Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Le enciclopedie medievali assumono le linee guida teoriche dal De Doctrina Christiana di Agostino d’Ippona, mentre il materiale proviene dalla cultura antica soprattutto attraverso Isidoro di Siviglia. Nel XII secolo lo scibile si amplia con le traduzioni dal greco e dall’arabo di numerosi testi mentre alcuni autori iniziano, soprattutto per le scienze naturali e le tecnologie, a far ricorso all’osservazione e all’esperienza. Progetti enciclopedici improntati a nuove metodologie e a nuova visione del sapere vengono proposti da Ruggero Bacone e Raimondo Lullo nel XIII secolo.
Ugo di San Vittore
Sulla filosofia
Epitome in philosophiam
Filosofia significa amore della sapienza: non quell’amore con il quale si amano le cose che si conoscono ma quello con il quale la verità appena balenata si desidera ancora di più. Perciò la filosofia è amore per la sapienza che nasce dal desiderio.
La filosofia si divide innanzitutto in logica, etica, teorica e meccanica.
La prima sezione si divide in grammatica e ratio disserendi. Questa abbraccia la costruzione dell’argomento probabile, necessario e sofistico: queste sono le tre principali parti della logica […].
L’etica si suddivide in tre parti fondamentali: solitaria, privata e pubblica, ossia, per chiamarla con altri nomi, l’etica nel senso specifico, l’economia e la politica o anche la morale e la civile […].
Anche la teorica ha tre parti, la matematica, la fisica, la teologia, le quali si suddividono ulteriormente come vedremo. La meccanica, che è disciplina recentissima ottiene a fatica il suo posto nel quadro della filosofia anche se un tempo veniva relegata fuori perché stimata assai poco. Ma essa si è arricchita di sette discendenze […]. Esse sono: l’arte della lana, l’architettura, la navigazione, l’agricoltura, la caccia, la medicina, l’arte teatrale […].
in M. Fumagalli Beonio Brocchieri, Le enciclopedie dell’occidente medievale, Torino, Loescher, 1981
Ruggero Bacone
Quattro punti sulla sapienza
Compendium studii philosophiae
Riguardo alla sapienza bisogna considerare quattro punti che introduttivamente voglio toccare in modo sintetico e succinto fino a quando una occasione più specifica mi dia modo di approfondirli singolarmente.
Il primo punto da esaminare è quali siano le cause e i motivi per i quali ogni uomo necessariamente avverte che manca di sapienza sia nel campo della speculazione sia nella pratica e nell’uso di questa, nel governo di sé e degli altri.
Il secondo è stabilire che cosa necessario per la pienezza della della sapienza perché la superficialità non tragga in confusione e il corpo della sapienza non languisca mutilato nelle sue parti.
Il terzo punto è fare in modo che colui che si occupa delle cose della sapienza percepisca le vie e i modi con i quali deve compiere la ricerca e portarla a perfezione tanto nella pratica quanto nella teoria. Poiché vi è per tutte le cose un metodo senza il quale ognuna di ese non può raggiungere il fine peculiare.
Il quarto punto è che il ricercatore abbia la capacità di stornare con avvedutezza gli impedimenti alla sapienza e di evitarli efficacemente, dopo averne trovato i rimedi.
[…] Il metodo consiste nel conoscere quello che nell’ordine di una determinata materia viene prima di un altro, prendendo in esame le cose più facili prima di quelle più difficili, le comuni prima delle proprie, le minori prima delle maggiori, affinché l’interesse degli sia rivolto a ciò che è elevato e utile, dato che lo spazio della vita è breve. Questo affinché con certezza, senza dubbi, chiaramente, senza ombre venga trasmessa la sapienza, cosa impossibile a farsi senza l’esperienza. Ora i fattori della conoscenza sono tre: l’autorità, la ragione e l’esperienza.
