Le nuove discipline dei servizi pubblici
Nella materia dei servizi pubblici si registra una costante attenzione delle istituzioni comunitarie. Sul piano nazionale si segnala la scelta del legislatore italiano di consolidare la regolazione attribuendo le relative competenze ad apposite Autorità ma anche una persistente incertezza sulla disciplina dei servizi pubblici locali (nonostante gli sforzi del legislatore).
Le novità intervenute e da registrare riguardano gli atti europei, le nuove norme nazionali e le posizioni della giurisprudenza sui servizi pubblici.
1.1 I servizi di interesse generale negli atti comunitari
La locuzione «servizi pubblici» e l’istituto giuridico che essa identifica sono tipici dell’ordinamento italiano ed oggetto di ripetuti approfondimenti e di un dibattito non ancora pervenuto a risultati stabili1. Nel diritto comunitario, viene impiegata la più ampia locuzione «servizi di interesse generale»2; in particolare, le istituzioni europee, muovendo dall’art. 14 del TFUE3 hanno formulato i seguenti concetti base, ricavabili soprattutto dalle comunicazioni della Commissione:
Servizi di interesse generale (SIG): i SIG sono servizi che le Autorità pubbliche degli Stati membri considerano di interesse generale e pertanto sono oggetto di specifici obblighi di servizio pubblico (OSP). Il termine riguarda sia le attività economiche che i servizi non economici. Questi ultimi non sono soggetti ad una normativa UE specifica né alle norme del Trattato in materia di mercato interno e concorrenza.
Servizi di interesse economico generale (SIEG): i SIEG sono attività economiche i cui risultati contribuiscono all’interesse pubblico generale e che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento statale o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di qualità, sicurezza, accessibilità economica, parità di trattamento o accesso universale.
Servizi sociali di interesse generale (SSIG): comprendono i regimi di sicurezza sociale che coprono i rischi fondamentali dell’esistenza e una gamma di altri servizi essenziali forniti direttamente al cittadino con un ruolo preventivo e di coesione/inclusione sociale.
Obbligo di servizio universale (OSU): gli OSU sono un tipo di OSP con i quali si stabiliscono le condizioni per assicurare che taluni servizi vengano messi a disposizioni di tutti i consumatori e utenti di uno Stato membro, a prescindere dalla loro localizzazione geografica, a un determinato livello di qualità e, tenendo conto delle circostanze nazionali, ad un prezzo abbordabile. La definizione di OSU specifici è stabilita a livello europeo come componente essenziale della liberalizzazione del mercato nel settore dei servizi, quali le telecomunicazioni, i servizi postali e i trasporti.
Servizio pubblico: a livello europeo si ritiene che questa locuzione presenti ambiguità. Pertanto, si ritiene preferibile utilizzare la terminologia “servizio di interesse generale” e “servizio di interesse economico generale”, che peraltro ricomprendono il servizio pubblico in senso proprio.
Da segnalare la Comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale 2012/C 8/02 dell’11.1.2012. Taluni SIEG possono essere forniti da imprese pubbliche o private senza ricevere un sostegno finanziario specifico dalle Autorità degli Stati membri; altri servizi possono invece essere prestati solo se le Autorità offrono una compensazione finanziaria al gestore. In assenza di norme specifiche dell’Unione, gli Stati membri hanno in genere la facoltà di determinare le modalità di organizzazione e di finanziamento dei loro SIEG. In relazione a ciò, la Comunicazione delinea le condizioni da rispettare affinché le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non costituiscano aiuti di Stato.
É poi in corso l’esame della nuova proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti di concessione del 20.12.2011 - COM (2011)897 def. Si disciplinano i presupposti e le procedure per le concessioni di servizi e i limiti in cui sono ammesse le gestioni in house providing. Nulla si prevede per il modello del partenariato pubblico privato (società miste), lasciando dunque aperto il problema della identità o meno di regime rispetto alle concessioni.
