Le riviste del secondo dopoguerra
Il Novecento è stato definito il secolo delle riviste1, e ciò trova conferma nel secondo dopoguerra quando sulle pagine dei periodici, dopo anni di limitazione della libertà, si concentrò il vivace dibattito degli intellettuali, coinvolti nella ricerca di un progetto per la nuova società democratica, svincolata dai retaggi del passato, dopo anni di limitazioni della libertà. Questo clima contagiò il mondo cattolico, impegnato nella riconsiderazione di quelli che erano stati gli atteggiamenti troppo accondiscendenti delle gerarchie nei confronti della dittatura: così, dal 1945 in poi, si assistette al proliferare di riviste, su cui confluirono gli esiti delle vivaci discussioni che gruppi di credenti affrontarono sulle questioni di attualità culturale, politica e religiosa.
Dopo la liberazione, ripresero le pubblicazioni di testate storiche del giornalismo cattolico, come «L’Eco di Bergamo», diretto da don Andrea Spada, «L’Avvenire d’Italia» a Bologna, diretto da Raimondo Manzini, «L’Ordine» a Como, diretto da don Giuseppe Brusadelli, l’«Italia» a Milano e «Il Cittadino» di Genova2. Altrettanto fece il settimanale «Famiglia cristiana»3 che non aveva compiti precisi «riguardo all’elaborazione di dottrine politiche o religiose», ma voleva «orientare ed educare la massa» traducendo con un linguaggio comprensibile anche al pubblico meno colto ciò che i vertici intendevano comunicare4. Il periodico ottenne un grande successo editoriale probabilmente proprio per la semplicità dei suoi messaggi e per la diffusione capillare che i parroci e i militanti cattolici seppero organizzare attraverso le vendite nelle parrocchie.
Vari furono poi i quotidiani che videro la luce nell’immediato dopoguerra, come «Il Popolo nuovo» a Torino, «Il Giornale del mattino» a Firenze, «Il Quotidiano» a Roma, «Il Domani d’Italia» a Napoli e «La Sicilia del popolo» a Palermo. Nonostante la Democrazia cristiana fosse il partito di maggioranza relativa e dunque godesse di ampio potere nel paese, solo «Il Quotidiano» romano, pur tra alterne vicende, riuscì a garantire la propria presenza in edicola fino al 1964 mentre le altre testate dovettero presto chiudere per difficoltà finanziarie. Nel 1946 monsignor Carlo Chiavazza, già cappellano militare durante il conflitto, fondava a Torino il settimanale «Il Nostro tempo» che doveva rappresentare «un energico richiamo all’unione tra i cattolici» e al contempo uno stimolo contro la timidezza di molti cristiani, che venivano spronati a uscire dalla passività e dalla rassegnazione. Chiavazza riteneva che fosse stata questa condizione d’animo a far perdere la rotta ai credenti, che avevano interpretato come «autorità la dittatura, prudenza i silenzi inspiegabili sulla violazione di ogni diritto di Dio e dell’uomo»; così negli anni del regime si era considerata cattolica «una scuola che aveva Gentile per filosofo, D’Annunzio per eroe, un maestro di ginnastica o un corridore per despota»5.
Nel 1947 usciva la prestigiosa rivista «Cronache sociali», fondata da un gruppo di studiosi provenienti dall’Università Cattolica – Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Giuseppe Lazzati, Giorgio La Pira – che avrebbe concluso le sue pubblicazioni già nel 1951. La rivista seppe compiere scelte allora d’avanguardia: cercò di stimolare l’Azione cattolica affinché, in contrasto con l’impostazione di Gedda, recuperasse la sua dimensione religiosa, si schierò con risolutezza a favore degli ‘ultimi’ sollecitando il governo a prodigarsi a favore di questi e sostenne la convivenza e la pace negli anni della Guerra fredda tra le superpotenze6. A differenza de «Il Popolo»7, che fu in prima linea nell’adesione al progetto degasperiano, «Cronache sociali» si collocò in modo critico nei confronti della politica del leader trentino, anche per un «più forte sentimento dell’alterità dell’ordinamento ecclesiale rispetto a quello civile»8. Le due pubblicazioni esprimevano le differenti anime del partito: da un lato la «democrazia governante», ipotizzata da De Gasperi, che giudicava indispensabile una gestione efficiente del potere; dall’altro la «democrazia partecipata», che considerava il partito come canale di congiunzione tra governo e società civile e «attivatore di quel controllo reciproco fra parlamento e governo senza il quale è vano parlare di democrazia»9. Ma ciò che caratterizzò il gruppo dei dossettiani fu la convinzione che il rapporto con il Pci dovesse essere non di semplice contrapposizione ma di competizione politica e intellettuale sul piano «della formazione delle coscienze e della cultura» e che la Chiesa non dovesse essere spettatrice immobile del profondo cambiamento in atto nella società post-resistenziale10.
Su posizioni più moderate era il settimanale politico-culturale ufficiale del partito «La Discussione», fondato a Roma nel 1953 da De Gasperi che, anche dopo la morte dello statista e sotto la direzione di Mariano Rumor, continuò a sostenere la politica e il programma centrista ed europeista del leader trentino e a «rivendicare l’assoluta priorità ideologica di un’Europa unita per la difesa della pace e della civiltà occidentale»11. Sempre in ambito democristiano è da collocare il quindicinale «di vita politica» «Concretezza», il cui primo numero uscì il 1° gennaio 1955 (le pubblicazioni si conclusero nel 1976)12. Nell’editoriale di presentazione della rivista Giulio Andreotti sosteneva la necessità di porre l’attenzione a tutte «le grandi ed effettive premesse di ogni conseguenza politica e sociale», ammetteva che nel nostro paese esistesse un «pericolo comunista» e sosteneva che compito dei democratici fosse quello di arginarlo, «in nome della libertà alla quale irrinunciabilmente crediamo». Ma la via per bloccare l’avanzata di quell’ideologia doveva passare dalla consapevolezza che l’affermarsi del Pci derivava dall’incapacità dei democratici di «offrire una diversa piattaforma di difesa dei legittimi interessi e di espansione agli aneliti di miglioramento»13.
Meno legate al dibattito tra le correnti democristiane erano le pubblicazioni dei cattolici più sensibili alle istanze degli ‘ultimi’ e alla ricerca di un modo di vivere la propria fede nella società del Novecento vicina ai precetti evangelici. Dopo la liberazione alcuni docenti dell’Università Cattolica di Milano, tra cui Mario Apollonio, Gustavo Bontadini, lo scrittore e politico Dino Del Bo ma anche padre David Maria Turoldo e padre Camillo de Piaz, si impegnarono nel periodico «L’Uomo», già stampato clandestinamente durante la Resistenza. Nel 1952 i due padri fondarono l’associazione Corsia dei Servi che dal 1955 diede alle stampe un «Bollettino» che rappresentò un’importante occasione di diffusione e discussione di tematiche che sarebbero state al centro dell’attenzione della Chiesa negli anni del concilio: la riforma liturgica, il rapporto Chiesa e Occidente, il ruolo dei missionari di fronte all’emancipazione dei popoli del Terzo Mondo, i poveri nella società contemporanea14.
Un luogo di confronto tra persone con posizioni politiche e ideologiche differenti fu il periodico genovese «Il Gallo», diretto da Nando Fabro. La rivista rappresentò una novità nell’ambito della cultura cattolica di quel periodo perché dichiarava di voler realizzare un punto di incontro tra credenti e non credenti e tra cattolici e marxisti. Sul primo numero il direttore rispondeva a un appello lanciato da Elio Vittorini dalle pagine del «Politecnico» per la creazione di una nuova cultura, inviando un’adesione «spontanea» e «totale» alle proposte dell’intellettuale comunista. È noto come nel decennio successivo Fabro sia stato uno dei promotori del dialogo tra cattolici e marxisti, ma meno noto è che già negli anni precedenti la rivista fu una delle poche in ambito cattolico a condividere alcune istanze e battaglie della cultura laica. Perplesso sulla necessità di partiti confessionali e sull’opportunità dell’unità politica dei cattolici, Fabro aprì un confronto con l’olivettiano Movimento di Comunità, del quale vedeva con simpatia la concezione comunitaria e personalista di chiare ascendenze mounieriane. La rivista intrattenne anche rapporti con «Il Mondo» di Mario Pannunzio, in ragione del comune l’impegno per la «stemporalizzazione» della Chiesa e del fatto che ad occuparsi delle questioni cattoliche sul settimanale romano era l’ex sacerdote Carlo Falconi, con cui Fabro aveva stretti rapporti. La rivista genovese fu impegnata anche nella difesa del pluralismo religioso e nel confronto con il mondo protestante tanto da avere nella redazione, dalla metà degli anni Cinquanta, un esponente valdese come Vincenzo Mazzetti e intrattenere dal 1957 rapporti con la rivista «Protestantesimo»15.
Nell’immediato dopoguerra a Reggio Emilia venne pubblicato il «Tempo nostro»16, rivista progettata da Corrado Corghi e Giuseppe Dossetti, mentre a Firenze usciva, tra il 1951 e il 1954, il «San Marco» di Giorgio La Pira, Nicola Pistelli e Piero Ugolini17. Sempre nel capoluogo toscano nel 1946 sorgeva «L’Ultima», fondata da Adolfo Oxilia, Mario Gozzini, Silvano Giannelli, Bruno Nardini, Mario Pellegrini, Enzo Salomone e Giovanni Papini. Il periodico, che aveva come sottotitolo «rivista di filosofia e metastoria» nel gennaio del 1951 organizzò a Roma un convegno dal titolo Per il cristianesimo di domani in cui venne affrontato il tema dell’azione politica dei cattolici. In quell’occasione gli intellettuali che ruotavano intorno alla rivista presero posizione contro le derive confessionali e clericali presenti nel mondo cattolico.
Nel 1946 la casa editrice Morcelliana18 di Brescia pubblicava il mensile di cultura e di attualità «Humanitas», diretto da padre Giulio Bevilacqua, Michele Federico Sciacca e Mario Bendiscioli, con l’intento dichiarato di affrontare «le inquietudini e i problemi maturati nella dolorosa esperienza del nostro tempo». L’obiettivo della rivista era di ricollegarsi all’«antica e gloriosa tradizione italiana» che aveva portato al «connubio tra Chiesa e cultura, anzi tra cattolicesimo e vita italiana»19.
