Le civilta dell'Egeo. La Grecia continentale: la civilta elladica
di Luigi Caliò
Sul modello di quanto proposto da A. Evans per la civiltà minoica, nella Grecia propria l’età del Bronzo è stata divisa da A.J.B. Wace e C.W. Blegen nel 1918 in tre fasi: Elladico Antico (EA), Elladico Medio (EM) ed Elladico Tardo (ET) e in tre sottofasi (I, II, III).
Naturalmente una divisione così rigida non sempre si è mostrata adeguata alla realtà archeologica e subisce delle variazioni regionali, specialmente su un territorio vasto come quello del continente greco, tuttavia rimane ancora valida per una periodizzazione di massima dell’età del Bronzo. Una civiltà elladica in senso stretto è comunque una costruzione moderna, nel senso che si intende designare con questo termine le culture della Grecia continentale che precedono l’avvento dei regni micenei, che occupano l’intera fase dell’ET, ma che non sempre sono caratterizzate nettamente come le civiltà di altre regioni dell’Egeo. Se nell’EA la Grecia sembra partecipare del sostrato culturale che in questo momento è tipico dell’area egea, nell’EM si nota una frattura e una certa provincializzazione del continente greco, che entra in rapporto con le altre aree del Mediterraneo orientale solo marginalmente. Tuttavia alcuni elementi sembrano tra l’EA e l’EM precorrere la civiltà palatina micenea, come in alcuni casi l’emergere di centri prepalatini con il compito di ridistribuzione dei beni all’interno di un determinato territorio.
In genere il passaggio tra il Neolitico e l’età del Bronzo (EA I 3300-2900 a.C.) è connotato archeologicamente da mutamenti repentini, con cambiamenti a volte netti, come la fondazione di un complesso abitativo e l’uso di nuove tecniche come la metallurgia. In Grecia questa prima fase è rappresentata dalla cultura di Eutresis in Beozia, denominata dal sito che ha rivelato agli archeologi la migliore sequenza stratigrafica, ma che caratterizza altri siti in Beozia, in Attica, in Corinzia e in Argolide.
La ceramica peculiare di questa cultura, una coppa semisferica ingubbiata rossa la cui superficie presenta rari decori incisi o impressi, ha un’ampia diffusione nel Peloponneso e nella Tessaglia. A fianco di questa produzione troviamo una ceramica più pesante caratterizzata da una superficie scura, che veniva impiegata per il vasellame da cucina e per i pithoi, con decorazioni a rilievo o plastiche. Si conosce molto poco dell’architettura di questa fase, tranne forse alcuni resti di fortificazione a Perachora.
Nella seconda fase dell’EA II (2900-2300 a.C. ca.) si assiste al sorgere di una nuova cultura che prende il nome dal sito di Korakou in Beozia. Nel continente si conosce una ceramica (Early Helladic Urfirnis) caratterizzata da una ingubbiatura grigia o nera molto brillante e da un ampio numero di forme ceramiche cui si affianca una produzione di colore giallo (Yellow Mottled Ware) e una ceramica da cucina scura molto simile a quella del periodo precedente. Molto comuni sono figurine animali in terracotta e un vasto numero di sigilli da Lerna (Argolide) e in genere su impronte di terracotta. Accanto alla ceramica sono stati rinvenuti oggetti di pietra (vasi, mortai, figurine di tipo cicladico) e di osso (spilloni, fermagli per i capelli, ami), evidenziandosi inoltre un forte incremento nella presenza di oggetti di bronzo, argento e oro. Si nota in questo periodo un aumento dei siti sulla linea di costa, che continua una tendenza già presente nel periodo precedente, mentre sono pochi gli abitati che utilizzano un’acropoli, situati soprattutto all’interno.
In alcune località sono stati trovati edifici particolarmente imponenti che potrebbero avere avuto una funzione pubblica, come la Casa delle Tegole a Lerna, due edifici simili a Akovitika in Messenia, la White House a Kolonna a Egina, il Fortified Building a Tebe, la Casa dei Pithoi a Zygouries. In genere questi edifici seguono per la pianta il tipo della “casa a corridoio” e presentano un tetto a spioventi protetto da tegole di terracotta o di scisto. Particolarmente impressionante per la pianta circolare con corridoi concentrici e per le dimensioni è la cosiddetta Rundbau di Tirinto. La funzione di questi edifici può forse essere chiarita grazie ai ritrovamenti di sigilli nella Casa delle Tegole e alla presenza di un muro fortificato nei suoi pressi, che ne identificano la funzione come un centro di ridistribuzione dei beni sul modello delle installazioni palatine più tarde.
