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Le province europee dell'Impero romano. Le province germaniche

di Sergio Rinaldi Tufi - Il Mondo dell'Archeologia (2004)
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Le province europee dell'Impero romano. Le province germaniche

Sergio Rinaldi Tufi

Province germaniche

Le province di Germania Superior e di Germania Inferior, disposte rispettivamente lungo il corso superiore (a sud) e inferiore (a nord) del fiume Reno, sono da intendersi più che altro come fasce di protezione militare delle Tres Galliae, in territorio più celtico che germanico. La Germania “vera”, che gli antichi chiamavano Libera Germania, rimase sempre al di fuori dell’Impero romano.

germania superior e germania inferior

Il fondatore stesso dell’Impero, Augusto, aveva in realtà progettato (anche se alcuni studiosi hanno recentemente messo in dubbio l’effettiva consistenza di questo progetto) la sottomissione delle terre fino al fiume Albis (Elba), che avrebbe rinforzato, dopo la conquista delle Gallie da parte di Cesare, la presenza romana nell’Europa centro-settentrionale: la linea del Reno avrebbe dovuto costituire la base per nuove operazioni. Le cose non andarono così.

Agrippa aveva già avviato una serie di operazioni fra il 38 e il 25 a.C. e fra l’altro aveva spostato gli Ubi, popolazione da tempo fedele a Roma, dalla riva destra del grande fiume alla più sicura riva sinistra. Qui sarebbe stata collocata l’Ara Ubiorum, grande altare per il culto di Roma e Augusto. Nel 13 a.C. l’avanzata fu ripresa con maggiore impegno da Druso, un valente generale figlio di primo letto di Livia, moglie dell’imperatore Augusto; fu perfino costruita per sua iniziativa la Fossa Drusiana, un canale dalla foce del Reno al Lacus Flevus (Zuiderzee), per consentire maggiori possibilità di intervento alla flotta che manovrava nel Mare del Nord. Una serie di vittorie condusse effettivamente Druso fino all’Elba, ma durante il viaggio di ritorno, nel 9 a.C., il generale morì improvvisamente a Mogontiacum (Mainz/Magonza).

Negli stessi anni furono condotte varie operazioni alternativamente dal fratello di Druso, il futuro imperatore Tiberio, e da un altro noto comandante, Domizio Enobarbo; ma nel 9 d.C. a Teutoburgo, in una foresta non lontana dal fiume Lupia (Lippe), due legioni al comando del legato Quintilio Varo furono annientate da una coalizione di popolazioni germaniche comandata da Arminio, principe dei Cherusci. Recentemente è stato individuato, mediante il ritrovamento di un gran numero di corpi, il luogo esatto della battaglia in località Kalkrieser Berg. La gravità della sconfitta non poteva non avere conseguenze, tanto più che i tentativi di riscossa si svolsero con scarsa convinzione; per qualche tempo operò qui anche Germanico, figlio di Druso, poi trasferito in Oriente ove morì, anche lui come il padre, prematuramente. La Germania sostanzialmente rimase per sempre fuori dall’Impero, mentre vennero definite con questo nome, quasi per compensare in qualche modo quella rinuncia, le due strette unità territoriali di cui si è detto: a difesa delle Gallie, ma anche perché era qui il limes, o confine dell’Impero.

Una fase importante fu quella degli imperatori Flavi, che dovettero affrontare e risolvere sommosse di popolazioni locali: Vespasiano nel 69/70 d.C. sconfisse i Batavi e i Brutteri, Domiziano nell’83 i Catti. Furono ancora gli imperatori Flavi ad ampliare la Germania Superior, inserendo nell’Impero i cosiddetti agri decumates, un’area (forse così chiamata perché gli abitanti erano stati obbligati, pur non essendo del tutto sottomessi, a pagare a Roma una “decima” o quota sui loro prodotti) situata a est del Reno, a sud del Meno e a nord del Danubio e rimasta a lungo in regime incerto.

Da allora fino al III sec. d.C. la situazione si mantenne più tranquilla; nel IV secolo il controllo del limes si fece via via più arduo e infine, dopo alcuni tentativi di riorganizzazione, nel V sec. d.C. si ebbe l’abbandono della frontiera da parte dello Stato romano.

