Le province europee dell'Impero romano. La Britannia
La Britannia è la provincia più settentrionale; il suo confine a nord (o meglio quello che è divenuto il suo confine dopo una serie di oscillazioni) è, per svariati motivi, uno dei tratti più significativi dell’intero limes dell’Impero: sarebbe stato ancora più a nord se i territori conquistati grazie alla spedizione di Agricola narrata da Tacito non fossero stati rapidamente (e forse non immotivatamente) abbandonati. Cesare nel corso della guerra gallica aveva compiuto nella grande isola al di là della Manica incursioni che, pur non seguite da alcuna vera e propria azione militare, avevano consentito l’acquisizione di informazioni e dati che furono puntualmente registrati nei Commentarii. Fra tali dati si segnalava la presenza di Belgi nella Britannia sud-orientale.
In effetti, furono proprio tribù di origine belgica, e in particolare i Catavellauni della zona di Verulamium (St. Albans, nell’Hertfordshire), a espandersi e poi a consolidarsi, sotto la guida del re Tasciovanus e di suo figlio Cunobelinus, nell’area di Camulodunum (Essex). Lo stesso Cunobelinus, definito da Svetonio Britannorum rex, batté moneta propria e stabilì eccellenti rapporti con Augusto. Regnò a lungo ma alla sua morte (40 o 41 d.C.) i figli Caratacus e Togodumnus portarono avanti una politica eccessivamente espansionistica nei confronti delle popolazioni vicine: Verica, che era il re di una di queste ultime, gli Atrebates, chiese l’intervento di Roma. Un’“operazione di polizia internazionale” che Roma non si fece sfuggire. Nel 43 d.C. l’imperatore Claudio organizzò una spedizione con 40.000 uomini al comando del senatore Aulo Plauzio: quattro legioni provenienti dal Reno e dal Danubio, più numerosi corpi ausiliari, sbarcarono a Rutupiae, l’odierna Richborough. Entro lo stesso anno fu conquistata tutta la parte meridionale dell’isola fino alla linea dei fiumi Humber e Severn; sul sito di Camulodunum fu fondata la Colonia Claudia Victricensis (Colchester), che divenne sede del comando sia militare, sia amministrativo e politico della provincia.
Furono fondate anche colonie a Verulamium, già punto di riferimento della tribù dei Catavellauni, e a Londinium (Londra) sul Tamigi, dove, malgrado il sito fosse favorevole, non era stato in precedenza impiantato alcun insediamento. Ma i magistrati romani assunsero talvolta un comportamento vessatorio, tentando perfino di impossessarsi dell’isola di Mona (Anglesey), sacra all’antico culto druidico (atteggiamento insolito, perché invece spesso vi era stata, e vi sarebbe stata anche in futuro, grande attenzione per i culti delle varie popolazioni assoggettate). A Camulodunum, fondato un tempio dedicato a Claudio divinizzato, i sacerdoti accampavano pretese eccessive nei confronti degli abitanti del posto. Scoppiò così nel 60 d.C. una rivolta di vari gruppi di Britanni sotto la guida di Boudica, regina degli Iceni, durante la quale furono bruciate, oltre alla stessa Camulodunum, anche Verulamium e Londinium. Il governatore Svetonio Paulino e il legato Petilio Ceriale portarono presto a termine una dura repressione (61 d.C.), promovendo poi la ricostruzione delle città distrutte e la capitale fu spostata definitivamente a Londinium.
Nel prosieguo dello stesso I sec. d.C. furono condotte varie altre spedizioni, sia da parte di Ceriale, sia da parte del nuovo governatore Sesto Giulio Frontino (il futuro “curatore delle acque” a Roma, noto per il trattato De aquaeductu Urbis Romae). Un nuovo generale, Gneo Giulio Agricola, suocero dello storico Tacito, condusse una serie di operazioni molto decise (fra cui la fondazione di un castrum stabile nella località di Inchtuthil, nel Perthshire) fino all’estremo settenarione, operazioni che portarono alla sottomissione della Caledonia (Scozia); ma l’imperatore Domiziano richiamò il generale e la Caledonia fu abbandonata.
Tacito, autore di una nota biografia del valoroso suocero, non perdonò all’imperatore (già di per sé inviso, peraltro, alla classe senatoria che lo scrittore rappresentava) quei provvedimenti, tuttavia forse non sarebbe stato agevole per lo Stato romano mantenere il controllo di territori così remoti. La stessa cauta strategia fu adottata più tardi anche da Adriano, che collocò il suo celebre confine (Vallum Hadriani - Hadrian’s Wall) fra la foce del fiume Solway e quella del Tyne. Il suo successore Antonino Pio fu indotto, dalla pressione delle popolazioni del Nord dell’isola, a intraprendere nuove campagne e a costruire una linea più avanzata (Vallum Antonini - Antonine’s Wall), ma questa fu ben presto abbandonata (età di Commodo) e la grande struttura adrianea rimase così la frontiera più settentrionale dello stato romano.
