 1493 venne ricevuto nell'Ordine domenicano dal p. Angelo da Forlì nel convento forlivese di S. Giacomo Apostolo, dal quale fu ufficialmente trasfiliato al convento di S. Domenico di Bologna il 18 sett. 1500. Di fatto però egli si trovava nel convento bolognese fin dal 1495per seguirvi gli studi filosofico-teologici sotto la guida, tra gli altri, del noto teologo S. Mazzolini da Priero. A Bologna il Garzoni riprese a coltivare la formazione classica dell'A., trattandolo, nonostante il divario di età (sessanta anni), come amico e come consigliere in materie storiche. Dopo la morte del maest.ro (1505) l'A. continuò a dedicarsi alacremente agli studi storici e alla predicazione. Trentenne, verso il 1510, predicò l'Avvento a Pesaro. Intorno al 1514-15 fu una prima volta "compagno" del maestro generale, ch'era allora il celebre Gaetano (Tommaso de Vio).
Tornato a Bologna, all'inizio del 1516 mandò a G. A. Flaminio le biografie dei maestri generali dal beato Giordano di Sassonia al Gaetano, composte nello spazio di diciotto giorni, mentre attendeva anche alla predicazione (cfr. De viris illustribus..., f. 23r; le biografie comprendono i ff. 23v-50v). Nella dedica, scritta il 10 genn. 1516, l'A. accenna alla sua attività storica precedente: • ...iam quindecim diversarum rerum occurrentium aetatis nostrae libros cum compluribus commentariis, post quorundam virorum illustrium vitas, post Ephemerides, quas prae manibus habeo, absolvi" (ibid., f. 5r). L'opera che doveva uscire nel 1516 - terzo centenario dell'approvazione dell'Ordine domenicano - comparve invece l'anno seguente.
Nel 1519 l'A. è a Bologna con l'ufficio conventuale di "cellarius". Nella prima metà del 1525 è nuovamente a Roma, ove il 3 giugno prende parte al capitolo generale e il giorno seguente riceve il titolo di provinciale di Terra Santa, cioè di "compagno" di viaggio anche del nuovo maestro generale, F. Silvestri da Ferrara, detto il Ferrariense. Con il generale visitò dapprima l'Italia meridionale e insulare (nell'ottobre 1525 era a Palermo); poi quella centro-settentrionale, e infine la Francia, ove - e precisamente a Rennes, nella Bretagna - il19 sett. 1528 assistette all'improvvisa morte del Ferrariense. In seguito la residenza dell'A., almeno abituale, fu verosimilmente Roma fino alla metà del 1530, poiché in alcuni documenti intermedi viene sempre ricordato con il titolo di provinciale di Terra Santa (cfr. Regesta Magistr. gener., 22, ff. 32V e 34v), e come tale prese parte al capitolo generale del 5 giugno 1530.
Dal gennaio 1532 al settembre 1535 l'A. figura in vari atti del consiglio conventuale di Bologna (cfr. Liber consiliorum..., ff. 41v-45v), ove nel frattempo legò il suo nome a due insigni opere d'arte: prima, commissionando gli intarsi della • spalliera"della cappella dell'Arca di S. Domemco, eseguiti da fra' Damiano Zambelli da Bergamo negli anni 1530-34, opera che dall'ideatore e mecenate fu appunto denominata "la Leandra"; poi, adoperandosi per ottenere dal Senato bolognese che a spese del pubblico erario venisse fatto il gradino dell'Arca di S. Domenico con gli squisiti bassorilievi di Alfonso Lombardi (contratto del 20 nov. 1532). In occasione di questi lavori, che coincidevano con il terzo centenario della traslazione delle reliquie e della canonizzazione di s. Domenico, l'A. scrisse un opuscoletto sulla morte e sepoltura del santo, e accennando alla bellezza del sepolcro ricordò i viaggi fino allora compiuti e la sua opera geografica forse già ultimata: "Unum dixerim... me quamplurima nobilissima sepulcra... vidisse, non solum per Italiam, quam totam peragravi, prout in Geographia ac Topographia ipsius Italiae ostendi, sed etiam per Germaniam Galliasque, et adhuc non solum superius ullum hoc sancrissimo sepulcro, sed nec par vidi" (V. Marchese, Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani, I, Genova 1869, pp. 134-135 n. 1).
Il 20 genn. 1536 l'A. è vicario del convento di S. Sabina a Roma, e probabilmente occupò tale carica per un biennio. Dal 1538 al 1541 è spesso presente negli atti dei consigli del convento di Bologna. In questo tempo, essendosi il Comune di Bologna offerto di pagare la stampa delle Historiae dell'A., questi le tradusse dalla originaria lingua latina in un volgare volutamente facile "per beneficio del volgo": ne uscì allora soltanto una parte.
