Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il trionfo della Chiesa e delle monarchie assolute favorisce l’affermazione dello stile barocco che, attraverso nuovi mezzi espressivi e servendosi di un’oratoria convincente fatta di complesse scenografie, celebra i fasti e la potenza di Dio e dei sovrani. Caratteristica principale del nuovo stile è la libertà creativa che coinvolge architetti, pittori e artigiani in una costante ricerca di originali forme espressive, cui concorrono anche l’utilizzo di materiali rari e preziosi. Fondamentali per la diffusione del barocco sono i repertori di incisioni pubblicati soprattutto in Germania, Francia e Italia, che favoriscono, lungo tutto il secolo, la circolazione del gusto nelle corti europee.
Tra manierismo e barocco: le arti decorative in Europa
Le arti decorative in Europa durante i primi decenni del Seicento risentono ancora degli esempi tardomanieristi diffusi attraverso le incisioni e i manuali illustrati dedicati ai modelli d’ornato. Principale centro di diffusione di tali repertori è Augusta dove, a partire dalla seconda metà del Cinquecento, sono attivi, tra gli altri, gli incisori Cornelis Matsys (1511 ca. - 1580) e Hans Vredeman de Vries, i cui ornati a motivi di cartigli, mascheroni, ali di pipistrello, teste di arpie e altre figure fantastiche, talvolta intrecciate a girali di foglie d’acanto e a emblemi araldici, costituiranno una fonte continua d’ispirazione per decoratori, cesellatori e intagliatori.
All’interno degli stilizzati rollwerk (o cartigli metallici) fanno la loro comparsa inItalia figure mostruose, delfini, bucrani e altri elementi tratti dalla tradizione delle grottesche. Tradizione che nel primo Seicento confluisce in quel genere decorativo comunemente conosciuto sotto il nome di “stile auricolare” assai apprezzato in Toscana, come dimostrano le sculture di Pietro Tacca e di Giovan Francesco Susini o le elaborate cornici intagliate per il cardinale Leopoldo dei Medici, in Emilia, in Piemonte e nell’Italia meridionale, dove si ritrovano spesso, in stucchi e arredi di vario genere, gli ornati di stampo auricolare intrecciati a sfingi, sirene, putti e delfini molto simili a quelli creati a Firenze.
Il passaggio dal manierismo al barocco è ravvisabile in Toscana nei disegni per decorazioni di Jacques Callot e di Stefano della Bella o nei lavori in pietre dure eseguiti su progetti di Jacopo Ligozzi, dove gli ornati di tradizione buontalentiana si fondono con il nascente gusto naturalistico che darà origine, di lì a poco, a un nuovo stile che, tenendo presente i valori cromatici dei materiali, sfrutterà le infinite possibilità decorative che il tema degli intrecci floreali può offrire.
In Spagna gli intensi contatti col mondo musulmano danno origine allo stile mudéjar, originale connubio di ornati di stampo occidentale con altri di matrice orientale, che viene applicato soprattutto nelle preziose decorazioni a intarsio. Gli intagli riprendono invece ancora i motivi ornamentali tardorinascimentali che, sovrapposti alla struttura dei mobili ancora tipicamente medievale, dà origine allostile plateresco.
Gli arredi inglesi non presentano, in questo periodo, caratteristiche di grande originalità e tendono a rifarsi ai modelli continentali e in particolare alla mobilia prodotta nei Paesi Bassi; così come quelli francesi che risentono dell’influenza italiana e fiamminga sia nella struttura che negli ornati. È da segnalare, a questo proposito, che Enrico IV prima, Maria de’ Medici, il cardinale Richelieu e il suo successore Mazzarinopoi, dedicano parte della loro attenzione allo sviluppo delle arti decorative in Francia, favorendo così la nascita di un artigianato specializzato che avrà sotto ilregno di Luigi XIV il suo momento di massimo fulgore.