Nel 193 d.C. fu proprio il governatore della Britannia, Clodio Albino, a essere acclamato imperatore dalle sue truppe nella fase di crisi seguita alla morte di Pertinace; ma poi, dopo essersi alleato con Settimo Severo contro un altro pretendente, Pescennio Nigro, finì per essere battuto proprio da Severo nella battaglia di Lione. Il vincitore rafforzò le difese del limes settentrionale, dividendo poi la Britannia in due parti, Superior e Inferior; a lungo attivo su questi fronti, egli diede un nuovo assetto alla città e alle fortificazioni di Eburacum (York), dove morì nel 211 d.C.
Nel prosieguo del III secolo, come in tutto l’Impero, vi furono momenti di grave crisi: negli ultimi decenni emersero figure di usurpatori, come Carausio e Allecto. La provincia si mantenne però a lungo sostanzialmente prospera, come si può dedurre dal livello di alcune abitazioni tardoantiche. Diocleziano nella sua riforma la frazionò ancora, ma fu un altro tetrarca, Costanzo Cloro, padre di Costantino, a battere nel 296 Allecto e a essere accolto a Londinium con grandi onori, stando anche a quanto si vede in un medaglione aureo celebrativo conservato a Treviri. Nel 306 anche Costanzo Cloro morì a Eburacum (York).
La classis (flotta) Britannica mantenne grande importanza fino a età tarda, soprattutto nei mari a sud-est dell’isola: è da questa direzione, peraltro, che potevano giungere i temuti attacchi di Sassoni e Franchi, che si cercò di fronteggiare con la creazione (sempre all’estremità sud-orientale della provincia) di una serie di fortificazioni distribuite in profondità nel territorio, che costituivano nel loro insieme un sistema difensivo detto Litus Saxonicum. Ma nel corso del IV sec. d.C. gli attacchi si intensificano e a nord si aggiungono quelli dei Picti e degli Scoti: la situazione progressivamente si aggrava, finché l’imperatore Onorio nel 410 è costretto a decidere l’abbandono della provincia.
Romanizzazione: militarizzazione e urbanizzazione. Assetto del territorio
Provincia di confine, la Britannia conosce una fortissima militarizzazione che si manifesta anche nell’allestimento di grandiose opere difensive su scala territoriale: se il Vallo di Adriano costituisce il sistema più importante, anche in virtù dello stato di conservazione in cui si trovano molti suoi tratti, anche il Vallo di Antonino e il Lido Sassonico presentano problemi di grande interesse.
Se il limes è, fra le altre cose, anche e soprattutto una strada, ovviamente il sistema delle vie di comunicazione non si limitava alle zone di confine. Tutta l’isola (anche se forse non in maniera capillare come nel caso della Gallia Belgica o della Lugdunense) era percorsa da un sistema di strade: Londinium era un centro di irradiazione notevole, come lo erano anche i collegamenti da est a ovest nella parte meridionale dell’isola, mentre dalla capitale verso il confine la strada principale era quella oggi detta Watling Street, che passava anche per Verulamium.
In questo quadro anche l’urbanizzazione presenta problemi peculiari e l’evoluzione da castrum a città conosce aspetti assai interessanti. Notevole è il caso di Camulodunum (Colchester). Prima della conquista il sito era stato residenza di Cunobelinus e dei suoi eredi: si sono rinvenuti resti di fossati e terrazzamenti difensivi, nonché (in località Sheepen) di quella che era stata la zecca del Britannorum rex. Un grande tumulo in località Lexden è forse da attribuire alla famiglia dominante e vi è stato fra l’altro rinvenuto un medaglione di Augusto, quasi una conferma di buoni rapporti diplomatici. Qui fu costruita probabilmente una fortezza durante la rapida guerra vittoriosa e si impiantò inizialmente la colonia, che conobbe ricostruzioni e ulteriori sviluppi dopo la rivolta del 60 d.C. Anche se la città era ora meno importante della nuova capitale Londinium il suo assetto non era trascurabile. Le mura avevano un tracciato approssimativamente rettangolare, con angoli arrotondati, ed erano rafforzate da torri interne e da un terrapieno esterno: tutte caratteristiche che dovevano aver caratterizzato la prima fase, quella della fortezza e della prima colonia, su uno spazio tuttavia più esiguo. L’espansione avvenne verso est con una pianta a scacchiera non del tutto regolare; il tempio di Claudio, che nella prima fase si era trovato in posizione suburbana, venne ora inserito nella scacchiera stessa, nell’ambito della quale era circondato da un’ampia area porticata che occupava quasi lo spazio di due isolati e che era quasi certamente il foro. All’assetto definitivo della città e delle mura si giunse attorno al 200 d.C.: il cardine massimo corrispondeva all’attuale High Street e terminava a est con una porta oggi quasi scomparsa, a ovest con un’altra porta, a cui si è parzialmente sovrapposta l’attuale Balkerne Gate, della quale sono ricostruibili l’aspetto antico e le sei fasi costruttive. I resti del teatro sono invece esigui; fuori delle mura, in località Gosbeck Farms, restano anche avanzi di un tempio di tipo celtico.
