Le sang des bêtes
(Francia 1948, 1949, bianco e nero, 22m); regia: Georges Franju; produzione: Paul Legros per Forces et Voix de France; sceneggiatura: Georges Franju; commento: Jean Painlevé; voci narranti: Nicole Ladmiral e Georges Hubert; fotografia: Marcel Fradétal; montaggio: Georges Franju; musica: Joseph Kosma.
Il film si apre sulle immagini di alcuni esterni di quella che negli anni Quaranta era la periferia meridionale di Parigi, cioè le porte di Brancion e di Vanves: edifici sinistri che sorgono in un paesaggio sgraziato, treni e camion che passano in lontananza, poi immagini più ridenti di un mercatino delle pulci e di innamorati che si baciano... "Alle porte di Parigi ‒ recita il commento ‒ sui terreni abbandonati, dove giocano i bambini poveri, sono sparpagliati i singolari resti di ricchezze lontane. [...] Alla Porta di Vanves c'è anche il macello di Vaugirard". In questo stabilimento, specializzato nel 'trattamento' dei cavalli, seguiamo il lavoro di precisione dei professionisti. Uno di loro appoggia una pistola a percussione tra gli occhi di un cavallo bianco che, folgorato, si accascia con le zampe ripiegate, abbandonando la vita con un'ultima ridicola riverenza. Un altro squarta l'animale che, appeso per le zampe, viene sollevato con l'aiuto di una carrucola e sospeso per farne colare completamente il sangue. Un altro gli gonfia la pelle con l'aria compressa per facilitarne il distacco. Un altro ancora gli taglia le zampe... Si tratta di un lavoro non privo di rischi per gli operai, come dimostra la gamba di legno di uno di loro. Nuove immagini di esterni ci conducono in un'altra zona ai confini di Parigi, questa volta a Nord: tipico paesaggio di periferia con il canale dell'Ourcq ed edifici tristemente anneriti. All'alba una mandria di buoi si avvicina. "Porte de Pantin, mercato della Villette", specifica il commento. "Il macello è collegato al mercato tramite un ponte che, attraverso il canale dell'Ourcq, permette il trasbordo del bestiame". All'interno, "nell'ambiente reso assordante dal rumore degli argani meccanici, i macellatori e gli operai addetti al lavaggio lavorano immersi nei vapori grigiastri prodotti dal sangue delle bestie". Possiamo così osservare la varie operazioni riguardanti l'abbattimento di un bue: lo si uccide, gli si introduce una cannula nel canale vertebrale per sopprimerne i riflessi distruggendo il midollo spinale, lo si squarta, gli si attacca una fune alle zampe, lo si solleva con un argano per raccoglierne il sangue, gli si asportano gli organi interni. "Un operaio [...] fa a pezzi il suo bue seguendo il ritmo dei dodici rintocchi di mezzogiorno". Poi tocca ai vitelli, che vengono legati ad alcune tavole e poi sgozzati con un colpo di coltello. "La conservazione della carne bianca di vitello richiede il dissanguamento totale dell'animale tramite decapitazione. L'animale morto possiede ancora dei riflessi, manifestazioni di una vita puramente vegetativa". Il bestiame viene poi marchiato per permetterne l'identificazione. Un gregge di pecore è condotto al macello. In questo caso l'abbattimento degli animali acquista l'aspetto di un minuzioso lavoro a catena compiuto "con semplice buonumore dai macellatori che, sgozzando gli animali, fischiettano o cantano, perché bisogna pur mangiare e far mangiare gli altri ogni giorno, a costo di esercitare un mestiere assai faticoso e spesso pericoloso". Nel baccano assordante prodotto da grida e belati, in mezzo a zampe che si agitano in modo convulso, alcuni operai cantano La mer di Charles Trénet proseguendo il proprio lavoro, mentre il pavimento gronda di sangue. "La giornata volge al termine". Fuori dal macello ritroviamo le immagini della Villette: gli edifici anneriti, un terreno abbandonato, alcuni sobborghi in lontananza, un battello che scivola sul canale dell'Ourcq, un ponte, un treno che passa con il suo pennacchio di fumo...
Se si esclude Le métro, film muto in 16 mm realizzato insieme a Henri Langlois nel 1934, Le sang des bêtes è il primo film di Gorges Franju, la prima di una dozzina di opere che, dal dopoguerra alla comparsa della Nouvelle vague, appartengono alla felice stagione del 'Groupe des trente', la celebre scuola di cortometraggio francese. Le sang des bêtes denuncia una realtà imbarazzante e dolorosa alla quale preferiamo evitare di pensare: l'abbattimento degli animali di allevamento destinati al nostro consumo quotidiano. Franju ha il coraggio di affrontare l'argomento. Nei macelli parigini di Vaugirard e della Villette (oggi scomparsi), egli osserva l'atroce lavoro di squartatori e addetti al lavaggio che agiscono "senza collera e senza odio", come recita il commento alle immagini citando Charles Baudelaire.
Il film è costruito sull'alternanza fra esterni e interni. I primi, disorientanti ma "piacevoli" (Franju), ricordano le fotografie di Robert Doisneau e di Willy Ronis, le poesie di Jacques Prévert, i film di Marcel Carné. "Abbiamo cercato di restituire alla realtà documentaria l'aspetto di una scenografia 'allestita'", commenta Franju. "Per ottenere questo risultato abbiamo inquadrato le facciate degli edifici nella loro totalità (come per il Moulin de Pantin) o scelto edifici fortemente connotati (la Port de Flandre), evitando qualsiasi tipo di profondità". In questo modo le 'immagini della realtà' acquistano l'aspetto di un sogno a occhi aperti che ci introduce all'incubo dei macelli. L'effetto è accentuato dal commento: una voce femminile dal timbro quasi infantile (quella di Nicole Ladmiral, futura interprete del personaggio di Chantal in Le journal d'un curé de campagne ‒ Il diario di un curato di campagna, Robert Bresson 1951) accompagna le immagini degli esterni; una voce maschile, asciutta e distaccata, descrive invece il lavoro che avviene negli interni. Il contrasto tra i vari elementi audiovisivi provoca una "esplosione lirica" (secondo le parole di Franju) accompagnata "da un profondo shock dello spettatore sorpreso". Le terribili immagini dell'abbattimento degli animali (che ricordano i quadri di Goya, le poesie di Federico García Lorca e Las Hurdes o Tierra sin pan di Luis Buñuel, 1932) sono evidentemente reali, ma il trattamento cinematografico che Franju riserva loro (trasformandole in un rituale di morte ordinato attraverso l'uso delle luci, la composizione delle inquadrature e il ritmo del montaggio) introduce una dimensione poetica priva di qualsiasi compiacimento o morbosità. In questo caso il fantastico nasce direttamente dall'atrocità del reale.
Anonimo, Le sang des bêtes, in "St. Cinéma de Près", n. 1, 1949, poi in "L'avant-scène du cinéma", n. 174, 15 octobre 1976.
F. Timmory, La camera à la Villette, in "L'écran français", 12 septembre 1949.
J. Cocteau, Sur 'Le sang des bêtes', in "Cahiers du cinéma", n. 149, novembre 1963.
G. Franju, Réalisme et surréalisme, in "Études cinématographiques", n. 40-42, été 1965.
F. Buache, Georges Franju, poésie et vérité, Paris 1996.
Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 41, 1 octobre 1964.