Del 1949 è la nascita di «Adesso», «quindicinale di impegno cristiano», come recita il sottotitolo, pubblicato a Modena e animato dal parroco di Bozzolo don Primo Mazzolari. Il periodico si caratterizzava per obbedienza alla Chiesa, di cui si sottolineava la funzione di servizio e l’impegno nei confronti degli ‘ultimi’. Tale impostazione portava a una naturale simpatia per le forze politiche progressiste, in particolare per la sinistra democristiana e per i socialisti, con la consapevolezza che solo staccando il partito cattolico dall’abbraccio con i potentati economici fosse possibile incrinare il seguito che il comunismo era riuscito a garantirsi tra i ceti popolari. Come ebbe modo di sostenere nel suo libro Rivoluzione cristiana, scritto mentre era alla macchia, ricercato dai tedeschi nel 1943, ma pubblicato postumo nel 1967, Mazzolari ambiva a una «vera rivoluzione», quella che, iniziata con Gesù Cristo, consisteva per il credente nell’impegno a promuovere i valori della giustizia e della pace. Negli anni Cinquanta Mazzolari ebbe non pochi problemi con le autorità ecclesiastiche: nel 1951 fu proibito ai sacerdoti di collaborare ad «Adesso» e a Mazzolari di pubblicare senza revisione ecclesiastica. Don Primo continuò comunque a scrivere, in forma anonima, sulla rivista e proprio questo azzardo gli provocò il provvedimento del Sant’Uffizio del 28 giugno 1954 che gli impedì di predicare fuori dalla parrocchia. Mazzolari morì nel 1959 poco dopo l’annuncio del concilio e poco prima che si realizzasse quel grande sogno di rinnovamento della Chiesa da lui profetizzato.
Questi credenti, così diversi per sensibilità e prospettive rispetto ai cattolici del tempo e consapevoli delle proprie specificità, organizzarono una rete di rapporti, di momenti di discussione e di progetti comuni (soprattutto in ambito editoriale): tra i primi contatti si ricorda l’incontro organizzato da don Lorenzo Bedeschi a Milano nell’autunno del 1949, ma altri ne seguirono non solo nel capoluogo lombardo, nei locali della Corsia dei Servi, ma anche a Erba, Roma, Modena, Firenze e in altre località italiane20. Il dialogo che costoro cercarono di instaurare con la cultura laica, nel tentativo di gettare un ponte dopo la scomunica del 1949, era destinato nel breve periodo a non dare frutti sia per le rigidità della Chiesa, sia per le condizioni internazionali che certo non permettevano di ipotizzare e di percorrere ‘terze vie’.
Alla fine degli anni Trenta nella capitale nacque il gruppo della Sinistra cristiana21 che pubblicò, dal 1943 al 1945, il settimanale la «Voce operaia»22. Augusto Del Noce ritiene che sia stata la prima vera esperienza di sinistra cattolica nel nostro paese, perché questi giovani – Franco Rodano, Adriano Ossicini, Paolo Pecoraro e Felice Balbo – sostennero si potesse essere contemporaneamente cattolici e comunisti, ritenendo che l’adesione al Pci fosse giustificata dall’essere dalla parte dei lavoratori23. Insieme ad alcuni esponenti della componente dossettiana, costoro furono protagonisti di una felice stagione di riflessione e di progettazione culturale che animò il dibattito negli anni Cinquanta.
Lo scioglimento del gruppo dossettiano, con il ritiro del leader dalla vita politica nel 1952, ebbe conseguenze nel movimento giovanile della Dc, guidato da Franco Malfatti, nel quale l’influenza di «Cronache sociali» era rilevante. Per questi giovani della sinistra democristiana fondamentale divenne l’incontro con Balbo (che dopo la scomunica del Sant’Uffizio del 1949 aveva preso le distanze dal Pci) il quale tra il 1950 e il 1951 aveva dato vita al bimestrale «Cultura e realtà», diretto da Mario Motta24. Balbo non compariva ufficialmente nel periodico anche se la rivista era espressione della sua riflessione: il filosofo condivideva infatti con questi giovani la convinzione che fosse in atto una crisi del pensiero politico che coinvolgeva anche il marxismo e indicava come soluzione l’adesione alla filosofia aristotelico-tomistica, filosofia ufficiale dell’istituzione ecclesiastica e, di conseguenza, della Democrazia cristiana. Da qui nasceva la giustificazione dell’unità politica dei cattolici, soluzione ritenuta provvisoria ma indispensabile visto che al momento non c’erano alternative data la mancanza di una filosofia in grado di fondare un’azione politicamente rinnovatrice25. Fu soprattutto la rivista «Per l’azione», periodico dei giovani democristiani diretto da Bartolo Ciccardini, a far proprie la tesi sostenute da Balbo e a esprimere la convinzione che si dovesse pensare a un’azione proporzionata alla realtà critica del momento storico, pur lasciando aperta la prospettiva futura. Ben presto la corrente di Iniziativa democratica (di Fanfani e Rumor), che aveva ereditato molti degli ex-dossettiani, prendeva le distanze dalle riflessioni di costoro e Rumor arrivò a definire il dossettismo come impregnato di integralismo.
Vicino alle riflessioni di Balbo era anche il periodico «Terza generazione», fondato da un gruppo di giovani che ruotava intorno al padre oratoriano Gino Del Bono della Chiesa Nuova di Roma. Costoro presero contatto con Bartolo Ciccardini e l’incontro avvenne proprio nel momento di crisi di questo gruppo che, dopo le elezioni dell’aprile 1953, vedeva messe in discussione le proprie convinzioni sulla ‘conservazione’ come condizione per preparare la rivoluzione. Ciccardini, insieme a Ubaldo Scassellati e Gianni Baget Bozzo, chiesero la collaborazione al gruppo di Balbo, mentre padre Del Bono contattava De Gasperi che garantì un contributo economico all’iniziativa. La rivista uscì a Roma nell’agosto 1953 e si caratterizzò per la sua dichiarata autonomia dal partito: si rivolgeva ai giovani con l’intento di individuare una loro profonda unità morale che prescindesse dalle differenti valutazioni politiche.
Quando nel 1948 prese corpo il progetto dello «Spettatore italiano» (che avrebbe concluso le pubblicazioni nel 1956), fondato e diretto da Raimondo Craveri, il periodico si collocò, seguendo le sollecitazioni di Benedetto Croce, su posizioni critiche riguardo alla politica italiana. Rodano, che fortemente aveva subìto l’influsso del filosofo idealista, entrò in rapporto con la pubblicazione nel 1952 grazie alla mediazione di Raffaele Mattioli. Dal 1954 la direzione della rivista passò a Carlo Ungaro, e la redazione era composta da Elio Chinol, Raimondo Craveri, Elena Craveri Croce, Gabriele De Rosa, Gerardo Guerrieri, Agostino Lombardo, Antonio Pellizzari e Filippo Sacconi. Rodano non compariva ufficialmente nel periodico, anche se Sacconi e De Rosa erano legati alla sua riflessione.
La scelta di questo luogo di confronto è assai curiosa perché il gruppo rodaniano ritenne di individuare l’ambito di confronto tra mondo cattolico e comunista in una rivista laica, espressione della tradizione culturale liberal-democratica. Del periodico Rodano criticava le «assolutizzazioni integralistiche», caratteristiche sia di molti cattolici che comunisti, e giudicava che di questi ambiti politici e culturali fosse necessario valorizzare le correnti laiche. «Lo spettatore italiano» sosteneva che il Pci avrebbe dovuto procedere a una riconsiderazione della propria ideologia e in particolare del marxismo il quale, dopo la morte di Stalin, aveva perso la sua carica rivoluzionaria: solo dopo tale revisione sarebbe stato possibile per il partito confrontarsi con le altre forze politiche e sociali italiane. Ciò che la rivista proponeva era la riedizione dell’alleanza tra la Dc e i partiti di sinistra nonché il superamento delle ideologie che caratterizzavano tali organizzazioni con l’obiettivo di rilanciare la democrazia e la libertà; il mondo cattolico e la Dc dimostrarono però un completo disinteresse nei confronti di tali proposte di dialogo politico e di confronto culturale26.
Segno del fermento cattolico del secondo dopoguerra è anche il fatto che nel 1950 alla rivista romana «La Civiltà cattolica» si affiancò «Aggiornamenti sociali», pubblicata dal «Centro studi sociali», fondato dal gruppo di padri Gesuiti di S. Fedele di Milano, che si caratterizzava per un preciso interesse verso i problemi dell’epoca contemporanea. Ciò portò il periodico a guardare con simpatia sia alle correnti della sinistra democristiana sia al partito socialdemocratico, e ad auspicare già negli anni Cinquanta l’apertura al centro-sinistra27.
Il tentativo di distinguere la politica comunista da quella socialista caratterizzò già dal 1953 le pagine di «Vita e Pensiero» grazie alle riflessioni di monsignor Carlo Colombo. A differenza di padre Antonio Messineo, che alla fine del 1953 tuonava su «La Civiltà cattolica» contro l’apertura a sinistra28, il docente della Facoltà teologica di Milano, riflettendo sull’esito delle elezioni politiche di quell’anno, sconsigliava la Dc di allearsi con partiti che non avessero a cuore la risoluzione dei problemi sociali, in quanto «l’ispirazione cristiana più reale della vita politica» stava nell’attuazione del «programma evangelico fondamentale»: dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, offrire lavoro e una casa a chi non l’aveva. Colombo dunque escludeva l’opportunità di un’alleanza con i monarchici, alleanza che avrebbe allontanato i ceti meno abbienti dalla Dc, e prospettava invece un’apertura a sinistra; scriveva sulla rivista: «[…] non appare ‘puerile’ il tentativo di staccare dal comunismo un gruppo politico così numeroso ed omogeneo come il Psi, che in Italia è l’erede diretto del vecchio socialismo massimalista. È impresa non facile ma neanche del tutto impossibile sul piano politico»29.
Le posizioni dei Gesuiti milanesi e di monsignor Colombo documentano l’atmosfera che caratterizzava il nostro paese e l’area lombarda in particolare, atmosfera all’interno della quale è da collocare la nascita dell’esperienza della Base. Il gruppo prese corpo per iniziativa di alcuni giovani provenienti dalla Resistenza i quali, critici nei confronti della corrente di Iniziativa democratica che collaborava con il governo Pella, si riunirono intorno al periodico «La Base»; dopo le elezioni del 1953 posero il problema del coinvolgimento del Psi nell’area di governo ritenendo, analogamente ai dossettiani, che l’apertura a sinistra significasse il ritorno a un’alleanza tra partiti popolari.