1.2 La regolazione del servizio idrico e dei servizi di trasporto
Tra le misure nazionali per assicurare la crescita e la stabilizzazione si annoverano norme che implementano la regolazione di alcuni servizi pubblici, in precedenza non ancora sottoposti a tale sistema. Con il d.l. 6.12.2011, n. 201 conv. in l. 22.12.2011, n. 214 sono state attribuite all’Autorità per l’energia elettrica e il gas anche le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici (art. 21, co. 19 ss.); il d.P.C.m. 20.7.2012 ha poi puntualmente individuato le funzioni spettanti a tale Autorità nella nuova materia. Con il medesimo d.l. è stata istituita l’Autorità di regolazione dei trasporti (art. 37)4.
Le Autorità operano secondo i principi della l. 14.11.1995, n. 481 e dunque hanno la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza dei servizi di pubblica utilità, nonché adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo. Nelle due materie sopra indicate, posto che si tratta per lo più di servizi pubblici locali, sarà peraltro necessario che si addivenga ad intese ai sensi dell’art. 8, co. 6, l. 5.6.2003, n. 131, dirette a favorire tra Stato, Regioni ed enti locali l’armonizzazione delle due legislazioni e il raggiungimento di posizioni unitarie così come il conseguimento di obiettivi comuni.
1.3 La giurisprudenza sulla nozione di servizio pubblico
Molto rilevante risulta la recente affermazione rinvenibile in Cons. St., sez. VI, 12.10.2012, n. 5268: il servizio pubblico consiste in una attività, che viene svolta al ricorrere di determinati presupposti di fatto, disciplinata da fonti di rango primario, che è svolta (anche) a favore di una collettività indeterminata di beneficiari, mira al perseguimento di un interesse pubblico e, infine, consiste in attività produttiva e di rilievo economico. Dunque, per identificare giuridicamente un servizio pubblico, non è indispensabile, a livello soggettivo, la natura pubblica del gestore, mentre è necessaria la vigenza di una norma legislativa che, alternativamente, ne preveda l’obbligatoria istituzione e la relativa disciplina oppure che ne rimetta l’istituzione e l’organizzazione all’Amministrazione. Oltre alla natura pubblica delle regole che presiedono allo svolgimento delle attività di servizio pubblico e alla doverosità del loro esercizio – sempre secondo la citata giurisprudenza – è necessario (nella prospettiva di un’accezione oggettiva della nozione) che le suddette attività presentino un carattere economico e produttivo (e solo eventualmente costituiscano anche esercizio di funzioni amministrative), e che le utilità da esse derivanti siano dirette a vantaggio di una collettività, più o meno ampia, di utenti (in caso di servizi divisibili) o comunque di terzi beneficiari (in caso di servizi indivisibili). Nemmeno la circostanza che per le attività in esame non sia prevista l’erogazione di un corrispettivo da parte dei beneficiari viene ritenuta idonea a inficiare i connotati dell’attività quale attività di servizio pubblico, in quanto la previsione di un corrispettivo (così come di un profitto del gestore del servizio) non è essenziale sul piano della qualificazione giuridica delle attività5 .
Si può rilevare che questa posizione del giudice amministrativo presenta coerenti assonanze con la giurisprudenza europea: i SIEG devono possedere un «carattere specifico rispetto a quello di altre attività della vita economica»6; essi si connotano per la rispondenza ad interessi non meramente individuali e per la capacità, in quanto tali, di concorrere al perseguimento di obiettivi di coesione sociale e territoriale, di talché è essenziale che la loro esplicazione sia oggetto di un incarico da parte di Autorità pubbliche, in modo che la stessa si conformi ad alti livelli di qualità, sicurezza ed accessibilità. Pertanto, non è co-essenziale alla nozione di cui trattasi che i servizi siano immediatamente rivolti agli utenti: è sufficiente che la loro prestazione risponda finalisticamente a bisogni collettivi della società (cittadini, gruppi sociali, imprese).