in M. Fumagalli Beonio Brocchieri, Le enciclopedie dell’occidente medievale, Torino, Loescher, 1981
Alessandro Neckham
Quale sia il potere della murena, lo mostra la murena, la quale, dal canto suo, è ritenuta tra le delizie della tavola. Riferisce Basilio che la murena, dall’acqua, chiama con un dolce sibilo la vipera, persino mentre sta accoppiandosi. Ma che? Forse che la sua prole non ha il gusto della vipera? Aggiungi che i ricchi si cibano più volentieri della murena perché sono costretti a rimediare bevendo poi vino in grande quantità, quasi controvoglia. Anzi, anche non pochi medici si sforzano di dimostrare con ragioni scientifiche che la murena è un cibo sanissimo. Ma ciò facendo sono intelligenti, poiché ritengono che il cattivo sapore per gli altri sia inferiore al vantaggio che ne può derivare. […] Si dice, racconta Isidoro, che la murena sia solo di sesso femminile, e che sia concepita dal serpente. Perciò viene attirata e catturata, tanto dai cacciatori, quanto dal serpente, con un sibilo. È certo che abbia l’anima nella coda. Se infatti la si colpisce sulla testa, a stento la si uccide; se la si colpisce sulla coda, essa muore subito.
in M. Fumagalli Beonio Brocchieri, Le enciclopedie dell’occidente medievale, Torino, Loescher, 1981
Anche nel Medioevo l’enciclopedia si presenta come una serie di conoscenze valutate positivamente e organizzate in una struttura unitaria secondo vari criteri (alfabetico, per argomenti e così via): ancor più della vastità delle notizie esposte (esistono anche enciclopedie settoriali) nella enciclopedia ha rilievo il “punto di vista” sul sapere del passato e il giudizio sullo stato presente delle conoscenze. Nelle enciclopedie medievali, come in altre epoche, si può notare la presenza di due elementi in diverso equilibrio fra loro nei vari autori: 1) lo status quaestionis delle conoscenze esposte e 2) il tentativo di dare un senso allo scibile raccolto presentando implicitamente o esplicitamente un progetto di promozione e finalità del sapere. Adottando questa distinzione, si può utilmente confrontare le enciclopedie medievali sia con opere analoghe di altre epoche (ad esempio con il concetto classico della encyclios paideia o con la Enciclopedia della Età dei Lumi), sia con altre forme di sapere (trattati, quaestiones, summae) della cultura medievale, anche per la tradizione ebraica e islamica.
Nel De Doctrina Christiana di Agostino di Ippona è presente, e rilevante, una prospettiva progettuale che in diversa misura influenzerà altre enciclopedie medievali. Fra alcuni assiomi, importanti per l’organizzazione del sapere, Agostino ne enuncia con chiarezza tre: 1) la pagina della Bibbia è l’unica via per la salvezza e il testo per eccellenza sul quale confrontare il valore di ogni conoscenza; 2) ogni significato è contenuto in modo nascosto e “velato” nelle parole della Bibbia; 3) di conseguenza per comprendere la pagina sacra è necessario adottare il metodo per figuras, congeniale del resto alla tendenza dell’epoca. Secondo Agostino la lettura figurata o allegorica è infatti dopo la Caduta dall’Eden una scelta obbligata per l’uomo divenuto incapace di comprendere intuitivamente la verità: il linguaggio è quindi per l’uomo-viator un impreciso (anche se indispensabile) mezzo di comunicazione, e analogie e similitudini sono gli strumenti fondamentali.
Nel De Doctrina Christiana centrale è l’analogia del “furto sacro” che segnala il rapporto con la cultura pagana: come gli ebrei fuggendo dalla schiavitù degli Egizi sottrassero e portarono con sé le ricchezze dei loro padroni, così i cristiani per costruire la nuova cultura a buon diritto devono sottrarre ai pagani il “tesoro delle arti liberali” insieme ad alcune norme morali e forme istituzionali politiche e sociali necessarie alla convivenza civile.