La Germania, grazie a una nutrita schiera di abilissimi artigiani e decoratori, rimane un punto di riferimento fondamentale nello sviluppo delle arti decorative del primo Seicento: gli stipi prodotti ad Augusta, di cui quello detto d’Alemagna, regalato nel 1628 al granduca Ferdinando II de’ Medici dall’arciduca Leopoldo II del Tirolo costituisce uno dei massimi esempi, è un genere di mobilia assai apprezzata da principi e regnanti; le straordinarie tarsie lignee, i cui ornati a intrecci e complicate volute sono ravvivati dalla spiccata policromia dei materiali usati, come ad esempio l’ebano, l’avorio, le essenze colorate; le pietre dure o i metalli preziosi e gli elaborati intagli disposti a decorare le superfici degli arredi e delle sale sono ben presto imitati da tutte le corti europee.
Se la fantasiosa rielaborazione degli ornati cinquecenteschi prevale nella decorazione d’interni e nell’intaglio ligneo della Firenze di Ferdinando II e Leopoldo de’ Medici, nella Roma barocca dominata dall’estro inventivo del Bernini si assiste invece a una trasposizione in chiave scenografica degli elementi naturali, siano essi la foglia d’acanto, il tralcio fiorito o le fronde di quercia piegati funzionalmente a sorreggere un piano di tavolo o a incorniciare specchi e dipinti. La libertà compositiva che si nota nei progetti per arredi del Bernini e del suo più prossimo collaboratore, l’austriaco Johannes Paulus Schor, influenza tutta la generazione di ornatisti attiva a Roma durante la seconda metà del Seicento, come testimoniano i disegni per ornati di Ludovico Geminiani, quelli per carrozze di Giovanni Battista Leinardi e di Ciro Ferri e le incisioni di Filippo Passarini edite nel 1698.
Accanto al Bernini altri artisti attivi a Roma durante il XVII secolo forniscono progetti per decorazioni e arredi in linea col gusto scenografico e ricercato della esigente committenza principesca: Francesco Borromini, Alessandro Algardi, CarloFontana e Pietro da Cortona si ingegnano a elaborare fastosi apparati e arredi ancora oggi in parte visibili in alcuni dei palazzi e delle chiese romane. Si pensi ad esempio alla straordinaria console sorretta da mori in legno intagliato e dorato della Galleria di Palazzo Colonna, ideata probabilmente dal Fontana intorno al 1680, o al tavolo in bronzo patinato e dorato con piano in diaspro sostenuto da cariatidi, eseguito su modelli dell’Algardi tra il 1633 e il 1637 per i principi Borghese.
I modelli berniniani sono ripresi a Genova da Filippo Parodi, documentato a Roma per ben due volte nel 1661 e dopo il 1674.
La monumentale specchiera con il mito di Narciso di Villa Durazzo (poi Faraggiana) di Albisola e la più piccola cornice di Palazzo Spinola raffigurante il Giudizio di Paride costituiscono un esempio del gusto barocco per la finzione e la teatralità tutto giocato sulla meraviglia e da rapportare alle complesse macchine per le feste berniniane.
La volontà di stupire, sia attraverso l’imitazione della natura, sia attraverso le continue variazioni sul tema delle metamorfosi, si ritrova pure negli arredi intagliati in Veneto da Francesco Pianta, poco dopo la metà del secolo, e daAndrea Brustolon, dove il riflesso dello stile berniniano, filtrato attraverso gli insegnamenti del Parodi, si stempera in fantasie auricolari o tardomanieriste tedesche conosciute attraverso i repertori d’ornato stampati ad Augusta e largamente documentati nei domini della Serenissima.
Alle incisioni del Passarini e ai disegni dello Schor si ispirano gli intagliatori e gli stuccatori emiliani in costante contatto con l’ambiente artistico romano. Gli arredi e le decorazioni eseguite a Bologna, Modena e Parma durante la seconda metà del secolo si caratterizzano per un continuo intrecciarsi di volute e di fogliami con festoni di fiori e putti che raggiungeranno l’apice compositivo nella fastosa cornice della Madonna Sistina (Piacenza, San Sisto) commissionata all’intagliatore Giovanni Setti nel 1698.
Lo schema compositivo emiliano, basato sugli intrecci di ampie e carnose volute vegetali talvolta ravvivate dall’inserimento di putti in volo, sarà utilizzato anche in Lombardia, come testimoniano le opere uscite dalla bottega dei Fantoni di Rovetta, dove la componente emiliana, ravvisabile nelle numerose cornici delle pale d’altare intagliate da Grazioso il Vecchio e dal figlio Andrea e in alcuni disegni per cantorie e arredi eseguiti verso la fine del Seicento e durante i primi anni del secolo successivo, si andrà progressivamente attenuando sotto gli influssi della rocaille francese.
