Le Americhe e l'Oceania: dal popolamento alla formazione delle società complesse
di Duccio Bonavia
La provenienza asiatica dei gruppi umani che popolarono le Americhe è un dato ormai acquisito; più problematica è la datazione del loro arrivo. Esistono in merito posizioni contrastanti: secondo alcuni studiosi l'uomo non sarebbe giunto nel continente prima di 11.500-11.000 anni fa, mentre altri sostengono che le prime ondate di popolamento si sarebbero verificate in epoche precedenti. Generalmente si ritiene che il maggiore ostacolo al popolamento delle Americhe sia stato l'attraversamento dello Stretto di Bering; in realtà il problema è più complesso ed è connesso con la presenza di ghiacciai continentali che dovettero ostacolare il percorso dell'uomo verso sud. Durante la fase di massima espansione glaciale, tra 20.000 e 18.000 anni fa, il livello del mare era inferiore di 100-200 m rispetto a quello attuale e buona parte dello stretto si era trasformata in un istmo. Prima di questo periodo il livello delle acque era più alto e lo Stretto di Bering, per quanto ovviamente di ampiezza maggiore rispetto al periodo di massima glaciazione, era tuttavia più ridotto di quanto sia oggi: attraversare la distesa di ghiaccio doveva dunque essere relativamente facile. Prima di 75.000 anni fa, nelle fasi precedenti la Glaciazione Wisconsin, la zona dello Yukon si trovava nelle stesse condizioni climatiche di oggi, mentre il clima dell'istmo beringiano era più freddo e secco. Durante il Quaternario due grandi ghiacciai si estendevano sul continente, il Laurenziano ad est e il Cordiglierano ad ovest. Essi si congiunsero una prima volta fra 80.000 e 65.000 e una seconda fra 23.000 e 10.000 anni fa. Nell'intervallo tra 65.000 e 23.000 anni fa si aprì un corridoio, che si richiuse però nel corso del periodo interstadiale tra 32.000 e 23.000 anni fa. Il blocco totale, prodottosi prima di 18.000 anni fa, interessò il territorio compreso tra l'Alberta meridionale e lo Yukon sud-orientale, per un'estensione totale di 1200 km, impedendo così il passaggio dell'uomo. Durante la fase di massima glaciazione l'attraversamento dello Stretto di Bering fu invece reso possibile dall'abbassamento del livello del mare. In Siberia il clima era più freddo rispetto a quello attuale, mentre in Alaska, dove fino a 9000 anni fa si estendeva una steppa, esso doveva essere più temperato. Sembra che il passaggio lungo la costa fosse difficile, per quanto recenti studi ne postulino la possibilità; ma un innalzamento da 60 a 200 m del livello del mare, avvenuto in quest'area tra 14.000 e 12.000 anni fa, ha cancellato ogni eventuale evidenza archeologica. Se lo spostamento dall'Alaska alle Grandi Pianure fu antecedente al periodo di massima estensione della calotta glaciale, l'uomo dovette affrontare condizioni climatiche difficili, con temperature inferiori a quelle attuali e forti venti, ma non proibitive. Il corridoio dell'Alberta apertosi fra le due grandi masse glaciali, che intorno a 10.000 anni fa si estendeva per varie centinaia di chilometri di larghezza, rappresentò dunque per lungo tempo una possibile via d'accesso, anche se non priva di difficoltà. L'interpretazione dei dati è inoltre resa più complessa dal fatto che i siti paleoindiani con datazioni certe sono più numerosi ad ovest delle Grandi Pianure e delle Montagne Rocciose che nelle regioni orientali. Prima di 12.000 anni fa alcune aree delle Grandi Pianure erano coperte da boschi, ma tanto a nord che a sud la prateria era ancora estesa e costituiva l'habitat dei grandi erbivori (mammut, bisonti, cavalli e antilopi). Tra 11.000 e 10.000 anni fa le zone boschive dell'area centrale e orientale delle Grandi Pianure si trasformarono in vaste praterie: a questo mutamento sopravvissero l'alce e il bisonte, ma non il resto dei grandi mammiferi. La comunità scientifica ha dibattuto a lungo se la scomparsa di questa fauna sia stata esclusivamente conseguenza del