Manlio Severino Boezio, attraverso le sue traduzioni e i commenti di Aristotele, tramanda agli autori delle enciclopedie un lessico rigoroso insieme alla formulazione precisa di problemi che diventeranno “classici”. Due secoli dopo Isidoro, vescovo di Siviglia (560-636), nei 20 libri delle Etymologiae sive Origines mira a “salvare il sapere antico”, oramai in pericolo, e a renderlo operante nell’istruzione dei prelati e dei funzionari del regno visigoto: le enciclopedie dei secoli successivi si rifaranno ampiamente alla sua trattazione delle arti liberali, del diritto, della medicina, della storia delle lingue, della società e della famiglia, della geografia, delle scienze naturali e delle tecniche. Lo studio etimologico delle parole (che contiene fra alcune inesattezze una buona percentuale di analisi corrette) possiede in Isidoro un valore normativo e uno status ontologico che mira a raggiungere, al di là delle parole, la realtà delle cose. Le Etymologiae conobbero nel Medioevo latino una vastissima diffusione contribuendo alla ricostruzione dello scibile antico in funzione politica e cristiana.
Nel XII secolo, l’età delle scuole cattedrali, la rinascita della società e della cultura segna una svolta anche nella storia delle enciclopedie che si avvalgono di testi nuovi provenienti dagli autori greci e arabi che ritornano in circolazione nell’Occidente latino proponendo nuove prospettive di valutazione.
Nel Didascalicon di Ugo di San Vittore la filosofia, definita la “disciplina che cerca di stabilire le ragioni delle cose umane e divine”, comprende cinque parti, la teologia, la matematica, la pratica o morale, la logica e la meccanica. Novità principali sono, da un lato, la collocazione della teologia che, pur studiando l’oggetto più alto (l’intellectibile, realtà pura separata dalla materia e accessibile solo alla mente), è compresa all’interno della filosofia e coordinata alle altre scienze e, d’altro lato, la valutazione positiva delle arti meccaniche. Le sette arti o scienze “servili”, o “adulterine” o “meccaniche” (lavorazione della lana, architettura di edifici e navi, scienza della navigazione, agricoltura, tecniche della caccia, medicina e tecniche del teatro), erano infatti escluse dalla filosofia o vero sapere sia nella prospettiva platonica, dove si presentavano come copie artificiali delle cose – a loro volta copie naturali della realtà ideale – sia nel pensiero cristiano, che le giudicava semplici “rimedi” alle conseguenze del peccato originale. D’altronde, mentre nella società antica e altomedievale le sette arti “illiberali” erano attività marginali praticate soltanto da uomini non-liberi, il mondo nuovo che si apre nel XII secolo con la suddivisione del lavoro all’interno delle città, porta alla ribalta nuovi mestieri e il progresso delle tecniche necessarie alle nuove forme di vita sociale.
A cominciare dalla fine del secolo XII le cosiddette “piccole enciclopedie”, al contrario delle opere nate nelle scuole (per esempio a Chartres e a San Vittore), sono libri “manuali” destinati a un pubblico più vasto e non specialistico (grandi mercanti, medici, giuristi, diplomatici) e al nuovo ceto cittadino che vuole essere informato sugli argomenti scientifici e morali con testi di agile e rapida consultazione. Ne sono prova l’assenza di ampie digressioni filosofiche e teologiche e, al contrario, la presenza più estesa di temi riguardanti la vita sociale e familiare, la politica e l’economia, anche domestica. Un esempio di questo nuovo genere di manuale enciclopedico è il De rerum proprietatibus di Bartolomeo Anglico che raccoglie e attinge a una pluralità di fonti sia tradizionali che nuove, come la Fisica di Aristotele, senza tuttavia un reale approfondimento e una discussione dei temi. Le sezioni sulla vita familiare e la medicina ebbero nei secoli vita autonoma e furono stampate e citate ancora nel Seicento.
Al secolo XIII appartengono due grandi e complesse enciclopedie di ampia fortuna, ristampate per molti secoli, quella di Vincent de Beauvais precettore dei figli del re di Francia Luigi IX, e i trattati di Alberto Magno famoso maestro universitario e grande conoscitore di Aristotele.