Alla corte fiorentina di Cosimo III de’ Medici gli arredi disegnati da Diacinto Maria Marmi e da Giovan BattistaFogginiindicano l’attenuarsi della grande tradizione manierista locale in favore delle novità romane che Pietro da Cortona per primo aveva insegnato ad apprezzare durante il suo soggiorno fiorentino. Gli arredi eseguiti durante gli ultimi trent’anni del Seicento e nei primi decenni del secolo successivo per Cosimo III e soprattutto per il gran principe Ferdinando si distinguono da quelli già appartenuti al granduca Ferdinando II per l’abbondante uso di motivi decorativi improntati a un vivace naturalismo e per un impiego più spettacolare delle pietre dure.
Tra gli artigiani attivi nelle botteghe granducali si segnalano l’intagliatore Vittorio Crosten e l’intarsiatore Leonardo van der Vinne, cui va il merito di aver introdotto per primo in Italia l’uso delle tarsie a motivi floreali sul genere di quelle eseguite nei Paesi Bassi.
Negli arredi napoletani, non esenti da influenze fiorentine e soprattutto romane, la prevalenza dei materiali preziosi sulla stessa raffinatezza dell’intaglio corrisponde al gusto per la ricchezza e l’ornamentazione promosso da Cosimo Fanzago, nelle cui opere la struttura è quasi elusa dalla sovrabbondanza degli intarsi policromi.
La “fantasia prorompente, quasi caricaturale, contraddistinta da uno sfarzo persino oppressivo” che il Gonzalez-Palacios rileva nei disegni per mobili di vario genere dell’ornatista siciliano Giacomo Amato è presente anche negli intagli lignei e nelle decorazioni a stucco in uso in Sicilia tra la fine del secolo e l’inizio del Settecento.
È con l’avvento del Re Sole, nel 1661, che gli arredi francesi cominciano ad avere un carattere nazionale, grazie anche all’apporto operato da artigiani stranieri, come ad esempio l’ebanista italiano Domenico Cucci che lavora a lungo per la corte, e alla fondazione della Manifattura Reale ai Gobelins, la cui organizzazione è strutturata dal Colbert, prendendo come modello le botteghe granducali medicee.
I rapporti tra Firenze e Parigi sono molto stretti sia per l’interesse dimostrato durante il Seicento da Richelieu, Mazzarino, Colbert e dallo stesso Luigi XIV per i lavori in pietre dure che si producono nella capitale del Granducato, sia per il fatto che Cosimo III aveva sposato una cugina del re, Margherita Luisa d’Orléans.
Ideatore, direttore e, in molti casi, esecutore materiale della maggior parte di quanto si produce nel campo dell’arredamento nella Francia di Luigi XIV è il pittore Charles Le Brun posto dal sovrano a coordinare, oltre che il lavoro dei vari artigiani impegnati ai Gobelins, anche tutto ciò che viene eseguito per la corte e il suo stile, una via di mezzo tra il Barocco italiano e la tradizione classicista francese, corrispose appieno alle aspettative del sovrano.
Il carattere fondamentalmente unitario di gran parte della produzione artistica e decorativa realizzata sotto il regno diLuigi XIV è dovuto anche all’attività prolungata e polivalente di alcuni artisti che, come il pittore Pierre Mignard e gli architetti Louis Le Vau e Jules Hardouin Mansart, si affiancano a Le Brun nella progettazione degli allestimenti e delle decorazioni delle residenze della corte e dell’aristocrazia francese.
Oltre al Cucci, il più abile ebanista attivo a Parigi sullo scorcio del secolo è AndréCharles Boulle ideatore, tra l’altro, di un genere d’arredo, la commode, destinata a sostituire progressivamente lo stipo e i cui modelli d’ornato influenzeranno tutta la nuova generazione di artigiani e decoratori. Già negli ultimi anni del regno di Luigi XIV, infatti, il gusto va orientandosi verso soluzioni ornamentali più leggere e gradevolmente mosse, mentre parallelamente si allarga il fenomeno tipicamente settecentesco della cineseria.