Londinium (Londra) fu fondata dopo la conquista in prossimità di un guado del Tamigi, nei pressi dell’attuale City; malgrado la posizione favorevole, non sembra che vi siano, al contrario di quanto accade a Camulodunum, resti di un abitato preromano. Vi era un piccolo affluente di sinistra, il Walbrook (oggi scomparso), che confluiva nel grande fiume scorrendo fra due collinette; sull’orientale, detta oggi Cornhill, sorse il primitivo nucleo urbano di legno, accompagnato dalla costruzione di un ponte sul Tamigi non lontano dall’attuale London Bridge. Tali strutture lignee furono facile preda, nel 60 d.C., dell’incendio degli Iceni. Nella ricostruzione che segue la fine della rivolta, la città si espande anche sulla collina occidentale, sulla cui estremità di nord-ovest si impianta un castrum che, per lungo tempo (e stranamente, visti i precedenti non rassicuranti), rimane l’unica difesa di una città piuttosto ampia: 132 ha. Solo all’inizio del III sec. d.C. Londinium sarà munita di mura che, attorno al 270, saranno rafforzate da torri esterne e che (sia pure con vari restauri) difenderanno la città anche nel Medioevo. I resti più cospicui sono presso la Torre di Londra e soprattutto nel cosiddetto Barbican nel cuore della City. Su tre lati, il perimetro urbano determinato (sia pure tardi) da queste mura è di forma vagamente trapezoidale; il quarto lato è costituito dal Tamigi. L’andamento delle vie non sembra molto regolare; se si eccettuano (oltre al castrum) due edifici termali, i monumenti principali (o almeno quelli che conosciamo meglio) erano sulla collina orientale, luogo del primitivo insediamento. Il foro e il praetorium (residenza del comandante della guarnigione) furono ricostruiti, dopo l’incendio appiccato nel 60 d.C. dagli Iceni, con pietra del Kent e per questo sopravvissero, sia pure con rifacimenti, a un nuovo incendio scoppiato in età adrianea; gran parte della città, che invece era stata rifatta di legno, fu invece ancora una volta distrutta e solo dopo questa distruzione fu ricostruita di pietra. Fra II e III secolo si aggiunsero un arco onorario (tipo di monumento non usuale nella Britannia romana) e soprattutto un celebre mitreo.
Anche Verulamium fu bruciata dagli Iceni e ricostruita; un nuovo incendio e una nuova ricostruzione si ebbero in età antonina. Come Camulodunum e al contrario di Londinium, la città romana sorse non lontano da un insediamento celtico: era infatti il punto di riferimento della tribù dei Catavellauni. È ubicata nella valle del fiume Ver, presso l’odierna St. Albans, su una strada che collegava Londinium con il limes settentrionale, l’odierna Watling Street. È la città della Britannia romana meglio nota per tipologia di monumenti e per estensione: sono state scavate varie insulae (la più nota è la XIV, nella quale sono state rinvenute strutture risalenti alla fase precedente all’incendio degli Iceni, con file di botteghe), due archi e complessi monumentali pertinenti alla fase della ricostruzione dopo l’incendio: il foro, che presenta problemi di particolare interesse; un santuario di tipo celtico; un teatro-anfiteatro.
