Le particelle elementari
A partire dalla concezione dell’atomo di Democrito, tra il 5° e il 4° sec. a.C., l’ipotesi che la materia sia formata da costituenti fondamentali ha affascinato il pensiero umano, prima filosofico e poi scientifico. Di volta in volta, l’identificazione di tali costituenti è mutata, e oltre cento anni fa il ruolo centrale dell’atomo è tramontato in favore dei suoi componenti, gli elettroni e i nuclei. Il continuo sforzo per rompere i ‘mattoni’ che costituiscono la materia per cercarne le sottostrutture attraverso le loro collisioni costituisce la storia della fisica delle particelle elementari dell’ultimo secolo. Immaginare un mondo costituito da mattoni indivisibili e puntiformi, assemblati, come in una gigantesca costruzione, a formare il mondo che ci circonda, può però portare a un paradosso. Infatti, come si possono ottenere oggetti di dimensioni macroscopiche organizzando in una struttura complessa un numero finito di costituenti che, essendo puntiformi, sono privi di dimensione? Un atomo di idrogeno è notevolmente più grande dei suoi costituenti, ossia il nucleo (a sua volta composto da diversi elementi, e centomila volte più piccolo del raggio dell’atomo) e l’elettrone (puntiforme, alla luce delle conoscenze attuali). In realtà, questi costituenti sono tenuti a distanza sia dal bilanciamento tra le forze con cui interagiscono, dovute a loro volta a componenti fondamentali puntiformi scambiati durante le interazioni, sia dal principio di indeterminazione della meccanica quantistica; quest’ultimo, infatti, richiede che gli impulsi in gioco, e con essi le energie, siano tanto più elevati quanto più piccole sono le distanze entro le quali si legano le particelle interagenti. Quindi le forze elettromagnetiche attraggono l’elettrone carico negativamente verso il nucleo carico positivamente, diminuendo così la dimensione dell’atomo, mentre la meccanica quantistica vi si oppone, richiedendo un impulso relativo tra l’elettrone e il nucleo tanto più elevato quanto più l’atomo si restringe.
Le particelle elementari vengono suddivise sovente in materia, che subisce le interazioni, e mediatori delle interazioni, responsabili della trasmissione di tali forze tra le particelle di materia. Per le forze elettromagnetiche, gli elettroni o i nuclei sono un esempio di materia, i fotoni, privi di massa, di mediatori. L’esistenza dei mediatori e di una velocità massima assoluta di propagazione, quella della luce, permette di superare il concetto di interazioni a distanza istantanee, rimpiazzandolo con quello di un’interazione che avviene su tempi determinati dalla velocità di propagazione dei mediatori. La massa dei mediatori, unitamente all’energia in gioco, ne determina in generale sia la velocità di propagazione sia il raggio di azione. Interazioni che non si annullano se non a distanza infinita, pur diventando impercettibili a grandi distanze, sono associate a mediatori di massa nulla, quali i fotoni per le interazioni elettromagnetiche o gli ipotetici gravitoni per la forza di gravità.
Le particelle elementari che attualmente sono conosciute risultano tutte inquadrate all’interno di uno schema matematico, la teoria quantistica dei campi, che concilia la meccanica quantistica e la teoria della relatività ristretta. Entrambe le discipline sono legate a costanti fondamentali: per la meccanica quantistica la costante di Planck, la quale regola il principio di indeterminazione di Heisenberg; per la teoria della relatività, la velocità della luce. Queste costanti pongono limiti rispettivamente alla precisione delle nostre misure, oppure, se vogliamo, dell’inevitabile influenza che esse esercitano sull’oggetto misurato, e all’istantaneità delle interazioni.
Lo studio delle particelle elementari è indissolubilmente legato a quello delle reciproche interazioni, dette fondamentali. Il 21° sec. si apre forte della teoria del Modello Standard, che inquadra, come sarà descritto brevemente, tutte le particelle note e le loro interazioni, e ne cerca il tassello mancante finale, ossia la particella di Higgs. Il Modello Standard e la sua ultima ambizione, le evidenze sperimentali che comunque ne richiedono estensioni o superamenti, e la sfida tecnologica e sociologica proposta dai nuovi acceleratori e dalle nuove rivoluzioni costituiscono il contenuto di questo saggio.
Le teorie di gauge
Il Modello Standard interpreta tutte le interazioni conosciute all’interno di un concetto comune basilare di simmetria, quello di teoria di gauge (calibro) locale. La possibilità di riparametrizzare, in modo indipendente in ogni punto dello spazio-tempo, i campi di materia necessita di campi ulteriori che trasmettano l’informazione della riparametrizzazione tra i campi di materia che occupano posizioni contigue dello spazio-tempo. Questi campi, detti di gauge, sono più o meno numerosi a seconda che la riparametrizzazione sia una semplice rotazione delle componenti reali e immaginarie di un campo complesso, o che essa comporti contemporaneamente una ‘rotazione’ di proprietà interne del campo: se il campo di materia è, per es., un doppietto (coppia) di due campi complessi, la riparametrizzazione può alterare la fase dei numeri complessi e mischiare nello stesso tempo le due componenti del doppietto. Un esempio del caso più semplice è dato dal campo elettromagnetico, che consente di moltiplicare per una fase relativa arbitraria elettroni in posizioni contigue dello spazio-tempo, riassorbendo questa fase nelle sue proprietà di simmetria. Tale simmetria di fase per il campo di gauge determina in modo univoco le leggi a cui è sottomesso, generando le equazioni note come equazioni di Maxwell.
Il Modello Standard inquadra all’interno di teorie di gauge le interazioni elettromagnetiche, deboli e forti. Le interazioni deboli sono responsabili dei fenomeni di radioattività, caratterizzati dal cambiamento della natura delle particelle che partecipano alla reazione di decadimento. Le interazioni forti sono invece responsabili delle forze di legame che tengono insieme i costituenti fondamentali dei nuclei: i quark, che si classificano come campi di materia, e i gluoni, che ne trasmettono le interazioni forti. Sia le interazioni deboli sia quelle forti chiamano in gioco interazioni di gauge con una simmetria interna non banale: tali simmetrie vengono classificate attraverso gruppi algebrici. I gruppi necessari per interpretare le interazioni deboli e forti sono quelli i cui elementi possono essere rappresentati da matrici unitarie con determinante pari a uno. La condizione di unitarietà si esprime imponendo che il prodotto matriciale (righe per colonne) di una matrice per quella ottenuta da sé stessa per coniugazione hermitiana – ossia scambiando le righe con le colonne e sostituendo agli elementi trasposti i corrispondenti complessi coniugati – risulti pari a uno.