Nell'ultimo decennio di vita l'A. ebbe a occuparsi dell'Inquisizione, della stampa della Descrittione di tutta Italia e della continuazione e ritocchi dei lavori storici. Quanto all' Inquisizione, certamente ne era stato interessato già in precedenza e poi particolarmente dal 1544;però con il vero titolo di inquisitore di Bologna egli si firma solo nel 1551(cfr. Liber consiliorurn..., ff. 52r-53v). Secondo il Todeschini egli fu istituito inquisitore nel 1550 (in ciò conviene anche il Battistella) dal provinciale Angelo da Verona, e sostituito l'anno seguente dal p. Girolamo Muzzarelli; secondo altri (Mazzuchelli), invece, gli atti del suo inquisitoriato andrebbero dal marzo 1551 al 10 apr. 1552.
Benché non si conoscano il luogo e la data della morte dell'A, è probabile che essa sia avvenuta a Bologna dopo il marzo (9 aprile?) del 1552.
Le opere dell'A., secondo la cronologia della stampa, sono: De viris illustribus Ordinis Praedicatorum libri sex in unum congesti,Bononiae 1517, scritta in collaborazione con alcuni eruditi amici, G. Garzoni, G. A. Flarninio, F. Castiglioni, ecc. La parte principale e collegatrice è dell'A.; vi si tratta in libri distinti dei maestri generali, dei martiri, delle dignità ecclesiastiche, dei dotti, dei santi e dei fratelli laici. Opera dialogata di tipo umanistico, è elegante nella sua veste letteraria. Pregevole per l'accuratezza delle notizie, specialmente sui personaggi italiani contemporanei o quasi, apprezzata da Quétif-Echard all'inizio del Settecento, è anche oggi consultata con interesse e utilità. Non vide altre edizioni; ma alcune "vite" furono ristampate in raccolte agiografiche. Secondo T. Bonnet l'A. ne aveva preparata una edizione ampliata (cfr. Fascicolo B8,p. 125, ms. presso l'Ist. stor. domenicano di S. Sabina, Roma). Vita della Beata Colomba da Rieto..., Bologna 1521: è solo una traduzione italiana, talvolta abbreviata, della Vita o Legenda latina del p. Sebastiano (Bontempi) da Perugia. De divi Dominici Calaguritani obitu et sepultura, Bononiae 1535. Chronichetta della gloriosa Madonna di S. Luca...,Bologna 1539, condotta dall'A. fino al 1535, poi da un religioso anonimo accresciuta fino al 1576 e pubblicata a Venezia nel 1577, uscita infine con una nuova e seconda aggiunta fino al 1598, Bologna 1598. Historie di Bologna: Deca prima e Libro primo della Deca seconda, Bologna 1541-1543 (fino al 1 genn. 1253): uscirono postumi a cura del p. L. Caccianemici e aumentati dallo stesso il Libro secondo e terzo della Deca seconda,Bologna 1589 (fino al 1273), il Supplemento per il quarto Libro della Deca seconda,ibid. 1590 (fino al 1279), e infine il Supplemento ultimo et quinto Libro della Deca seconda, Vicenza 1591 (fino al 1288). Il resto delle Historie, fino al 1543, rimane inedito e si conserva nel ms. 98 della Biblioteca universitaria di Bologna. De incrementis Dominii Veneti, et ducibus eiusdem e De claris viris Reipublicae Venetae,stampati nell'opera di G. Contarini De magistratibus et Republica Venetorum,Lugduni Bat. 1628, pp. 337 ss., 428 ss.
Ma il nome dell'A. è soprattutto legato alla Descrittione di tutta Italia, nella quale si contiene il sito di essa, l'origine, et le Signorie delle Città et delle Castella..., Bologna 1550. A questa prima edizione, che è la più bella e stimata, ne seguirono dal 1551 al 1631 altre dieci a Venezia, e due a Colonia (1566 e 1567) nella traduzione latina di G. Kyriander Hoeninger. Da notarsi che, nell'edizione veneta del 1561, si aggiungono per la prima volta le Isole pertinenti ad essa e, in quella del 1568, le Isole sono accompagnate da sette carte geografiche. Alcuni editori hanno ritoccato leggermente l'ortografia originale e fatto delle aggiunte.