Eboracum o Eburacum (York) è più a nord, nel territorio dei Brigantes, in un’area che era rimasta fuori della provincia al momento della conquista nel 43 d.C. e che fu annessa solo dopo una serie di battaglie condotte in età flavia da Petillio Ceriale. Il primo insediamento stabile sorge nel 71 d.C. ed è una fortezza che ospita la legio IX Hispana. Fino al IV secolo la fortezza rimase essenzialmente tale: un castrum le cui mura furono rifatte da Traiano, poi da Settimio Severo e da Costanzo Cloro (che qui morirono). Con quest’ultimo le mura del versante sud-orientale dell’insediamento, affacciate sul fiume Ouse, assumono un’inconsueta magnificenza scenografica, con otto torri poligonali esterne (Multangular Towers) e con una porta monumentale. Lo sviluppo di una città civile accanto all’insediamento militare è qui più tardivo che altrove: il momento di massimo slancio è dovuto infatti all’insediamento di Settimio Severo e della sua corte. Due vie dell’originario castrum, la via Principalis e la via Praetoria, conservano anche in questa fase una loro funzione direzionale. Ancora ai giorni nostri il loro tracciato è ripetuto, in linea di massima, dalle vie medievali che ancora caratterizzano York: la Stonegate e la Petergate. Al loro incrocio erano i principia (quartier generale): sono stati ritrovati i resti di un grande cortile e di una lunga sala sotto la celebre cattedrale.
Altri centri di una certa importanza (che spesso comprendono nella loro denominazione ufficiale di età romana il nome delle antiche popolazioni celtiche per cui costituivano un punto di riferimento) sono: Calleva Atrebatum (Silchester, nello Hampshire), con ampio reticolo stradale nel cui ambito si riconoscono ben 180 isolati con case e botteghe e in cui spiccano tre santuari “celto-romani” a pianta quadrata più uno a pianta ottogonale; Venta Silurum (Caerwent, nel Galles meridionale), di cui è noto il tratto meridionale della cinta muraria al quale furono aggiunte Multangular Towers nel IV sec. d.C.; Isca Silurum (Caerleon, sempre nel Galles), sviluppatasi dal castrum di una delle legioni di Frontino, la II Augusta, e nota per i resti del praetorium (con cortile interno ovale), dei principia, delle terme e anche per i resti delle canabae (abitazioni in origine precarie, per operatori civili di vario genere che seguivano l’esercito) individuati all’esterno; Deva (Chester, nel Cheshire), dove sono stati rinvenuti, oltre ad avanzi non dissimili da quelli di Isca, anche quelli di un anfiteatro. Particolarmente notevole è però la città termale di Aquae Sulis (Bath, nell’Avon: e già dal nome si capisce che la città odierna ha conservato le funzioni di quella antica), sorta presso sorgenti minerali calde (non note altrove nell’isola) frequentate fin da epoche remote e consacrate alla dea celtica Sulis interpretata come Minerva. La città non era molto ampia; fu circondata nel II sec. d.C. da agger e fossato, più tardi da una cinta di pietra ma il complesso terme-santuario era fra i più significativi dell’intera provincia.
Edilizia pubblica
I complessi forensi della Britannia romana presentano una serie di spunti assai originali nel panorama generale di questo tipo di complesso monumentale.
Il tempio di Claudio a Camulodunum era al centro di una vasta piazza porticata interpretabile come foro della nuova fase di vita della città dopo gli incendi e le ricostruzioni. A sud sono stati trovati i resti di un ingresso monumentale ad arco, fiancheggiato da portici con colonne stuccate. Un altro edificio, pure con colonne, sorgeva all’esterno e anche se in posizione anomala era forse una basilica. Siamo quindi forse in presenza, sia pure con una formulazione particolare, di un complesso “tempio - foro - basilica”, un tipo di complesso più usuale altrove (sia pure con una diversa distribuzione delle varie componenti) e non molto presente in Britannia dove i fori hanno un loro particolare aspetto. Inoltre, non lontano dallo stesso nucleo monumentale c’era un teatro (di cui restano pochi avanzi); forse è una conferma anche qui delle funzioni complementari che questo tipo di edificio poteva assolvere nei confronti dei complessi forensi.
Ma in che cosa consiste la peculiarità dei fori in Britannia? A Londinium (a quanto sembra di poter ricostruire), a Calleva Atrebatum, a Venta Silurum e in altre città prevale un tipo di foro a pianta approssimativamente quadrata, con uno dei lati occupato da una basilica e con gli altri bordati da botteghe. La pianta tendente al quadrato si direbbe derivata, in qualche modo, da quella dei principia nei castra, ipotesi verosimile in una provincia così militarizzata; l’ambiente centrale, talvolta absidato, sul lato di fondo e adibito nei castra a custodire le insegne, in questi fori di tipo britannico è invece destinato al culto imperiale: mancano in genere, infatti, edifici templari veri e propri. Forse è un’eccezione Verulamium: il complesso foro - basilica occupa uno spazio tendenzialmente quadrato ma sul lato meridionale del foro, dalla parte opposta rispetto alla basilica, si affaccia un edificio che viene interpretato come tempio. Costruito in età flavia, il complesso forense, come tutta la città, fu ricostruito dopo un incendio di età antonina.