mutamento climatico o se invece vi abbia svolto un ruolo anche l'intervento umano. Nel Gran Bacino e nel Sud-Ovest le trasformazioni più rilevanti a partire da 14.000 anni fa furono di ordine idrologico: il clima divenne arido, mentre nel Nord-Ovest le condizioni ambientali da secche mutarono in umide. Si suppone quindi che i primi cacciatori-raccoglitori si spostassero alla ricerca di ecosistemi più ricchi di selvaggina. Per le regioni orientali vi è carenza di informazioni al riguardo, tuttavia è certo che a sud della calotta glaciale, tra 12.000 e 10.000 anni fa, esisteva un ambiente di tundra e di foreste di abeti rossi in cui i gruppi potevano, compatibilmente con le variazioni stagionali, cacciare il caribù e disporre di altre risorse, mentre nel settore sud-orientale, dove la vegetazione era costituita da alberi a foglie caduche, viveva il cervo, forse la preda preferita dai cacciatori. Va però ricordato che i più antichi giacimenti dell'area orientale si addensano nel Nord-Est, un territorio di tundra e di foreste di abeti: l'unica spiegazione valida sembra essere quella proposta da E.A. Wright Jr., secondo cui il caso ha avuto un ruolo decisivo nella loro scoperta. Per quel che riguarda l'America Centrale, durante il periodo di massima espansione della calotta glaciale la varietà di ecosistemi fu la stessa di quella odierna, anche se con temperature più basse e precipitazioni più scarse: l'uomo non dovette dunque incontrare ostacoli rilevanti all'occupazione dell'area. Quanto all'America Meridionale, pochi sono i dati relativi al periodo anteriore a 12.000 anni fa. Qui i ghiacciai si formarono solo lungo il rilievo andino, estendendosi in alcune aree al di sotto dei limiti attuali, oscillanti intorno ai 5000 m s.l.m. L'espansione dei ghiacci avvenne contemporaneamente a quella verificatasi in America Settentrionale, tra 20.000 e 12.000 anni fa, ma con variazioni locali, e le valli interandine divennero probabilmente le vie di accesso delle migrazioni umane. Le pianure costiere occidentali, ampliatesi a seguito dall'abbassamento del livello del mare, furono abitate a partire dalle zone più alte, utilizzando come direttrici di penetrazione le valli costiere trasversali. Scarsissimi sono i dati riguardo ai bassopiani tropicali orientali: si è ipotizzato che durante l'ultima glaciazione le condizioni climatiche fossero più secche e le aree forestali del bacino amazzonico meno estese. La distribuzione delle zone di savana dovette essere sostanzialmente diversa da quella attuale e la loro ampiezza assai maggiore. Dal sud della Florida all'Argentina si creò un corridoio di savane, probabilmente utilizzato dai gruppi umani negli spostamenti. Tra le specie animali che l'uomo trovò in America Meridionale vi erano Camelidi, mastodonti, cavalli, grandi Mammiferi Sdentati appartenenti alle famiglie Megateridae e Mylodontidae, Gliptodonti, Toxodonti e capibara giganti. Ben presto però questa paleofauna si estinse: sopravvissero Cervidi, Camelidi, piccoli Roditori e varie specie di uccelli, i cui resti sono quelli maggiormente presenti nei più antichi depositi archeologici. Sebbene prima di 30.000 anni fa il passaggio nel continente americano fosse dunque relativamente facile, né in Canada né negli Stati Uniti sono emerse prove convincenti del fatto che esso abbia avuto luogo in quel periodo. Scarsi sono i resti umani anteriori a 10.000 anni fa; su alcuni ritrovamenti, ai quali è stata assegnata una grande antichità, il mondo scientifico nutre serie perplessità, mentre i rimanenti risalgono all'Olocene. Le uniche evidenze considerate attendibili sono quelle provenienti dal sito di Warm Mineral Springs (Florida), risalenti a 10.300 anni fa, e forse le ossa pelviche rinvenute a Natchez (Mississippi), che sembrano appartenere al periodo glaciale. In America Meridionale, tra i resti la cui datazione non suscita controversie i più antichi sono quelli di Paiján (Perù), risalenti a 10.700 anni fa.
