Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Pannonia: Sirmium
Città della Pannonia romana, nel sito dell’odierna Sremska Mitrovica in Serbia, 76 km a ovest di Singidunum (Belgrado), sul corso della Sava, tappa importante (in un’ampia pianura) sulla strada transbalcanica percorsa dagli eserciti e dai servizi postali e ben collegata con il porto fluviale di Bononia e con i castra danubiani.
Svolse, nei confronti del limes del Danubio stesso, un ruolo paragonabile a quello di Treviri nei confronti del limes renano. Abitato a partire dal II sec. a.C. da genti celto-illiriche, occupato per la prima volta dai Romani durante le campagne di Ottaviano del 35-33 a.C., base logistica nel 6 d.C. per la repressione della rivolta dei Pannoni e dei Dalmati, il sito tuttavia non appare sicuramente caratterizzato come castrum stabile, tanto che ben presto prevalgono gli aspetti “civili” e S. diviene prima capoluogo di un raggruppamento di popolazioni indigene (Sirmiensium et Amantinorum, dice Plinio il Vecchio) sotto il controllo dell’Urbe, poi, verso la fine del I d.C., colonia romana: Colonia Flavia Sirmium.
Vi soggiornano imperatori come Traiano, Marco Aurelio, Settimio Severo, Massimino, Gallieno (ma vi si stabiliscono anche usurpatori come Ingenuus e Regalianus); altri imperatori vi nascono, come Traiano Decio, Aureliano, Probo, Massimiano. Frequentata anche da personaggi come Erode Attico, sede di zecca (anche a causa della presenza di miniere d’argento a Domavia, nella vicina Dalmazia interna), la città incrementa ancora la sua importanza in età tardoimperiale, favorita economicamente dal rilancio dell’agricoltura nel territorio circostante, operato da Probo (Ammiano Marcellino, che pur non nasconde la decadenza della vicina Carnuntum, definisce S. mater urbium magna et populosa).
Con la divisione della provincia attuata da Diocleziano, si stabilisce qui la sede del governatore della Pannonia Secunda; la città è anche il principale centro della diocesi pannonica. Nel 379 vi è incoronato Teodosio. Nel quadro del fiorente cristianesimo pannonico, si svolgono qui numerosi concili; vi nascono i culti di Ireneo, di Demetrio, di Anastasia, dei ss. Quattro Coronati. Distrutta dagli Unni nel 450 o poco dopo, ricostruita dai Bizantini, S. è presa dagli Avari nel 582. Sul sito antico si vanno successivamente sovrapponendo il borgo medievale, l’insediamento musulmano, la piazzaforte austro-ungarica. Riscoperta nel Settecento dall’erudito bolognese Luigi Ferdinando Marsili, la città ha una pianta trapezoidale irregolare: vi era spazio, sembra, per 60-70.000 abitanti. Non risulta vi fosse un piano urbanistico rigoroso; non sono stati finora identificati (data la presenza della città moderna) né foro né templi, abbondano però, a nord e a est, grandi dimore provviste di ampio peristilio, dette “ville urbane”. Suburbana, invece, si può considerare un’altra villa individuata ancora più a est e attribuita ipoteticamente a Erode Attico. A sud, lungo la Sava, erano officine, botteghe e horrea, mentre un notevole impianto termale è stato attribuito, anch’esso ipoteticamente, all’imperatore Licinio, di cui si sa che aveva impiegato, per un edificio di questo genere, pietre provenienti dalle pregiate cave dell’isola dalmata di Brattia. Il problema archeologico più interessante è costituito dall’edificio più grande finora rinvenuto: il cosiddetto “palazzo”. È costituito a nord da una serie di ambienti di identificazione incerta fra cui spicca una grande abside (più tarda degli altri muri), da una sala di pianta quadrata e, a sud, da un gruppo di diversi ambienti. Per la verità, secondo alcuni studiosi non è detto che tutti questi resti facessero parte di un unico insieme; forse un “palazzo” va ipotizzato più a est, dove è stato identificato un circo (o meglio la sua parte orientale, comprendente la curva delle tribune, con l’estremità della spina): di un abbinamento palazzo-circo si hanno in effetti numerose testimonianze in età tarda.
Per quanto riguarda la S. cristiana, sono state individuate numerose chiese e cellae memoriae nei cimiteri che circondano la città (la più notevole è la basilica di S. Ireneo nel cimitero orientale), ma importanti sono anche i resti di una chiesa urbana più o meno equidistante fra mura nord e mura sud, databile al V sec. d.C., a tre navate con abside: si è pensato alla basilica (nota dalle fonti) dedicata dal prefetto Zeontius a s. Demetrio, ma tale attribuzione è solo un’ipotesi.
V. Popović (ed.), Sirmium. Archaeological Investigations in Syrmian Pannonia, I-XII, Beograd 1971-80.
P. Gros - N. Duval - D. Bošković, Recherches archéologiques à Sirmium. Campagne franco-yougoslave de 1973, in MEFRA, 86 (1974), pp. 597-656.
J. Guyon - F. Baratte, Recherches archéologiques à Sirmium, II. 1er rapport préliminaire de la campagne francoyougoslave de 1974, ibid., 87 (1975), pp. 397-411.
N. Duval - V. Popović, Sirmium, VII. Horrea et thermes, 1. Architecture, Rome 1977.
N. Duval, Sirmium, ville impériale ou capitale?, in CARB XXVI (1979), pp. 53-90.
O. Brizzi, Sirmium, un centro romano riscoperto da Ferdinando Marsili, in Carrobbio, 7 (1981), pp. 95-100.
N. Duval, Sirmium sur la Save. Evidences archéologiques et historiques pour les relations avec la Vénétie, in La Venetia nell’area padano-danubiana. Le vie di comunicazione. Convegno internazionale (Venezia, 6-10 aprile 1988), Padova 1990, pp. 355-66.
S. Mirković, Sirmium et l’armée romaine, in AVes, 41 (1990), pp. 631-41.
M. Jeremić, Architectural Stone Decoration of Sirmium in the First Half of the 4th Century, in The Age of Tetrarchs, a Symposium (Belgrade, 4th-9th October 1993), Belgrade 1995, pp. 139-55.
M. Mirković, “Euphrata et Romano consulibus” auf einem neuen Militärdiplom von der unteren Sava, in ZPE, 133 (2000), pp. 286-90.