Per quanto riguarda la tipologia dei templi in quanto tali, il più importante della Britannia era forse quello di Claudio a Camulodunum.
Subito dopo la conquista della provincia, l’occupazione del sito con una fortezza e la fondazione della colonia quest’area era ancora extraurbana: qui fu eretto un altare per il culto di Augusto e Roma, come a Lione in Gallia e a Colonia in Germania. Dopo la morte e la divinizzazione di Claudio fu costruito un grande tempio in cui anche i rappresentanti delle civitates indigene erano tenuti a prestare il culto sopportandone i costi, cosa che fu probabilmente fra le cause del malcontento che portò alla rivolta del 60 d.C. L’altare e le originarie strutture del tempio andarono distrutte dall’incendio appiccato dagli insorti; quando, domata l’insurrezione, la città fu ricostruita più grande (pur perdendo, a vantaggio di Londinium, le prerogative di capitale) fu riedificato anche il tempio, stavolta inserito nel tessuto urbano e più precisamente nel complesso forense. Sorgeva su un alto podio (ancora in gran parte visibile sotto il castello normanno) e ne è stata proposta una ricostruzione in forma di tetrastilo corinzio.
Assai peculiare fra gli edifici di culto è anche il grande insieme santuario - terme di Aquae Sulis (Bath), le cui caratteristiche si discostano sia da quelle abituali dei templi, sia da quelle dei bagni: i resti sono in parte conservati e riutilizzati, in parte scomparsi e testimoniati solo da quanto resta della decorazione scultorea e degli elementi architettonici, visibili all’interno delle settecentesche terme, ancora in funzione, di Grand Pump Room.
La sezione propriamente termale presenta il Great Bath con vasca rettangolare circondata da portici, in cui si aprono esedre: adiacente al lato est è il Circular Bath, dotato appunto di una vasca circolare. A nord di questo si trova il King’s Bath, un grande bacino di forma irregolarmente ovale in cui si raccolgono le acque della sorgente.
Questo ambiente così peculiare era, al tempo stesso, parte integrante della sezione orientale del complesso, e cioè il santuario dedicato alla dea Sulis identificata con Minerva. La sorgente era oggetto di un culto molto intenso, come provano le numerose iscrizioni votive su laminette di piombo rinvenute nell’area. Le strutture di questa sezione sono ricostruibili, in gran parte ipoteticamente, grazie ai frammenti rinvenuti, numerosi e importanti ma non in situ. A un grande cortile porticato si accedeva mediante un ingresso monumentale caratterizzato da una facciata esastila con le personificazioni delle Stagioni e con un frontone che recava, entro un clipeo, l’immagine della Luna. Al centro dello spazio porticato, più volte ristrutturato, era un tempio tetrastilo corinzio su alto podio, per il quale sono pure ricostruibili diverse fasi. L’elemento architettonico più celebre è il frontone che reca al centro, entro un clipeo sostenuto da Vittorie alate, la cosiddetta “medusa maschile”: in realtà una testa che presenta, oltre ai serpentelli annodati sotto il mento (che in effetti potrebbero essere prerogativa della mitica Gorgone), anche barba e chiome lunghe e fluenti, che in genere caratterizzavano le divinità virili dei fiumi, dei mari e delle sorgenti (in latino la parola fons è maschile). Caratteristiche analoghe si ritrovano in una testa di divinità rinvenuta nella lontanissima Hatra, in Mesopotamia: si discute se si possano ipotizzare influssi o presenze orientali.
Un po’ dovunque sono testimoniati, purtroppo attraverso resti spesso poco consistenti, i santuari del tipo cosiddetto “celto-romano” già visto nelle Gallie: fra i più interessanti è quello di Verulamium, non foss’altro per la sua posizione decisamente centrale nell’impianto urbano.
Un edificio di culto di grandissimo interesse, anche se probabilmente espressione non di una committenza pubblica, ma di un gruppo di adepti relativamente ristretto, è il mitreo costruito sulla riva orientale del fiume Walbrook, non lontano dal porto fluviale di Londra.