Sono definite paleoindiane le culture dei primi abitanti delle Americhe, collocabili tra il tardo Pleistocene e le prime fasi dell'Olocene, con un modello di sussistenza basato sulla caccia ai grandi Mammiferi. Soprattutto in riferimento all'America Meridionale, questa fase viene anche chiamata Periodo Litico. Come già osservato, a tutt'oggi si possiedono scarse evidenze di gruppi paleoindiani anteriori a 15.000-14.000 anni fa. Vi sono comunque alcuni siti con datazioni più antiche, quali Calico Hills (deserto di Mojave, California), Old Crow (Yukon, Canada), Lewisville e Friesenhahn Cave (Texas), Santa Rose Island e La Jolla (California), Tule Springs (Nevada), oscillanti tra 38.000 e 19.000 anni fa. Ve ne sono poi altri non datati, ma alle cui industrie litiche è attribuita grande antichità, come Lake Chapala Basin (Baja California), Lake Manix e Coyote Gulch (deserto della California), Black Forks (Wyoming), il complesso Tolchaco (Arizona) e il complesso Farmington (California). Sotto diversi aspetti tutti questi giacimenti presentano aspetti problematici; uno dei siti più attendibili è comunque Meadowcroft (Pennsylvania), dove l'occupazione umana iniziò intorno a 19.600 anni fa. I siti più antichi dell'Alaska e dello Yukon potrebbero risalire a 14.000 anni fa, ma la maggior parte di essi è successiva a 12.000 anni fa; a partire da questa data si riscontra una grande quantità di giacimenti in Alaska, nel resto dell'America Settentrionale e in America Meridionale. In America Settentrionale questo fenomeno corrisponde alla Tradizione dei Cacciatori di Megafauna (Big-Game Hunting Tradition), che interessò soprattutto le Grandi Pianure e forse il Canada e l'Alaska, oltre che l'Arizona, il New Mexico e le regioni orientali degli Stati Uniti. A tale tradizione appartengono le culture Clovis e Folsom, che presentano evidenti mutamenti tecnologici rispetto alle industrie del Vecchio Mondo e che sono senza dubbio di elaborazione locale. Clovis si caratterizza per punte di freccia lanceolate a base concava, con scanalatura laterale ottenuta per percussione; essa è associata a resti di mammut, Camelidi, cavalli, bisonti e risale a circa 10.000 anni fa. Della cultura Folsom, sviluppatasi da quella Clovis, sono tipiche le punte di freccia lanceolate dall'accurato ritocco, con due alette alla base e una scanalatura su entrambe le facce. Scarsi sono gli studi riguardanti l'America Centrale, ma i ritrovamenti testimoniano analogie con i territori settentrionali e con quelli meridionali e configurano quest'area come una zona di transizione. Nonostante il gran numero di ricerche condotte in America Meridionale, i problemi relativi ai primi cacciatori-raccoglitori provenienti dalle regioni settentrionali continuano ad essere numerosi. Le ricerche condotte negli anni Trenta e Quaranta da J. Bird nell'estremità meridionale del continente attestano che intorno a 10.000 anni fa l'uomo aveva già attraversato l'intera America Meridionale, sebbene non sia possibile determinare quando sia iniziata la sua avanzata in questa parte del continente. Non vi sono neppure certezze, né accordo tra gli specialisti, sulle direttrici di diffusione dei primi gruppi di cacciatori-raccoglitori. Mentre alcuni studiosi hanno proposto le coste del Pacifico, altri sono più propensi per la direttrice andina. Condividendo la seconda posizione, è possibile ipotizzare un ulteriore ingresso dalle regioni orientali del continente, corrispondente ai gruppi che popolarono gli attuali territori del Brasile e le regioni più meridionali. Un altro problema tuttora irrisolto è quello delle relazioni di questi primi cacciatori-raccoglitori sudamericani con i gruppi identificati in America Settentrionale: non è infatti chiaro se essi siano da porsi in relazione con quelli Clovis, o invece con gruppi pre- Clovis diversificatisi in America Meridionale. Agli inizi degli anni Settanta G.R. Willey, riprendendo le teorie di A.D. Krieger, ha postulato l'esistenza di una tradizione di schegge, di choppers e di grandi bifacciali analoghi a quelli del Paleolitico inferiore europeo. Questa teoria è stata fortemente criticata e oggi è praticamente abbandonata, fondamentalmente perché in America Meridionale le prove dell'esistenza di attività umane anteriori alle fasi finali del Pleistocene sono poche e non sempre chiare. Quella che Willey ha definito Tradizione degli Antichi Cacciatori Sudamericani comprenderebbe tutti i gruppi di cacciatori-raccoglitori specializzati nella caccia ad animali di grande taglia. In questa tradizione lo studioso include la tecnologia delle più antiche punte bifacciali, i cui antecedenti sarebbero quelle dell'America Settentrionale. I manufatti sono rappresentati da punte lanceolate, lavorate bifaccialmente per percussione e per pressione, che possono essere raggruppate in