Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’invenzione della polvere da sparo modifica profondamente le modalità del combattimento, preceduta dall’interesse per l’energia sprigionata dal vapore, di cui si indagano gli impieghi sia bellici che domestici. Non abbiamo una data certa per questa invenzione, già nota da qualche secolo in Cina. Il cannone invece è prodotto in Occidente verso la fine del XIII secolo.
Nel Trecento la svolta: cavalli, spade, armature e abilità nel combattimento passano in secondo piano davanti alla comparsa della polvere da sparo. La confusa storia della nascita degli esplosivi e delle armi da fuoco in Europa risulta essere la somma di una serie di esperienze, tentativi e prove avvenute localmente e basate su varie modifiche rispetto allo schema, già noto e diffuso, del fuoco greco. La polvere da sparo era stata preceduta e in un certo senso annunciata dallo sviluppo dei razzi, a conferma dell’interesse sorto attorno all’energia sviluppata da vapori e gas in espansione.
Nell’antichità romana Vitruvio nel De architectura e Erone di Alessandria, nella Pneumatica avevano descritto l’eolipila, una sfera di bronzo riempita d’aria: una volta riscaldata per mezzo di una fiamma, cominciava a ruotare su se stessa mentre l’aria riscaldata usciva attraverso due piccole aperture; dopo un lungo silenzio ritroviamo questo dispositivo nell’opera di Alberto Magno De meteoris (4, 17): “Prendi un recipiente di terracotta con due buchi, riempilo di acqua, chiudine fortemente i buchi e ponilo vicino al fuoco. Subito il vapore sturerà i due fori tappati e spargerà acqua calda intorno. Per questo motivo questo recipiente viene chiamato sufflator ed è a forma di uomo”. Dunque l’oggetto è il medesimo, però all’interno non c’è l’aria ma acqua. Vitruvio pensava all’eolipila per capire l’origine dei venti, Erone invece vi vedeva la dimostrazione della possibilità che l’aria, costretta in un recipiente e riscaldata, si trasformasse in una fonte di energia.
I sufflatores del Medioevo attirano anche l’attenzione degli ingegneri, che ne suggeriscono l’uso per alimentare il fuoco. Konrad Kyeser ne disegna uno nel 1405 e il Filarete nel suo Trattato dell’architettura (1464) descrive una coppia di alari da camino con sufflatores per soffiare sul fuoco. Alla base dell’interesse per questi apparati vi è la constatazione della forza esplosiva del vapore; non a caso Leonardo tenterà di utilizzare questa energia per produrre un cannone a vapore. Anche lo sviluppo dei razzi conferma l’interesse del Medioevo per l’energia sprigionata dal vapore.
A Bisanzio, lo abbiamo già visto, l’architetto siriano Callinico aveva legato la sua fama all’invenzione del “fuoco greco”, aprendo la strada a ricerche innovative sulle diverse combinazioni degli ingredienti di queste miscele. La capacità di purificare il salnitro è alla base dei perfezionamenti raggiunti in Oriente nel XIII secolo: così, la rapida conversione della polvere in gas apre la porta all’invenzione dei fuochi d’artificio. Già nel Rinascimento gli Europei attribuivano l’invenzione della polvere da sparo ai Cinesi, presso i quali sarebbero state in uso miscele esplosive da molto tempo. I più remoti riferimenti a miscele deflagranti composte da salnitro, zolfo e carbone risalgono infatti a fonti cinesi dell’VIII e IX secolo, ma il loro utilizzo era finalizzato principalmente alla fabbricazione di fuochi artificiali e sistemi di segnalazione. Solo a partire dall’XI e XII secolo si ha notizia, sempre nelle cronache cinesi, di una loro utilizzazione nella produzione di razzi e bombe incendiarie. Il momento del passaggio da queste prime rudimentali miscele a un’efficace formula di polvere esplosiva nell’Occidente non è chiaro. Alla polvere da sparo si era interessato Ruggero Bacone in uno scritto del 1249 e l’anno successivo gli alchimisti, probabilmente in Germania, scoprono che mescolando salnitro, polvere di carbone e zolfo in determinate proporzioni è possibile ottenere una polvere nera esplosiva.