La romanizzazione, il LIMES, l’urbanizzazione

Nelle Germanie la romanizzazione, prima ancora che attraverso l’urbanizzazione, si manifesta attraverso la realizzazione di una grande e complessa opera strategica, il limes, che è molto di più di una semplice linea di confine e che per alcuni tratti segue il corso del Reno, in parte abbraccia gli agri decumates, per poi raccordarsi con il limes della vicina Rezia. Elemento fondamentale del sistema sono i castra, accompagnati dai castella e dalle torri di guardia: talvolta questi insediamenti militari si trasformano in insediamenti “civili”. Tappa importante di tale evoluzione sono, su scala ridotta, i vici, agglomerati di impianto estremamente semplice. Con un’organizzazione relativamente più complessa e con la presenza di strade e piazze meglio articolate, sono invece le cosiddette canabae, residenze di artigiani e mercanti che operano in funzione dell’esercito e si stabiliscono in prossimità delle legioni, in abitazioni spesso inizialmente precarie che poi danno vita ad agglomerati più stabili.

Questo accade con notevole evidenza, ad esempio, a Mogontiacum (Mainz/Magonza), che in età augustea era sia un punto di presidio sul grande fiume alla confluenza con il Meno, sia una base di partenza per le spedizioni di conquista. Fu fondato fra il 16 e il 13 a.C. in un sito precedentemente occupato dai Celti Vangiones, la cui divinità principale, Mogon, diede il nome al sito. Il castrum, sede di due legioni e costruito inizialmente di legno, fu rifatto di muratura dopo le vittorie contro Batavi, Brutteri e Catti; successivamente l’attenuarsi delle esigenze strategiche e lo sviluppo delle canabae (testimoniato anche dalla celebre Colonna di Giove riccamente decorata) favorirono lo sviluppo di un vero e proprio centro urbano, capitale della Germania Superior. Restano (o almeno sono ricostruibili) importanti monumenti: elementi dei principia (quartier generale); il mausoleo di Druso; un grande arco onorario in un insediamento-testa di ponte al di là del fiume nella località detta oggi Kastell. Ma dell’impianto urbanistico nel suo complesso non siamo in grado di dire molto, salvo che si trattava di una città a più “poli”: in aggiunta alla testa di ponte oltre Reno esisteva anche un castellum più a sud, in località Weisenau, sempre lungo la riva sinistra, forse punto di riferimento per un distaccamento della flotta.

La planimetria d’insieme si coglie meglio in due centri della Germania Inferior: Colonia e Xanten. Colonia si sviluppò, sempre sul fiume, presso la già ricordata Ara Ubiorum come castrum per due legioni. Qui nacque Agrippina Minore, figlia di Germanico e poi moglie dell’imperatore Claudio, che nel 50 d.C. elevò la città al rango di colonia con il nome di Colonia Claudia Ara Agrippinensium. Per questa evoluzione da castrum a città non si può parlare, come a Mogontiacum, di un allontanamento della linea di confine, in quanto nell’Inferior il limes è sempre segnato dal Reno, ma di una “variazione d’uso”, in quanto le legioni vengono trasferite a Bonna (Bonn) e a Novaesium (Neuss). Anche se sulla città antica si è sovrapposta l’attuale Colonia, l’impianto è in parte riconoscibile (alcuni dei monumenti di età romana sono tornati in luce a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale): i cardines seguono il preciso orientamento nord-sud, i decumani non sono perfettamente perpendicolari ma lievemente deviati verso nord-est, forse per allinearsi con il punto in cui sorgeva il sole il giorno del compleanno di Augusto (21 settembre). Sono anche collocabili all’interno di questo impianto alcuni nuclei decisamente qualificanti: Capitolium, foro, teatro, terme, mura con porta settentrionale e torre angolare; soprattutto il praetorium (residenza del comandante della guarnigione), trasformato in palazzo del governatore, e la Casa di Dioniso. Al di là del Reno era anche qui una testa di ponte: un piccolo castello nella località detta Divitia (Deutz).