due tipologie principali: la prima è quella delle cosiddette punte a coda di pesce, probabilmente le più antiche e connesse con la tradizione Clovis, mentre la seconda è costituita da punte allungate di forma foliacea, di poco più tarde. Venivano inoltre fabbricati raschiatoi, grattatoi, coltelli e una serie di manufatti in osso, come punte e punzoni. Gli animali più cacciati erano i Cervidi, i Camelidi, il bradipo gigante, il piccolo cavallo americano e i mastodonti. Le due tipologie litiche si diffusero nella catena andina, sulla costa del Pacifico e nelle pianure argentine tra 11.000 e 9000 anni fa. La tradizione delle punte a coda di pesce risalirebbe alla prima metà di questo periodo, mentre quella delle punte foliacee alla seconda. I rinvenimenti più importanti attribuibili alla prima tradizione corrispondono a quello che nell'estremità meridionale del continente è stato definito complesso Magallanes I e nelle regioni montuose dell'Ecuador El Inga I. Nel caso di Magallanes I i siti più importanti sono la Grotta di Palli Aike e la Grotta Fell, dove sono stati rinvenuti accampamenti relativi a piccole bande di cacciatori che si dedicavano alla caccia ai grandi animali terrestri. Nel sito di El Inga, in prossimità di Quito (Ecuador), sono state rinvenute punte a coda di pesce simili a quelle di Magallanes I, anche se il giacimento presenta una serie di problemi di ordine stratigrafico. Resti isolati di punte di questo tipo sono stati portati alla luce sulla costa ecuadoriana, nella cordigliera centrale e occidentale della Colombia, in Venezuela, nel Brasile orientale, nell'Uruguay meridionale e in Patagonia; inoltre sono stati effettuati ritrovamenti sulla costa settentrionale peruviana, a cui si farà cenno più avanti. La tradizione delle punte allungate di forma foliacea iniziò anch'essa precocemente, perdurando fino ad epoche molto tarde; essa è correlata con i rinvenimenti effettuati nel sito di El Jobo (Venezuela), dove però non è associata a fauna pleistocenica. Neppure è chiaro se la tradizione sia nata in America Meridionale o se sia invece alloctona; essa continua ad essere identificata nella zona meridionale dell'Ecuador, lungo la costa centrale e nelle regioni montuose del Perù, così come nella parte meridionale del Sudamerica. Nella sierra essa è associata a punte a forma di foglia di salice o del tipo Ayampitín. Il sito più conosciuto è quello di Lauricocha; i modelli economici di questi gruppi erano centrati sulla caccia a Cervidi e Camelidi. Vi è inoltre una serie di importanti siti con la medesima industria nel Callejón de Huaylas, nell'area di Junín, nella zona del Mantaro, nel Cile settentrionale, nel Salar de Atacama, nel Nord-Ovest argentino e nella zona di Magallanes; resti simili, sebbene forse più recenti, sono stati rinvenuti anche nel Brasile orientale. Grazie ai ritrovamenti effettuati negli ultimi due decenni, il quadro culturale che all'epoca degli studi di Willey si presentava nei termini sopra descritti sembra oggi molto più complesso e se ne rende dunque necessaria una riformulazione. Gli ultimi tentativi compiuti in questo senso sono quelli condotti dall'équipe di T.D. Dillehay agli inizi degli anni Novanta. Secondo l'ipotesi di questo studioso, nelle basseterre tropicali, nelle savane e nel páramo (zona con vegetazione steppica) degli altipiani nord-occidentali dell'America Meridionale sarebbero esistiti tra 12.000 e 10.500 anni fa gruppi di cacciatori che utilizzavano manufatti unifacciali e vari tipi di bifacciali, oltre a un'industria su osso; tra questi gruppi si possono citare quelli portatori della tradizione Joboide, del complesso Tequendama e del complesso El Abra. Nel caso di El Inga si evidenzia una diversità di industrie, con numerosi tipi di manufatti. Quanto al panorama culturale delle basseterre del Venezuela, delle regioni orientali e occidentali della Colombia e dell'area ecuadoriana, esso risulta ancora poco definito. Vi sono poi i cacciatori paleoindiani della foresta tropicale dei territori orientali e centrali dell'America Meridionale e della zona di savana. Nel Brasile sono stati rinvenuti manufatti appartenenti a un complesso unifacciale, talora riscontrato in siti la cui antichità è ancora oggetto di dibattiti: è il caso di Toca do Sitio do Meio e di Pedra Furada (datazioni tra 50.000 e 6000 anni fa), dei ripari di Lagoa Santa (una datazione a 15.000 anni fa), di alcuni giacimenti della regione del Goiás (14.000 anni fa) e del sito di Alice Boër, che appare anteriore a 14.000 anni fa. Anche per la zona del Río Uruguay (area brasiliana) si hanno datazioni a 12.000 anni fa. Relativamente attendibili, ancorché scarsi, sono i dati sui gruppi paleoindiani delle pampas dell'Uruguay e dell'Argentina orientale e su quelli della Patagonia. L'antichità dell'industria Catalanense dell'Uruguay, con