Per le interazioni deboli il gruppo di simmetria può essere rappresentato da matrici di rango due (numero di righe o colonne), per quelle forti da matrici di rango tre. Gli elementi di tali gruppi, detti di Lie semplici, possono essere generati esponenziando un insieme di generatori indipendenti: si tratta di matrici hermitiane e a traccia nulla (la traccia è la somma degli elementi diagonali di una matrice).
I campi di gauge sono tanti quanti i generatori indipendenti: se ne contano tre per le interazioni deboli con gruppo di simmetria SU(2) e otto per le interazioni forti con gruppo di simmetria SU(3). I campi di materia soggetti a tali interazioni si organizzano in rappresentazioni di questi gruppi, e in particolar modo nelle rappresentazioni dalla dimensione minima, dette fondamentali: doppietti per il gruppo SU(2) e tripletti per il gruppo SU(3).
L’evidenza sperimentale per la struttura del Modello Standard si è accumulata dagli inizi degli anni Settanta del secolo scorso fino a oggi. Esperimenti cruciali per la comprensione delle interazioni deboli sono stati quello che ha rivelato l’esistenza di correnti neutre per le particelle elettricamente neutre e quello che ha dimostrato l’esistenza dei mediatori delle interazioni deboli, i cosiddetti bosoni W e Z, che è valso il premio Nobel per la fisica a Carlo Rubbia e a Simon van der Meer nel 1984. Per le interazioni forti, è stata fondamentale la serie di esperimenti che ha portato all’evidenza della simmetria basata sulla proprietà interna chiamata colore, tramite la produzione, in una misura tre volte più abbondante dell’atteso, di stati legati di quark (i mattoni delle interazioni forti) nelle collisioni elettrone-positrone; tali esperimenti si sono svolti presso i laboratori di Frascati dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e presso lo SLAC (Stanford Linear Accelerator Center) della Stanford University (California). I mattoni fondamentali appaiono triplicati, fenomeno realizzabile con l’introduzione di tripletti di quark, che diventano rappresentazioni di base del gruppo di colore delle interazioni forti: un mondo quindi di quark variopinti, marcati con i tre colori fondamentali.
Sia per le interazioni deboli sia per quelle forti, alcune proprietà scoperte dagli esperimenti ne hanno messo in crisi per vari anni una descrizione in termini di teorie di gauge. Per le interazioni deboli, mediatori di gauge dotati di massa oltretutto elevata, chiamata in causa già da molto tempo per spiegare la debolezza delle interazioni, erano una contraddizione con la simmetria di gauge che prevedeva rigorosamente mediatori a massa nulla per essere realizzata. Per le interazioni forti – che devono il proprio nome alla forza con cui stati legati di quark, gli adroni, interagiscono reciprocamente – vari esperimenti, sia di produzione multiadronica da collisioni elettrone-positrone, sia di diffusione anelastica ottenuti bersagliando con elettroni di elevata energia gli adroni da questi fortemente deflessi, avevano mostrato come i quark, legati da forze indissolubili all’interno dell’adrone, si muovevano invece quasi non soggetti a interazioni, se osservati con sonde capaci di risoluzioni assai migliori della tipica dimensione adronica, ossia minori di un milionesimo di miliardesimo di metro. I bosoni di gauge massicci e i comportamenti fortemente e scarsamente interagenti all’interno di una stessa teoria erano i misteri la cui soluzione ha determinato l’attuale Modello Standard. La soluzione poggia su due concetti fondamentali per la fisica delle particelle elementari: quello della rottura spontanea della simmetria e quello della libertà asintotica.
La rottura spontanea della simmetria
Il primo concetto che ha permesso di riconciliare teorie di gauge e mediatori massici è quello della rottura spontanea della simmetria. In natura esistono molti casi di simmetrie rotte spontaneamente: se si percorre un pendio di risalita agganciati a uno skilift in sci, spesso si scivola su una superficie ondulata, tanto più scavata quanto più remota è l’ultima nevicata. Se invece si è fortunati a essere i primi sciatori dopo un’abbondante nevicata, si può scivolare su una superficie uniforme; quest’ultima garantisce una simmetria, quella per traslazioni, che rende equivalenti i punti sul pendio. La simmetria viene invece violata dalle onde generate dalle folle di sciatori, che distinguono con valli e creste i punti del pendio. È un esempio di come una proprietà di simmetria possa essere rotta in modo casuale. Se però, partendo dallo stesso pendio uniforme, si ripetesse più volte l’esperimento con diverse schiere di sciatori, si formerebbero ovviamente avvallamenti, ma non negli stessi punti: la simmetria si manifesta con il fatto che la rottura si può effettuare in moltissimi modi equivalenti e indistinguibili, collegati tra loro appunto dall’originale invarianza per traslazioni.
Per poter riconciliare una teoria di gauge con mediatori massicci, è necessario produrre un fenomeno di rottura spontanea della simmetria, associando a quella originaria di gauge una teoria che descrive una nuova interazione con particelle elementari che finora non sono mai state osservate. Si tratta di particelle scalari senza alcun momento angolare intrinseco.
Le teorie di campo e la dualità onda-corpuscolo
È utile una breve digressione sulle teorie di campo, sui loro possibili protagonisti e sulla distinzione tra particelle che sono indistinguibili ‘alla Bose’ o ‘alla Fermi’. In generale, le teorie di campo, come già accennato, descrivono le particelle elementari salvaguardando i principi della meccanica quantistica e della relatività.