Più varie le tipologie di abitazioni private, in genere a pianta rettangolare, ma anche absidata, che presentano un ambiente principale con un annesso secondario e con tetto piano; tuttavia spesso l’architettura privata nasce da esperienze di tipo agglomerativo, con caratteristiche molto difformi secondo i casi. In genere si nota l’emergenza di un sito maggiore (Eutresis, Lerna, Tirinto, Tebe), che occupa una superficie relativamente ampia, probabilmente non in modo intensivo, cui fanno riferimento una serie di siti minori. Emerge in questo momento Tebe come centro internazionale per cui sono documentati archeologicamente rapporti commerciali con le Cicladi, con l’Egeo nord-orientale, con l’area balcanica.
L’EA II vede lo sviluppo delle pratiche legate al culto dei morti, che tuttavia non possono essere ricondotte a un denominatore comune. Un tipo frequente di tomba è quello che consiste in una camera tagliata nella roccia, particolarmente utilizzata nella grande necropoli di Manika (Eubea), con corredi differenziati per sesso, ma anche in altri siti della Grecia continentale. Accanto a queste si trovano altre tipologie, come pithoi utilizzati come ossari, soprattutto per i bambini, o tombe a cista e tombe a fossa, soprattutto in Tracia. Fa l’apparizione nella Grecia continentale il tumulo circolare, che raggruppa e isola alcune tombe particolari all’interno della necropoli. Le necropoli, che a volte raggiungono dimensioni ragguardevoli come a Manika e a Chalandriani, sono separate dagli abitati, nei quali sono state trovate solamente sepolture di bambini. L’inumazione è generalizzata e il defunto è seppellito spesso in posizione contratta; in alcuni casi corredi particolarmente ricchi mostrano una certa gerarchizzazione della società, come, ad esempio, nella tomba monumentale dell’Ampheion a Tebe o nella necropoli di Manika, dove gli oggetti che costituiscono il corredo presentano una tipologia sempre più varia e in alcuni casi risultano importati da altre regioni.
L’EA III è una fase di difficile caratterizzazione, ma che appartiene già culturalmente al Bronzo Medio (BM) piuttosto che alla fase precedente.
Alcuni segni importanti di innovazione, comuni nell’EM, come la diffusione di abitazioni ad abside, l’utilizzo della ceramica minia grigia, la ricomparsa delle sepolture all’interno dell’abitato appaiono già in quest’epoca e sono preceduti da tracce di distruzione in diversi siti come Lerna, Asine, Tirinto, Zygouries, Haghia Marina, Kirra. Alcune culture fioriscono in ambito locale, come quella di Lefkandì I, nota a partire dall’EA IIB, legata a coeve esperienze cicladiche e che presenta una ceramica di derivazione anatolica, o quella di Tirinto, che all’inizio dell’EA III rappresenta in Argolide una sintesi tra la cultura di Korakou del periodo precedente e le novità provenienti da Lefkandì.
La fine del Bronzo Antico è comunque segnata nel Mediterraneo da una serie di cambiamenti importanti. Se a Creta la nascita del sistema palatino è indice di cambiamenti socioeconomici, cui tuttavia non si accompagna nessuna rottura violenta, nel mondo egeo le sequenze stratigrafiche mostrano una brusca interruzione culturale, che è stata tradizionalmente attribuita alle prime “invasioni indoeuropee”, identificate con l’arrivo di popolazioni “protogreche”, di origine anatolica o vicino-orientale o forse provenienti dalle steppe orientali, anche se non sempre le sequenze stratigrafiche dei siti indagati offrono certezze in questo senso. In genere il BM mostra una realtà dell’Egeo più sfaccettata, dove le culture sono più divise regionalmente; così si crea una cultura continentale più marcata, soprattutto per quanto riguarda la Grecia centrale e meridionale, che si differenzia in modo notevole in questo periodo rispetto alle regioni più settentrionali. Il periodo si caratterizza nella Grecia propria come una fase di stagnazione con un basso livello di vita e un rallentamento del progresso economico, che sembra aver avuto come conseguenza un appiattimento della cultura materiale e conseguentemente la mancanza di una gerarchia sociale, la cui presenza è testimoniata solamente nelle fasi più tarde del periodo.