manufatti su lamine, schegge e alcuni bifacciali, è stata stimata a 9000 anni. La pampa dell'Uruguay, le regioni nord-orientali e quelle centrali dell'Argentina risultano ancora poco documentate. Il sito di La Moderna ha una probabile antichità di 12.000 anni; a Cerro La China è stata identificata un'industria di punte a coda di pesce risalente a 10.000 anni fa, la stessa riscontrata a Cerro El Sombrero. In Patagonia, nelle grotte di Los Toldos, sono state ottenute controverse datazioni risalenti a 11.000-10.000 anni fa. Più chiara è la cronologia della Grotta Fell (11.000 anni), della Grotta di Palli Aike (9000 anni) e della Cueva del Medio (12.000 anni), tutte con un'industria di punte a coda di pesce. Per quanto concerne infine le aree desertiche e di prateria delle Ande Centrali e Meridionali, occorre distinguere tra le regioni costiere, che si estendono dal Perù settentrionale al Cile meridionale, e le valli interandine e la puna di Perù, Cile e Argentina. Sulla costa dell'estremo nord del Perù è stato rinvenuto un complesso di manufatti unifacciali a cui è stata assegnata un'antichità di 10.500 anni, ma il quadro non è ancora del tutto chiaro. Più a sud si colloca un complesso che è stato ben studiato soprattutto nel Perù settentrionale, ma che si estende almeno fino alla costa meridionale del paese: si tratta del complesso Paijanense, con un'industria unifacciale e bifacciale, datato tra 10.700 e 7900 anni fa. Si deve segnalare che fino a non molto tempo fa si conosceva un'unica punta a coda di pesce proveniente da quest'area, mentre recentemente ne sono stati rinvenuti altri esemplari in associazioni ben definite. Tutto fa supporre che i cacciatori paleoindiani giunti alla costa modificarono la loro tecnologia, adeguandola all'ecosistema marino, e adottarono le punte Paiján, particolarmente atte a infilzare il pesce. Il complesso Paijanense non può dunque essere attribuito a veri gruppi di cacciatori, ma a cacciatori- raccoglitori in uno stadio di adeguamento dei modelli di sussistenza all'habitat costiero. Per tale ragione, sebbene continuassero a cacciare alcuni animali di media taglia, come i Canidi, essi integravano la loro dieta con fauna di dimensioni minori (Uccelli, Roditori, serpenti), cibandosi anche di prodotti marini e di vegetali. Nella zona meridionale del Perù e in quella settentrionale del Cile, che comprende anche un settore di sierra, si localizza invece quella che G.R. Willey ha definito Antica Tradizione di Cacciatori. Più a sud, sulla costa cilena, i siti di Quereo e Tagua Tagua possiedono un'antichità di 11.000 anni, mentre il più meridionale sito di Monte Verde dovrebbe risalire a circa 13.000 anni fa, anche se per gli strati più antichi sono state proposte datazioni di 33.000 anni. Per le valli interandine i più antichi gruppi di cacciatori documentati sono quelli del Callejón de Huaylas (Perù), il cui sito più significativo è la Grotta del Guitarrero, dove sono stati rinvenuti vari tipi di punte bifacciali datate a 10.000 anni fa; nello stesso periodo punte bifacciali erano in uso anche più a sud, nel già citato sito di Lauricocha. Sulla puna di Junín è stata individuata una serie di giacimenti con vari tipi di punte datate tra 11.000 e 10.000 anni fa, ma appartenenti tutte alla tradizione centroandina; nella zona di Jujuy e Mendoza (Argentina) predominano invece punte bifacciali, risalenti a 10.000 anni fa. Questo è, a grandi linee, il quadro generale del processo di popolamento e delle più significative evidenze pleistoceniche della presenza umana nelle Americhe, anche se non è ancora possibile definirlo più in dettaglio per il continuo succedersi di ritrovamenti che pongono nuovi problemi e riaprono antiche questioni. In questo senso, è ad esempio particolarmente vivace il dibattito tra gli studiosi più conservatori, che non accettano le evidenze di un'occupazione pre-Clovis, e quelli che invece le ritengono attendibili.
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di Thomas R. Hester
Vengono definite arcaiche le culture nordamericane di cacciatori- raccoglitori apparse dopo la fine del Pleistocene, circa 10.000 anni fa. Il termine fu inizialmente applicato da W.A. Ritchie alle società nomadi e non-agricole degli Stati Uniti nord-orientali, in particolare alla cultura Lamoka che egli aveva studiato; gli archeologi che operavano in siti degli Stati Uniti orientali iniziarono ad adottarlo durante gli anni Trenta e Quaranta, così come fecero molti studiosi nel volume curato da J. Griffin (1952). Ulteriori definizioni del concetto vennero formulate da G.R. Willey e Ph. Phillips e riprese dallo stesso Willey nella maggiore sintesi sull'archeologia nordamericana (1966). Sotto certi aspetti l'Arcaico può essere correlato con il Mesolitico europeo, in quanto fase di caccia-raccolta successiva