Dalla prima ereditano il dualismo onda-corpuscolo. Il caso più semplice di campo è proprio quello che descrive particelle cosiddette scalari. Un campo scalare è un numero associato a ogni punto dello spazio-tempo. Le leggi del campo si ottengono imponendo che esso minimizzi il valore dell’azione, una somma su tutti i punti dello spazio-tempo della densità lagrangiana, numero anch’esso variabile da un punto a un altro in funzione del valore del campo in un punto e in quelli immediatamente contigui. La configurazione del campo, ossia il suo valore in ogni punto dello spazio-tempo, che realizza il minimo dell’azione, soddisfa le equazioni del moto. L’operazione di minimizzare sembra un principio generale delle leggi della fisica: un raggio di luce si propaga tra due punti minimizzando il cammino ottico che li separa, così come una biglia in un biliardo raggiunge il suo bersaglio minimizzando il cammino che la separa da esso.
Le particelle sono le fluttuazioni del campo: nello spazio trasformato di Fourier, nel quale le coordinate spaziali sono sostituite dagli impulsi coniugati, l’azione del campo scalare si frammenta nella somma di azioni di oscillatori armonici classici con frequenze di oscillazione diverse. Nell’interpretazione ‘a particelle’ del campo, le varie frequenze rappresentano particelle di massa eguale e impulso diverso: una configurazione può contenere un numero arbitrario di particelle con lo stesso impulso, a seconda del numero di stati con la stessa frequenza, cioè a seconda del numero di occupazione del livello di impulso fissato, oppure di frequenze (e quindi di impulsi) diversi.
Dalla relatività speciale i campi ereditano la relazione lineare tra l’energia e l’impulso, per valori elevati di quest’ultimo rispetto alla massa. I fisici spesso utilizzano un sistema di unità di misura in cui la costante di Planck h e la velocità della luce c sono poste convenzionalmente uguali a uno; in questo sistema, le lunghezze hanno dimensioni inverse all’impulso, uguali a quelle del tempo, che a sua volta ha dimensioni inverse all’energia. Esiste una sola unità di misura, di energia o di lunghezza, a scelta. Le lunghezze possono quindi essere espresse come energie inverse o le energie come lunghezze inverse. Le dimensioni fisiche appropriate si ottengono con un’opportuna combinazione di h e di c.
Nell’ambito della tipologia dei campi in natura, e quindi delle particelle, la relatività ristretta prevede che le rotazioni dello spazio vengano generalizzate in rotazioni dello spazio-tempo, che possono modificare il valore del tempo nel passaggio da un sistema di riferimento a un altro, così come l’ombra di un oggetto su una parete può modificarsi ruotando l’oggetto intorno a sé stesso. Le particelle-campi ammissibili in natura si classificano secondo le proprietà di rotazione nello spazio-tempo e il valore della loro massa. Per quanto riguarda le rotazioni, il caso più facile per il bosone, il campo scalare, associa un semplice numero a ogni punto, mentre il campo detto spinoriale a ogni punto associa quattro numeri complessi, corrispondenti alla descrizione simultanea di elettroni e positroni, di carica opposta, e di due stati di momento angolare intrinseco (spin), che vengono rimescolati tra loro durante una rotazione dello spazio-tempo.
In generale, particelle-campi rappresentati da numeri complessi sono di norma descritti in coppia con le corrispondenti antiparticelle, identiche in tutto eccetto che per l’operazione coniugazione di carica che scambia le cariche positive con quelle negative. Una descrizione relativistica dell’elettrone non può prescindere dalla descrizione della sua antiparticella, il positrone. La classificazione completa dei campi osservati è breve: spinori, vettori e tensori. Questi sono i soli campi fondamentali che la natura sembra utilizzare: si differenziano per la massa e per lo spin, proprietà intrinseca delle particelle squisitamente quantistica, immaginabile come il momento angolare che acquista una trottola ruotando su sé stessa. I valori dello spin totale, interi o seminteri, contrassegnano tipi di particelle diversi. In meccanica quantistica, tutte le particelle che hanno spin e massa uguali sono identiche e si dividono in particelle di tipo Fermi (fermioni), con spin seminteri, o di tipo Bose (bosoni), con spin interi. Le prime, a differenza delle seconde, posseggono la proprietà di non poter coesistere nello stesso punto e con le stesse caratteristiche di carica e di spin (il cosiddetto principio di esclusione di Pauli). Da questa proprietà discendono effetti importanti: per es., nelle stelle di neutroni (stelle molto compatte, in una fase evolutiva finale) è il principio di Pauli che fa resistere i neutroni (particelle a interazioni forti composte di quark dallo spin semintero) alla pressione del campo gravitazionale che tende a contrarle in un punto. Il medesimo principio regola il comportamento dei conduttori e dei semiconduttori, alla base dell’elettronica moderna. Grazie invece alla proprietà di essere bosoni, i fotoni emessi per il decadimento dallo stato eccitato di un atomo dopo esservi stati spinti da un pompaggio ottico tendono a essere riemessi preferibilmente con caratteristiche identiche, in fase, creando quei fasci di luce monocromatici e coerenti che formano i laser.
Il fenomeno di Higgs
La rottura spontanea di una simmetria non è una vera rottura, ma soltanto una sua diversa realizzazione. La simmetria si manifesta nell’equivalenza tra le scelte della rottura. La teoria di campo più semplice che mostra rottura spontanea di simmetria è quella di un campo scalare complesso. La sua azione, numero reale e funzione solamente del modulo del campo nel caso di campo costante nello spazio-tempo, è invariante per una ridefinizione del campo stesso per una fase che non ne altera il modulo. Se rappresentiamo il campo complesso in uno spazio bidimensionale in cui gli assi ne costituiscono la parte reale e immaginaria, la moltiplicazione per una fase equivale a una rotazione in tale piano. Le soluzioni delle equazioni del moto, che come accennato si ottengono minimizzando l’azione, in generale ne riflettono le proprietà di invarianza: ci si aspetta che il campo soluzione sia quindi anch’esso invariante per rotazione. Ciò dipende però dalle proprietà del potenziale, ossia la parte di azione non nulla a campo costante. Normalmente, il potenziale ha un minimo per valori nulli del campo; in altre parole, lo stato di minima energia del potenziale (detto vuoto) è quello senza particelle, ossia a campo nullo. Il potenziale che realizza questa situazione si può raffigurare in tre dimensioni, nelle quali vengono riportati i valori reali e immaginari del campo, e ha l’aspetto di una scodella con simmetria cilindrica: ha un minimo unico nell’origine e la sua curvatura è identica nelle varie direzioni.
