Le trou
(Francia/Italia 1956-1959, 1960, Il buco, 140m); regia: Jacques Becker; produzione: Serge Silbermann per Play Art/Filmsonor/Titanus; soggetto: dall'omonimo romanzo di José Giovanni; sceneggiatura: Jean Aurel, Jacques Becker, José Giovanni; fotografia: Ghislain Cloquet; montaggio: Marguerite Renoir, Geneviève Vaury; scenografia: Rino Mondellini; musica: Jean Wiener.
Sullo sfondo di un'autofficina all'aperto appare in tuta da meccanico Jean Kéraudy, l'attore che interpreterà il personaggio di Roland Darban, e dice: "Il mio amico Jacques Becker ha ricostruito, in ogni suo dettaglio, una storia vera. La mia. Si svolge a Parigi, nel 1947, nella prigione della Santé". Ed eccoci a Parigi, nell'anno 1947, prigione della Santé. Un giovane detenuto, Claude Gaspard, viene spostato di cella. Debole di carattere, ha scialacquato tutto il denaro ereditato. Amante della giovanissima cognata Nicole, è in galera perché durante una colluttazione con la moglie, ricca e gelosa, che lo ha minacciato con un fucile, è partito un colpo e la donna, rimasta ferita e desiderosa di vendicarsi, ha affermato che è stato lui a sparare per ucciderla. Nella nuova cella Claude trova quattro detenuti molto amici tra loro, Géo Cassid, Roland Darban, Manu Borelli e un quarto soprannominato 'Monsignore'. I quattro 'duri' condividono un segreto: si accingono a una difficilissima evasione. Hanno infatti le informazioni e i piani per sfondare il piancito della cella, passare in un soppalco, di qui giungere ai sotterranei della prigione da dove introdursi nelle fogne, sboccando infine all'aperto attraverso un tombino. Un difficile lavoro di scavo che hanno deciso di intraprendere dovendo tutti affrontare la Corte d'Assise per accuse diverse, ma con la prospettiva di avere dieci o più anni di galera ciascuno. A norma di regolamento hanno chiesto di lavorare alla fabbricazione di scatole, così da disseminare nella cella gli appositi cartoni e coprire detriti e fori nel pavimento. Non potendo più rinviare il tentativo di fuga perché solo i lavori in corso nella prigione possono coprire i rumori dello scavo, sono perciò costretti (Manu è il più riluttante) a fidarsi di Claude. Quando lo persuadono che di fronte a un'esplicita accusa della moglie riceverà una condanna severa, egli accetta di partecipare all'evasione. Da quel momento, sorvegliando con attenzione i secondini attraverso lo spioncino e sfruttando tutte le occasioni offerte dal regolamento, i cinque lavoreranno pazzamente per giungere alla meta. E ci arriveranno vicinissimo: due di loro potranno addirittura affacciarsi nel 13° arrondissement, come previsto, da un tombino stradale, vedendosi passare un taxi a pochi metri. Ma nel frattempo l'astuto direttore della prigione ha capito che il gentile e codardo Claude può diventare fonte di informazioni. Lo convoca per comunicargli che la moglie ha ritirato la denuncia e che perciò per lui si profila la libertà; con quest'arma fra le mani, lo induce a dire tutto. Al momento dell'evasione (il più duro fra tutti, Géo, pur svolgendo la sua parte di lavoro, ha confidato da tempo a Roland che non parteciperà per non infliggere un dolore mortale alla madre ammalata) un nugolo di secondini si precipita nella cella. I quattro sono catturati e portati in isolamento. Claude, fra il disprezzo esplicito dei compagni e quello larvato dei secondini, è rinchiuso in una cella da solo.