Verso la metà degli anni Cinquanta tra i giovani democristiani si delineò una significativa minoranza di sinistra che individuò come propri leader Lucio Magri e Giuseppe Chiarante. Costoro, insieme al gruppo bergamasco della Base, fondarono il mensile «Il Ribelle e il conformista» che iniziò un serrato confronto con le riflessioni politiche e culturali di Rodano. Nell’editoriale del primo numero, uscito nel gennaio del 1955, la rivista esprimeva un giudizio positivo nei confronti del periodico «Per l’azione» che, attraverso scelte culturali e morali traenti origine nell’esperienza resistenziale di molti redattori, aveva mantenuto in vita «un’esigenza strategicamente rivoluzionaria» in un momento in cui l’Italia era sommersa da una coltre di immobilismo. Il periodico però giudicava che il momento fosse mutato rispetto a qualche anno prima e che si ponesse ora l’esigenza di un discorso «rigorosamente politico, che giudic[asse] le forze e la situazione, che individu[asse] una meta strategica, che defin[isse] i successivi momenti tattici».
Vicino alla corrente della Base era anche il quindicinale «Prospettive», nato dopo il congresso Dc di Napoli del giugno del 1954 e caratterizzatosi per prese di posizione non sempre in linea con quelle della maggioranza del partito. La Dc di Fanfani non poteva permettersi di mantenere nel suo seno un gruppo influenzato da Rodano e dunque nel luglio del 1955 la direzione decise di sospendere Giuseppe Chiarante, Franco Boiardi e Umberto Zappulli, colpevoli di aver partecipato al Congresso dei partigiani della pace di Helsinki. In quell’occasione venne espulso dal partito anche il direttore di «Prospettive» Aristide Marchetti30.
La riflessione già avviata da «Lo Spettatore italiano» fu ripresa dal periodico «Il Dibattito politico», fondato da Mario Melloni e Ugo Bartesaghi con l’apporto di Rodano: sostenitori della necessità di superare le ideologie contrapposte, i promotori dell’iniziativa editoriale auspicavano il confronto tra il partito cattolico e il Pci31. Per Rodano il nemico di tale prospettiva risultava Fanfani mentre interlocutori erano gli ex esponenti popolari, ora nella Dc, come Scelba e Sturzo. Analogamente negativo risultava il giudizio di Rodano a proposito della riflessione del gruppo dossettiano, in quanto questa corrente si era caratterizzata per l’incapacità di rapportarsi con il partito operaio, ossia con il Pci, mentre aveva privilegiato il dialogo con gli esponenti della cultura socialista. In realtà gli ex popolari parvero da subito poco disponibili a collaborazioni politiche con il Partito comunista32 e la Dc mostrò di non gradire l’atteggiamento di questi giovani, tanto è vero che Melloni e Bartesaghi, che si erano rifiutati in quanto deputati di votare il trattato che istituiva l’Ueo, furono espulsi dal partito.
Nel 1958 solo due erano le riviste pubblicate appartenenti alla sinistra democristiana: «Stato democratico» e «Politica». Quest’ultima, fondata a Firenze nel 1955 da Edoardo Speranza e Nicola Pistelli, si dimostrò da subito libera sia dall’influenza postdossettiana di «Terza generazione» che da quella rodaniana di «Dibattito politico». Sosteneva, con atteggiamento polemico nei confronti dell’intellettualismo di questi gruppi, la necessità di occuparsi del mondo cattolico popolare. Il periodico mostrava interesse per la realtà politica del mondo cattolico e, analogamente al gruppo della Base, si diceva convinto che la dimensione religiosa dovesse essere riservata a un ambito strettamente personale. Dal punto di vista politico la rivista sostenne l’esperimento del sindaco della città Giorgio La Pira e la sua azione a favore dei poveri e per la pace33.
Il 1956, come è noto, rappresentò una data spartiacque nello scenario politico internazionale, sia per la crisi del canale di Suez, che segnò una nuova tappa nel processo di emancipazione dei paesi del cosiddetto Terzo mondo, sia per le novità che emersero nel blocco comunista, dove il XX Congresso del Pcus aprì la speranza che fosse possibile costruire il socialismo percorrendo nuove strade. Tali vicende ebbero ripercussioni anche nel nostro paese, dove il partito di Nenni accentuò la propria autonomia rispetto all’alleato comunista e dimostrò la propria disponibilità a un confronto con il partito cattolico per arrivare a un rinnovamento democratico del nostro paese; contemporaneamente nella Dc, ormai consapevole dell’impossibilità di continuare l’attività parlamentare con risicate maggioranze centriste, era in corso un duro scontro tra chi ipotizzava un’apertura al Psi e chi invece avallava colpi di coda delle destre. La prospettiva di dialogo tra cattolici e socialisti trovarono un importante avallo nella amministrazione di Kennedy e insperata forza con l’ascesa al soglio pontificio di Giovanni XXIII, portatore di una rinnovata tensione religiosa dopo il lento declino del pontificato di Pio XII. È all’interno di questo contesto che si assistette a un nuovo fermento del mondo intellettuale e a una mobilitazione di energie e di intelligenze volte ad affrontare le sfide che si affacciavano nella società italiana, sfide elaborate, come già in precedenza, principalmente attraverso le riviste.
A conferma della vivacità della cultura cattolica degli anni Sessanta sono da ricordare alcune importanti occasioni di confronto storico-politico: oltre ai noti convegni di San Pellegrino, – che videro protagonisti intellettuali come Pasquale Saraceno, Achille Ardigò, Gabriele De Rosa, Ettore Passerin d’Entrèves, Leopoldo Elia – si organizzarono in questo periodo momenti di incontro su temi specifici. Nell’ottobre del 1959 si tenne a Santa Margherita Ligure un convegno dal titolo Cultura e libertà, organizzato dalle riviste «Humanitas», «Vita e pensiero», «Civitas», «Rivista del cinematografo», «Letture», «Leggere», «Cronache del cinema e della televisione» e «Il Taccuino delle arti». Gli atti dell’incontro furono pubblicati a cura dell’Ufficio centrale per le attività culturali della Democrazia cristiana. Questa riunione, a cui parteciparono tra gli altri Mario Apollonio, Gabrio Lombardi e Augusto Del Noce, si concentrò sugli strumenti necessari «perché la libertà della cultura non solo non sia vincolata, ma anzi sia favorita da parte dell’autorità politica»34.
Nel 1960 si svolse a Bologna un incontro su Aspetti della cultura cattolica nell’età di Leone XIII35 che avviò una stagione di studi sul grande papa di fine Ottocento; due anni dopo furono invitati i migliori storici a dibattere a proposito di Benedetto XV, i cattolici e la Prima guerra mondiale36. Leone XIII e Benedetto XV erano stati i papi che maggiormente avevano aperto la Chiesa e il mondo cattolico alle sfide della modernità – fondamentali furono in queste senso la Rerum novarum nel 1891 e l’abrogazione del non expedit nel 1919 – e non è un caso che gli intellettuali cattolici negli anni del pontificato giovanneo volgessero il proprio interesse verso quegli uomini e quelle esperienze, ma ciò che è opportuno sottolineare è che entrambi gli incontri furono promossi dalle riviste «Civitas», «Humanitas», «Rivista di storia della Chiesa in Italia», «Studium», e «Vita e pensiero»37.
Espressione delle nuove esigenze che nacquero nel mondo cattolico tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta furono soprattutto le riviste «Testimonianze» e «Questitalia». «Testimonianze», nata su modello della francese «Témoignage chrétien» e per iniziativa dello scolopio padre Ernesto Balducci, individuò sin dall’inizio come pubblico quella parte del clero e del laicato cattolico che si mostrava insofferente nei confronti dell’attivismo dell’Azione cattolica di Gedda e in generale delle rigidità che contrassegnavano il pontificato di Pio XII. Questi credenti cercavano spazi per conquistare una propria ‘maturità’ nell’ambito della Chiesa e soprattutto intendevano «sclericalizzare la teologia e creare una cultura cattolica teologicamente qualificata». I punti di riferimento erano i teologi francesi De Lubac, Daniélou, Congar e accanto ad essi autori come Maritain, Mounier, Gabriel Marcel, Bernanos da cui la rivista trasse stimoli a proposito dell’autonomia della politica, del rispetto della persona, della distinzione tra valori spirituali e temporali e della condanna della civiltà occidentale38. Sulle pagine della rivista comparivano articoli che con determinazione si schierarono contro la ‘religione dei ricchi’ e a favore di un impegno cristiano al fianco degli ‘ultimi’, a favore delle lotte di liberazione dei popoli dell’America latina e contro i bombardamenti americani in Vietnam. Uno dei temi affrontati dalla rivista fu anche quello del ruolo dei laici nella società religiosa e così nel 1966 «Testimonianze» organizzò un convegno dal titolo La responsabilità del laicato italiano dopo il Concilio. Durante il dibattito risultò chiara l’esigenza di superare gli steccati ideologici e organizzativi che avevano caratterizzato la cristianità italiana, nonché la volontà di costruire una Chiesa svincolata da interessi politici immediati e impegnata nella affermazione di una nuova presenza evangelica nella società. Nel 1966 Ernesto Balducci fu costretto a dimettersi dalla direzione di «Testimonianze» – direzione che fino a quel momento aveva condiviso con Zolo – a seguito della privazione dell’approvazione ecclesiastica. La direzione della rivista fu quindi assunta da quattro laici: Danilo Zolo, Pietro Bellagi, Pier Giorgio Camaiani e Fernando Cangedda.
«Questitalia», fondata a Venezia da Wladimiro Dorigo, già esponente tra i più significativi della sinistra della Base39, e attenta anch’essa alle riflessioni della teologia d’Oltralpe, si dichiarava una rivista non cattolica o di cattolici – anzi negò sempre con determinazione la legittimità di tale definizione – anche se pose al centro dei propri interessi il tema dell’organizzazione politica dei cattolici e del ruolo che essi avevano assunto nell’Italia del secondo dopoguerra. Nel novembre del 1967, proprio mentre divampava la protesta studentesca nella cattolicissima Università del Sacro Cuore di Milano, alcuni giovani, organizzati dalla rivista veneziana, si ritrovarono a Rimini per individuare un nuovo modo di porsi di fronte ai problemi della società contemporanea; pochi mesi dopo a Bologna si tenne un secondo congresso dei ‘gruppi spontanei’ per discutere della libertà del credente, dell’obbedienza all’Istituzione ecclesiastica, del problema dell’unità politica dei cattolici e della Chiesa dei poveri.