Un’azione che ha sempre la simmetria di rotazione ma che porta a una realizzazione diversa della simmetria (modalità rotta) è quella il cui potenziale ha la forma di un cono tronco. In questo caso il minimo del campo si realizza sul fondo circolare, ma non è unico: esiste un’infinità di minimi equivalenti, lungo il fondo, tutti collegati dalla simmetria per rotazioni. Selezionando uno di tali minimi, seppure equivalenti, si ottiene una descrizione delle particelle associate al campo ben diversa da quella descritta dal potenziale ‘a scodella’. Infatti, la curvatura del potenziale intorno al minimo gioca un ruolo importante: essa è responsabile del richiamo per piccole oscillazioni del campo verso il suo minimo, come la forza di richiamo di un oscillatore armonico. Se consideriamo piccole variazioni del valore del campo rispetto a quello che realizza il minimo del potenziale, ma uniformi nello spazio, otteniamo nella trasformata di Fourier del campo la componente a impulso coniugato nullo, e la forza di richiamo diventa direttamente la massa della particella associata al campo. Nel caso di simmetria realizzata mediante un potenziale a scodella, la curvatura uniforme indica che le oscillazioni del campo lungo entrambe le direzioni (reale e immaginaria) implicano la stessa massa: il campo complesso rappresenta quindi due campi scalari reali che descrivono due particelle di massa eguale. Invece, nel caso di simmetria con potenziale a cono tronco, intorno al minimo sussistono due curvature distinte: quella lungo la linea di minimo, che è nulla (in virtù della totale degenerazione del potenziale lungo tale linea derivante dalla simmetria), e quella lungo la parete, in direzione perpendicolare alla prima, che non è nulla. Due curvature distinte corrispondono a una teoria con due particelle di massa diversa, una nulla e una non nulla. La curvatura nulla è il segnale dell’esistenza della simmetria originaria della teoria, poiché essa deriva proprio dalla degenerazione dei minimi dovuta alla simmetria. Firma della rottura spontanea della simmetria diventa l’apparizione del cosiddetto bosone di Goldstone, dal nome del fisico inglese Jeffrey Goldstone che per primo, nel 1961, ha evidenziato questo fenomeno.
Il caso realizzato in natura sembra più complicato di quello descritto, perché associa al campo scalare un campo di gauge. Il caso più semplice è quello del campo scalare complesso già considerato, ma in interazione con un campo elettromagnetico. Ricordando che l’invarianza di gauge comporta in questo caso la libertà di scegliere la fase del campo complesso in modo indipendente e arbitrario in ogni punto dello spazio, ci si può chiedere che fine faccia la simmetria oggetto della rottura spontanea. Esprimendo il campo complesso in coordinate polari, ovvero attraverso modulo e fase, nel caso precedente, con rottura spontanea, la componente modulo aveva massa non nulla mentre quella fase rimaneva a massa nulla. L’invarianza di gauge rende non fisica quest’ultima componente, in quanto punto per punto dello spazio-tempo essa può essere riassorbita dall’invarianza del campo di gauge. Il grado di libertà a massa nulla sembra scomparire, ma riappare sotto altra forma. Come detto quando si è parlato delle contraddizioni riguardanti le interazioni deboli, i mediatori di gauge sono di norma a massa nulla, a garanzia della simmetria di cui godono, e questo si riflette nel fatto che non esiste un sistema di riferimento in cui si trovino a riposo. Ne consegue che le uniche componenti del momento angolare intrinseco definibile per il campo di gauge siano quelle lungo la direzione del suo moto, parallele oppure antiparallele a esso. Si può in modo equivalente dire che la polarizzazione del campo di gauge, e quindi nel nostro esempio le direzioni del campo elettrico e magnetico, sia ortogonale alla direzione di propagazione del campo. Nel caso di rottura spontanea della simmetria però, la propagazione del campo di gauge nel vuoto ‘riempito’ dal campo scalare di fondo genera una massa dovuta all’interazione con questo. Come esempio di confronto si consideri il forte appesantimento che si prova nella corsa se questa si effettua sulla sabbia piuttosto che su un terreno duro ed elastico. La massa del campo di gauge è dovuta a una proprietà del vuoto anomalo del campo scalare. Tale massa restituisce il grado di libertà mancante, quello del bosone di Goldstone, sotto la forma di polarizzazione longitudinale, ossia lungo la direzione del moto, del campo elettromagnetico.
Il valore di vuoto del campo scalare rende massivo il campo elettromagnetico senza romperne le proprietà di simmetria. Questo fenomeno è detto di Higgs, ed è l’evoluzione del fenomeno di Goldstone in presenza di un campo di gauge. Riconcilia invarianza di gauge e mediatori di gauge con massa, al prezzo di una nuova interazione nascosta, quella con il campo scalare.
La superconduttività e il fenomeno di Higgs
La natura spesso utilizza gli stessi principi in contesti diversi. Una delle proprietà più sorprendenti della materia condensata è quella della superconduttività, grazie alla quale correnti elettriche circolano in un superconduttore senza incontrare alcuna resistenza. Inoltre, un materiale superconduttore ‘espelle’ il campo magnetico, che ne può penetrare solamente alcuni strati sottili alla superficie; ciò contraddice il comportamento usuale del campo elettromagnetico, che si propaga nello spazio senza attenuarsi e la cui influenza è a lungo raggio, come conseguenza della massa nulla dei suoi mediatori, i fotoni. È come se nel mezzo speciale costituito dal superconduttore il campo acquistasse una massa che ne definisce la distanza tipica alla quale può far sentire i suoi effetti. Ciò è opera del meccanismo di Higgs, e la massa al campo elettromagnetico (l’inverso della lunghezza di penetrazione, detta di London) è fornita, come nell’esempio sopra descritto, dall’interazione con un campo scalare di vuoto. In realtà, nel superconduttore non ci sono campi scalari, ma soltanto gli elettroni e i nuclei degli atomi. Seguendo l’interpretazione BCS, che nel 1972 ha valso il premio Nobel per la fisica ai suoi ideatori, John Bardeen, Leon N. Cooper e John R. Schrieffer, il campo scalare si ottiene accoppiando a due a due gli elettroni per formare stati legati di spin intero, ovvero bosoni, le cui interazioni possono essere descritte per il tramite di campi scalari. Si tratta quindi di un campo scalare efficace, come viene detto tra i teorici, ovvero di una descrizione del fenomeno mediante un modello, quello di un campo scalare con la rottura della simmetria, che ne catturi il meccanismo di base.