Tredicesimo e ultimo film di Jacques Becker, iniziato nel 1956, portato a termine quattro anni dopo a causa dello stato di salute del regista (Françoise Fabian racconta che era riuscito a terminarlo ma che morì durante il missaggio finale e fu il figlio Jean a portare a termine la lavorazione), Le trou diventa, proprio per questa subitanea dipartita, una sorta di monumento postumo. Sino a quel momento, in poco meno di vent'anni, dopo un serio apprendistato come assistente e secondo regista, Becker aveva spaziato fra il livido grottesco paesano (Goupi Mains Rouges ‒ La casa degli incubi, 1943), il dramma nel mondo della moda (Falbalas, 1945), la commedia operaia (Antoine et Antoinette ‒ Amore e fortuna, 1947), il boulevard rivisitato (Édouard et Caroline ‒ Edoardo e Carolina, 1951), il grande nero di genere (Casque d'or e Touchez pas au grisbi ‒ Grisbi, 1954, ove 'inventò' come splendido caratterista l'ex lottatore Lino Ventura) e via variando, quasi a ogni titolo. Qui ribadì la sua maturità totale e definitiva, esplorando, come piacque a molti autori di talento nel secondo dopoguerra, la sbrecciata, cupa, disciplinatissima e maniacale realtà delle carceri. Le trou prende le mosse dall'autobiografico romanzo di esordio di José Giovanni, che grazie a questo film diventerà, con decine di titoli, romanziere, sceneggiatore e regista di buon successo, imponendo per anni nel giallo scritto e filmato d'Oltralpe, al pari di Albert Simonin e di Auguste Le Breton, la presenza corposa della pègre convertitasi alla letteratura.
Abilmente prosciugato da Becker e Jean Aurel, il testo si rivela un traliccio perfetto per una composizione di genere in cui si ritrova tutta la sensibilità del regista: grande controllo della recitazione ma nessun compiacimento divistico con attori esordienti o quasi improvvisati, capaci in compenso d'una quieta e sorprendente naturalezza. Attenzione minutissima ai gesti, alle ritualità, alle complicità del carcere, colte con precisione entomologica ‒ si pensa irresistibilmente al pur diversissimo Bresson ‒ lucidamente esercitata sul mondo militarizzato e attonito dei guardiani. Occhio spietato ma neutro sulla forzata intimità della cella, in omaggio a un cinema ancora apertamente pudico. E grande maestria nel trarre il meglio, come si diceva, dagli attori: l'esordiente Philippe Leroy-Beaulieu, patrizio avventurato, paracadutista in Indocina e in Algeria, totalmente ignaro di cinema ("non ci andavo mai e pensavo che tutti gli attori fossero pedé"), poi rifugiatosi in Italia dove ha iniziato una lunga carriera che dura ancora adesso; Michel Constantin, di fatto altro esordiente, ex operaio già giocatore nella nazionale di pallamano, consacrato da qui, per circa una trentina d'anni, tipico caratterista vilain del cinema di Francia. Per non parlare di Raymond Meunier, sciolto e furbesco, e dello strepitoso Jean Kéraudy: forse il migliore di tutti perché era stato proprio lui uno dei protagonisti della fuga fallita. Anche queste scrupolose 'invenzioni' sono il segno della genialità quieta e aristocratica di Jacques Becker.
Interpreti e personaggi: Michel Constantin (Géo Cassid), Jean Kéraudy (Roland Darban), Philippe Leroy-Beaulieu (Manu Borelli), Raymond Meunier ('Monsignore'), Marc Michel (Claude Gaspard), André Bervil (direttore del carcere), Jean-Paul Coquelin (Grinval), Eddy Rasimi (Bouboule), Catherine Spaak (Nicole), Dominique Zardi (detenuto), Paul Pavel.
F. Truffaut, Le trou, in "Arts", 30 mars 1960, poi in Les films de ma vie, Paris 1975 (trad. it. Venezia 1978).
J.-L. Godard, Frère Jacques, in "Cahiers du cinéma", n. 106, avril 1960, poi in Jean-Luc Godard par Jean-Luc Godard, Paris 1968 (trad. it. Milano 1971).
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Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 13, 15 mars 1962.