Nel solco della nuova sensibilità introdotta da Giovanni XXIII, ma su posizioni assai più caute rispetto a quelle sostenute dall’entourage di Dorigo, nasceva nel 1961 la rivista «Relazioni sociali»40 ad opera di una nuova generazione di cattolici milanesi decisi ad essere coerenti «con la verità religiosa e morale da essi professata» e che intendevano «gettare la luce dei loro valori sulla realtà del tempo», ritenendo comunque di «potersi incontrare per un dialogo costruttivo anche con chi quella Verità non professava esplicitamente»41. «Relazioni sociali» manifestava già nei primi numeri il desiderio di analizzare il vivo della situazione sociale e politica italiana esprimendo la convinzione che il centrismo si fosse concluso nel 1953 e che dopo un periodo di instabilità politica fosse ora tempo di aprirsi a una diversa prospettiva. Così la rivista vedeva con simpatia l’evoluzione del Partito socialista che, «superando i residui di certe posizioni massimalistiche», tendeva a distinguersi sempre più dal Pci e d’altro canto si augurava che il partito di maggioranza relativa desse dimostrazione «di dignità, di coscienza, di competenza, di chiarezza, di vera e appassionata attenzione ai più gravi problemi» che angustiavano la società italiana, nella costante fedeltà «ai fondamentali valori umani e cristiani»42.
Sempre a Milano già negli anni Cinquanta veniva pubblicato il foglio di Gioventù studentesca «Posidippo» e il mensile «Corriere studentesco», diretto da Piero Cavenini, sostituito nel novembre 1957 da «Milano studenti»43. «Milano studenti», dapprima bimestrale poi mensile e dall’ottobre del 1963 fino all’ottobre del 1968 quindicinale, negli ultimi anni raggiunse la cifra di 15.000 copie44. Dal 1966, sotto la direzione di Luca Perrone, il giornale si mostrò sensibile alle nuove tematiche sollevate dal concilio e cominciò a concentrarsi sui problemi del Terzo mondo e sulle situazioni di disagio e di povertà esistenti nel nostro paese, affrontando dunque questioni al centro degli interessi anche del nascente Movimento studentesco; gli ultimi numeri del giornale si concentrarono infatti quasi interamente sulla contestazione giovanile, mentre molti lettori erano ormai tra i protagonisti delle esigenze di rinnovamento che si affacciavano in quegli anni nella società. Nel 1965, sempre nella diocesi ambrosiana, prendeva forma il «Momento», pensato come continuazione delle precedenti esperienze dei periodici «Nuova presenza» e «La Fornace»; si trattava di una pubblicazione che si definiva «di testimonianze e di dialogo» e che, vicina alla spiritualità di Teilhard de Chardin45, ben si inseriva nel nuovo clima che l’esperienza conciliare aveva diffuso nel mondo cattolico46.
Nel maggio 1964 il mondo cattolico fiorentino dava vita al primo numero di «Note di cultura»47, che contava come ideatori gli stessi credenti che avevano fondato nel 1955 la rivista della sinistra democristiana «Politica». Dopo un primo periodo di convivenza anche logistica tra i due periodici si arrivò a una scissione e a una collaborazione di «Note di cultura» con alcuni «gruppi cattolici come quello che da tempo operava intorno alla rivista “Testimonianze”»48. Il periodico concentrò i propri interessi soprattutto sui problemi internazionali, evidenziando in particolare una sensibilità vicina a quella di La Pira, sulla guerra del Vietnam e sul Medio Oriente49. Nello stesso anno poi venne fondato a Napoli «Il Tetto» come prosecuzione, anche se non mancava un atteggiamento di dissenso e di polemica, della rivista giovanile della Democrazia cristiana «Quarta generazione». «Il Tetto», che criticava la strumentalizzazione politica e integristica della Dc, si orientò prevalentemente sul piano ecclesiologico e su quello dei rapporti fra Chiesa e mondo giungendo raramente a discorsi esclusivamente politici50. Nel giugno del 1967 nasceva poi «Settegiorni» con Ruggero Orfei come direttore responsabile e collaboratori quali Emanuele Ranci Ortigosa, Valerio Occhetto, Gian Giacomo Migone, Piero Ostellino e Adriana Zarri. Il settimanale, fondato con l’obiettivo di preparare l’opinione pubblica all’eventuale uscita della sinistra sociale dalla Dc, nell’editoriale di presentazione del primo numero attaccava il sistema politico italiano caratterizzato da «immobilismo», da una coalizione di centro-sinistra incapace di una reale rappresentanza «delle matrici storiche dell’Italia di massa» e da un Partito comunista che, avendo come obiettivo quello di affiancare democristiani e socialisti, aveva rinunciato al proprio ruolo di opposizione scivolando verso una politica ‘trasformista’51.
L’esigenza di avviare un dialogo teorico tra cattolici e marxisti, che ebbe nella pubblicazione del libro curato nel 1964 da Mario Gozzini Il dialogo alla prova un momento significativo, fece nascere riviste redatte da credenti e non credenti, in particolare comunisti. Tra queste vi era «Religioni oggi» diretta da Alceste Santini con la collaborazione di don Lorenzo Bedeschi, Carlo Bo, Corrado Corghi, Giorgio La Pira, Lucio Lombardo Radice, Ambrogio Donini e padre Giulio Girardi. Il periodico, sorto come agenzia di stampa settimanale nel 1964, si trasformò in bimestrale nel 1967 e chiuse nel 1969. Sempre diretta da Santini nel 1972-1973 fu pubblicata «Quale società» con l’intento di riprendere le tematiche di «Religioni oggi» ma con più interesse per il dibattito operativo e meno per il confronto ideologico. Nel 1968 iniziò poi le pubblicazioni la «Rivista internazionale di dialogo» promossa come co-produzione dalle case editrici Herder e Morcelliana e diretta dai teologi Karl Rahner e Herbert Vorgrimler; l’edizione italiana del trimestrale chiuse nel 1970 quella tedesca nel 197552.
Gli anni Sessanta furono un momento di svolta anche nella stampa cattolica quotidiana e ciò per conseguenza diretta dell’azione dinamica e innovatrice del concilio Vaticano II; lo spirito da crociata si attenuò sia sulle pagine de «L’Osservatore romano» che di alcuni quotidiani di Curia. A dirigere «L’Avvenire d’Italia» di Bologna venne chiamato Raniero La Valle (che sostituì Raimondo Manzini) mentre l’arcivescovo di Milano, cardinale Montini, affidò «L’Italia» a Giuseppe Lazzati53. In realtà questo momento di apertura non durò a lungo e «L’Avvenire d’Italia», che assunse posizione a favore della pace e contro l’imperialismo, venne considerato troppo ‘estremista’; così, sfruttando la situazione di disavanzo del giornale, la Conferenza episcopale decise nel 1966 di unificare il quotidiano bolognese e quello milanese. La Valle si dimise dalla direzione mentre si realizzava il nuovo giornale «Avvenire», la cui proprietà era divisa tra la Cei e la Curia ambrosiana54.
A dimostrazione del fervore intellettuale di quegli anni è da sottolineare nel marzo del 1963 la promozione a Firenze da parte del gruppo di ‘Cultura’, un’organizzazione autonoma promossa dalla rivista «Politica», di un incontro su L’inserimento dei cattolici nella vita democratica e culturale del mondo moderno al quale furono invitati i direttori di alcune riviste come Wladimiro Dorigo di «Questitalia», Nicola Pistelli di «Politica», Nando Fabro de «Il Gallo», Danilo Zolo di «Testimonianze», Stefano Minelli di «Humanitas» e dei rappresentanti delle riviste francesi «Esprit», «Temoignage chrétien» e «Informations catholiques internationales». In questa occasione si affrontarono temi relativi al rapporto laicato-gerarchia, pluralismo delle scelte politiche, dialogo con il pensiero moderno, integralismo e funzione delle élite culturali55. Degli anni Sessanta è anche la nascita di diversi centri studio, tra cui il Centro internazionale di documentazione e comunicazione (Idoc), fondato a Roma nel 1965 e dedito alla raccolta di documenti internazionali e interconfessionali sullo sviluppo umano e religioso, che nel 1970 avrebbe pubblicato la rivista «Idoc internazionale»56.
La Curia romana non mancò in quegli anni di dimostrare le proprie preoccupazioni per il diffondersi di interpretazioni radicali dello spirito conciliare, espresse da riviste come «Testimonianze», «Questitalia», «Il Gallo», «Il Regno» (il quindicinale dei Dehoniani fondato a Bologna nel 1956), dalle pubblicazioni del Centro internazionale e interconfessionale di Roma Idoc e dalla rivista internazionale di teologia «Concilium», che dal 1965 venne pubblicata dalla casa editrice Queriniana di Brescia anche in edizione italiana57. Il periodico, sotto la direzione di Roger Aubert, dichiarava espressamente di situarsi «dans la perspective de Vatican II» che consisteva nell’«adaptation aux exigences pastorales d’aujourd’hui à partir d’un retour aux sources et dans un esprit œcuménique»58. Nel 1970 la rivista veniva pubblicata in undici nazioni e poteva vantare la collaborazione di oltre 300 teologi di 34 paesi. Nel settembre del 1970 «Concilium» organizzò a Bruxelles un congresso teologico internazionale su L’avvenire della Chiesa, sotto la presidenza di Edward Schillebeeckx, con lo scopo di approfondire i compiti della teologia nei confronti della Chiesa.
La diffidenza verso il cattolicesimo d’avanguardia si accentuò negli anni Settanta quando molti di quei credenti che dal concilio in poi avevano assunto posizioni critiche nei confronti della Chiesa si schierarono contro l’abrogazione della legge sul divorzio; in tal senso non mancarono di prendere posizione periodici come «Il Regno», «Testimonianze», «Idoc», «Nuovi tempi», «Il Tetto» e «Il Foglio» di Torino. Al fianco delle riviste si schierarono 88 intellettuali che nel 1974 firmarono un appello a favore del divorzio; tra questi c’erano dom Giovanni Franzoni, il rettore dell’Università di Urbino Bo, don Bedeschi, padre Turoldo, padre De Piaz, Alberigo, Scoppola, La Valle.
Accanto ai cattolici disponibili a recepire le riflessioni conciliari ve ne erano naturalmente altri che giudicavano negativamente le aperture del Vaticano II in nome della riproposizione dei valori della cultura tradizionale. Già nel 1957 era stata fondata a Roma la rivista vicina all’Opus Dei «Studi cattolici»59 e successivamente nel 1959 Baget Bozzo promosse l’iniziativa del quindicinale romano «L’Ordine civile», che si caratterizzò per una decisa difesa della tradizione cattolica. Insieme alla rivista «Lo Stato»60, «L’Ordine civile» assunse posizioni neointegriste ponendosi alla ricerca di una «politica dei princìpi» come alternativa alla «gestione clerico-moderato-progressista» della Dc61. Baget Bozzo orientò «L’Ordine civile» e «Lo Stato» in senso conservatore anche sul piano politico, criticando fortemente il tentativo di Fanfani di trovare punti di accordo con Nenni e di dar vita alla stagione del centro-sinistra. In particolare «Lo Stato» fece propri i temi più caratteristici del pensiero della destra: la difesa dei valori della tradizione, l’appoggio al colonialismo europeo in Africa, la critica alla «filosofia della coesistenza» e la difesa di una scuola ordinata e disciplinata62.