Nella divulgazione dello stile Luigi XIV è particolarmente importante l’opera degli ornatisti Jean Le Pautre, Paul Androuet Du Cerceau, Claude Audran e Jean Berain.
Il lavoro di questi artisti diviene essenziale per una diffusione capillare, tra i vari strati dell’aristocrazia, delle grandi correnti decorative che fanno capo al gusto della corte.
La diffusione dello stile barocco in Europa
Nel contesto dell’evoluzione dello stile barocco in Europa i Paesi Bassi hanno un ruolo di primaria importanza: qui infatti si rifugiano, dopo la revocadell’editto di Nantes, molti degli artigiani francesi di fede ugonotta. Fra questi troviamo l’architetto e disegnatore Daniel Marotche diventa fornitore di Guglielmo III d’Orange e quando quest’ultimo sale al trono d’Inghilterra (1689) lo segue a Londra insieme ad altri manifattori e artisti.
In Inghilterra, fin dalla restaurazione degli Stuart, il gusto della corte e dell’aristocrazia ha iniziato a uniformarsi a quello barocco degli altri stati europei.
Carlo II, che ha passato lunghi anni in Olanda e presso il cugino Luigi XIV, non tarda infatti a far imitare dai suoi artisti i modelli decorativi francesi e olandesi cui spesso sono accostati quelli di derivazione orientale.
Tipici esempi della produzione artigianale dei Paesi Bassi sono, oltre che i mobili intarsiati in legni esotici o laccati, le maioliche di Delft e le argenterie prodotte a Utrecht, Amsterdam e L’Aia dove, durante il Seicento, si afferma il cosiddetto “stile lobato” che, come indica il nome, presenta una struttura articolata in lobi arricchita da decorazioni a motivi floreali e ha il suo massimo esponente in Johannes Lutma. Parallelamente si sviluppa anche lo stile kwaborornamentche trae origine dalla fusione di ornati di matrice manierista con quelli più propriamente barocchi, mentre dalla fine del secolo in poi trionfano le decorazioni, soprattutto a intarsio, a soggetto naturalistico, come per esempio le ricche composizioni di fiori e foglie che traggono spunto dalle coeve pitture di nature morte.
L’influenza dello stile barocco francese e olandese è ravvisabile, oltre che negli arredi inglesi dell’ultimo quarto del Seicento, anche in quelli prodotti in Spagna, Germania e nei Paesi del nord Europa dove fanno la loro comparsa sontuosi mobili completamente rivestiti d’argento o riccamente intarsiati e intagliati.
Non mancano neppure esempi di arredi decorati con lacche orientali soprattutto in quelle nazioni che, come l’Olanda, l’Inghilterra e il Portogallo, hanno sviluppato maggiormente i traffici con l’India, la Cina e il Giappone.
In Germania le corti di Monaco e Berlino sono tra le prime ad aggiornarsi sulle forme eleganti e fastose del barocco italiano e francese, in alcuni casi filtrato attraverso l’estro inventivo degli artigiani olandesi. La capitale della Prussia, grazie alla colta committenza del grande elettoreFederico Guglielmo e del suo successore Federico assume, avvalendosi anche dell’opera di AndreasSchlüter, un ruolo di primaria importanza nel contesto artistico della Germania. A Monaco i legami dinastici dell’elettore Ferdinando Maria (regnante dal 1651 al 1679) con la casa diSavoia e, più tardi, i gusti filofrancesi di Massimiliano Emanuele (regnante dal 1679 al 1726) favoriscono la nascita di uno dei centri più evoluti nel campo della mobilia seicentesca tedesca.
In Russia, fino al rientro in patria di Pietro il Grande dopo il suo viaggio in Europa, i contatti con l’Occidente sono pressoché assenti; così in Polonia dove solo durante il regno di Giovanni III Sobieski si ha un periodo di prosperità che favorisce anche le arti decorative, ma non tanto da competere con le altre nazioni europee.
Gli influssi dello stile barocco tedesco si fanno sentire invece in Norvegia e soprattutto in Danimarca allora governata dagli Oldenburg, famiglia di origine tedesca; mentre in Danimarca con il regno di Cristina vi è un sostanziale rinnovamento delle arti grazie al contributo degli architettiTessin,Nicodemus il Vecchio e Nicodemus il Giovane, che portano a conoscenza degli architetti e decoratori svedesi le nuove correnti del gusto barocco francese e italiano.