al Pleistocene e antecedente all'affermazione di modi di vita agricoli. In America Settentrionale esso occupò comunque uno spazio temporale molto più esteso, di circa 8000-9000 anni, e spesso lasciò il posto non a gruppi agricoli sedentari, ma a culture di stile Arcaico, talora definite come "preistoriche recenti", che adottarono arco e frecce e altri tratti culturali intorno al 500-1000 d.C.; tali culture, non-agricole e generalmente aceramiche, perdurarono fino al contatto con gli Europei nel XVII e XVIII secolo. In altre aree dell'America Settentrionale, principalmente le Foreste Orientali e il Sud-Ovest, le culture arcaiche adottarono l'orticoltura, la ceramica e la sedentarietà già intorno al 1500-1300 a.C. Questi tratti segnano gli esordi del Formativo, il periodo in cui si sarebbero sviluppate società complesse. In termini generali, l'Arcaico nordamericano è contraddistinto da numerosi tratti: 1) la presenza di piccoli gruppi nomadi di cacciatori-raccoglitori; 2) l'impiego del propulsore (atlatl ); 3) la fabbricazione di grandi punte di proiettile di pietra scheggiata, generalmente peduncolate (conosciute come dart points nella letteratura archeologica americana); 4) un'ampia varietà di altri manufatti in pietra scheggiata, quali raschiatoi, coltelli e strumenti per perforare, asce e scalpelli levigati, pipe tubolari in pietra, pesi di atlatl, oltre a strumenti per macinare e frantumare, quali macinelli (manos) e macine (metates); 5) diversificate industrie su osso (punteruoli, aghi, grani); 6) soprattutto, caratteristiche specializzazioni regionali connesse con gli ecosistemi locali e con le risorse in essi disponibili (ad es., lo sfruttamento dei molluschi nei fiumi del Sud-Est, quello di risorse vegetali come le ghiande nella California centrale, la caccia al cervo e alla piccola selvaggina e la raccolta di piante nel Texas, la caccia al bisonte nelle Pianure). Questo diffuso modello è inoltre caratterizzato da sequenze tipologiche regionali di punte di proiettile, che variano nel tempo per forma e tecnologia e che costituiscono un eccellente indicatore cronologico per tracciare lo sviluppo dell'Arcaico e le relazioni interregionali. Negli Stati Uniti nord-orientali, dove il concetto ebbe origine, gli studiosi hanno identificato varie tradizioni dell'Arcaico Antico, Medio e Recente, comprese tra il 7000 e il 1000 a.C. La Tradizione Laurenziana iniziò intorno a 5000 anni fa negli Stati di New York, New Jersey, Pennsylvania e nel Sud del New England: i manufatti caratteristici comprendono grandi punte di pietra scheggiata con intaccatura laterale, tipiche punte peduncolate e coltelli in ardesia. La fase Brewertown del Sud dello Stato di New York (2000 a.C. ca.) ha fornito dati sui modelli di sussistenza, che erano centrati sulla caccia al cervo, sulla pesca e sulla raccolta di noci. Altri manufatti introdotti in questo periodo furono sgorbie e asce di pietra levigata per lavorare il legno, bannerstones (pesi per propulsori), punteruoli e ami da pesca in osso. La Tradizione Piedmont comprende la fase Lamoka, il complesso culturale che diede origine all'impiego del termine Arcaico da parte di W.A. Ritchie. Datato al 2500-2000 a.C. circa, il complesso Lamoka è caratterizzato da piccole punte di pietra scheggiata dell'Arcaico Recente, da asce di pietra levigata e da pietre da macina. I siti Lamoka sono numerosi e vi sono state rinvenute evidenze di abitazioni a pianta rettangolare. Anche l'Arcaico del Sud-Est è datato tra il 7000-6000 e il 1000 a.C. I siti di questo periodo sono stati intensivamente scavati e sono state elaborate molte sequenze regionali, documentate da progressivi mutamenti degli stili delle punte di proiettile. Come presso molte altre popolazioni arcaiche, l'organizzazione sociale si basava su piccoli gruppi che si spostavano frequentemente in cerca di selvaggina, piante e noci. Siti come Eva (Tennessee) attestano che qualche gruppo arcaico divenne semisedentario, fondando i propri modelli di sussistenza sulla raccolta di Molluschi (mitili) nei fiumi dell'area; rimase comunque importante la caccia al cervo. Ad Eva è stato identificato un vasto chiocciolaio stratificato con una sequenza di varie occupazioni arcaiche. I manufatti comprendono punte di proiettile con intaccatura basale (del tipo Eva, impiegate nella caccia al cervo), manufatti di pietra levigata come pipe tubolari e gorgiere e un gran numero di strumenti in osso di cervo (numerosi sono gli ami da pesca curvi e i loro scarti di lavorazione) e in corno dello stesso animale (punte di arpone coniche). Il sito di Indian Knoll (Kentucky) è noto soprattutto per le oltre 1100 sepolture scavate da W.S. Webb, circa un terzo delle quali comprendeva offerte, tra cui oggetti di rame e conchiglie di buccino. Ceramica cruda datata al 1700 a.C. è stata rinvenuta in