Questo fenomeno si accompagna a una riduzione degli insediamenti e, con l’eccezione della Messenia, a una mancanza di nuove fondazioni. Se si esclude il sito di Malthi in Messenia, l’abitato è in genere di modeste dimensioni e, anche negli insediamenti più importanti, non presenta una pianta organizzata; le abitazioni non si raccolgono in isolati, come spesso nel periodo precedente, ma sono isolate. Il modello di abitazione più diffuso è quello del megaron, rettangolare ma spesso anche absidato in pianta, con un alzato di mattoni crudi su una base di pietra ed entrata assiale con portico in antis per proteggere l’ingresso. Diversi siti presentano fortificazioni, come Malthi, Peristeria e Pilo in Messenia, Kiapha Thiti e forse anche Brauron e Thorikos in Attica, costruite sul modello delle cinte murarie in uso nelle isole (Haghia Irini a Ceo; Kolonna a Egina) o a Troia.
A partire dall’EA III si riprende l’uso di seppellire inumati in tombe a fossa o a cista all’interno degli abitati, i bambini nei pressi dell’abitazione e gli adulti in aree appositamente predisposte nelle quali si è voluto vedere nuclei familiari. Continua l’uso del tumulo che aveva fatto la sua apparizione nel periodo precedente, che può segnare una tomba di grandi dimensioni come una serie di tombe che godono di un particolare statuto. In alcuni tumuli (Papoulia in Messenia) si trova una costruzione centrale a forma di ferro di cavallo, forse un cenotafio. In genere il corredo è raro o molto modesto e limitato spesso alla ceramica e le eccezioni sono tarde, come le tombe 2 e 3 del cimitero nord di Corinto.
La crisi che colpisce la Grecia continentale ci è testimoniata inoltre dalla diminuzione complessiva del volume dei commerci, anche se alcuni centri mantengono la loro importanza nella ridistribuzione di beni importati, come Tebe e Kolonna a Egina. Soprattutto quest’ultimo è fortemente legato ai siti costieri della Grecia continentale, come indica anche la distribuzione di un tipo particolare di ceramica lì prodotta, caratterizzata dalla presenza di mica color oro e da una forte omogeneità di fattura, che conferma il ruolo importante di questo insediamento nella distribuzione di beni in parte della Grecia continentale. Rapporti con il mondo minoico sono invece attestati dall’importazione, durante tutto il periodo, di una ceramica lucida (Lustrous Decorated Ware), che presenta in superficie un rivestimento compatto o in alternativa decorazioni scure su sfondo chiaro e che riprende forme e decorazioni della ceramica mediominoica, cui tuttavia si discosta e il cui centro di produzione non è stato ancora identificato, ma che potrebbe essere la colonia minoica di Kastrì a Citera o un centro di produzione sulle coste peloponnesiache non ancora individuato.
Per quanto riguarda la ceramica, dal punto di vista tecnico la maggiore innovazione introdotta in Egeo nel BA III è l’uso del tornio, forse di origine anatolica, che tuttavia si impone molto lentamente soprattutto nella Grecia meridionale.
La ceramica “minia”, così denominata da H. Schliemann in riferimento al mitico re Minyas di Orchomenos, viene fabbricata utilizzando proprio il tornio e realizzata con una tecnica di cottura complessa attraverso la quale acquista un colore omogeneo in superficie. Si tratta di una ceramica ingubbiata generalmente di colore grigio o scuro, ma a volte di tonalità che vanno dal rosso al giallo, che predilige soprattutto forme aperte come coppe o kantharoi. La durezza della tettonica ha fatto pensare in alcuni casi alla derivazione di alcune forme da prototipi metallici, anche se una produzione di vasellame metallico doveva essere ancora piuttosto rara in questo periodo. La superficie del vaso risulta inoltre decorata con elementi stampati e incisi.