Il cannone sembra invece essere un frutto esclusivo della tecnologia dell’Occidente, che porta a sviluppi estremi i tubi di rame attraverso i quali le navi bizantine lanciavano il fuoco greco. Con tubi simili a questi, opportunamente dimensionati, gli Occidentali cominciano a lanciare palle di pietra e di ferro. Documenti fiorentini del primo ventennio del XIV secolo menzionano cannoni in bronzo che sparano palle di ferro; successivamente al 1330 questa novità è pienamente recepita in Europa, dove i cannoni sono impiegati con sempre maggiore frequenza, tanto da essere definiti comuni e familiari dal Petrarca nel De remediis (1, 99). Il dosaggio di salnitro, carbone e zolfo sarà oggetto di costanti ricerche, per cercare di perfezionare la proporzione tra i tre componenti di base.
Schioppi e cannoni montati su ruote erano comunque difficili da trasportare, complicati da costruire e pericolosi da maneggiare. Ma in battaglia il solo fragore del colpo o di più colpi assieme produceva notevole timore: nella prima battaglia della guerra dei Cento anni, nel 1346 a Crécy in Francia, le bombarde seminano col loro frastuono il terrore, “… pareva che Iddio tonasse, con grande uccisione di gente e sfondamento di cavalli” (Giovanni Villani, Nuova cronica, libro XIII, vol. 2, p. 454). A partire dalla seconda metà del XIV secolo i fabbri europei si cimentano nella fabbrica di cannoni sempre più grandi fino a raggiungere dimensioni sorprendenti, notevolmente efficaci soprattutto nell’abbattimento delle mura cittadine. Le difficoltà maggiori consistono nella costruzione delle bocche metalliche capaci di resistere all’esplosione senza danneggiarsi. Con i perfezionamenti della metallurgia i cannoni vengono fabbricati anche in bronzo, più facile da fondere rispetto al ferro. Del resto non mancano artigiani esperti nella colatura del bronzo, abilità acquisita nella produzione di campane e nella secolare pratica della fusione a cera persa. Anche se più costosa, ben presto l’artiglieria in bronzo viene preferita a quella in ferro, più difficile da fabbricare e soggetta a fratture con l’uso. Per quanto riguarda le materie prime, il rame proveniva dalle miniere dell’Ungheria, del Tirolo, della Boemia, della Sassonia e lo stagno da Inghilterra, Spagna e Germania.
Nella seconda metà del XV secolo la domanda di cannoni cresce con la formazione dei grandi stati nazionali, le guerre, i viaggi di esplorazione, tanto da arrivare a un vero e proprio commercio legato ai centri metallurgici: a Norimberga, Lione, Bolzano, Anversa, città legate alle regioni da cui si estraevano i metalli necessari alla fusione dei cannoni, si sviluppano fiorenti attività economiche.
Dal punto di vista del funzionamento, la lenta combustione della polvere da sparo – composta da carbone, zolfo e salnitro – obbligava gli addetti a pressare il miscuglio dentro il cannone con un bastone coperto di stracci, lo stoppaccio; nel secolo successivo l’invenzione della polvere da sparo in grani risolverà questo problema e renderà il cannone una macchina da guerra davvero efficiente. In seguito alla diffusione delle nuove armi da fuoco si ha un impulso nella progettazione, particolarmente ricca di spunti nel corso del XV e XVI secolo, di fortezze dal nuovo profilo, con mura capaci di fronteggiare meglio di quelle medievali i colpi dei cannoni. Le ricerche sui diversi utilizzi della polvere da sparo proseguono per tutto il XV secolo, conducendo all’ideazione della mina incendiaria e della mina esplosiva, che verrà impiegata sia per abbattere tratti di mura sia per ragioni militari che per usi civili.