Del resto, questi erano gli anni in cui, sulla spinta delle suggestioni che provenivano dalla Francia impegnata contro l’offensiva indipendentista del Fronte di liberazione nazionale algerino, anche nel nostro paese era oggetto di discussione, per la prima volta dopo la caduta del fascismo, l’ipotesi di un blocco d’ordine aperto alle forze di destra che si rifacevano all’esperienza fascista63. Fu in questo contesto politico che nacque il governo presieduto da Ferdinando Tambroni con l’appoggio esplicito anche de «La Civiltà cattolica», la quale non riteneva tale ministero di per sé deplorabile e interpretò le rivolte popolari contro il congresso neofascista a Genova come un «furibondo attacco contro lo Stato democratico»64. Sulla prima pagina della rivista «La Discussione» campeggiava la scritta: «Solo i partiti democratici possono difendere la democrazia. Non è il Pci che può arrogarsi il diritto di protestare contro il neofascismo»65. Analogamente «L’Ordine civile» affermava che il Pci era ricorso a Genova «alla malavita e ai suoi metodi»66 e sulla stessa lunghezza d’onda era il settimanale «Lo Stato» che criticava i dirigenti della Dc per aver accettato passivamente «la versione concernente il colpo di Stato» tentato da chi aveva avuto «il coraggio di difendere la legge»67.
In ambito ancor più conservatore va collocata la «Rivista romana» che, diretta dal conte Vanni Teodorani, aveva iniziato le sue pubblicazioni già nel febbraio del 1954 e intendeva qualificarsi come continuazione del periodico clerico-fascista di Egilberto Martire «Illustrazione vaticana»; negli anni Sessanta la rivista – avrebbe cessato le pubblicazioni nel 1966 – si caratterizzò per una dura polemica nei confronti delle aperture conciliari68.
Nel 1966 Baget Bozzo fu tra i protagonisti di un nuovo progetto editoriale, la rivista «Renovatio» trimestrale di teologia e cultura, diretto da Guglielmo Luigi Rossi. Il suo scopo, di fronte alle aperture concesse dal dibattito conciliare alle novità del mondo contemporaneo e sostenute dalla rivista «Concilium», era quello «di contrastare le false dottrine che insidiano l’equilibrio spirituale dell’uomo». La rivista intendeva «da un lato esprimere la continuità della teologia con se stessa, nel segno della divina Tradizione» e dall’altro «mostrare l’ampiezza di interesse e di problemi che il punto di vista teologico consente e comanda»69.
Non certo affiancabile alle riviste appena citate, ma senz’altro lontana dal nuovo clima nato nella Chiesa negli anni del concilio e del postconcilio, era «Cultura e politica», rivista che uscì negli anni 1966-1967 promossa dall’onorevole democristiano Flaminio Piccoli. Il periodico, preoccupato per i profondi cambiamenti in atto, volle connotarsi per l’assunzione di posizioni moderate e come argine al dilagare del ‘nuovismo’ intraprendendo una dura polemica contro le Acli e le realtà cattoliche più innovative70.
Se è vero che il gruppo che maggiormente si contrappose al concilio fu quello di monsignor Marcel Lefebvre, sostenitore della tesi per cui l’elaborazione conciliare rappresentava «il rovesciamento di quel magistero pontificio che ininterrottamente, per più di un secolo, aveva condannato ogni tentativo di accordare Chiesa e modernità»71, è vero che anche nel nostro paese alcuni prelati deplorarono, seppur con caratteri meno radicali, le novità del Vaticano II e si fecero paladini della tradizione violata. Ma l’organizzazione che più si radicò e che riuscì a trovare un seguito di massa fu Comunione e liberazione che si formò a Milano nel 1969 a seguito della scissione di Gioventù studentesca tra un’ala progressista, che confluì nel Movimento studentesco, e una più legata alla tradizione guidata da don Luigi Giussani. Vicina alle tesi dell’intransigentismo ottocentesco, Cl, supportata dalle riflessioni di Del Noce, intese con forza riaffermare il valore della civiltà cristiana72.
Il movimento pubblicò vari periodici tra cui «Il Sabato», nato nel 1978, diretto da Vittorio Citterich, e co-fondato da Robi Ronza, Roberto Formigoni e Rocco Buttiglione. Nei primi tempi il settimanale intese offrire un luogo di confronto e di riflessione per il mondo cattolico e questo spiega le motivazioni alla base della scelta come direttore di un intellettuale legato a La Pira come direttore; del resto l’ex sindaco di Firenze nel 1974 si era schierato con fermezza conto il divorzio e intratteneva stretti contatti con Cl73. Nel 1983 veniva poi dato alle stampe «30 giorni», mensile internazionale de «Il Sabato», il cui direttore responsabile era Fiorenzo Tagliabue mentre la redazione era composta da Paolo Biondi, Lucio Brunelli, Massimo Camisasca, Tommaso Ricci e Gianni Varani. Nell’editoriale del primo numero il periodico auspicava che la rivista si occupasse di questioni internazionali in quanto gli articoli pubblicati sulle altre testate risultavano troppo condizionati dalla cultura marxista e dunque dimostravano una forte attenzione per le strutture economiche e uno scarso interesse per l’uomo. Sul periodico comparvero articoli relativi alle varie zone del mondo, l’Asia, l’Africa e le Americhe riservando però un’attenzione particolare ai paesi dell’est europeo.
Nel settembre 1993 usciva il mensile milanese «Tracce: litterae communionis» pubblicato dall’editore Nuovo Mondo. Il periodico, continuazione di «CL. Strumento di lavoro dei gruppi di Comunione e Liberazione» in circolazione già dal dicembre 1974, entrava da subito in polemica con il giornale «la Repubblica». Il contrasto fra «Tracce», diretto da Davide Rondoni, e il quotidiano romano non nasceva tanto da motivi politici quanto culturali: derivava dalla convinzione di Scalfari che la scienza sarebbe riuscita a dimostrare che tutta la realtà era governata dal caso e non da un principio di causa-effetto e di conseguenza non esisteva più necessità di parlare di destino, di mistero e di Dio74. La rivista di Cl intendeva confutare tali affermazioni ‘laiciste’ mettendo in discussione il fatto che il caso di necessità escludesse Dio, perché si doveva riconoscere che «nessun uomo può vivere senza un’ipotesi positiva»75. «Tracce», che ancor oggi viene pubblicata, si pone come argine al diffondersi della cultura laica e si caratterizza come una rivista prettamente religiosa interna al movimento, a cui dà spazio anche grazie alle lettere di militanti che vi possono scrivere liberamente fornendo inoltre notizie e indicazioni sulle iniziative culturali e religiose organizzate nei vari contesti.
Nel novembre del 1975 si costituì a Roma la Lega democratica che rappresentò un punto di aggregazione innanzi tutto dei cattolici che avevano votato a favore del mantenimento della legge sul divorzio, ma che attrasse anche alcuni che si erano espressi secondo le indicazioni vaticane. Tra i promotori dell’iniziativa c’erano Pietro Scoppola, Achille Ardigò, Paola Gaiotti De Biase, Beniamino Andreatta, Paolo Giuntella, Luigi Bazoli, Ermanno Olmi, Roberto Ruffilli, Paolo e Romano Prodi, oltre ad esponenti della minoranza interna della Dc, come Ermanno Gorrieri e Piero Bassetti. I cattolici protagonisti di questa esperienza si sentivano figli dell’esperienza conciliare, giudicavano un valore positivo la moderna laicità dello Stato ed erano convinti di dover sostenere la lotta dei lavoratori e delle classi meno abbienti per una uguaglianza dei diritti politici e sociali. Ma soprattutto, costoro ritenevano che il vero pericolo per il cristianesimo non provenisse dalla cultura laica, bensì fosse rappresentato dai processi di secolarizzazione indotti dalla società dei consumi, e soprattutto dall’introdursi anche nel nostro paese dall’american way of life, tesi che tra l’altro lo storico Scoppola sostenne anche nel libro La «nuova cristianità» perduta, pubblicato nel 1985.
Nel 1978 il gruppo diede vita alla rivista «Appunti di cultura e di politica» diretta da Scoppola76. Il primo numero venne pensato e scritto proprio nei tragici momenti del sequestro di Aldo Moro e fu poi pubblicato due settimane dopo la morte dello statista77. La rivista, nella sua prima serie, diventò così espressione della cultura politica della ‘terza fase’ anche se gli storici Franco Bolgiani e Paolo Prodi non mancarono di far sentire il loro dissenso verso quella che definivano una linea di appiattimento sulla Dc. Certo è che le prospettive politiche e religiose delineate da questi credenti entrarono presto in conflitto con Cl, che accusò i cattolici democratici di essere ‘cattocomunisti’ e di essersi convertiti al marxismo. Le accuse erano chiaramente infondate, anche se è vero che i militanti della Lega, pur rimanendo fermi sulla propria identità, non intesero sottrarsi al dialogo con il mondo della sinistra78.
Sempre nell’ambito della cultura cattolico-democratica è da ricordare il mensile «Il Margine», fondato a Trento nel 1981 dall’associazione Oscar A. Romero e vicino alle posizioni della Rosa Bianca (il comitato di redazione della rivista vedeva coinvolti, tra gli altri, Fulvio De Giorgi, Guido Formigoni, Grazia Villa, che erano tra gli animatori anche di «Appunti»). La rivista, che aveva come sottotitolo «fede, cultura, politica, dialogo», proponeva approfondimenti su problemi di politica interna e internazionale, su questioni relative alla spiritualità e alla vita nella Chiesa.