Un impianto ortogonale, anche se con qualche “deviazione” (e all’interno di una cinta muraria non del tutto regolare, condizionata dall’antico corso del Reno che qui era diverso rispetto all’attuale), lo troviamo anche nella Colonia Ulpia Traiana (Xanten), presso la confluenza con la Lupia (Lippe). La città sorse per iniziativa dell’imperatore Traiano in un sito che conservò intatta la sua importanza attraverso varie vicende. Prima della rivolta di Batavi e Brutteri del 69 d.C. qui era un castrum detto Vetera. Non esattamente sullo stesso posto, ma con lo stesso nome (in genere si parla di Vetera I e di Vetera II), dopo quell’episodio fu costruito un nuovo castrum, presso il quale in seguito fu fondata la città. All’interno dello schema ortogonale troviamo un foro, dei templi, un quartiere artigianale, un anfiteatro.

Tipologie monumentali: edilizia pubblica

I tipi di edificio pubblico più frequenti negli impianti urbani sono templi e aree forensi, teatri e anfiteatri. Ma in Germania non restano, di queste tipologie monumentali, esempi particolarmente significativi. Notevole è tuttavia il complesso forense di Augusta Raurica (Augst). Questo assume in età traianeoadrianea (fine I - inizio II sec. d.C.) uno schema planimetrico particolarmente articolato e rigoroso: un tempio, presumibilmente un Capitolium, inserito in un portico a tre bracci; una piazza di forma allungata fiancheggiata da portici e da una doppia fila di botteghe; sul lato orientale, e cioè su quello opposto rispetto al tempio, una grande basilica, con annessa una curia a pianta semicircolare.

A ovest di questo complesso, alle spalle del tempio stesso, è un ulteriore nucleo monumentale: un complesso di culto che per vari motivi (preesistenze architettoniche, conformazione del terreno) è impostato su un asse lievemente, ma chiaramente divergente sia rispetto all’asse del bloc-forum, sia rispetto al reticolo del piano urbanistico. Era qui un importante santuario celtico: all’inizio del II sec. d.C. fu sostituito da un tempio esastilo in posizione sopraelevata, in un’area delimitata da un portico a tre bracci come quello del Capitolium. Il tempio si affacciava verso un teatro (costruito nel corso del I e modificato nel II sec. d.C.) la cui cavea dava le spalle al foro: più precisamente, tempio e teatro costituivano un unico complesso, che, così come formulato ad Augst, non ha molti confronti.

Rilevante era il Capitolium di Colonia, sul quale poi è sorta la chiesa di S. Maria im Kapitol. Meglio ricostruibile, pur sempre ipoteticamente, è un tempio prospiciente il Reno a Xanten: un esastilo di ordine corinzio. Ancora a Xanten, nell’ambito del parco realizzato in quella città, è un interessante esempio di anfiteatro ricostruito con tecniche antiche. Per quanto riguarda i teatri non resta molto a Colonia; solo di recente si sono individuati resti di quello di Magonza, le cui dimensioni erano, sembra, assai notevoli. Fra le testimonianze di culti orientali non mancano i mitrei: ne conosciamo ad Aquae Mattiacae (Wiesbaden) e soprattutto a Nida (Heddernheim), sulle alture del Taunus, dove se ne contano addirittura quattro.

Più caratterizzanti, forse, sono i monumenti propri di una realtà, almeno in origine, militare. A Magonza è ricostruibile l’aspetto di un settore dei principia di età flavia: un portico in cui era inserito un piccolo tempio in antis, il santuario dove erano custodite le insegne della guarnigione. Nel portico, le colonne poggiavano su plinti in forma di dadi decorati da figure di soldati e (quasi grottesche) di barbari prigionieri e incatenati; fra un plinto e l’altro, a mo’ di plutei, erano inserite lastre; su una di queste è il noto rilievo raffigurante una barbara seduta e piangente che R. Bianchi Bandinelli poneva fra i capolavori dell’“arte europea di Roma”. Con la progressiva trasformazione del castrum in città, probabilmente l’area dei principia assunse il ruolo di complesso forense, ovviamente con opportune modifiche di cui però non abbiamo testimonianze.