Se ne deducono due conclusioni: la prima è che il fenomeno di Higgs viene davvero utilizzato dalla natura, almeno nel caso più semplice dell’interazione con un campo elettromagnetico; la seconda è che il campo di Higgs non è in questo caso un campo fondamentale, una nuova particella elementare, ma semplicemente un modo per descrivere il comportamento delle coppie di elettroni che lo compongono. Come vedremo descrivendo il Modello Standard, tra le sue questioni aperte quella dell’elementarietà del campo di Higgs occupa una posizione importante.
La libertà asintotica
Il secondo elemento di vasta portata concettuale che caratterizza il Modello Standard è quello della libertà asintotica delle teorie di gauge. Per comprenderlo è necessario un piccolo excursus sugli effetti delle cosiddette correzioni quantistiche alle teorie di campo classiche. Tutti gli effetti quantistici sono legati alla piccolezza della costante di Planck, che relega gli effetti della nuova meccanica al mondo degli atomi, mentre la nostra vita quotidiana rimane governata dalle intuitive leggi della meccanica di Newton. Nella descrizione suggestiva e moderna della nuova meccanica, dovuta al fisico statunitense Richard P. Feynman, le traiettorie classiche delle particelle perdono la loro identità per percorsi e momenti della quantità di moto sufficientemente piccoli, lasciando fluttuare il movimento delle particelle intorno alla loro traiettoria classica. Con la perdita della nozione di traiettorie definite, crolla il mondo deterministico della meccanica newtoniana, rimpiazzato dalle nozioni probabilistiche tipiche della meccanica quantistica. Persino la conservazione dell’energia, tabù della meccanica classica, è infranta per tempi sufficientemente piccoli da essere coperti dall’incertezza del principio d’indeterminazione. Nel mondo quantistico i campi possono fluttuare, dando vita, per tempi infinitesimi, a configurazioni che non sarebbero permesse classicamente. Possono persino dar vita a campi di particelle troppo pesanti per propagarsi liberamente alle energie in gioco. Attraverso gli effetti quantistici si può avere un’anticipazione della fisica a energie maggiori di quelle disponibili. Le fluttuazioni del campo possono anche modificarne le interazioni, in particolare le costanti che ne regolano l’intensità.
Per i campi di gauge il risultato dipende dal fatto che tale campo sia autointeragente o meno. Il campo elettromagnetico, se privo di carica elettrica, non può interagire con sé stesso: le fluttuazioni quantistiche sono dovute soltanto alla possibilità di oscillare in coppie di particelle cariche, per es. elettrone-positrone, o coppie di partner di carica opposta più pesanti. In questo caso, se si avvicina una carica, diciamo positiva, essa polarizzerà la coppia nata dalla fluttuazione del campo, attraendo quella di carica opposta e respingendo quella di carica eguale. Tale polarizzazione farà sperimentare alla carica la forza di un campo più forte di quello classico. Ciò si esprime con una correzione, al rialzo, del valore della carica elettrica dovuto agli effetti quantistici. Quanto più elevata è l’energia della carica-sonda tanto più marcato è l’effetto, e la forza della carica elettrica diventa sempre più intensa.
Esistono però campi di gauge che possono autointeragire, quando la simmetria di gauge si appoggia su un gruppo di trasformazioni meno banale di quello costituito dalle rotazioni in un piano. In questo caso, nella fluttuazione va inclusa anche la generazione dello stesso campo di gauge. Se, per es., consideriamo una particella-campo di gauge, essa, oltre alle coppie di campi di materia-antimateria (gli elettroni e i positroni del caso precedente), potrà generare coppie di particelle-campo di gauge. È come se il campo di gauge si diluisse, diminuendo progressivamente la forza della sua interazione. In questo caso, detto non abeliano dalla proprietà del gruppo di simmetria, la costante diminuisce con l’aumentare delle energie in gioco, che accentua sempre più il meccanismo di diluizione. Tale proprietà viene detta di libertà asintotica, poiché conduce a forze sempre più deboli fino alla loro scomparsa, in un regime di teoria ‘libera’ dalle interazioni.
Grazie a questa proprietà, le teorie con interazioni forti a energie relativamente basse possono presentare caratteristiche assai diverse a energie elevate: in particolare, le interazioni forti, responsabili delle forze nucleari, alle alte energie possono avvicinarsi a quelle elettromagnetiche o deboli.
Il Modello Standard e le sue attese
Nel Modello Standard delle interazioni forti ed elettrodeboli trovano applicazione i concetti di rottura spontanea della simmetria e della libertà asintotica. Senza ripercorrere la storia degli esperimenti che hanno portato alla validazione della teoria, ne verrà data una sintetica descrizione, mettendo in evidenza le domande che essa lascia senza risposta.
Le particelle di materia fondamentali si caratterizzano per il tipo d’interazione alle quali sono sottoposte, fermo restando che le interazioni gravitazionali, la cui forza dipende dalla massa/energia delle particelle, vengono scambiate tra tutte le particelle esistenti.