Accanto a questa produzione si trova una ceramica Matt-painted, non lucida e che rispetto alla minia presenta un diverso trattamento della superficie. Sono frequenti alcune forme chiuse come le brocche, ma anche forme aperte come coppe e tazze; la decorazione durante l’EM è rettilinea e astratta fino alla fine del periodo, quando dalle Cicladi e da Creta arrivano motivi curvilinei e naturalistici e la decorazione inizia in alcuni casi a essere bicroma o policroma, anticipando una tendenza del periodo successivo.
Se le tecniche di lavorazione della pietra non subiscono variazioni rispetto al periodo precedente, anche se si nota un incremento negli oggetti di pietra, tra cui un caratteristico tipo di ascia-martello, è soprattutto dall’inizio dell’EM che si conosce una tecnica metallurgica complessa, con la generalizzazione dell’uso dello stagno nella lega di bronzo, precedentemente conosciuto nel Nord-Est dell’Egeo e nelle Cicladi. Il periodo che comprende l’EM III e l’ET I si caratterizza come una fase di transizione che porta senza rottura all’Elladico Recente II già di cultura protomicenea. Tuttavia tra il 1650 e il 1500 a.C. si datano i Circoli A e B di Micene, all’interno dei quali sono stati rinvenuti oggetti particolarmente pregiati, prime fra tutti le maschere funebri in oro, testimoni di una nuova ricchezza che contrasta con la povertà dell’EM e si pone come primo atto della storia micenea.
C. Renfrew, The Emergence of Civilisation. The Cyclades and the Aegean in the Third Millennium B.C., London 1972.
R. Hope Simpson - O.T.P.K. Dickinson, A Gazetteer of Aegean Civilisation in the Bronze Age, I. The Mainland and Islands, Göteborg 1979.
G. Cadogan (ed.), The End of the Early Bronze Age in the Aegean, Leiden 1986.
R. Hägg - D. Konsola (edd.), Early Helladic Architecture and Urbanization. Proceedings of a Seminar Held at the Swedish Institute in Athens (Athens, 8 June 1985), Göteborg 1986.
P. Darque - R. Treuil (edd.), L’habitat égéen préhistorique. Actes de la Table Ronde Internationale (Athènes, 23-25 juin 1987), BCH, Suppl. 19 (1990).
M.B. Cosmopoulos, The Early Bronze II in the Aegean, Jonsered 1991.
Id., Exchange Networks in Prehistory. The Aegean and the Mediterranean in the Third Millennium B.C., in R. Laffineur - L. Basch (edd.), Thalassa: L’Égée préhistorique et la mer, in Aegaeum, 7 (1991), pp. 155-68.
J. Vanschoonwinkel, L’Égée et la Méditerranée orientale à la fin du deuxième millénaire. Témoignages archéologiques et sources écrites, Louvain-la-Neuve 1991.
J. Forsén, The Twilight of the Early Helladics. A Study of the Disturbances in East Central and Southern Greece Towards the End of the Early Bronze Age, Jonsered 1992.
J.B. Rutter, Review of Aegean Prehistory, 2. The Prepalatial Bronze Age of the Southern and Central Greek Mainland, in AJA, 97 (1993), pp. 745-97.
J. Renard, Le Péloponnèse au Bronze Ancien, in Aegaeum, 13 (1995).
P.P. Betancourt et al. (edd.), MELETEMATA. Studies in Aegean Archaeology Presented to Malcolm H. Wiener as He Enters his 65th Year, in Aegaeum, 20 (1999).
M. Alden, Well Built Mycenae. The Helleno-British Excavations within the Citadel at Mycene, 1959-1969, VII. The Prehistoric Cemetery: Pre-Mycenean and Early Mycenean Graves, Oxford 2000.
T. Cullen (ed.), Aegean Prehistory. A Review, in AJA, Suppl. 1 (2001).
di William D.E. Coulson
Insediamento preistorico nell’Argolide, situato sul lato occidentale del golfo di Argo. Gli scavi furono eseguiti da una Missione americana diretta da J. Caskey, fra il 1952 e il 1958.