Conosciamo il quartier generale anche a Colonia, dove siamo in grado di ripercorrere meglio le successive trasformazioni. Nel castrum originario, i principia erano articolati in due parti, una gravitante verso il centro della città (con due cortili circondati da vari ambienti) e una verso il fiume, con un’altra serie di ambienti, due dei quali absidali. In un secondo momento l’edificio divenne sede del governatore della provincia, con l’aggiunta a sud di una grande aula absidata (aula regia) e con altre notevoli modifiche. Nel IV sec. d.C. fu aggiunto un nuovo corpo di forma allungata, prospiciente il Reno con una grande galleria che si affacciava sul fiume, al cui centro era un ampio ambiente a pianta circolare all’interno e ottagonale all’esterno: caratteristiche che ricordano alcuni notevoli edifici tardoantichi, come il Palazzo di Diocleziano a Spalato; delle varie fasi dai principia al palazzo tardoantico restano avanzi significativi ma di difficile lettura sotto il palazzo comunale (Rathaus) di Colonia.

Anche per quanto riguarda archi e porte abbiamo esempi interessanti, talvolta inconsueti. All’età augustea risale la porta settentrionale di Colonia, inserita in un circuito di mura in parte ricostruibile (una popolare torre angolare a pianta cilindrica, detta Römerturm, rivestita di mattoni che formano peculiari disegni, si inserì in età più avanzata all’angolo nord-occidentale del circuito) e i cui resti sono visibili presso il celebre duomo: era a tre fornici (il centrale nettamente maggiore degli altri), sormontati da una galleria ad archi e fiancheggiati da due robusti torrioni; la galleria e i torrioni ripropongono uno schema non inconsueto nelle vicine Gallie, come nei casi di Autun e di Treviri. Non del tutto diverso, ma provvisto addirittura di una doppia galleria, era l’alzato della porta praetoria di Mogontiacum, la porta settentrionale del castrum, così come fu ricostruito di pietra dopo la crisi del 69 d.C. La restituzione dell’originario aspetto del monumento è stata tentata di recente sulla base di elementi talvolta incerti e sembra che i fornici fossero due; si ha comunque l’impressione di una struttura più simbolica e scenografica che difensiva.

Quanto agli archi se ne conoscono, fra Superior e Inferior, solo due esempi, entrambi a Magonza, molto diversi per epoca e per conformazione. Il primo era un arco onorario a tre fornici (anche qui quello centrale era più grande e questa parte del monumento era in lieve aggetto), di cui si sono scavate le fondazioni a Kastel, la testa di ponte al di là del Reno. A giudicare dai resti le dimensioni dovevano essere notevoli; si pensa che fosse dedicato a Germanico, figlio di Druso, considerato che fra le eccezionali iniziative prese per onorare la sua memoria il Senato inserì anche la costruzione di un arco ad ripam Rheni; alcuni studiosi però mettono in dubbio tale attribuzione e collegano l’arco, piuttosto, con le vittorie di Domiziano contro i Catti (83 d.C.). Il secondo arco, più tardo, era molto più piccolo e a un solo fornice ed è integralmente ricostruito nel Landesmuseum di Magonza (una copia è esposta all’esterno). Era dedicato (come dice l’iscrizione) a Giove Ottimo Massimo per ottemperare a un voto di Dativius Victor, decurione della Civitas Taunensium (Nida). Sopra il fornice sono raffigurati nel concio-chiave, seduti in trono, Giove e Giunone e intorno sono i segni dello Zodiaco; i pilastri angolari sono decorati da robusti tralci di vite.