Sotto altro profilo, è necessario distinguere i casi in cui ci si trovi di fronte ad una concessione di servizio pubblico da quelli in cui ricorra un semplice appalto di servizio. Secondo C. giust., 10.11.2011, in causa C-348/10, Norma-A SIA, la differenza risiede nel corrispettivo della prestazione. L’appalto di servizi comporta un corrispettivo versato direttamente dall’Amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre, nel caso di concessione di servizi, il corrispettivo della prestazione di servizi consiste nel diritto di gestire il servizio, da solo o accompagnato da un prezzo. Inoltre la concessione di servizi implica che il concessionario si assuma il rischio legato alla gestione; il non avvenuto trasferimento al prestatore del rischio indica che l’operazione rappresenta un appalto pubblico di servizi e non una concessione7. Anche Cons. St., sez. V, 3.5.2012, n. 2531 rileva che nella concessione l’impresa concessionaria eroga le proprie prestazioni al pubblico e, pertanto, assume il rischio della gestione dell’opera o del servizio, in quanto si remunera, almeno per una parte significativa, presso gli utenti mediante la riscossione di un prezzo.
1.4 Il referendum sulla disciplina dei servizi pubblici locali e la sostanziale reiterazione delle norme abrogate
Con sentenza 20.7.2012, n. 199, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del d.l. 13.8.2011, n. 138 conv. in l. 14.9.2011, n. 148 sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni.
In sintesi, si può ricordare che tale art. 4, avente per oggetto tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (con esclusione del servizio idrico integrato, del servizio di distribuzione di gas naturale, del servizio di distribuzione di energia elettrica, della gestione delle farmacie comunali), contemplava – come soluzione da preferire – la liberalizzazione (concorrenza “nel mercato”)8 delle relative attività, con superamento cioè dei regimi di esclusiva nell’affidamento e gestione, mentre consentiva la concorrenza “per il mercato” solo qualora la libera iniziativa economica privata non risulta idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità, a seguito di una verifica da svolgersi (anche sulla base di una analisi di mercato) da parte della Pubblica amministrazione competente per il servizio pubblico. In ogni caso, tale art. 4 poneva forti limitazioni alle gestioni in house dei servizi pubblici locali, escludendole dalle possibili scelte dell’ente territoriale circa l’organizzazione dei propri servizi pubblici9.
Il giudice delle leggi ha rilevato che, l’esito del referendum popolare (12-13.6.2011) sull’art. 23 bis del d.l. 25.6.2008, n. 112 conv. in l. 6.8.2008, n. 133, non è stato considerato dall’art. 4 cit. perché esso ha reintrodotto le disposizioni abrogate, senza modificare né i principi ispiratori della disciplina normativa né i contenuti essenziali dei singoli precetti. Per tale ragione, le norme sono state ritenute in contrasto con il divieto, di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare, desumibile dall’art. 75 Cost.10. Ed infatti, anche in conformità alla propria precedente pronuncia 26.1.2011, n. 24, avente per oggetto l’ammissibilità della consultazione popolare, la Corte ha ricostruito l’intento referendario come non circoscritto al servizio idrico integrato ma ben più ampio e cioè finalizzato ad escludere l’applicazione delle norme dettate dall’art. 23 bis cit., che limitavano – oltre quanto richiesto dal diritto comunitario – le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, il modello di gestione in house.
L’abrogazione e non reviviscenza di varie norme dell’art. 113 del t.u.e.l. e la caducazione dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011, anche nella parte introdotta con le modifiche del 2012 pure se non riproduttive (né formalmente né sostanzialmente) dell’art. 23 bis del d.l. n. 112/2008, hanno determinato alcune non marginali lacune normative. La necessità di rispettare pienamente la sent. C. cost. n. 199/2012 ha così indotto il legislatore a dettare, per ora, solo alcune norme strettamente indispensabili.