Il quadro che fin qui si è delineato sulle riviste cattoliche degli anni Settanta e Ottanta non risulterebbe completo se non si facesse riferimento anche alla pubblicazione nel 1972 a Milano del mensile «Il Domani d’Italia» diretto da Luigi Granelli. Il titolo della rivista non a caso rimandava al giornale della sinistra del Ppi che strenuamente si era opposto al fascismo e aveva sostenuto la linea democratico cristiana in anni in cui la maggior parte del mondo cattolico si dimostrava disponibile a compromessi con l’‘uomo forte’79. Sul primo numero interveniva Granelli mettendo in evidenza come la crisi di quel periodo, che aveva analogie con quella dei primi anni Venti, rischiasse di travolgere non il potere, ma una testimonianza di idee e di lotte democratiche proprie della tradizione cattolica: era dunque tra i giovani, tra i lavoratori e tra gli intellettuali che si doveva individuare quella grande riserva di energie delle masse popolari cattoliche, nella prospettiva di ricostruire una Dc capace di rispondere alle esigenze dei tempi80.
Sempre a Milano, ma con orientamento assai differente, venne pubblicato il mensile «Iniziativa democratica», che uscì nel 1972 e che aveva come direttore Massimo De Carolis, capogruppo Dc al consiglio comunale. La rivista intendeva esprimere la mobilitazione della ‘maggioranza silenziosa’ di fronte al pericolo della degenerazione autoritaria del nostro paese, che avrebbe avuto inizio nel 1969 non dalla strage di piazza Fontana, ma nell’assassinio dell’agente Antonio Annarumma. Evidente nel periodico era del resto la preoccupazione per la mobilitazione della sinistra e del movimento operaio in atto nel nostro paese, che stava mettendo in difficoltà le forze moderate, incapaci di rispondere alla «violenza di pochi»81.
A Roma nel 1978 nasceva poi «Bozze 78», mensile diretto dal senatore della Sinistra indipendente Raniero La Valle, che cambiò il proprio titolo anno dopo anno, mutando anche la periodicità in bimestrale e poi trimestrale. La rivista mise a confronto voci cattoliche orientate a sinistra e varie linee teologico-culturali; nella redazione del primo numero comparivano Giuseppe Alberigo, Ernesto Balducci, Paolo Brezzi, Mario Gozzini, Gianni Baget Bozzo, Enzo Bianchi, Italo Mancini, Valerio Onida, David Maria Turoldo. È evidente il tentativo della rivista di definire una politica al di fuori dei recinti democristiani e per questo motivo la Sezione Affari italiani della Segreteria di Stato diffidò i sacerdoti dall’offrire la loro collaborazione al periodico. Ciononostante, nella redazione continuarono a rimanere Turoldo, Balducci e Mancini82.
Tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta la stagione del dialogo tra cattolici e comunisti si concluse con l’avvento al pontificato di Giovanni Paolo II che chiuse qualsiasi spazio di confronto e di collaborazione tra le due culture83. D’altro canto il nuovo papa, che dichiarava una preferenza per il ‘cattolicesimo sociale’ rispetto a quello ‘politico’, si mostrava scettico nei confronti delle conquiste successive alla Rivoluzione francese e rinnovava la tradizionale nostalgia della Chiesa per il mondo precedente la deriva della secolarizzazione. In questo contesto si radicò nella società italiana un movimento aggressivo e totalizzante come Cl, ma contemporaneamente il ‘primato del sociale’ stimolò anche settori tradizionali come le Acli, l’Ac, l’Agesci, la Caritas e gli scout. Le Acli pubblicarono in questo periodo sia «Azione sociale», settimanale redatto a Roma dal 1979 al 1986, che «Realtà sociale d’oggi», una rivista trimestrale di ricerca e di proposte della componente milanese che iniziò ad uscire nel 1982. La Fuci continuava la diffusione di «Ricerca», il quindicinale pubblicato a Roma dal 1945, che rappresentava la nuova serie della precedente «Azione fucina». Nell’ambito dell’Ac sono da segnalare i periodici dell’Editrice Ave: «Segno sette nel mondo», settimanale che uscì dal 1983, «Nuova responsabilità», rivolto a coloro che avevano compiti formativi e che venne dato alle stampe dal 1987, «Proposta educativa», mensile del Movimento di impegno educativo di Ac, che venne pubblicato dal 1974 come continuazione di «Maestri di Azione cattolica» (il periodico del Movimento dei maestri di Azione cattolica che aveva iniziato le pubblicazioni già nel 1954) e «Presenza e dialogo lavoratori», la rivista del Movimento lavoratori di Ac, che iniziò ad uscire nel 1973.
Negli anni Ottanta esplose poi la pratica del volontariato che, legato alla gratuità del servizio che caratterizza il cristianesimo, diventò un nuovo modo dei credenti di vivere nella società contemporanea con un impegno sia in ambito nazionale che internazionale nei settori del Terzo mondo, dell’emarginazione sociale, della pace e ambiente84. L’impegno delle organizzazioni non governative cattoliche che operavano nelle aree del sud del mondo era coordinato dalla Focsiv (Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontariato), un’associazione che era nata nel 1970 e che ha pubblicato negli anni vari periodici (dal 1983 «Segnalazioni Focsiv» e «Rassegna stampa Africa», dal 1988 «Rassegna stampa Asia» e dal 1990 «Piccolo pianeta»). Nell’ambito del Terzo mondo continuavano poi il loro impegno quelle congregazioni religiose che da decenni avevano rapporti con le aree più povere del pianeta e che, soprattutto dopo le sollecitazioni introdotte dall’enciclica Populorum progressio, avevano assunto posizioni critiche nei confronti dei paesi ricchi, responsabili del sottosviluppo di interi continenti.
Tra queste vi erano i Gesuiti di S. Fedele di Milano che, già dal 1915, pubblicavano «Le missioni della compagnia di Gesù». Nel 1969 la rivista cambiò il nome in «Popoli e missioni della Compagnia di Gesù» e poi successivamente, dal 1987, in «Popoli: il mondo, la missione. Rivista dei gesuiti missionari italiani». Sempre a Milano dal 1969 usciva la rivista «Mondo e missione» edita dal Pontificio istituto missioni estere85, continuazione del quindicinale «Le missioni cattoliche» che aveva iniziato le sue pubblicazione dal 1872. Non è un caso che queste riviste di lungo corso decidessero di mutare in questi anni il loro nome in quanto l’impostazione e la sensibilità rispetto ai problemi dei paesi del sud del mondo risultava ora assai diversa rispetto al periodo dell’espansione coloniale italiana86.
Mentre il Pime privilegiò i rapporti con i popoli dell’estremo oriente, i padri comboniani concentrarono la loro attenzione sui problemi dell’Africa e pubblicavano a Verona, già dal 1883, la rivista «Nigrizia». Nel 1978 padre Alex Zanotelli divenne direttore della rivista e la trasformò da mensile di informazione religiosa a periodico di notizie e riflessioni sulla condizione del continente nero. In particolare «Nigrizia» prese posizione sull’apartheid, in Sud Africa e non mancò di evidenziare e di condannare gli interessi delle potenze ricche in quelle regioni spesso solo esteriormente ammantati da fini umanitari. Nel 1987, per le polemiche intraprese anche nei confronti di alcuni esponenti politici – tra cui Andreotti, Craxi e Piccoli – su precisa richiesta delle autorità ecclesiastiche, Zanotelli lasciò la direzione della rivista. Nel 1990, per volere di don Tonino Bello presidente di Pax Christi, divenne direttore del mensile «Mosaico della pace».
Impegnata contro la violenza era anche Pax Christi, tanto è vero che nel documento stilato in occasione della marcia del 1987, firmato anche da Aldo De Matteo delle Acli, Graziano Zoli per Mani tese e dal padre saveriano Eugenio Melandri per «Missione oggi», si affermava che Cristo è «la vera pace» e che dunque era compito dei cristiani adoperarsi perché questa si realizzasse nel mondo. Melandri, che nel 1989 sarebbe diventato parlamentare europeo nelle file di Democrazia Proletaria, venne anche chiamato dal 1988 a dirigere il notiziario bimestrale «Solidarietà internazionale» del Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale.
Con la caduta dell’impero sovietico, gli anni Novanta rappresentarono un momento di svolta nella politica internazionale e, in ambito italiano, l’allentamento della Guerra fredda provocò l’implosione della cosiddetta Prima repubblica e la nascita di nuovi soggetti politici e sociali. La ricerca di differenti strade e strategie era condivisa sia da ambienti laici che cattolici nella convinzione che solo attraverso un percorso comune fosse possibile trovare una soluzione per superare la crisi politica che la società italiana stava vivendo.
Nel 1990 l’associazione romana «Riformismo e solidarietà» dava vita al mensile di dibattito politico «Il Bianco e il rosso» diretta da Pierre Carniti. La convinzione, ben espressa nell’editoriale del primo numero, era che fosse necessario un dialogo, una proposta collettiva e un comune impegno politico della cultura del riformismo socialista e del solidarismo cattolico-democratico. Entrambe queste culture politiche avevano come elemento comune «i valori di uguaglianza e di solidarietà», la tendenza cioè «a riconoscersi in un comune destino al di là dell’immediato»87. Nell’aprile del 1998 usciva la nuova serie della rivista diretta da Giorgio Tonini88. La prospettiva politica della rivista venne tracciata da Scoppola, il quale vedeva delle assonanze tra la ‘terza fase’ di Moro e l’esperienza dell’Ulivo perché «gli eredi del partito di Moro, i popolari, sono al governo con gli eredi del partito di Berlinguer, anche se in rapporto rovesciato rispetto a quello di allora». Scoppola sosteneva che l’Ulivo rappresentasse non la somma di quelle diverse esperienze e tradizioni culturali, bensì «un amalgama di tutte le componenti che hanno contribuito allo sviluppo del Paese»: la cultura del socialismo democratico, del cattolicesimo democratico, la tradizione ambientalista e il riformismo liberaldemocratico89.
Ispirazione completamente diversa fu quella che diede vita alla pubblicazione delle rivista «Liberal», a Roma nel marzo del 1995, la cui direzione era composta da Ferdinando Adornato, Ernesto Galli della Loggia e Giorgio Rumi. Il nostro paese si trovava in un momento di grande incertezza politica e anche questo mensile voleva rappresentare un’occasione di «incontro tra cattolici e laici» (come recitava il sottotitolo) ponendosi l’ambizioso l’obiettivo di «cambiare la destra e cambiare la sinistra», entrambe malate di faziosità, con il fine di realizzare un paese basato sui valori del liberalismo90.
Non è un caso che l’intellettuale di riferimento del mondo cattolico fosse Giorgio Rumi, editorialista de «L’Osservatore romano» e studioso attento del cattolicesimo liberale e di Gioberti91, che in un articolo dal titolo Non usate il nome di Sturzo invano deplorava il tentativo delle correnti politiche cattoliche, nate dopo la fine del partito democristiano, di accaparrarsi l’eredità di Sturzo e di De Gasperi. Convinto che «l’antropologia cristiana» fosse «uno degli ingredienti costitutivi» del nostro paese, Rumi rifletteva sulle novità che scuotevano la vita della Nazione e in particolare sulla fine dell’unità politica dei cattolici: ora infatti nello stesso partito o schieramento i cattolici si sarebbero trovati a compiere scelte e a prendere posizioni insieme a coloro che provenivano da culture differenti.