Se si eccettuano poche interruzioni, il sito fu occupato per un lungo periodo dal VI al I millennio a.C. I metodi di costruzione furono gli stessi in tutti i periodi, con muri di mattoni crudi collocati sopra fondamenta costituite da pietre e con tetti ricoperti di argilla o di paglia sostenuti da travi di legno e canne.
Al periodo neolitico (L. I e II) appartengono alcuni resti architettonici, manufatti in ceramica e utensili che palesano una economia mista di pastori e cacciatori e una statuetta in terracotta di una donna nuda. Fanciulli e adulti venivano sepolti all’interno dell’insediamento.
Nell’età del Bronzo Antico (BA; L. III), un muro di cinta fortificato e alcuni edifici palaziali segnalano l’esistenza di un potere politico considerevole. I muri fortificati venivano costruiti con mattoni crudi, cui si aggiungevano torri a forma di U. Alcuni padiglioni, utilizzati come caserme o depositi, venivano ottenuti costruendo muri trasversali fra la facciata interna e quella esterna del muro fortificato. L’edificio monumentale BG, di forma rettangolare, orientato da nord a sud e con un porticato aperto nella zona della porta d’accesso situata a sud, permetteva l’ingresso alla successiva Casa delle Tegole, così denominata a causa delle molte lastre in terracotta che verosimilmente ne ricoprivano il tetto a due spioventi. Nell’ultimo stadio dello sviluppo dell’insediamento, in un periodo in cui i muri fortificati non erano più in uso, fu costruito un vasto edificio rettangolare (25 x 12 m), orientato da nord-ovest a sud-ovest. Attraverso un vestibolo si accedeva alla sala del trono e a una serie di camere centrali. Vi era anche una porta posteriore. Ai lati vi erano due corridoi accessibili dall’interno. L’esistenza di alcune scale dimostra che vi era almeno un piano superiore. All’interno, i muri delle case erano intonacati di calce e l’edificio era ancora in costruzione quando venne distrutto dal fuoco per ragioni ignote. Il ritrovamento più straordinario è costituito da una enorme quantità di sigilli fittili contenuti all’interno di giare o recipienti rinvenuti nella camera esterna J.
Alla fine dell’età del BA (L. IV) e dell’età del Bronzo Medio (L. V), nell’insediamento vi sono anche case e sepolture con absidi. Nel L. IV un grande tumulo circolare ricopriva le rovine della Casa delle Tegole e il sito fu risparmiato per qualche tempo da ulteriori costruzioni. Nel periodo in questione era ormai stato introdotto il tornio da vasaio e la ceramica dipinta era divenuta comune. L’ultima parte dell’età del Bronzo è rappresentata soprattutto a L. (L. VI e VII) da due tombe a pozzo che furono saccheggiate nell’antichità e dai resti di una abitazione situata ai margini dell’area principale degli scavi. Nel sito sono stati portati alla luce pochi resti dei periodi successivi.
N.G. Gejvall, Lerna. A Preclassical Site in the Argolid. Results of the Excavations Conducted by the American School of Classical Studies at Athens, I. The Fauna, Princeton 1969.
J.L. Angel, Lerna. A Preclassical Site in the Argolid, II. The People of Lerna, Princeton 1971.
M.H. Wiencke, Corpus der minoischen und mykenischen Siegel, V, Berlin 1975.
E.C. Banks, The Early and Middle Helladic Small Objects from Lerna, I-II (Diss., Cincinnati 1967), Ann Arbor 1976.
J.L. Caskey - E.T. Blackburn, Lerna in the Argolid. A Short Guide, Princeton 1977.
E. Blackburn-Tucker, Middle Helladic Graves and Burial Customs with Special Reference to Lerna in the Argolid (Diss., Cincinnati 1970), Ann Arbor 1980.
C.W. Zerner, The Beginning of the Middle Helladic Period at Lerna (Diss., Cincinnati 1978), Ann Arbor 1980.
J.B. Rutter, Lerna. A Preclassical Site in the Argolid. Results of the Excavations Conducted by the American School of Classical Studies at Athens, III. The Pottery from Lerna IV, Princeton 1995.
H.Wiencke, Lerna. A Preclassical Site in the Argolid. Results of the Excavations Conducted by the American School of Classical Studies at Athens, IV. The Architecture, Stratification and Pottery of Lerna III, I-II, Princeton 2000.