Databile più o meno al periodo in cui furono costruite le mura della città (la tecnica edilizia è molto simile: il paramento è di opus vittatum, blocchetti di pietra alternati a fasce di mattoni), intorno al 270 d.C., questo mitreo non era grande, ma molto accurato nella realizzazione; conteneva inoltre sculture che sono fra le più interessanti della Britannia romana. L’edificio era inoltre costruito sopraterra; caso non certo unico, in quanto nella stessa Britannia possiamo ad esempio ricordare il mitreo, sia pure di dimensioni minori, noto nel castrum di Brocolitia sul Vallo di Adriano: ma certo questa soluzione era meno frequentemente attestata rispetto ai luoghi di culto della divinità orientale ricavati in grotte o in sotterranei. Il monumento londinese era a tre navate, separate fra loro da due file di colonne di cui restano le basi: la centrale è piuttosto ampia, le due laterali rialzate; sul fondo lo spazio era chiuso da un’abside.
Non si conoscono in Britannia archi onorari. In parte aveva forse una funzione commemorativa un quadrifronte di cui si conoscono i resti a Rutupiae, luogo dello sbarco romano del 43 d.C., ma il significato forse prevalente di questo monumento è quello di punto di origine della cosiddetta Watling Street, grande via che conduceva a Londinium, a Verulamium e a Deva. A Londra conosciamo un monumento a un fornice (rinvenuto in frammenti reimpiegati in una fortificazione tarda presso Blackfriars, ma ricostruibile), che però, più che una funzione onoraria aveva forse quella di ingresso a un santuario. Negli estradossi del fornice stesso vi erano immagini clipeate; sui fianchi vi era una decorazione vegetale. Un altro ingresso in forma di arco era attestato nel foro di Camulodunum, che racchiudeva il tempio di Claudio.
Sempre a Camulodunum conosciamo una delle “porte di città” più interessanti non solo della Britannia, ma di tutto l’Occidente romano. Nella sua fase definitiva risale alla fine del II sec. d.C. ed è contemporanea al rifacimento della cinta muraria (la tecnica muraria è sempre l’opus vittatum). È la porta occidentale della città (Balkerne Gate), originariamente pertinente al castrum e ben ricostruibile anche se seminascosta sotto edifici di epoche successive: quattro fornici in facciata (i due centrali nettamente maggiori degli altri), torrioni laterali arrotondati. Ma tali torrioni non sono aggettanti verso l’esterno: la loro parete curvilinea si imposta lateralmente, raccordando la porta con la linea delle mura, che rispetto alla porta stessa è alquanto arretrata. Altri ingressi di città non sono altrettanto insoliti o altrettanto chiaramente ricostruibili: né la porta est della stessa Camulodunum, né le molte porte di Londinium.
Gli edifici per spettacolo non sono in genere molto grandi: da ricordare fra l’altro l’anfiteatro di Isca Silurum e il teatro-anfiteatro (tipologia architettonica nota anche in Gallia) di Verulamium.
Edilizia privata
Per quanto riguarda l’edilizia residenziale, abbiamo a Venta Silurum (Caerwent), Camulodunum (Colchester), Verulamium (St. Albans), Glevum (Glocester), Calleva Atrebatum (Silchester) esempi di domus urbane dall’impianto relativamente semplice, con ambienti articolati attorno a un cortile centrale, un notevole slancio all’attività costruttiva fu dato dalla visita di Adriano nel 120 d.C., nel periodo in cui fu anche impostata la costruzione del Vallum. Ma in qualche caso, ad esempio nella stessa Verulamium, vediamo che in pieno centro e non lontano dai principali monumenti pubblici e dalle case più accurate in certi isolati si sviluppavano, per giunta in maniera via via più disordinata, piccole abitazioni le une accanto alle altre, che servivano eventualmente al tempo stesso da casa e da officina.
Sono soprattutto note numerose ville extraurbane, in genere legate all’attività agricola (che rimase intensa fino a età tarda) ma talvolta di impianto così sontuoso da far pensare a un uso sia residenziale, sia di rappresentanza da parte di personaggi di altissimo rango. È il caso del palazzo di Fishbourne, nel Sussex, affacciato sul Canale della Manica o meglio su di una sua profonda insenatura, non lontano dalla città di Noviomagus (Chichester), con numerosissimi ambienti articolati intorno a un’ampia area scoperta. Le fasi costruttive sono molteplici, per un uso che si protrae dal periodo della conquista dell’isola fino all’età tardoantica; appartiene probabilmente a quest’ultima l’allestimento a formal garden dell’area scoperta centrale, testimoniato dal ritrovamento delle fosse predisposte per ospitare aiuole e siepi dalla linea molto mossa, con numerose esedre e rientranze. Si è tentato di ipotizzare chi potesse essere il proprietario: forse un alto ufficiale romano, o un membro dell’aristocrazia celtica romanizzato citato da Tacito, e cioè Tiberius Claudius Cogidubnus, o addirittura appartenente alla famiglia reale della popolazione dei Regnenses, amici di Roma. È probabile peraltro che nel corso dei secoli l’edificio abbia cambiato più volte proprietà.