Fra i monumenti votivi fondamentale è il ruolo della Colonna di Giove a Magonza. Queste colonne (Iuppitersäulen) sono piuttosto diffuse in area celto-germanica, qui però la struttura e la decorazione architettonica sono particolarmente ricche. La colonna vera e propria, in cinque rocchi, poggia su uno zoccolo e su una base sovrapposti e termina in alto con un capitello che a sua volta è sormontato da un dado, su cui era posta una statua bronzea che, a giudicare dagli esigui frammenti superstiti (fra questi un fulmine) raffigurava Giove. Sui cinque rocchi (anch’essi esposti nel Landesmuseum di Mainz) sono scolpite in rilievo, secondo un’iconografia e uno stile piuttosto classicheggianti, personificazioni e divinità tratte dal Pantheon romano. In genere, invece, queste colonne presentano sulla sommità un Giove (spesso a cavallo mentre abbatte un mostro), assimilabile alla divinità celtica Taranis, e sul fusto figure di divinità (mai, comunque, così numerose come in questo caso) anch’esse prevalentemente appartenenti al mondo celtico. La colonna fu trovata non lontano dal porto sul Reno, laddove erano le canabae: a dedicarla furono proprio i canabarii che, per dimostrare la loro fedeltà agli dei e agli imperatori di Roma, consacrarono il monumento (come ci informa l’iscrizione) a Giove Ottimo Massimo pro salute Neronis (cioè per il fatto che Nerone, nel 65 d.C., era uscito salvo dalla congiura dei Pisoni). Lo stile e le iconografie delle sculture si distinguono come assai peculiari nell’ambito della produzione di queste province.

Il quadro dei principali monumenti pubblici di quest’area si può chiudere con il mausoleo di Druso a Magonza. Sembra ormai certo (anche se di recente si sono introdotti nuovi elementi di dubbio) che fosse dedicato al generale morto nel 9 a.C. (e costituisse perciò un singolare pendant con l’arco dedicato al figlio Germanico al di là del Reno) il monumento cilindrico detto Eichelstein situato in posizione elevata a sud della città. Si tratta di un “cenotafio”, o tomba vuota, poiché Druso fu sepolto a Roma. Il cenotafio nel mondo romano era un onore di alto livello, adeguato quindi, in questo caso, alla statura del condottiero commemorato. Si tratta di un rudere imponente, di cui è stata proposta una integrazione-restituzione: due ordini, copertura conica, rivestimento di blocchi squadrati.

Monumenti privati

Mentre il mausoleo può a buon diritto rientrare fra i monumenti pubblici, altri sepolcri noti nelle Germanie attengono più strettamente alla sfera privata. Non conosciamo molti esempi, ma quei pochi sono significativi e appartengono a tipologie diverse.

Al I sec. d.C. si data il mausoleo di Quintus Poblicius, veterano della legio V Alaudae, rinvenuto a sud di Colonia sulla strada per Bonn e ricomposto nel grande museo della città. È costituito da un corpo di base cubico, da una sorta di pronao templare a quattro colonne, completato da una cella molto piccola e da un’altissima cuspide squamata: una struttura che ricorda quella di alcuni noti monumenti funerari in Italia, come alcuni di Sarsina e Aquileia. Più tardo (III sec. d.C.) è l’ipogeo di Weiden, a ovest di Colonia: la camera funeraria, di pianta quadrata, ha le pareti articolate in nicchie, contiene pregevoli ritratti e un bel sarcofago.

È invece pressoché sconosciuta l’edilizia residenziale di queste province. Fuori dai centri urbani non abbiamo esempi particolarmente significativi di ville, anche tardoantiche, come nella vicina Gallia Belgica; in città doveva essere certamente notevole la cosiddetta Casa di Dioniso a Colonia, a giudicare dal livello qualitativo del mosaico che le dà il nome.

Alto artigianato e ceramica

A Colonia era fiorentissima la produzione della ceramica e del vetro, che ebbe una larga area di diffusione fino a età tarda, rivaleggiando con la non lontana Treviri. Per quanto riguarda la ceramica, caratteristici sono i vasi con decorazione dipinta, fra i quali ve ne sono alcuni che recano sul collo spiritose invocazioni come bibe, vivas e altre ancora. Nella produzione di terra sigillata spiccano le officine di Tabernae Rhenanae (Rheinzabern, in Renania-Palatinato), centro paragonabile per importanza ad Arezzo, La Graufesenque e Lezoux, favorito dalla presenza di eccellenti argille, di vie d’acqua e di terra, di un’estesa clientela nell’area del limes. Attive prevalentemente fra il 140 e il 230 d.C. circa, le botteghe di Rheinzabern privilegiano la rappresentazione della figura umana e animale rispetto alle decorazioni vegetali, ma non sempre i risultati sono qualitativamente rilevanti.