Lo Speculum naturale di Vincent de Beauvais, insieme allo Speculum doctrinale e allo Speculum historiale, rispecchiano la cultura universitaria contemporanea (con citazioni di Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Avicenna e Averroè) e testimoniano l’interesse prevalente dell’autore per la cultura araba. Nello Speculum doctrinale risalta la novità dell’epistemologia di Vincent: la logica perde il primato di “scienza delle scienze” (così la definiva Agostino) e rientra nelle litterae insieme alla grammatica e alla retorica; l’etica si divide in politica, economia e morale; le arti meccaniche sono descritte dall’autore dal vivo tanto che le pagine dedicate al tema restano un vero documento per la storia della tecnica medievale.
L’esposizione delle scienze fatta da Alberto Magno in vari trattati (De vegetalibus et plantis, De mineralibus, De meteoris) supera senz’altro la definizione di enciclopedia e testimonia la statura di auctor del maestro che mirava a commentare e “spiegare ai latini tutto il pensiero di Aristotele” e non a esporre un elenco di nozioni tratte da autori diversi. Nelle scienze naturali, Alberto corregge con l’esperienza e la conoscenza dal vivo alcune descrizioni aristoteliche. Il contesto generale dei trattati è la prospettiva magico-astronomica che proprio attraverso gli scritti di Alberto si diffonde nella cultura dell’epoca (cfr. Dante Alighieri, Divina Commedia, III Canto del Paradiso ). Si tratta di una prospettiva derivata dalla teoria aristotelica dove astrologia e metafisica sono saldate dall’ affermazione della dipendenza del mondo sublunare dal moto dei cieli. Anche per Alberto Magno “tutte le cose naturali o prodotte dall’arte sono in prima istanza mosse dalla virtù celeste”.
L’ampliarsi degli orizzonti culturali, l’aumento delle discipline studiate e dei testi di riferimento insieme ai nuovi interessi dei lettori sono gli aspetti emersi nelle opere di Vincent de Beauvais e Alberto Magno. Sono questi stessi elementi a imprimere al genere enciclopedico una svolta, evidente nell’opera di Ruggero Bacone e di Raimondo Lullo): dall’enciclopedia intesa come raccolta dello scibile dell’epoca si passa all’enciclopedia progetto che prospetta, attraverso una nuova organizzazione del sapere, una riforma della società politica e religiosa.
Nei frammenti del “discorso preliminare” a una enciclopedia mai realizzata (l’Opus maius, l’Opus minus e l’Opus tertium), Bacone, sensibile come molti francescani alle idee millenaristiche, lancia il progetto di un profondo rinnovamento della scienza e dell’ordine politico/religioso. L’inizio è un’opera di demolizione della cultura del tempo, asservita secondo Bacone a un’oramai sterile auctoritas e lontana dalla ricerca attiva, mentre nella “parte costruttiva” sono individuate le discipline indispensabili per il “recupero della verità”: la conoscenza delle lingue – latino, greco, arabo ed ebraico –, la matematica sull’esempio del maestro Roberto di Lincoln il Grossatesta e la scientia experimentalis che si fonda sull’osservazione dei fatti. Il modello di sapere che ne risulta, nuovo nel metodo e nei risultati, è per Bacone l’indispensabile base della riforma della Christianitas.
L’arte “combinatoria”, simbolo dell’unità del sapere e della leggibilità del mondo, segna con forza l’opera vastissima (più di 250 titoli in latino e catalano) di Raimondo Lullo. Centrale l’idea di una clavis universalis insieme logica e metafisica: “la scomposizione dei concetti complessi in nozioni semplici, l’uso di lettere e simboli per indicare le nozioni semplici [...] l’idea di un linguaggio artificiale e perfetto [...] hanno fatto sì che l’ ars combinatoria di Lullo sia stata avvicinata alla logica formale” (Paolo Rossi, Clavis Universalis, 1960).
Lullo, come Bacone, non redige un inventario di nozioni e auctoritates ma espone un’idea del sapere che crede in grado di promuovere un mutamento profondo nella società. È un aspetto questo che preannuncia il futuro percorso dell’enciclopedia, da sistema chiuso di sapere a “progetto per mutare il comune modo di pensare”, come scriveranno gli enciclopedisti francesi secoli dopo.