Cambiamenti sono certi per la più nota delle altre grandi residenze, la villa di Lullingstone nel Kent, nata come piccola fattoria locale alla metà del I sec. d.C., rifatta alla maniera romana nel 100 circa, ingrandita e migliorata nel 180 o poco dopo, abbandonata all’epoca delle lotte fra Settimio Severo e Clodio Albino: “vittime” di questo abbandono sono anche due splendidi busti maschili marmorei databili fra 130 e 160 d.C. Intorno al 280 il sito viene rioccupato e nell’occasione viene creato fra l’altro un grande granaio. Ai tempi di Costantino vengono inseriti un triclinio absidato e un grande vestibolo quadrato, con bei mosaici raffiguranti Bellerofonte e la Chimera, Europa e il Toro; anche altrove, in Britannia, si mantiene fino a età molto tarda questo gusto per i temi del repertorio classico. Ancora poco più tardi, un gruppo di stanze viene adibito a uso cristiano: si conservano pitture parietali, sia pure frammentarie, con figure di oranti.
Arti figurative
A Camulodunum una testa bronzea di Claudio, di livello “medio”, fu strappata (sembra) con forza dalla statua (oggi perduta) cui originariamente apparteneva e gettata nel piccolo fiume, Alde, che scorre non lontano dalla città, dove è stata rinvenuta: una testimonianza, forse, della rivolta degli Iceni e delle altre popolazioni celtiche esplosa nel 60 d.C.
Fra le altre sculture di Camulodunum, da ricordare fra l’altro la stele funeraria di Favomius Facilis, centurione (rappresentato a figura intera) della legio XX, giunta qui dall’area renana per partecipare alla conquista e al successivo controllo del territorio. Ugualmente proveniente da necropoli è la nota Sfinge antropofaga che tiene fra le zampe anteriori una testa umana, un tema che trae origine dal grande repertorio di Aquileia (sfingi in funzione di guardiane del sepolcro, o comunque in contesti funerari, sono abbastanza numerose nell’Italia nord-orientale romana), probabilmente “mediato” attraverso passaggi in area gallo-renana (abbiamo visto, soprattutto in Gallia, la diffusione del tema della tête coupée). Pure noto in area renana è il tema del cavaliere che incombe sul nemico abbattuto (la stele più significativa è quella di Romanius a Magonza), qui ripreso, in maniera un po’ semplificata, in stele di equites come Longinus: da notare anche l’acroterio centrale (ancora una Sfinge) e i due laterali (leoni accovacciati).
Sono numerose anche le sculture rinvenute a Londinium: da ricordare un ritratto bronzeo di Adriano e soprattutto le opere rinvenute (in parte nascoste sottoterra, in parte disperse nelle vicinanze) nel mitreo. Alcune opere sono di marmo (cosa rara in Britannia): una bellissima testa di Serapide, forse lavoro di botteghe urbane, con barba e capelli fluenti; un corteggio dionisiaco (in scala ridotta) con Sileno, Pan, Satiri e Menadi; un primo rilievo con Mitra che uccide il toro. Di pietra calcarea e di fattura meno accurata sono un secondo rilievo mitriaco, una figura di Cautopates (portatore di torcia e abituale compagno, insieme con Cautes, di Mitra stesso), uno dei Dioscuri e altre figure minori. È inoltre notevole, fra gli oggetti rinvenuti in questo mitreo, una pisside d’argento (contenente un filtro pure d’argento) decorata all’esterno con scene di caccia, con un gran numero di figure di uomini e animali, reali e fantastici, inseriti in un panorama di alberi e di rocce: un pezzo unico nell’ambito dell’argenteria. I temi trattati trovano eventualmente confronti con mosaici tardoantichi delle province orientali dell’Impero, ma anche con una scena di cattura di animali nella villa di Piazza Armerina: perciò il pezzo forse si data alla fine del III - inizio del IV sec. d.C. Non se ne può però ricostruire la provenienza, né la precisa collocazione originaria nell’ambito del monumento.
Notevole a Eburacum (York), oltre alle numerose stele funerarie, una testa marmorea di dimensioni nettamente maggiori del vero, forse pertinente in origine a una statua di Costantino proveniente dai principia, mentre ad Aquae Sulis è da ricordare, oltre alle sculture che abbiamo già visto come decorazione del tempio e dell’ingresso al santuario, una bella testa bronzea della dea Sulis interpretata come Minerva, opera probabilmente di un artista celtico educato alla tradizione greco-romana.