In Spagna durante il Seicento lo stile severo adottato sotto il regno di Filippo II viene progressivamente abbandonato dai suoi successori per far posto alle fastose decorazioni barocche: tipici esempi del gusto spagnolo per i materiali preziosi sono i mobili arricchiti con elementi d’argento, come quelli eseguiti per la corte da Diego de Zabalza nel 1621, da George de Quevedo nel 1635 e da Francesco Filippini nel 1695. Particolare fortuna, nell’ambito dell’arte orafa, godono le opere dello smaltatore Pedro Rodríguez Machado attivo per Filippo III.
I materiali
È alla Germania, con i suoi numerosi libri di incisioni e prontuari per argentieri, che spetta il ruolo di guida all’interno di questo settore dell’artigianato barocco che sino dalla fine del Cinquecento aveva in Salisburgo, Augusta e nel Tirolo, oltre che nella Praga rudolfina, i suoi principali centri di produzione. Nel Seicento l’argento è uno dei materiali più consoni al gusto barocco: vengono eseguiti sontuosi arredi sacri e profani che, grazie all’abilità di cesellatori e fonditori, riprendono forme e modelli della coeva scultura. La tecnica dello sbalzo e della fusione raggiunge infatti vertici di insuperata perizia a Napoli, Milano, Roma, Genova e Venezia dove operano alcuni tra i più grandi scultori europei.
L’interesse per gli oggetti in avorio e in ambra, che nel precedente secolo era limitato soprattutto alle corti del Nord Europa, si diffonde anche negli altri Stati europei. Calici, crocifissi, composizioni allegoriche si fanno sempre più complesse e ricche di ornati grazie anche all’uso del tornio che permette di realizzare una vasta gamma di soluzioni decorative.
Nelle corti della Germania meridionale, in quelle diFrancia e di Toscana, a Norimberga e a Ratisbona si produce una grande varietà d’arredi realizzati con l’avorio, di cui lo stipo intagliato da Vittorio Crosten per i granduchi di Toscana nel 1704, e ora conservato negli appartamenti reali di Palazzo Pitti, può costituire uno dei più significativi esempi.
Anche l’ambra viene utilizzata per eseguire arredi destinati sia al culto che alla vita di corte, ma l’evoluzione dei suoi ornati è più lenta rispetto all’avorio e ad altri materiali preziosi e solo dopo la metà del Seicento, a Königsberg e a Danzica, le forme e le decorazioni barocche sostituiscono quelle tardorinascimentali.
A partire dalla fine del Cinquecento i lavori in commesso di marmi pregiati e pietre dure sono particolarmente ricercati da principi e sovrani per arredare i propri palazzi.
Le opere di più alto livello artistico prodotte in questo campo escono senza dubbio dalle botteghe granducali, dette anche Galleria dei Lavori. Esse rimangono per tutto il secolo un modello, mai superato, per tutte le corti europee, nonostante gli sforzi di Luigi XIV che, per poter disporre a suo piacimento di tali manufatti, fonda ai Gobelins un laboratorio di pietre dure impiegandovi artefici fiorentini. Particolarmente importante, nell’ambito di questa attività artigianale, risulta l’attività di Jacopo Ligozzi e di Giovan Battista Foggini che dirigono la manifattura medicea e contribuiscono, con i loro disegni, allo sviluppo dello stile barocco in Toscana. Contemporaneamente a Roma l’arte del mosaico, grazie all’interessamento di papa Urbano VIII e all’opera di Giovan BattistaCalandra, conosce un momento distraordinaria perfezione tecnica.
Oltre alle pietre dure e ai metalli preziosi, gli interni e la mobilia del tardo Seicento si ornano di inserti in scagliolache, grazie ad un particolare impasto formato di polvere di gesso cotto e di gesso cristallizzato mescolati con sostanze collanti e coloranti, imitano forme e modelli dei commessi in pietre dure. I maggiori centri di produzione della scagliola (che conosce una grande diffusione soprattutto nel Settecento) possono essere localizzati nell’Emilia-Romagna (Carpi), nella Lombardia e in Toscana (Livorno).