I più ricchi di interazioni sono i quark, mattoni base della materia nucleare, la quale risente, oltre che delle interazioni forti, anche di quelle elettromagnetiche e di quelle deboli. Il Modello Standard sistema le sei specie di quark di cui si ha evidenza sperimentale in tre gruppi, in ciascuno dei quali i quark sono organizzati in doppietti, ovvero in una rappresentazione fondamentale di dimensione due del gruppo delle interazioni elettrodeboli SU(2)×U(1). Le interazioni forti sentono il colore dei quark, caratteristica che prevede che per ogni specie ne esistano tre versioni (colori) differenti, corrispondenti alla dimensione della rappresentazione fondamentale del gruppo di simmetria che governa le interazioni forti SU(3). Riassumendo, esistono complessivamente 18 quark: tre doppietti replicati ciascuno in tre colori. Le particelle di radiazione che scambiano le interazioni forti sono, come detto, i gluoni, ovvero una sorta di colla del legame indissolubile che vincola le particelle colorate all’interno di un sistema composto nel quale il colore complessivo viene ‘neutralizzato’, come se le cariche elettriche si dovessero legare per formare solo stati elettricamente neutri. Questa proprietà viene detta di confinamento: non si conosce una descrizione analitica esatta di tale fenomeno, tuttavia simulazioni numeriche basate sulle equazioni fondamentali permettono di calcolare correttamente le proprietà degli stati legati di colore, validando l’ipotesi di confinamento e chiarendone l’origine. Essa viene attribuita al tipo, non abeliano, della simmetria di gauge delle interazioni forti, fondata, come detto in precedenza, sul gruppo unitario SU(3).
Per le interazioni elettrodeboli, basate anch’esse per una parte su un gruppo di simmetria non abeliano, SU(2), la rottura spontanea della simmetria, ossia l’accoppiamento con i campi scalari responsabili del meccanismo di Higgs, dota i campi di radiazione di una massa e impedisce loro quelle interazioni non lineari a lungo raggio che nelle interazioni forti generano il confinamento.
Oltre ai quark esistono i leptoni, particelle sprovviste di colore e, quindi, sensibili soltanto alle interazioni elettrodeboli. Anch’esse sono organizzate in tre doppietti, ciascuno dei quali contiene due specie, un leptone con carica elettrica e uno senza, per un totale di sei specie. I leptoni vengono quindi organizzati in uno schema che fa da specchio a quello dei quark, con la differenza che questi ultimi vengono ulteriormente replicati dal colore. All’insieme formato da un doppietto di quark e di leptoni viene dato il nome di famiglia. Esistono quindi tre famiglie di particelle elementari fermioniche. L’affinità che caratterizza l’appartenenza a una stessa famiglia è il valore della massa delle particelle che vi compaiono. Le tre famiglie rappresentano tre insiemi di particelle con massa crescente, ma identiche proprietà.
I leptoni a carica elettrica nulla dei doppietti vengono chiamati neutrini, quelli carichi elettrone, muone e tau. I quark con carica di segno opposto e valore due terzi rispetto a quella dell’elettrone sono detti up, charm e top, mentre quelli con carica di segno eguale e valore un terzo sono detti down, strange e bottom. La materia che ci circonda attinge alle specie della prima famiglia: gli elettroni sono negli atomi e i quark up e down sono i mattoni dei nuclei al centro degli atomi.
La specie delle particelle viene denominata flavour («sapore»). La corrispondenza tra leptoni e quark all’interno di una stessa famiglia rende la teoria immune dalle cosiddette anomalie quantistiche, ossia le correzioni alla propagazione delle particelle di radiazione indotte dalla produzione di coppie di particelle-antiparticelle di materia, che possono inficiarne la consistenza. La replica in famiglie delle particelle rimane invece tuttora inspiegata.
Le interazioni elettrodeboli sono basate sul gruppo di simmetria SU(2)×U(1), che conta complessivamente quattro particelle di radiazione da mettere in corrispondenza con il fotone di massa nulla, e i tre bosoni massicci responsabili delle interazioni deboli. L’attribuzione dipende dal meccanismo di rottura spontanea e dal fenomeno di Higgs che ne consegue. Questo viene realizzato introducendo campi scalari fondamentali nella teoria, in particolare un doppietto di campi scalari complessi, uno di carica positiva e uno di carica nulla, appartenente anch’esso alla rappresentazione fondamentale di dimensione due del gruppo SU(2). Lo stato di minima energia del potenziale che lo governa si realizza per un valore costante e non nullo della componente neutra del doppietto, rompendo così la simmetria di gauge e dando luogo al meccanismo di Higgs. Dei quattro campi scalari reali del doppietto, tre vengono tramutati nei gradi di libertà delle polarizzazioni longitudinali dei bosoni delle interazioni deboli, detti W+, W− e Z. L’elettrodinamica rimane una teoria governata da un fotone a massa nulla, in quanto lo stato di minima energia del campo scalare è neutro, e non rompe la simmetria che dà luogo alla conservazione della carica elettrica. Tuttavia, il fotone che ne risulta è in generale una miscela di campi di radiazione neutri, mentre il bosone Z ne è la miscela ortogonale e indipendente.
Nella rottura spontanea del gruppo di simmetria SU(2)×U(1) rimane perciò un sottogruppo intatto, un U(1) miscela dei gruppi originali, e di conseguenza un campo scalare non reinterpretabile come grado di polarizzazione longitudinale, bensì come particella elementare scalare neutra. Si tratta del bosone di Higgs.
Il bosone di Higgs
Il bosone di Higgs non è stato ancora trovato alle energie esplorate. La sua massa dipende dalle forze (dette scalari) con cui le particelle autointeragiscono, che rappresentano una vera e propria nuova interazione, oltre alle quattro ampiamente soggette a studi e verifiche sperimentali. Nonostante si tratti di una particella di massa troppo elevata per essere stata prodotta negli esperimenti conclusi, oppure in fase di conclusione, essa ha potuto influenzare le proprietà d’interazione delle particelle attraverso le fluttuazioni quantistiche che le permettono di giocare un ruolo in virtù del principio di indeterminazione. Lo studio accurato delle cosiddette correzioni radiative, ossia le fluttuazioni quantistiche, sviluppato con estrema precisione presso l’acceleratore a elettroni e positroni LEP (Large Electron-Positron collider) di Ginevra nell’ultima decade del secolo scorso, ha dato indicazioni sulla presenza del bosone di Higgs, restringendo il campo dei valori possibili per la sua massa a una zona di prossima esplorazione. Le ricerche dirette ne hanno escluso la presenza fino a valori che sono circa il 30% maggiori di quello della massa del bosone debole Z. Senza l’osservazione del bosone di Higgs, la nostra comprensione del mondo delle particelle elementari rimane manchevole di uno dei suoi tasselli cruciali, l’unico a dipendere dalle forze scalari.