2.1 La disciplina dei servizi pubblici locali: le norme rimaste in vigore
La sentenza dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011 e le abrogazioni che erano state già determinate dal pur abrogato art. 23 bis del d.l. n. 112/200811 hanno prodotto un quadro normativo residuo molto segmentato, che si identifica con: i principi comunitari; alcune norme rimaste in vigore nell’art. 113 del t.u.e.l., d.lgs. 18.8.2000, n. 267 e s.m.i.; l’art. 3 bis del d.l. n. 138/2011; l’art. 25, co. 5 e 6 del d.l. 24.1.2012, n. 1 conv. in l. 24.3.2012, n. 27; il nuovo co. 5-bis dell’art. 114 del t.u.e.l., nonché le normative di settore concernenti il servizio idrico integrato, il servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati (d.lgs. 3.4.2006, n. 152 e s.m.i.) ed il trasporto pubblico locale (d.lgs. 19.11.1997, n. 422 e s.m.i.).
Tra le disposizioni ora citate si deve segnalare particolarmente l’art. 3 bis del d.l. n. 138/2011 ove si stabilisce che i servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica devono essere organizzati ed assegnati per ambiti territoriali ottimali che comprendono una pluralità di Comuni. Il legislatore attribuisce alla Regione un ruolo rilevante nella identificazione di tali ambiti territoriali ottimali e nella disciplina dei relativi enti di governo (che dovrebbero avere il carattere di reali forme associative tra enti locali). Il modello organizzativo per ambiti territoriali ottimali è stato applicato anche al servizio pubblico di distribuzione di gas naturale, si sensi dell’art. 46 bis del d.l. 1.10.2007, n. 59 conv. in l. 29.11.2007, n. 222 e conseguenti d.m. 19.1.2011, 4.5.2011, 18.10.2011 e 12.11.2011.
Significative anche le norme per la promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali, introdotte con l’art. 25 del d.l. n. 1/2012. I concessionari e gli affidatari di servizi pubblici locali, a seguito di specifica richiesta, sono tenuti a fornire agli enti locali che decidono di bandire la gara per l’affidamento del relativo servizio i dati concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile di inizio esercizio, secondo parametri di mercato, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra informazione necessaria per definire i bandi. Sono previste sanzioni amministrative.
Infine, l’art. 114, co. 5-bis del t.u.e.l., come recentemente introdotto rende possibile, ancorché non illimitatamente, l’impiego delle aziende speciali per la gestione di servizi pubblici locali.
2.2 (segue) L’art. 34 del d.l. n. 179/2012
Con l’art. 34, co. 13-18 del d.l. 18.10.2012, n. 179 si è gradatamente disposto quanto segue.
Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che da conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste (co. 13).
In relazione agli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del d.l., la relazione prevista al co. 13 deve essere pubblicata entro la data del 31.12.2013. Per gli affidamenti per i quali non è prevista una data di scadenza, gli enti competenti provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell’affidamento, pena la cessazione dell’affidamento medesimo alla data del 31.12.2013 (co. 14).
Gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1.10.2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c., cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, il 31.12.2020 (co. 15).
In conformità al sopra illustrato art. 3 bis del d.l. n. 138/2011, l’affidamento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica è disposto unicamente per ambiti territoriali ottimali con atti dei relativi enti di governo (co. 16). Vengono altresì abrogate anche le più recenti disposizioni che novellavano l’art. 4 del d.l. n. 138/2011 dichiarato incostituzionale (co. 17). Restano peraltro interamente disciplinati dalle relative leggi di settore il servizio pubblico di distribuzione di gas naturale, quello di distribuzione di energia elettrica (che, in realtà, è un servizio nazionale in quanto si svolge in base a concessioni ministeriali), la gestione delle farmacie comunali (co. 18).