Durante il Seicento anche l’arte vetraria si adegua alle nuove forme bizzarre e contorte tipiche del barocco. La scoperta del procedimento per ottenere il cristallo, avvenuta in Boemia nella seconda metà del secolo, consente la produzione di oggetti, come ad esempio, bicchieri, brocche e lampadari con superfici intagliate e sfaccettate più aderenti al gusto dell’epoca.
Tra le ceramiche europee quelle faentine sono sicuramente le più apprezzate grazie al loro rapido adeguamento ai nuovi canoni decorativi seicenteschi, che concedono maggior spazio alle decorazioni a scapito delle parti figurate, e all’invenzione di nuove tipologie di vasellame che vanno ad affiancarsi a quelle più tradizionali come i grandi piatti da parata, le brocche, i bacili e i vasi.
Allo stile compendiario si adeguano le manifatture di Casteldurante, Deruta, Montelupo e successivamente quelle liguri, lombarde e venete e infine quelle francesi di Nevers.
Nel XVII secolo, prima della creazione della Manifattura reale dei Gobelins (1667), sono gli atelier fiamminghi a detenere il primato nella produzione degli arazzi, soprattutto dopo il ritorno in patria di Pieter Paul Rubens. Particolarmente apprezzati, nella realizzazione dei fastosi interni barocchi, sono anche gli arazzi eseguiti presso le manifatture di Beauvais, Aubusson e Felletin, mentre in Italia sono attive con successo l’arazzeria Medicea seguita da quella avviata a Roma, per un breve periodo di tempo, dal cardinale Francesco Barberini.
Le tappezzerie nel Seicento presentano spesso ricami a rilievo in oro o in argento tendenti a valorizzare i contrasti cromatici delle sete operate.
Nelle sale dei palazzi signorili i broccati e i damaschi, prodotti soprattutto a Lione e i cui motivi decorativi sono costituiti ora essenzialmente da motivi vegetali, sostituiscono progressivamente i cuoi e i velluti stesi sulle pareti delle sale durante il secolo precedente.
Esotismo e cineseria barocca
A partire dalla fine del Cinquecento nelle Fiandre e a Firenze è invalso l’uso di decorare tavoli, sedie, sgabelloni per sculture, stipi e letti, oltre che con materiali preziosi anche con una speciale tecnica di pittura detta “all’indiana” a motivo dei suoi ornati che, eseguiti con l’oro su di un fondo scuro, si rifanno all’arte persiana e indiana conosciuta e apprezzata alla corte dei granduchi medicei grazie ai continui scambi commerciali e culturali tra Firenze e l’Oriente.
Ma è soprattutto a Venezia che nel Seicento viene praticato questo tipo di decorazione che incontra il gusto dell’aristocrazia europea, tanto che di lì a poco in Francia e in Inghilterra si iniziano a produrre imitazioni delle lacche orientali destinate a ornare mobili e suppellettili.
Tale interesse verso la cultura cinese e i suoi prodotti artistici è documentato fin dagli inizi del secolo dalla pubblicazione della Storia della spedizione cristiana nel reame della Cina, curata dal padre gesuita Matteo Ricci e, più tardi, dal trattato sui metodi di fabbricazione della lacca edito nel 1688 in Inghilterra per opera di John Stalker e George Parker. Grazie a queste pubblicazioni, e, non ultimo, alla costituzione della Compagnia inglese delle Indie Orientalisi diffondono in tutta Europa i motivi ornamentali cinesi che sono ampiamente utilizzati nell’arredamento e nelle decorazioni degli interni barocchi.
Vanno ricordati a questo riguardo, oltre al famoso padiglione del Trianon fatto costruire daLuigi XIV su progetti di Louis Le Vau tra il 1670 e il 1671, i mobili laccati eseguiti durante la seconda metà del secolo in Olanda e in Inghilterra, le maioliche di Delft, Nevers e Southwork, gli argenti cesellati prodotti dagli artigiani inglesi durante l’ultimo quarto del secolo e, soprattutto, le incisioni di Jean Berain che hanno una enorme influenza sull’evoluzione dello stilebarocco nel tardo Seicento e durante la prima metà del secolo successivo.