Tali forze sono, tuttavia, le sole a non derivare da una simmetria di gauge, e questo fa nascere degli interrogativi sulla loro reale esistenza o sulla loro effettiva funzione d’interazione che descrive stati legati di particelle elementari soggette a interazioni di gauge. Per es., nelle interazioni nucleari particelle pseudoscalari composte di quark e antiquark si relazionano con interazioni che costituiscono il residuo di quelle di colore schermate all’interno dello stato legato. Anche in elettrodinamica, gli atomi, nei quali la carica elettrica è esattamente compensata, hanno interazioni reciproche residue, le forze di van der Waals. Le forze scalari potrebbero essere le forze di van der Waals di nuove e sconosciute interazioni di gauge.
Dal punto di vista teorico, le interazioni non abeliane sono le uniche a godere della libertà asintotica: questa rende la forza delle interazioni ad altissime energie sostanzialmente simile a quella di bassa energia. L’opposto si produce nelle autointerazioni scalari, nelle quali la forza delle interazioni aumenta e non diminuisce con l’aumentare dell’energia, dipendendo criticamente dal valore delle interazioni di bassa energia. Il fisico Lev D. Landau già negli anni Cinquanta del secolo scorso aveva notato che questo comportamento, per l’elettrodinamica, poteva comportare una divergenza della forza delle interazioni a un valore di energia finito sebbene alto, rendendo la teoria inconsistente a energie maggiori. L’energia critica dipende dal valore della forza di bassa energia e cresce con il diminuire di questo valore: una consistenza della teoria con qualunque energia si recupera solo con valori nulli della forza a bassa energia. Il settore scalare presenta l’anomalia della divergenza di Landau e viene detto banale: si tratta quindi di una descrizione che a energie estremamente elevate deve comportare una modifica. Il valore dell’energia critica si traduce in un valore limite per la massa del bosone di Higgs: la sua misurazione potrebbe dare utili indicazioni per la ricerca di quell’energia alla quale ci si attende inevitabilmente un cambiamento nella descrizione attuale delle interazioni fondamentali.
Un ulteriore elemento che apre a nuovi scenari è l’influenza delle correzioni dovute alle fluttuazioni quantistiche sulla massa del bosone di Higgs: a differenza di ciò che avviene per le particelle ordinarie di materia, quelle fermioniche, senza particolari meccanismi di cancellazione esse soverchiano in modo innaturale di numerosi ordini di grandezza i valori ottenuti classicamente. Tali cancellazioni innaturali sono conosciute come il problema della gerarchia, e trovano soluzione soltanto richiedendo un meccanismo che fa intervenire una simmetria non ancora riscontrata in natura, la supersimmetria, secondo la quale i gradi di libertà (i vari stati di carica o di spin delle particelle) fermionici e bosonici sono collegati da un’operazione di scambio bosone-fermione. Da questa discende che ogni fermione noto deve avere un compagno coinvolto dalla supersimmetria: è la presenza di questi partner supersimmetrici a realizzare le cancellazioni in modo ‘naturale’, ossia grazie a un principio di simmetria. La supersimmetria però in natura è rotta, poiché i partner supersimmetrici non sono degeneri in massa con i propri compagni. La rottura della simmetria di gauge elettrodebole trova una semplice descrizione in una teoria nella quale essa viene indotta dalla rottura della supersimmetria: la scala di energia del bosone di Higgs viene quindi legata a quella della massa dei partner supersimmetrici.
Se l’osservazione del bosone di Higgs rappresenta il coronamento dell’attuale quadro interpretativo delle particelle elementari, essa solleva al contempo molti interrogativi, ciascuno dei quali allude a un’estensione del Modello Standard che comprenda nuovi fenomeni.
L’unificazione delle interazioni fondamentali
L’ipotesi che le interazioni fondamentali, attualmente divise in elettrodeboli e forti, possano considerarsi unificate in un’unica interazione, è basata su un gruppo di simmetria che contenga oltre agli attuali mediatori delle interazioni anche mediatori misti in grado, per es., di far transire un leptone in un quark. Vari scenari sono stati proposti, in alcuni dei quali, per es. il gruppo SU(5), si trova una spiegazione naturale anche dello strano frazionamento della carica dell’elettrone per i quark. L’unificazione delle interazioni prevede che, a un’energia sufficientemente elevata, tutte le forze diventino un’unica forza. Attualmente le varie forze, in virtù della libertà asintotica di alcune di esse e della patologia di Landau per altre, variano con l’aumentare dell’energia convergendo verso valori comuni. Affinché le tre forze, elettromagnetica, debole e forte, convergano allo stesso punto in un’unica energia, è necessario che le particelle che influenzano le correzioni quantistiche e che ancora non sono state scoperte siano dosate in modo opportuno sia per quanto riguarda il loro numero sia per il valore della loro massa. Nella versione più semplice della supersimmetria ciò accade, e questo successo viene considerato, assieme alla soluzione del problema della gerarchia, l’indizio più forte a favore della realizzazione di tale nuova simmetria. L’unificazione prevede come effetto più interessante l’instabilità della materia nucleare e, in particolare, del protone.
La gravità, a parte la formulazione classica, rappresenta un problema tuttora irrisolto. La sua forza è la più debole tra le quattro interazioni, ma anch’essa aumenta con l’energia fino a diventare ‘forte’ alle energie di Planck, ossia circa 19 ordini di grandezza maggiori dell’energia di riposo del protone. Se questa energia così remota può indurre ad accantonare la comprensione della gravità al di là della nota trattazione dovuta a Einstein, tuttavia la gravità pone un problema teorico notevole dal momento che risulta incompatibile con la procedura di quantizzazione usuale, dando luogo a divergenze che privano la teoria di qualunque potere predittivo.