Queste nuove disposizioni appaiono significativamente rispettose del giudizio della Corte costituzionale, espresso e ricavabile dalla sopra illustrata recente sentenza: il legislatore statale, almeno nel breve periodo, non può vanificare l’esito del referendum popolare e non può pertanto imporre soluzioni organizzative e forme di gestione dei servizi pubblici locali a prescindere da qualsivoglia valutazione dell’ente locale, oltre che della Regione. Le nuove norme lasciano così all’ente locale la scelta tra i tre modelli, possibili e consentiti dal diritto comunitario: l’affidamento (o concessione) con procedura ad evidenza pubblica; la società mista con socio privato industriale scelto con procedura corrispondente; la società o azienda in house12. Le nuove norme non prevedono più la scadenza anticipata ex lege delle concessioni o affidamenti assegnati con procedure diverse dall’evidenza pubblica, ma è chiaro che qualora i rapporti non siano conformi al diritto comunitario e non si riferiscano a società quotate in borsa e loro controllate (secondo quanto sopra riportato), si porrà il problema della regolarizzazione delle situazioni.
Peraltro, le nuove norme fanno emergere con chiarezza che la scelta della forma di gestione deve essere motivata in maniera non enunciativa. Dunque, conformemente ad una consolidata giurisprudenza13, sarà necessario che la scelta della forma di gestione derivi da un’adeguata ponderazione. Segnatamente, dovrà essere evidenziata la convenienza economica per le finanze dell’ente locale della soluzione prescelta rispetto alle altre possibili; in particolare, sarà necessario che l’ente locale rediga una relazione che confronti i risultati economici prevedibilmente derivanti dalle varie possibili forme di gestione tenendosi conto della qualità del servizio erogato e del diverso grado di efficienza nello svolgimento attraverso l’uno e l’altro strumento, mediante un calcolo dettagliato dei costi e benefici di ciascuno di essi; tutti elementi, questi, che non possono essere illustrati in maniera meramente enunciativa.
La specifica previsione (co. 13 cit.) sulla necessità di definire gli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, con indicazione delle compensazioni economiche se previste, è finalizzata a garantire che non vi siano oneri impropri e che non si dia luogo ad aiuti di Stato non consentiti. Occorre, del resto, ricordare che risulta tuttora vigente l’art. 117 del t.u.e.l., norma di portata generale mirante ad assicurare economicità, efficienza ed efficacia nella gestione dei servizi pubblici locali. In base ad essa, gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione; tra i criteri legislativamente stabiliti per il calcolo della tariffa si annoverano: la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario; l’entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio; l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
Nel regime giuridico dei servizi pubblici locali rimangono peraltro da definire, o sulla base di nuove norme o sulla scorta di non semplici operazioni ricostruttive ed interpretative, una serie di profili che qui di seguito si ricordano nei tratti di maggiore significatività.
Sarà necessario chiarire che, in caso di scadenza di una concessione di servizio pubblico locale ed in attesa di insediare il nuovo gestore a seguito delle pertinenti procedure (che possono essere complesse anche perché da esperire per ambiti sovracomunali), le gestioni in atto proseguono alle medesime condizioni senza che il gestore si penalizzato per tale continuazione.
Si dovrà poi precisare quale è il ruolo del socio privato industriale nella società mista e quale la percentuale minima della sua partecipazione (fermo restando quanto deriva dal principio di proporzionalità); ciò in quanto il co. 12 dell’art. 113 del t.u.e.l. non precisa se esso debba essere il gestore integrale del servizio pubblico o sia sufficiente che svolga una o alcune fasi del servizio stesso. Parimenti, si dovrà puntualizzare il carattere della società mista, se cioè organismo dedicato a quello specifico servizio pubblico per il quale è stata celebrata la gara di selezione del socio privato ed è stato attribuito l’affidamento ovvero se configurabile come figura che può anche concorrere per altre assegnazioni ed operare sul mercato. Occorrerà inoltre precisare, come sembra ragionevole, che socio privato industriale può essere anche una società in mano pubblica (ma senza partecipazioni dell’ente locale socio che affida il servizio) purché essa operi sul mercato e concorra agli affidamenti.
