(lat. Bucolĭca [carmina], trasposizione latina del gr. βουκολικά [ἔπη] "poesie pastorali") Titolo di un'opera di Virgilio, comprendente dieci composizioni poetiche, di carattere idillico-pastorale, di solito dette singolarmente egloghe (o ecloghe); le più in forma di dialoghi o di canti amebei, scritte fra il 42 o 41 e il 39 a. C., disposte secondo un criterio artistico od occasionale, non secondo l'ordine cronologico di composizione, distinte poi spesso coi nomi dei personaggi che vi agiscono o vi sono evocati (1a, Titiro e Melibeo; 2a, Alessi; 3a, Menalca e Dameta; 4a, Pollione; 5a Dafni; 6a, Sileno; 7a, Tirsi e Coridone; 8a, Gl'incantesimi; 9a, Licida e Meri; 10a, Gallo). Il carattere allegorico di molte di esse è più sensibile che nel modello teocriteo.
Innumerevoli le imitazioni e le opere che recano lo stesso titolo, da quelle di Calpurnio Siculo, 1° sec. d. C., e di Nemesiano, 3° sec. d. C., a quelle di A. Chénier, ed. postuma 1819, e di J. Renard, 1898. Particolare importanza hanno, per l'Italia, il Bucolicum carmen di F. Petrarca e il carme omonimo di G. Boccaccio. Il primo comprende 12 egloghe, composte tra il 1346 e il 1348, corrette e ampliate a più riprese sino al 1364; il secondo ne comprende 15, composte tra il 1351 e il 1366. Ambedue trattano, sotto il velo allegorico, spesso difficile a penetrare, argomenti letterari o storici, o contengono confessioni personali.