Per quanto riguarda i vetri il livello qualitativo è altissimo: si conoscono esemplari intagliati, dipinti, decorati con filamenti serpeggianti, o diatreti. In quest’ultimo caso si ha una decorazione fortemente aggettante e a giorno, disposta quasi come una rete attorno al corpo del vaso, al quale aderisce mediante piccoli sostegni invisibili. La produzione di Colonia era assai rinomata: le si attribuiscono capolavori come la Coppa Trivulzio del Civico Museo Archeologico di Milano, con la scritta (del tipo di quelle a cui si accennava per la ceramica) bibe, vivas multis annis. Oppure la cosiddetta “coppa a gabbia” conservata nel Museo di Colonia, con una scritta, stavolta in greco, che significa “bevi, vivi bene, sempre”.

Arte della Germania romana

Anche se, da un lato, non mancano nella Germania romana esempi notevoli di pitture e mosaici e anche se, dall’altro lato, non si può trascurare l’artigianato (soprattutto per quanto riguarda i vetri di Colonia) o la produzione ceramica, certamente è la scultura a richiamare la massima attenzione, sia per la varietà degli atteggiamenti stilistici, sia – in molti casi – per la possibilità di una lettura in chiave storica.

La casistica forse meno abbondante riguarda proprio la scultura ufficiale o colta. Si conoscono ritratti anche notevoli come quello marmoreo di Agrippa, opera certamente di bottega urbana, rinvenuto nella città da lui fondata, Colonia; o come quelli dell’ipogeo di Weiden, non lontano dalla stessa Colonia. Vi sono poi casi in cui, pur essendo raffigurati imperatori e pur trattandosi, quindi, di opere ufficiali, l’esecuzione rivela un certo impaccio. In un frammento di rilievo con testa di Settimio Severo (di dimensioni maggiori del vero) proveniente da Oberspay presso Coblenza sono evidenti, come ha osservato E. Künzl, una certa ingenuità e mediocrità della tecnica tipiche della plastica della Mosella dell’epoca del medio principato; una testa di bronzo di Gordiano III eseguita per il castellum di Niederbieber (presso Coblenza) nel periodo, non brevissimo vista l’epoca, in cui quell’imperatore fu sul trono (238-244 d.C.), costituisce un ritratto di una certa efficacia, anche se l’esecuzione tradisce qualche imbarazzo, ma non è noto il modello (forse solo monete) che aveva a disposizione lo scultore. Singolare è un altro caso ancora a Niederbieber: una falera con ritratto di Tiberio si conservò a lungo in uso, dato che fu reimpiegata in un’insegna sepolta insieme con il suo portatore, vittima dell’assalto dei Franchi del 260 d.C.

Altri generi artistici sono attestati in misura decisamente maggiore. Per buona parte del I sec. d.C. la produzione più significativa è quella delle stele funerarie, soprattutto (almeno all’inizio) di soldati. Nella Germania Superior è stata individuata una vera scuola, o bottega, a Magonza, caratterizzata dal tipo di composizione architettonica per la quale la parte superiore della nicchia che contiene la figura “invade” il frontone. La figura stessa è intera (indicativa è una serie di raffigurazioni di militari detti stehende Soldaten o “soldati stanti”) o limitata alla parte superiore del corpo; altro schema diffuso è quello del cavaliere sul suo animale che galoppa o si impenna, scena spesso completata dalla figura del nemico soccombente. Nella rappresentazione di questi militari è puntuale la resa di quegli elementi (armi, decorazioni e così via) che concorrono a caratterizzarli. Ai temi militari se ne affiancano successivamente altri “borghesi”: gruppi di famiglia, come in una nota stele di Weisenau (lui seduto, lei in piedi, con la sua acconciatura probabilmente di gusto locale), o scene di banchetto nelle quali si rileva il passaggio da un contesto “eroico”, con raffigurazione di onori semidivini resi al defunto, al pasto di famiglia, in cui il defunto stesso è presentato a tavola con i suoi cari.