Ancora, si dovrà stabilire quali sono i diritti economici del gestore uscente e gli obblighi del gestore subentrante e dell’ente locale in relazione a reti, impianti e dotazioni relativi al servizio pubblico e necessariamente legati al territorio. Ciò perché non è certo sufficiente né appagante il frammento di norma rimasto in vigore nell’art. 113, co. 9, t.u.e.l.
Si dovrà inoltre determinare se non sussistono più divieti di partecipazione a nuove gare da parte degli affidatari diretti che persistono nelle concessioni14 ovvero se vengono in questione e con quale ampiezza limiti funzionali all’azione di tali soggetti 15. Altresì dovrà essere verificata la portata e le conseguenze delle separazioni societarie attuate in forza dell’art. 8, co. 2-bis e 2-ter, della l. n. 287/1990 in base ai quali le imprese che per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, qualora intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui agiscono, operano mediante società separate, la cui costituzione è soggetta a preventiva comunicazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato; si dovrà cioè chiarire se tale misura è sufficiente a consentire la presenza all’interno di un medesimo gruppo societario di figure che concorrono sul mercato e per il mercato e di soggetti che sono rispondenti al modello in house e/o sono riconducibili all’art. 13 del d.l. 4.7.2006, n. 223, conv. in l. 4.6.2006, n. 248 ovvero all’art. 113, co. 13, del t.u.e.l.
Infine, sarà opportuno non ricadere nell’enfasi opposta a quella che caratterizzava l’art. 23 bis del d.l. n. 112/2008, abrogato con il referendum, e l’originaria versione dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011, dichiarato incostituzionale, e cioè non pervenire a discipline regionali e soluzioni locali che siano troppo diversificate e dunque disomogenee, perché la tutela della concorrenza non deve prevaricare l’autonomia territoriale ma neppure venire da essa dissolta. In sintesi, sarà necessario giungere ad un assetto che abbia come tratto orientante la qualità del servizio pubblico per l’utente, con quanto ne consegue in punto di economicità, efficienza ed efficacia, il che sembra il reale significato dell’art. 14 (e dello stesso art. 106) del TFUE.
1 Cfr. Figorilli, F., I servizi pubblici, in Scoca, F.G., a cura di, Diritto amministrativo, II ed., Torino, 2011, 506 ss; Villata, R., Pubblici servizi, V ed., Milano, 2008; Manes, V., Servizi pubblici e diritto penale, Torino, 2010.
2 Cfr. la Comunicazione della Commissione COM(2011) 900 def. del 20.12.2011, recante «Una disciplina di qualità per i servizi di interesse generale in Europa» (sulla quale v. Giglioni, F., L’interpretazione per differenziazione dei servizi di interesse generale, in Giorn. dir. amm., 2012, 538 ss.). In tema cfr. anche TAR Lombardia, Milano, sez. III, 28.5.2012, n. 1457.
3 L’art. 14 del TFUE, che spesso viene tralasciato nel dibattito sui servizi pubblici, è infatti centrale per comprendere gli stessi artt. 93, 106 e 107 del medesimo trattato. Ciò in relazione a quanto emerge dal Protocollo n. 26 allegato al TFUE.
4 In tema v. Napolitano, G., La rinascita della regolazione per autorità indipendenti, in Giorn. dir. Amm., 2012, 229 ss., nonché Tonoletti, B., L’autorità di regolazione dei trasporti, ivi, 589 ss. e v. inoltre Legnaioli, M., Le prospettive di riforma del governo dei servizi idrico integrato e di gestione integrata dei rifiuti dopo la soppressione delle Autorità d'ambito territoriali, in Foro amm. - Cons. St., 2011, 3315 ss. Per un inquadramento generale sul tema cfr. Longobardi, N., La autorità di regolazione dei mercati nel «tempo della crisi», in Dir. proc. amm., 2012, 41 ss.