Singolari alcune distance slabs provenienti dal Vallo di Antonino, “lastre di distanza” che rendono conto dei tratti di muro eseguiti dai vari reparti militari.
Alcune, oltre all’iscrizione (di solito decorata ai lati da pelte, scudi di tipo amazzonico), recano bassorilievi: fra le più note è quella di Bridgeness, nella quale sulla sinistra è raffigurato un cavaliere nell’atto di sopraffare quattro barbari, mentre sulla destra si vede una scena di sacrificio di un maiale, di un montone e di un toro. Il disinteresse per l’organicità delle figure e per la padronanza della terza dimensione, la cura – invece – nel rendere ben visibili i particolari che contano per rendere comprensibile il significato di ciò che viene rappresentato (si notino gli animali condotti all’altare, la patera del sacrificante, gli strumenti dei suonatori, il vessillo della legione II Augusta) sono elementi notoriamente tipici dell’arte provinciale romana.
La Britannia conobbe una notevole fioritura (che a noi è nota soprattutto nelle ville superstiti) per quanto riguarda l’arte del mosaico: esso rielabora non senza elementi di originalità e con qualche semplificazione, spunti provenienti dal centro dell’Impero e dalle province gallo-renane. In certe aree, come quella di Corinium (Chirenchester), la produzione appare così abbondante e qualificata che si parla di “scuole”. Significativo nelle ville il ripetersi di temi della grande tradizione letteraria pagana in epoche in cui ufficialmente già vigeva il cristianesimo. All’esempio di Lullingstone si può aggiungere quello di Low Ham, presso Taunton, nel Somerset: qui vediamo un ottagono centrale con Venere ed eroti e, intorno, soggetti desunti dall’Eneide, protagonisti Didone, Ascanio, lo stesso Enea. Si è ipotizzato anche un influsso delle grandi scuole dei mosaicisti africani.
Alto artigianato e ceramica
Ben rappresentato, infine, è l’alto artigianato, spesso di importazione: in primo luogo le argenterie, quasi a conferma di una notizia di Strabone, secondo il quale proprio questi prodotti (insieme con vino, avori, vetri e gioielli) erano fra i generi di lusso che i Britanni di alto rango acquistavano dai Romani.
Gli argenti di Mildenhall (piccola città del Suffolk), databili nella seconda metà del IV sec. d.C., costituiscono un cospicuo tesoro (che in quei tempi incerti, vicini alla fine della presenza romana in Britannia, qualcuno aveva sepolto e non ebbe più l’occasione di recuperare): 34 pezzi di notevolissimo livello. Fra questi, sono da ricordare un grande piatto rotondo con testa di Oceano, un bacile che reca al centro una testa elmata e, come orlo, un fregio di animali e così via. Un altro tesoro, databile all’inizio del V sec. d.C., è stato trovato oltre il confine rappresentato dal Vallo di Adriano, a Traprain Law, presso la costa orientale: qui però i vasi, anche magnifici, erano tagliati a pezzi e formavano un imballaggio compatto. A differenza del tesoro di Mildenhall quello di Traprain Law era forse stato oggetto di razzia da parte dei barbari che ormai premevano sempre più pericolosamente: interessava soltanto, ormai, il peso del metallo prezioso (presumibilmente destinato a essere fuso e riadoperato) e non la finezza degli oggetti. Mentre Traprain Law, pur trovandosi oltre confine, era una località che con l’Impero aveva avuto rapporti, in quanto approdo favorevole allo sbarco di merci destinate alle guarnigioni del vallum, altri luoghi di rinvenimento di tesori saccheggiati appaiono più estranei e lontani; alcuni sono ad esempio in Irlanda, l’isola che non fece mai parte dell’Impero stesso. Le razzie, quindi, si attuavano evidentemente su larga scala.
Per quanto concerne la produzione fittile, si determina una situazione peculiare riguardante la terra sigillata. L’importazione di vasi da mensa fu notevolissima fin dal momento della conquista, in funzione delle necessità dei militari e dei civili inviati da Roma: la rilevanza della clientela sull’isola indusse alcuni produttori a trasferirsi. Fra questi ricordiamo Castor, che firma numerosi vasi nel Northamptonshire: per la precisione vasi à la barbotine, con decorazioni ottenute stendendo e manipolando argilla su vasi già formati. Oppure, oltre venti vasai nella zona di Camulodunum, se sono giusti i calcoli basati sulle varietà di forme e decorazioni, tutte peraltro di provenienza continentale.
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