Con la fine del millennio tutto era cambiato rispetto ai cinquant’anni precedenti e insieme al contesto internazionale e al sistema politico italiano era mutato anche il ruolo dei credenti nella società. Ciò che è opportuno a questo punto domandarsi è se in questa nuova fase le riviste di informazione, di elaborazione e di critica possano continuare a rappresentare strumenti di confronto costituendo ancora occasioni di coagulo per gruppi intellettuali o se invece in una società plasmata dalla televisione e dalla pubblicità, da facebook e dalle nuove frontiere tecnologiche, le riviste di cultura abbiano ormai un ruolo residuale.
1 Cfr. E. Mondello, Le riviste del primo Novecento, in Storia generale della letteratura italiana, diretta da N. Borsellino, W. Pedullà, X, La nascita del moderno, Milano 1999, p. 286. Cfr. anche S. Cassese, Giolittismo e burocrazia nella «cultura delle riviste», in St.It.Annali, IV, pp. 475-549.
2 A. Majo, La stampa cattolica in Italia. Storia e documentazione, Casale Monferrato 1992, p. 196.
3 S. Portaccio, La donna nella stampa popolare cattolica: «Famiglia cristiana» 1931-1945, «Italia contemporanea», 22, 1981, 1, pp. 27-34; M. Marazziti, Cultura di massa e valori cattolici: il modello di «Famiglia cristiana», in Pio XII, a cura di A. Riccardi, Bari 1985, pp. 307-334; D. Saresella, Moralità, ordine e tradizione. Il settimanale “Famiglia cristiana” (1931-1939), in Forme e modelli del rotocalco italiano tra fascismo e guerra, a cura di R. De Berti, I. Piazzoni, Milano 2009, pp. 213-233. Nel 1967 la Società di S. Paolo lanciò un altro periodico destinato a un pubblico più esigente, «Famiglia mese», che nel 1974 avrebbe preso il nome di «Jesus». Tra i periodici cattolici più diffusi nel secondo dopoguerra vi erano anche il «Messaggero di Sant’Antonio» che, fondato nel 1897, rimase un bollettino fino al 1970, per poi migliorare di contenuti e grafica.
4 S. Gundle, Cultura di massa e modernizzazione: «Vie nuove» e «Famiglia cristiana» dalla guerra fredda alla società dei consumi, in Nemici per la pelle. Sogno americano e mito sovietico nell’Italia contemporanea, a cura di P.P. D’Attorre, Milano 1991, p. 235.
5 Alcuni articoli della rivista sono poi stati pubblicati in C. Chiavazza, Lettere agli amici, Torino 1982, p. 11.
6 A. Majo, La stampa cattolica in Italia, cit., pp. 200-201.
7 «Il Popolo» – che assunse il nome della testata diretta da Donati nel primo dopoguerra – apparve nel giugno del 1944, poco dopo la liberazione di Roma, ed era diretto da Guido Gonella, redattore durante il ventennio di una seguitissima rubrica de «L’Osservatore romano», cfr. G. Licata, 120 anni di giornali dei cattolici italiani, Milano 1981, p. 135; cfr. anche F. Malgeri, Stampa quotidiana e periodica e l’editoria, in DSMC, I,1, Casale Monferrato 1981, p. 291.
8 M.S. Piretti, La stampa democristiana: tra prospettiva personalista e preoccupazione garantista, in Costituente e lotta politica. La stampa e le scelte costituzionali, a cura di R. Ruffilli, Firenze 1978, p. 62.
9 A. Ferrari, Dalla democrazia liberale alla democrazia cristiana, ovvero «la virtù del libero obbedire», «Storia contemporanea», 27, 1996, 6, p. 937.
10 A. Melloni, «Cronache sociali». La produzione di cultura politica come filo della «utopia» di Giuseppe Dossetti, in «Cronache sociali» 1947-1951, a cura di A. Melloni, Bologna 2007, pp. XXI-XXII.
11 F. Schneider, Continuità, «La Discussione», 12 settembre 1954. Negli anni Settanta, con la direzione di Guglielmo Zucconi e Pierluigi Magnaschi, il quindicinale intese contrapporsi alla cultura della sinistra, egemone in quel periodo anche all’interno di ampi settori del mondo cattolico, rivendicando il ruolo di voce moderata. La rivista avrebbe concluso le sue pubblicazioni nel novembre del 1995, quando si sarebbe trasformata nel quotidiano dei Cristiani democratici uniti; nel primo numero del nuovo formato, del 7 novembre, compariva un editoriale di Rocco Buttiglione in cui rivendicava la storia della rivista voluta da De Gasperi, luogo fondante della memoria, dei valori, dell’azione politica e dell’elaborazione culturale di quella concezione cristiana della persona che il quotidiano, ed il partito di cui fu espressione, intendevano continuare a rivendicare.
12 Il primo numero uscì da Rizzoli il 1° gennaio 1955. Cfr. F. Malgeri, La stampa quotidiana e periodica e l’editoria, cit., p. 292.
13 G. Andreotti, Un nome impegnativo, «Concretezza», I, 1955, 1, p. 1.
14 Cfr. D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1941-1963), Brescia 2008.
15 P. Zanini, La rivista «Il gallo» e il problema della laicità negli anni Cinquanta, in pubblicazione presso la rivista «Humanitas».
16 La rivista uscì dal 1945 al 1948.
17 F. Malgeri, Il contesto politico, in I cattolici democratici e la Costituzione, a cura di N. Antonetti, U. De Siervo, F. Malgeri, Bologna 1998, I, p. 73.
18 Cfr. F. Traniello, L’editoria cattolica tra libri e riviste, in Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, a cura di G. Turi, Firenze 1997, pp. 299-320; N. Tranfaglia, A. Vittoria, Storia degli editori italiani, Roma-Bari 2000, pp. 399-401; M. Marcocchi, Cristianesimo e cultura nell’Italia del Novecento, Brescia 2008, pp. 9-50.
19 Il comitato direttivo, Presentazione, «Humanitas», I, 1946, 1, p. 4.
20 Cfr. G. Sciré, La democrazia alla prova: cattolici e laici nell’Italia repubblicana degli anni Cinquanta e Sessanta, Roma 2005, pp. 51-54.
21 Sui cattolici-comunisti vedi: C.F. Casula, Cattolici-comunisti e sinistra cristiana (1938-1945), Bologna 1976; F. Malgeri, La sinistra cristiana (1937-1945), Brescia 1982.
22 Cfr. F. Malgeri, «Voce operaia». Dai cattolici comunisti alla Sinistra cristiana (1943-1945), Roma 1992.
23 A. Del Noce, Genesi e significato della prima sinistra cattolica italiana postfascista, in Modernismo, fascismo, comunismo. Aspetti e figure della cultura e della politica del cattolici nel ‘900, a cura di G. Rossini, Bologna 1972, pp. 415-504.
24 G. Tassani, La cultura politica della destra cattolica, Roma 1976, p. 10.
25 G. Baget Bozzo, Il partito cristiano al potere. La Dc di De Gasperi e Dossetti, Firenze 1974, p. 367.
26 G. Tassani, La questione democristiana e il compromesso storico, Roma 1977, p. 34.
27 Cfr. D. Saresella, Circoli e riviste cattoliche a Milano negli anni Sessanta e l’apertura al centro-sinistra, in Milano. Anni Sessanta. Dagli esordi del centro-sinistra alla contestazione, a cura di C.G. Lacaita, M. Punzo, Manduria-Bari-Roma 2008, pp. 81-103.
28 Cfr. A. Messineo, Dopo le elezioni politiche del 7 giugno, «La Civiltà cattolica», 104, 1953, 3, pp. 3-12.
29 C. Colombo, Giudizi teologico-politici sui risultati delle elezioni, «Vita e pensiero», 36, 1953, 9, pp. 460-464.
30 G. Chiarante, Tra De Gasperi e Togliatti. Memorie degli anni Cinquanta, prefazione di R. Rossanda, Roma 2006, pp. 62-65.
31 Cfr. Storia della Democrazia cristiana, a cura di F. Malgeri, Roma 1988, V, pp. 15-16
32 G. Baget Bozzo, Il Partito cristiano e l’apertura a sinistra. La D.C. di Fanfani e di Moro 1954-1962, Firenze 1977, pp. 50-51.
33 G. Verucci, La Chiesa nella società contemporanea: dal primo dopoguerra al Concilio Vaticano II, Bari-Roma 1988, p. 247.
34 G. B. Scaglia, Parole conclusive, in Cultura e libertà, Roma 1959, p. 192.
35 Aspetti della cultura cattolica nell’età di Leone XIII, Atti del convegno (Bologna 1960), a cura di G. Rossini, Roma 1961.
36 Benedetto XV, i cattolici e la Prima guerra mondiale, Atti del convegno di studio (Spoleto 1962), a cura di G. Rossini, Roma 1963.
37 G. Rossini, Prefazione a Benedetto XV, i cattolici e la Prima guerra mondiale, a cura di G. Rossini, cit., p. V.
38 M.C. Giuntella, «Testimonianze» e l’ambiente cattolico fiorentino, in Intellettuali cattolici tra riformismo e dissenso, a cura di S. Ristuccia, Milano 1975, pp. 241.
39 Cfr. F. Sidoti, «Questitalia» e la polemica sui temi dell’organizzazione politica dei cattolici, in Intellettuali cattolici tra riformismo e dissenso, a cura di R. Ristucci, cit., pp. 169-170. Sull’esperienza di Dorigo nella Giac dei primi anni Cinquanta, cfr. F. Piva, «La gioventù cattolica in cammino…». Memoria e storia del gruppo dirigente (1946-1954), Milano 2003; rilevante per comprendere la formazione di Dorigo è l’articolo W. Dorigo, S. Berti, La Gioventù di Azione cattolica, «Il Veltro», 8, 1964, 4, pp. 551-575.