L’unificazione di tutte le interazioni, inclusa la gravità, impone un superamento della teoria di campo, introducendo il concetto di stringa elementare che, sostituendo quello di campo definito in ogni punto dello spazio-tempo, elimina i problemi legati alla definizione della teoria a distanze infinitesime, ossia ad altissime energie. In particolare, invece, un oggetto esteso, come componente elementare, diluisce la distanza d’interazione sulla sua estensione rendendo compatibile anche la quantizzazione della gravità. Le teorie di campo appaiono come modi di vibrazione della stringa e la sua tensione definisce quali teorie di campo, ovvero di particelle, sono presenti a ‘bassa energia’.
Il sapore e il bosone di Higgs
Oltre a conciliare l’invarianza di gauge con l’esistenza di mediatori di gauge dotati di massa non nulla, il meccanismo di Higgs assolve a un’altra funzione essenziale per ottenere una descrizione dello spettro delle particelle conosciute: quella di fornire il meccanismo attraverso il quale le particelle acquisiscono una massa. Di nuovo, è la propagazione delle particelle nel ‘vuoto’ non banale generato dal potenziale di Higgs che fornisce a esse una massa proporzionale alle forze con cui le particelle scalari interagiscono con ciascuna delle particelle note. Si tratta anche qui di interazioni fondamentali, dette di Yukawa. Riassumendo, le particelle scalari generano una massa per il bosone di Higgs attraverso la forza di autointerazione, per i campi di gauge attraverso le forze delle interazioni di gauge e per tutte le particelle di materia attraverso forze ‘su misura’ per ogni particella. Il sapore, che diversifica le particelle, ha origine nelle interazioni di Yukawa delle particelle scalari con quelle ordinarie. Questo meccanismo è l’unico compatibile con la simmetria delle interazioni elettrodeboli, che impedisce di attribuire una massa alle particelle senza essere violata.
Le interazioni di Yukawa possono anche creare termini di transizione tra particelle di diverso sapore formando una matrice nello spazio del sapore che, una volta resa diagonale ridefinendo appropriatamente combinazioni di particelle, definisce i valori delle masse fisiche. Questo riarrangiamento delle particelle negli stati che hanno massa definita produce di riflesso un mescolamento tra le particelle, tra le quali le interazioni deboli possono operare una transizione. Un elemento superiore del doppietto della prima famiglia dei quark può di conseguenza transire non solo nell’elemento inferiore corrispondente, ma in uno qualunque degli elementi inferiori delle altre famiglie, con ampiezze di probabilità quantificate da angoli di mescolamento.
A questi angoli è affidata la spiegazione della rottura della simmetria per coniugazione di carica (C), che scambia particelle con antiparticelle, e di parità (P), che inverte gli assi spaziali riflettendoli come in uno specchio tridimensionale. Dalla violazione del prodotto CP dipende l’esistenza della lievissima asimmetria tra materia e antimateria che, nell’evoluzione dell’Universo, ha consentito a un residuo di materia in eccesso di sopravvivere all’annichilazione con la corrispondente antimateria, permettendo così al nostro mondo di esistere.
Nuovamente, gli scalari e le loro forze giocano un ruolo chiave, sebbene al prezzo di abbandonare l’elegante universalità delle interazioni di gauge per la variegata e copiosa fauna di interazioni di Yukawa.
Una nuova era
Il 21° sec. si presenta con l’entrata in funzione del più importante acceleratore mai costruito prima, il Large hadron collider (LHC) del CERN di Ginevra, che, grazie alle energie raggiunte, dovrebbe produrre il bosone di Higgs, chiarendone le varie proprietà e, soprattutto, l’elementarietà.
Le interazioni elettrodeboli potrebbero affondare le loro radici nella supersimmetria, che le avrebbe generate inducendo la rottura spontanea della simmetria di gauge che le governa. In questo caso, la sperimentazione nel nuovo acceleratore dovrebbe essere popolata da una pletora di nuove particelle, tutte partner supersimmetrici di quelle che già conosciamo. Tra esse, la più leggera sarebbe stabile se protetta dal suo decadimento dalla simmetria R parità, la quale sancisce che una particella partner debba forzatamente transire in un altro partner nei suoi decadimenti. Ciò ne farebbe un candidato ideale da includere nella cosiddetta materia oscura, che le osservazioni cosmologiche hanno evidenziato non essere composta dalle particelle a noi note.
Le stringhe, invocate come teoria ultima madre di tutte le teorie di campo, potrebbero manifestare effetti già nel nuovo acceleratore, rivelando l’esistenza, oltre a quelle conosciute, di nuove dimensioni, nelle quali le particelle prodotte nelle interazioni dell’acceleratore potrebbero scomparire.
Il nuovo acceleratore si presenta come il più carico di promesse tra quelli costruiti finora, ma segna anche l’ingresso in un’epoca di strategie globali che la fisica in questo settore sta intraprendendo per far fronte a investimenti economici e sul personale sempre più ingenti. Nel nuovo acceleratore condurranno esperimenti non soltanto le comunità scientifiche degli Stati europei membri del CERN, ma anche quelle degli Stati Uniti, della Federazione Russa, del Giappone, dell’India, di Israele, della Cina, della Corea del Sud, in un’impresa di ricerca mai tentata prima e unita da un linguaggio scientifico comune.
Se pure gli impegni economici risultano rilevanti, lo sono però anche le ricadute nel settore dello sviluppo degli acceleratori, dell’informatica e del middleware (che realizza sempre nuovi protocolli di comunicazione e di condivisione di data-base e di risorse di calcolo), delle tecnologie legate alla superconduttività, dell’elettronica veloce.
Il prossimo decennio potrebbe radicalmente mutare la nostra comprensione delle particelle elementari o, invece, confermare, con la scoperta del bosone di Higgs, l’architettura finale del Modello Standard. Numerose sono le indicazioni che giungono in tal senso, spesso basate su criteri quasi estetici, quali l’eleganza. Una nuova era potrebbe succedere a quella delle particelle elementari, nella quale potremmo non solamente arricchire l’elenco di quelle esistenti, ma forse iniziare ad avere le prime osservazioni sperimentali che relegherebbero il concetto di particella al passato, abbandonando l’identificazione di elementare con puntiforme.
Bibliografia
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