Testimonianze di scultura nella zona di Magonza sono anche costituite dall’apparato decorativo di importanti monumenti pubblici. Nel praetorium sono da ricordare le figure di barbari incatenati e di soldati e soprattutto la lastra con la barbara prigioniera: le linee semplificate e ricurve con cui sono resi il corpo e la chioma di questa piccola figura seduta (le pieghe dell’abito, invece, sono rese con una sorta di rete) sottolineano l’atteggiamento dolente della donna. Di contro, le sculture che decorano la Colonna di Giove presentano un’impostazione classicheggiante, in sintonia con l’omaggio che il monumento si propone di recare agli dei e agli imperatori di Roma. Altrettanto singolare è anche la presenza delle firme degli autori del monumento, Samus e Severus, in un’iscrizione posta sullo zoccolo e distinta da quella con la dedica. Se l’impostazione classicheggiante della colonna consente di escludere che vi sia un qualche legame fra questi scultori e le botteghe che eseguono le stele funerarie, va anche ricordato che si è ben lontani da una cultura formale di tipo “urbano”.

C’è indubbiamente la coscienza che, scegliendo di raffigurare tante divinità e personificazioni (dalla Minerva, dai Dioscuri e dalle altre figure dello zoccolo e della base al carro della Luna e del Sole sul più alto dei rocchi) e ponendo sulla sommità una “classica” statua bronzea di Giove stante (ne restano pochi frammenti, ma tali da rendere sicura questa ricostruzione: i piedi, la folgore), ci si distacca da quelle che sono le caratteristiche di questo monumento così diffuso in area celto-germanica. Infatti, questo tipo di colonna (Iuppitersäulen) presenta dal basso in alto: zoccolo con quattro divinità, spesso celtiche oppure fra quelle più popolari in area celtica (oltre a Giove, Mercurio, Ercole, Giunone, ecc.) o comunque in una rosa piuttosto ristretta; base ottagonale con le divinità dei giorni della settimana cui si aggiunge un’ottava divinità o un’iscrizione; colonna squamata o decorata con altri motivi; infine, sulla sommità Giove, in trono o a cavallo nell’atto si sopraffare e atterrare un mostro i cui arti inferiori terminano in spire di serpente. Soprattutto è interessante questa seconda scelta, che rappresenta la interpretatio o fusione con un dio del Pantheon celtico, Taranis, per certi versi analogo (folgore come attributo) ma per molti aspetti differente rispetto allo Zeus-Iuppiter del mondo greco- romano. Un ambiente che si dimostra vivace sotto l’aspetto dell’attenzione (non pedissequa) per la tradizione classica lo troviamo ad Aventicum (Avenches): un acrolito con testa di Minerva mostra, nella resa delle ciocche della chioma e dei tratti del volto, capacità di disegno secco e sintetico; splendido è l’elmo di tipo corinzio, modellato nella parte anteriore con un volto-visiera particolarmente accurato e decorato sui lati da elementi vegetali. Intensa è l’espressione di una testa di bronzo dorato raffigurante un giovane Gallo dai lunghi capelli, presumibilmente soccombente o morente. La scultura forse più nota è il busto di lamina d’oro di Marco Aurelio, in cui però i tratti del volto appaiono semplificati rispetto alla ritrattistica ufficiale: forse per effetto di una particolare lavorazione richiesta dal metallo prezioso, forse per quella efficace tendenza alla sintesi già vista nella Minerva.

Nella Germania Inferior, primeggia la produzione di Colonia. Anche qui c’è una bottega che produce stele dalle caratteristiche ben individuabili: la sommità arcuata della nicchia contenente i personaggi non invade il frontone. I temi raffigurati, invece, non sono troppo diversi da quelli che si rinvengono a Magonza; è di Colonia una delle migliori stele con figura di cavaliere, quella di Romanius. Nella vicina Bonna (Bonn) troviamo uno dei più significativi esempi a noi noti di raffigurazione delle Matres. Questo culto è assai diffuso nelle province celto-germaniche dell’Impero: le divinità della fecondità sono raffigurate in prevalenza come triade in trono. L’esemplare di Bonn (luogo dove tale culto era forse ancor più popolare che altrove) viene da un’area sacra sotto l’attuale duomo ed è datato (grazie alla menzione epigrafica dei consoli Macrino e Celso) al 164 d.C. L’esecuzione delle figure è particolarmente equilibrata; alle spalle del trono emergono le teste di tre fedeli.