40 Il primo numero del «Bollettino di relazioni sociali» è del 1960; il foglio era sostanzialmente redatto da Ruggero Orfei, con l’aiuto di qualche collaboratore. L’anno successivo nasceva la rivista, composta per lo più da giovani provenienti dalla Fuci (E. Ranci Ortigosa, V. Onida, F. Bassanini, M. Garzonio). Ranci Ortigosa era già stato direttore del giornale universitario «La Strada». Per pubblicare la rivista fu fondata un’associazione di cui era presidente il prof. Giuseppe Lazzati; quando Lazzati divenne direttore de «L’Italia», molti di questi giovani milanesi furono coinvolti nel giornale. Alcuni redattori di «Relazioni sociali» nel 1973 avrebbero dato vita all’Istituto per la Ricerca Sociale, ancor oggi esistente.
41 Anno primo, numero uno, «Relazioni sociali», 1, 1961, 1, p. 2.
42 Il Partito socialista sta uscendo dalla prigione del suo massimalismo?, «Relazioni sociali», 2, 1962, 2, p. 1.
43 M. Camisasca, Comunione e Liberazione. Le origini (1954-1968), Cinisello Balsamo 2001, pp. 107-108, 136-139.
44 A. Majo, 1870-1970. I periodici cattolici nella diocesi di Milano, Milano 1977, p. 91.
45 M. Gentili, La realtà terrestre in Teilhard de Chardin e nel nuovo cattolicesimo, «Momento», 1, 1965, 1, pp. 3-15.
46 A. Monasta, Il dissenso cattolico nell’esperienza di quattro riviste: «Momento», «Note di Cultura», «Note e Rassegne», «Il tetto», in Intellettuali cattolici tra riformismo e dissenso, cit., pp. 320-321.
47 La redazione della rivista era composta da P. Bellasi, P. Camaiani, G. Giovannoni, M. Primicerio, D. Zolo; a partire dal maggio del 1966 la redazione sarebbe mutata e la rivista sarebbe stata diretta da E. Bianchi, G. Giovannoni e M. Primicerio. Successivamente sarebbe entrato nella direzione della rivista anche E. Bougleux.
48 D. Zolo, «Cultura» distinta da «Politica», «Politica», X, 1964, 6, p. 2.
49 A. Monasta, Il dissenso cattolico, cit., p. 340. Nel 1968 fu pubblicata anche la rivista «Terzo mondo», diretta dal sociologo Umberto Melotti, già collaboratore di «Testimonianze». Il trimestrale dichiarava il proprio interesse per i nuovi circoli culturali e i nuovi gruppo spontanei «della diaspora laica, marxista e cattolica, per i giovani del movimento studentesco e degli altri movimenti giovanili di protesta e di rinnovamento», Presentazione, «Terzo mondo», 1, 1968, 1, pp. 3-5.
50 A. Monasta, Il dissenso cattolico, cit., p. 368. A proposito de «Il Tetto», cfr. P. Colella, «Il Tetto» ha venticinque anni: appunti per una storia, «Il Tetto», 25, 1988, 1, pp. 1-15. Nel 1964 uscirono a Palermo i quaderni bimestrali «Dialogo», nel cui comitato di direzione troviamo: G. Balistreri, L. Sammarito, G. Camarda, V. Galati, V. Gentile, G. Governali, G. Lombardo, F. Macaione, F. Magno, G. Mazzola, G. Pipitò, F. Riccio, F. Riccobono, S. Sciortino, G. Silvestri, E. Sinagra, C. Spadaro, A. Titone, F. Vicari.
51 Una classe politica che si consuma, «Settegiorni», 1, 1967, 1, p. 3. Cfr. D. Saresella, Dal Concilio alla contestazione. Riviste cattoliche negli anni del cambiamento (1958-1968), Brescia 2005.
52 L. Accattoli, L’età del dialogo (1963-1968), in I cristiani nella sinistra. Dalla Resistenza a oggi, Roma 1976, pp. 137-138.
53 Cfr. Margotti, L’Italia di Lazzati: il quotidiano cattolico milanese agli inizi degli anni sessanta, Milano 1993; e G. Lazzati, Lazzati direttore de «L’Italia», a cura di M. Margotti, Roma 1996. Cenni anche in A. Majo, La stampa quotidiana cattolica milanese 1912-1968. Le vicende de «L’Italia», Milano 1974.
54 P. Murialdi, N. Tranfaglia, I quotidiani dal 1960 al 1975, in La stampa italiana del neocapitalismo, a cura di V. Castronovo, N. Tranfaglia, Roma-Bari 1976, pp. 23-24.
55 Italia. L’opera di Giovanni XXIII in un convegno di riviste cattoliche, «Tempi moderni», 6, 1963, 2, pp. 181-182.
56 «Idoc internazionale», edito a Roma e diretta dal sociologo Arnaldo Nesti, era un quindicinale di documentazione sui principali problemi religiosi e umani. La rivista era edita dalla casa editrice Queriniana di Brescia, la stessa che pubblicava «Concilium».
57 Sulla casa editrice cfr. L. Ceci, L’editoria cattolica nel periodo postconciliare. Il caso della Queriniana, «Annali della Fondazione Luigi Einaudi», XXX, 1996, pp. 393-431.
58 R. Aubert, A. Weiler, Editorial, «Concilium», I, 1965, 7, p. 7.
59 «Studi cattolici», il cui primo numero uscì nel giugno 1957, aveva come sottotitolo «rivista di teologia pratica». Al primo numero collaborarono tra gli altri il cardinal Alfredo Ottaviani, Luigi Sturzo, Carlo Pacelli, Giuseppe Pella, Emilio Colombo; direttori erano Salvatore Canals e Giacomo Violando, cfr. C. Cavalleri, I trent’anni di «Studi cattolici», «Diocesi di Milano-Terra ambrosiana», 27, 1986, 6, pp. 45-47.
60 Il settimanale politico uscì a Roma nel 1960-1961.
61 G. Tassani, La cultura politica della destra cattolica, cit., p. 66.
62 Ibidem, p. 107.
63 A. Giovagnoli, Il partito italiano: la Democrazia cristiana dal 1942 al 1994, Roma-Bari 1996, pp. 95-96.
64 Cronaca contemporanea. Italia, «La Civiltà cattolica», 111, 1960, 3, pp. 314-316.
65 La scritta è riportata sulla prima pagina della settimanale della Dc del 10 luglio 1960.
66 Ordine pubblico e ordine politico, «L’Ordine civile», 2, 1960, 14, pp. 1-2.
67 Stato e rivoluzione, «Lo Stato», 1, 1960, 1, pp. 1-4.
68 Cfr. Ai nostri amici, «Rivista italiana», 8, 1961, 1, p. 32.
69 Premessa, «Renovatio», 1, 1966, 1, pp. 3-4.
70 G. Tassani, La cultura politica della destra cattolica, cit., p. 126.
71 D. Menozzi, La Chiesa cattolica e la secolarizzazione, Torino 1993, p. 201. Cfr. anche L. Perrin, Il caso Lefebvre, a cura di D. Menozzi, Genova 1991.
72 Cfr. L. Giussani, Il movimento di Comunione e Liberazione. Considerazioni con Robi Ronza, Milano 1987; M. Vitali, A. Pisoni, Comunione e Liberazione, Milano 1988; M. Marzano, Il cattolico e il suo doppio: organizzazioni religiose e Democrazia Cristiana, Milano 1996; S. Abruzzese, Comunione e Liberazione, Bologna 2001; M. Camisasca, Comunione e Liberazione, cit.
73 M. De Giuseppe, Giorgio La Pira un sindaco e le vie della pace, Milano 2000, p. 146.
74 E. Scalfari, Se Dio si arrende al caso, «la Repubblica», 25 novembre 1992.
75 Non abbiamo paura del caso, «Litterae communionis», 1, 1993, 1, p. 1.
76 La rivista dal 2002 venne pubblicata a cura dell’Associazione Città dell’uomo, fondata nel 1985 a Milano, tra gli altri, da G. Lazzati, L. Elia, L. Pazzaglia, L. Pizzolato.
77 Cfr. P. Gaiotti, Quel 16 marzo 1978, «Appunti di cultura e di politica», XXXL, 2008, 4, pp, 14-19.
78 Cfr. D. Menozzi, La Chiesa italiana e la secolarizzazione, Torino 1993, pp. 232-263.
79 Cfr. G. De Rosa, Una rivista per preparare il futuro, «Il Domani d’Italia», 1, 1972, 1, pp. 7-8.
80 L. Granelli, Dc: la tradizione popolare in una società che cambia, «Il Domani d’Italia», 1, 1972, 1, pp. 15-24.
81 B. Ciccardini, Le opinioni degli altri. Oltre il celeste impero, «Iniziativa democratica», 3, 1974, n. 25-26, pp. 4-5.
82 G. Tassani, Nuovi movimenti e politica in area cattolica, in DSMC, Aggiornamento 1980-1995, Genova 1997, p. 182.
83 Cfr. G. Miccoli, In difesa della fede, Milano 2007.
84 F. Gentiloni, Oltre il dialogo. Cattolici e Pci: le possibili intese tra passato e presente, prefazione di P. Ingrao, Roma 1989.
85 Sulla storia del Pime cfr. P. Gheddo, Pime: 150 anni di missione (1850-2000), Bologna 2000.
86 Altre riviste missionarie erano: «Fede e civiltà» (1903-1978), rivista mensile di attualità missionaria dell’Istituto Saveriano Missioni Estere; «Crociata», rivista mensile di azione e cooperazione missionaria, edita dalle Ponteficie Opere Missionarie Roma; «Clero e missioni», rivista della Pontificia unione missionaria del clero in Italia, edita a Milano dal 1939 al 1968. Per un quadro del lavoro socio-religioso a favore del Terzo mondo importanti sono anche le testate «Missioni della Consolata», «Il Piccolo missionario», «Italia missionaria», «Missionari cappuccini», «Missione camilliana», cfr. P. Gheddo, Giornalismo missionario in Italia, Milano 1958, pp. 157-161.
87 P. Carniti, Riformismo e solidarietà, «Il Bianco e il rosso», 1, 1990, 1, pp. 1-5.
88 F. De Giorgi, L’esperienza della Lega democratica e la storia di «Appunti», «Appunti di politica e cultura», 30, 2008, 4, pp. 23-29.
89 P. Scoppola, Dalla «terza fase» di Moro al governo dell’Ulivo, «Il bianco e il rosso», 1, 1998, 1, nuova serie, pp. 66-69.
90 F. Adornato, E. Galli della Loggia, G. Rumi, In un paese malato di faziosità, perché nasce Liberal, «Liberal», 1, 1995, 1, pp. 3-5.
91 Gli scritti di Rumi sono raccolti in: G. Rumi, Perché la storia. Itinerari di ricerca (1963-2006), a cura di E. Bressan, D. Saresella , 2 voll., Milano 2009.