alcune aree del Sud-Est, mentre intorno al 1300 a.C. massicce opere in terra vennero costruite a Poverty Point, ritenuto da alcuni studiosi un sito dell'Arcaico. L'Arcaico del Midwest americano presenta anch'esso molti sviluppi regionali e siti-chiave per l'interpretazione della storia culturale di questo periodo; anche in quest'area esso ebbe lunga durata (8000 ca. - 1500 a.C.). Sebbene la selvaggina (soprattutto cervi) fosse un'importante risorsa alimentare, studi paleobotanici hanno posto in evidenza un consistente sfruttamento di piante e semi e una precoce domesticazione (forse intorno al 2000 a.C.) della zucca (Cucurbita). Nonostante le strategie insediative dei piccoli gruppi dell'Arcaico fossero caratterizzate da una grande mobilità, vi sono evidenze del fatto che con il passare del tempo si andarono affermando una certa territorialità e la semisedentarietà. Intorno al 3000-2000 a.C. iniziarono ad essere eretti mounds funerari e i siti vennero costruiti in luoghi protetti, forse per esigenze difensive. In alcune aree si accentuò progressivamente l'importanza delle risorse acquatiche o rivierasche, che consentì concentrazioni di popolazione in queste stesse aree e in pochissimi siti delle regioni montuose. I principali giacimenti sono Koster (Illinois), un campo-base occupato tra 8000 e 900 anni fa, il riparo roccioso di Modoc (Illinois), dove alla fine degli anni Cinquanta venne delineata una delle prime sequenze dell'Arcaico dell'area, Pigeon Roost Creek (Missouri), con una dettagliata sequenza di punte di proiettile, e i siti di Nebo Hill (Missouri, Arkansas), dove nel II millennio a.C. gruppi nomadi dell'Arcaico erano in possesso di ceramica degrassata con fibre vegetali. A differenza del Midwest e delle Foreste Orientali, nelle Grandi Pianure punte di proiettile paleoindiane, modelli di insediamento e attività di caccia al bisonte sembrano essere perdurati fino ad epoche tarde. Gli inizi dell'Arcaico delle Pianure si datano intorno al 6000 a.C., segnalati soprattutto dal passaggio dalle punte lanceolate del Paleoindiano alle punte di proiettile peduncolate: il processo è particolarmente evidente a Mummy Cave (Wyoming) e si colloca intorno al 6020- 5680 a.C. I modelli di sussistenza erano centrati sulla caccia al bisonte: sono stati identificati numerosi siti di uccisione di questo animale, tra cui Hawken (Wyoming), datato intorno al 4400 a.C., dove i bisonti erano costretti ad entrare in un ruscello. A Kobold (2500 a.C.), nel Montana, vi era un bisonjump, luogo in cui le mandrie erano condotte verso un precipizio alto almeno 8 m, uccise e macellate nell'area sottostante. Nell'Arcaico Recente per la caccia al bisonte vennero frequentemente utilizzati corrales o recinti entro cui gli animali erano sospinti e uccisi con lance; in siti come Ruby (Wyoming) potevano essere macellati fino a 25 bisonti in una sola battuta di caccia. Nel Texas e nelle aree adiacenti l'Arcaico ebbe inizio intorno al 6500 a.C. e perdurò sino al 500-700 d.C., quando vennero introdotti arco e frecce; anche allora, i modi di vita di stile Arcaico continuarono, con l'eccezione delle aree forestali di Texas, Louisiana, Arkansas e Oklahoma, dove si stavano sviluppando l'agricoltura e i villaggi sedentari. Una delle aree meglio documentate è la regione dell'Edward Plateau (Texas centrale). I gruppi arcaici cacciavano il cervo e altra selvaggina e raccoglievano piante, semi e noci; particolarmente importanti erano le ghiande. Uno dei più comuni siti-tipo dell'Arcaico è il burned rock midden, un accumulo cupoliforme (mound) di roccia spaccata dal fuoco e di ceneri, frequentemente dello spessore di 1-2 m e dell'estensione di oltre 2500 m². Intorno a tali accumuli sono spesso ubicati siti di occupazione con un gran numero di punte di proiettile, scarti di scheggiatura della selce, pietre da macina, punteruoli in osso e strumenti su lamella, oltre ad evidenze della raccolta di chiocciole come integrazione della dieta. La formazione di questi depositi è apparentemente dovuta al ripetuto uso di forni centrali di terra, costituiti da fosse rivestite di pietre calcaree in cui venivano cotti alimenti vegetali. I bulbi di sotol (agave) erano una delle principali risorse vegetali sottoposte a questo processo. L'Arcaico del Gran Bacino (comprendente Utah, Nevada e settori dell'Oregon e della California) iniziò intorno al 9000- 8000 a.C. e si protrasse fino al 1000 d.C. Nel Gran Bacino orientale i siti di Danger Cave e di Hogup Cave documentano la Cultura del Deserto, un adattamento locale all'ampia dispersione delle risorse vegetali e faunistiche. Nei depositi asciutti di grotte e ripari rocciosi sono stati rinvenuti numerose punte di proiettile, macinelli e una gran varietà di oggetti in materiali deperibili (stuoie, cesti, reti, sandali). Nel Gran Bacino occidentale i