Ma la scultura forse più rilevante della Germania Inferior, proveniente dalla zona di Xanten e conservata a Bonn, è la stele funeraria del centurione Marco Celio, originario di Bologna, rappresentato a mezza figura con la sua corazza, con le sue “decorazioni al valore” (corona di alloro, falere, armille) e con la vitis (verga) propria del suo grado, fiancheggiato dai busti dei suoi liberti. L’iscrizione, oltre a fornire i dati personali, dice che Celio cecidit bello Variano, ossia (anche se qualcuno lo ha messo in dubbio) che “morì nella guerra di Varo”, quella che si concluse con la disfatta di Teutoburgo del 9 d.C.

Sempre nella Germania Inferior è l’ipogeo di Weiden: in sua corrispondenza probabilmente sorgeva sopra terra un tempietto funerario ed è concepito come un triclinio, con tre klinai rivestite di marmo in altrettante nicchie e con due sedie di pietra, a imitazione di un vero e proprio mobilio; le sedie, in particolare, appartengono a un tipo di vimini di cui si conoscono numerose altre riproduzioni. Lungo le pareti sono ricavate 29 piccole nicchie, del tipo impiegato nei colombari per contenere urne cinerarie e qui con la medesima funzione. Sono stati rinvenuti nell’ipogeo due busti-ritratto maschili di marmo lunense, databili alla metà del II sec. d.C. circa o poco prima, e un busto- ritratto femminile più tardo, come più tardo è un bel sarcofago con scene che alludono all’immortalità e all’aldilà. Tali pezzi sono opera di atelier urbani e le loro datazioni diverse attestano un uso prolungato del sepolcro, confermato dal ritrovamento di una moneta di Costantino del 337 d.C.

Pitture e mosaici non sono attestati con particolare abbondanza e vi sono diversi casi assai interessanti. Alcuni sono pertinenti a un centro relativamente “minore”, Nida sul limes della Germania Superior: non solo frammenti di affreschi provenienti da mitrei (che a Nida sono numerosi), ma anche la tomba di un pittore che nel corredo presenta i tanti vasetti per i vari colori. Fra le pitture parietali sono da ricordare gli affreschi provenienti da alcune domus di Colonia. Uno, in particolare, con candelabri e uccelli, con figure di thiasos marino e con maschere teatrali, sembra riprendere in età adrianea-antonina temi del III e IV stile pompeiano. Un altro affresco presenta scene di venatio (combattimenti fra gladiatori e belve).

Da Colonia provengono anche i due più importanti fra i non molti mosaici di queste province, entrambi collegati a temi dionisiaci. Nello stesso complesso di domus cui appartengono le pitture parietali è un mosaico a tessere molto grandi, databile al IV sec. d.C., con figure del corteggio del dio del vino. Ben più grande e pertinente a una ricca casa con peristilio, detta appunto Casa di Dioniso, ora nel Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Colonia, è il mosaico più noto della Germania romana, databile al III sec. d.C.: una serie di emblemata o quadretti, incorniciati da vari motivi decorativi (predomina la treccia) presenta scene di danza, od orgiastiche; protagonisti sono lo stesso Dioniso (nell’emblema centrale), satiri e menadi.

Bibliografia

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Si vedano inoltre i numerosi volumi del Corpus signorum Imperii Romani, pubblicati sotto il coordinamento di E. Künzl.

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  • EUROPA in Archeologia
Vocabolario
impèro
impero impèro s. m. [lat. impĕrium, der. di imperare «comandare, essere a capo»]. – 1. letter. In senso ampio, potere assoluto, autorità piena, incontrastata: esercitare un i. dispotico; Nettuno aveva l’i. del mare, Eolo dei venti; più...
romano-barbàrico
romano-barbarico romano-barbàrico agg. (pl. m. -ci). – Si dice di fatti linguistici, storici, artistici e culturali, determinati dall’incontro delle civiltà barbariche con quella romana e cristiana: arte romano-barbarica; civiltà romano-barbarica...
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