5 Cfr. anche, Cons. St., sez. VI, 4.9.2012, n. 4682; Cons. St., sez. V, 3.5.2012, n. 2537; Cons. St., sez. VI, 5.4.2012, n. 2012; C.g.a., 6.10.2010, n. 1266.
6 Cfr. C. giust. CE, 10.12.1991, C-179/90, Merci convenzionali porto di Genova; C. giust., 17.7.1997, in C-242/95, GT-Link; C. giust., 18.6.1998, in C-266/96, Corsica Ferries.
7 Cfr. C. giust. UE, 10.3.2011, C-274/09, Privater Rettungsdienst und Krankentransport Stadler.
8 In tema v. Montedoro, G.-Tretola, L., Le liberalizzazioni dei servizi pubblici locali dopo la nuova “riforma” del decreto “Cresci Italia” 2012, in www.giustamm.it.
9 Recenti contributi della dottrina su vari profili di evoluzione della disciplina dei servizi pubblici locali sono citati nelle note delle pertinenti voci del Libro dell’Anno 2012, Roma, 2012; cfr. inoltre Cintioli, F., Concorrenza, istituzioni e servizio pubblico, Milano, 2010; Della Cananea, G., Per un nuovo assetto delle reti di servizi pubblici, in Munus, 2011, 103 ss.; Ferrari, G.F., Servizi pubblici locali e autorità di regolazione in Europa, Bologna, 2012; Giliberti, B., L'esenzione per le società quotate dal divieto di partecipazione alle gare di servizio pubblico locale alla luce della giurisprudenza comunitaria in tema di rapporti infragruppo, in Foro amm. - Cons. St., 2011, 1399 ss.; Luciani, F., “Pubblico” e “privato” nella gestione dei servizi economici locali in forma societaria, in www.giustamm.it; Marzuoli, C., Gli enti territoriali e la scelta del modello per la gestione dei pubblici servizi locali, in Munus, 2011, 143 ss.; Piperata, G., Il lento incerto cammino dei servizi pubblici locali dalla gestione pubblica al mercato liberalizzato, ibidem, 33 ss.
10 Più esattamente, l’art. 4 cit. era riproduttivo sia dell’art. 23 bis sia del d.P.R. 7.9.2010, n. 168 recante il relativo regolamento di attuazione. La tavola di corrispondenza delle norme, così come riprodotte dal legislatore, si trova in Masetti, D., La nuova (?) disciplina dei servizi pubblici locali dopo il referendum abrogativo del 12-12 giugno 2011, in www.giustamm.it .
11 Infatti, nonostante l’abrogazione referendaria non si è determinata la reviviscenza delle norme abrogate dall’art. 23 bis cit., cfr. C. cost., 26.1.2011, n. 24.
12 Per una rassegna delle regole del diritto europeo applicabili a tali forme di gestione si v. la “Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)” 2008/C 91/02 del 12.4.2008; nonché C. giust. UE, 9.6.2009, in C-480/06, Repubblica Federale di Germania; C. giust. UE, 17.7.2008, in C-347/06, ASM Brescia s.p.a.
13 Cfr. Cons. St., sez. VI, 12.3.1990, n. 374.
14 Per ora formalmente stabilito solo per il servizio pubblico di distribuzione gas: cfr. co. 18, art. 34, d.l. n. 179/2012. Si ricordano le limitazioni già stabilite dal caducato co. 33 dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011.
15 Si v. Calcagnile, M., Principi e norme amministrative sui limiti di azione delle società a partecipazione pubblica locale, in corso di pubblicazione su Foro amm. - TAR, 2012. In giurisprudenza, v. per tutte Cons. St., A.P., 4.8.2011, n. 17.