L'opera, dedicata a Enrico II e a Caterina de' Medici, è costruita secondo l'intento, e in buona parte sulla falsariga, dell'Italia illustrata di Flavio Biondo; è opera, cioè, secondo le parole dello stesso A., non di cosmografo, ma di "geografo topografo e historico insieme" (cfr. Roletto, p. 464 n.). Dal modello si diversifica per qualche modificazione alla suddivisione delle regioni (19 invece di 18) e soprattutto per l'aggiunta della parte insulare d'Italia non considerata dal Biondo; rispetto a questo segna un progresso per l'accuratezza nella citazione delle fonti e per la maggiore chiarezza espositiva, grazie anche all'abile uso delle carte e alla ricerca di notizie e osservazioni dirette. All'ampiezza del materiale raccolto non fa invece riscontro un adeguato spirito critico, per cui l'A. preferisce attenersi, finché lo soccorrono, ai dati dei geografi antichi, o, per la parte storico-antiquaria, a autori moderni di dubbia attendibilità come Raffaele Volterrano o Annio da Viterbo: e solo quando vengono a mancare testi precedenti ricorre a elementi di più diretta esperienza (per es. corografia contemporanea, carte nautiche); parimenti nella critica storica preferisce riferire insieme le differenti versioni, anche di tempi e di valore molto diversi, senza prendere posizione al riguardo (cfr., per es., sulla dibattuta questione dell'origine di Firenze, Descrittione, ed. Venezia 1588, f. 43v, dove sono citati insieme, fra gli altri, il Poliziano e il Dittamondo di Fazio degli Uberti). Per questo la sua opera rappresenta non tanto una revisione critica e un superamento dell'Italia illustrata, quanto un aggiornamento e completamento, venuto in parte meno lo spirito critico che animava la ricerca storico-antiquaria del Biondo: sì che nel complesso essa può essere considerata una grande raccolta di materiale, utile soprattutto per gli sviluppi della scienza geografica e geopolitica.
Una Tavola delle principali Famiglie Bolognesi, et delle più notabili cose raccolte in tutti i libri cronicali di Bologna,Vicenza 1592, a cura di L. Caccianemici, generalmente attribuita all'A., gli è invece negata dal Fantuzzi.
Rimasero inedite presso la Biblioteca universitaria di Bologna le Ephemerides ab adventu Ludovici XII Galliae regis in Italiam fino al 1552 (?).
Alcuni autori, inoltre, attribuiscono all'A. anche altri lavori minori, ma questi sono di discutibile autenticità.
Fonti e Bibl.: Bologna, Arch. del convento di S. Domenico, scaff. I, ms. 12, Liber consiliorum conventus Bononiensis, I, 1459-1648, specialmente f. 29 r (per la trasfiliazione al convento di Bologna); ff. 36v e 37r (per la carica di "cellarius"); ff. 47 v. -50 r. (per la permanenza a Bologna dal 1538 al 1541); E. Todeschini, Cathalogus inquisitorum Ordinis Fratrum Praedicatorum..., 1723,p. 29 (ms. = Sc. 6);Roma, S. Sabina, Arch. gen. dei domenicani, ser. IV, Regesta Magistr. gener. O. P.,specialmente 20, f. 37 r e f. B r. (per la nomina a provinciale di Terra Santa e a "compagno"del Silvestri); 24,f. 182 r (quale vicario di S. Sabina); C. Ghirardacci, Della historia di Bologna,in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXXIII, a cura di A. Sorbelli, p. 221 (per la data di nascita); Analecta S. Ordinis Fratrum Praed., I (1893), p. 141 (per l'entrata nell'Ordine); Joannis Antonii Flaminii Forocorneliensis Epistolae familiares, Bononiae 1744 (tutto il lib. X, pp. 375-414, è formato dalla corrispondenza tra il Flaminio e l'A., con 27 lettere del primo e una del secondo); G. Campori, Sei lettere inedite di Fra L. A. a Gaspare Sardi ed una del Sardi a Jacopo Tebaldi,in Atti e Mem. d. R. Deput. di storia patria per le prov. modenesi e parmensi, I (1864), pp. 413-420; F. Banfi, Un umanista bolognese e i domenicani,in Memorie domenicane,LII (1935), pp. 365-378, e LIII (1936), pp. 69-80 (l'autore illustra il cod. Vat. Lat. 10686 del p. V. D. Fassini, contenente la corrispondenza di G. Garzoni con vari domenicani del convento di Bologna; vi si elencano 11 lettere del Garzoni all'A., del quale ultimo si tratta particolarmente alle pp. 69-73); J. Quétif - J. Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum,II, Lutetiae Paris. 1721, pp. 137-139; A. Touron, Histoire des hommes illustres de l'Ordre de St.-Dominique,IV, Paris 1747, pp. 121-127; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia,I, 1, Brescia 1753, pp. 306-310; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi,I, Bologna 1781, pp. 146-153, e IX, ibid. 1794, pp. 17 s.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana,VII, 3, Milano 1824, pp. 1175-1177; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, IX, Oeniponte 1906, coll. 1544 s.; A. Battistella, Il S. Officio e la Riforma religiosa in Bologna, Bologna 1905, pp. 29 e 152 n.; G. Roletto, Le cognizioni geografiche di L. A., in Bollett. d. R. Soc. geografica ital., s. 5, XI (1922), pp. 455-485;R. Creytens, L'oeuvre bibliographique d'Echard, ses sources et leur valeur,in Archivum Fratrum Praedic.,XIV (1944), pp. 57-60; J. Schlosser-Magnino, La letteratura artistica,Firenze 1935, p. 192; Dictionnaire d'Histoire et de Géographie Ecclésiastique, I, coll. 1582 s.; Enciclopedia Italiana,II, pp. 180 s.; Enciclopedia Cattolica, I, col. 677.