modelli di sussistenza sembrano essere stati centrati sullo sfruttamento delle risorse dei laghi (Tradizione Lacustre), che comprendeva la caccia all'anatra, la pesca e l'utilizzazione di piante acquatiche, integrate dalla caccia stagionale a conigli, cervi e pecore di montagna. Siti come Lovelock Cave e Humboldt Cave hanno fornito eccellenti evidenze dell'adattamento all'ecosistema lacustre già intorno al 3000 a.C. A Lovelock Cave sono stati rinvenuti nascondigli con richiami per anatre (realizzati con intelaiature di piante lacustri rivestite di piume di anatra) e altri elementi di cultura materiale. L'Arcaico della California è estremamente variato, date le grandi diversità di suoli, clima e risorse lungo la costa del Pacifico e nelle catene montuose interne. Per la California centrale è stata delineata negli anni Trenta una sequenza generale, articolata negli orizzonti Antico e Medio, seguiti dall'Orizzonte Recente (Preistorico Recente; comparsa di arco e frecce). Nella sussistenza dei gruppi arcaici un ruolo centrale era svolto dalla caccia (cervo, alce) e dalla pesca; le ghiande erano comunque la risorsa principale, che poteva essere raccolta in grandi quantità e immagazzinata per essere consumata nel corso dell'anno. Questo modello perdurò nella sequenza culturale della California centrale fino al periodo storico. La prevedibilità delle risorse alimentari di quest'area consentì l'esistenza di insediamenti meno temporanei di cacciatori-raccoglitori, nei quali sono stati rinvenuti elaborati elementi di cultura materiale provenienti soprattutto da contesti funerari, come amuleti e altri manufatti di pietra levigata, strumenti in pietra scheggiata e levigata e una vasta gamma di manufatti in osso e ornamenti di conchiglia. Nella California meridionale sono stati rinvenuti in antichi siti (come Topanga Canyon, nei pressi di Los Angeles) numerosissime piastre e mortai per il trattamento di semi e piante, datati tra il 6000 e il 1000 a.C. Per le fasi più recenti dell'Arcaico è attestata una maggiore importanza della caccia al cervo, della pesca e dello sfruttamento di Mammiferi marini; sul versante pacifico una particolare enfasi nell'adattamento all'ecosistema litoraneo è stata riscontrata nelle Channel Islands, al largo della costa di Santa Barbara.
W.A. Ritchie, The Lamoka Lake Site, New York 1934, pp. 79-134; Id., The Pre-Iroquoian Occupations of New York State, Rochester 1944; W.S. Webb, Indian Knoll, Site Oh 2, Ohio County, Kentucky, Lexington 1946; J. Griffin, Archaeology of Eastern United States, Chicago 1952; G.R. Willey - Ph. Phillips, Method and Theory in American Archaeology, Chicago 1958; G.R. Willey, An Introduction to American Archaeology, I, Englewood Cliffs 1966; Th.R. Hester, Chronological Ordering of Great Basin Prehistory, Berkeley 1973; H.J. Shafer, Defining the Archaic: an Example from the Lower Pecos Area of Texas, in Th.R. Hester (ed.), The Texas Archaic, San Antonio 1976, pp. 1-9; J.D. Jennings (ed.), Ancient North Americans, San Francisco 1983; J.L. Phillips - J.A. Brown, Archaic Hunters and Gatherers in the American Midwest, New York 1983; B.M. Fagan, Ancient North America, London 1995².
di Claude-François Baudez
Il Periodo Arcaico è compreso tra la fine del Pleistocene, avvenuta circa 10.000 anni fa e caratterizzata dalla scomparsa della megafauna, e la formazione dei primi villaggi di agricoltori sedentari in possesso di ceramica, risalente al II millennio a.C. Nel territorio di circa 1 milione di km² che nel corso del tempo sarebbe divenuto la Mesoamerica, il clima, il rilievo e la vegetazione presentano una notevole eterogeneità. La maggioranza degli studi su questo periodo e sulle origini dell'agricoltura si è concentrata nelle zone semiaride che, sebbene offrano le migliori condizioni di conservazione delle vestigia organiche, proprio a causa della loro aridità non furono certamente terreni propizi allo sviluppo agricolo. Successivamente sono state indagate regioni dagli ecosistemi più favorevoli, dove ebbero luogo sviluppi culturali alquanto differenti. Intraprendendo nel 1945 le sue ricerche nella sierra del Tamaulipas, nella pianura costiera del Golfo di Messico, il principale obiettivo di R.S. MacNeish fu quello di reperire dati sul passaggio dalla predazione alla produzione e su quello dal nomadismo alla sedentarietà. Egli ottenne una sequenza cronologica di notevole estensione, che aveva avuto inizio nel 10.000 a.C., ma scarsi resti vegetali. Nel 1954 lo stesso ricercatore scavò tre grotte nella vicina regione della Sierra Madre, che fornirono una sequenza d'occupazione più breve, ma con numerosi resti vegetali conservati (Cucurbitacee, fagioli e mais). Tra il 1960 e il 1965 le ricerche di MacNeish si estesero alla valle di Tehuacán, tra il Messico centrale e la valle di Oaxaca. In questa zona arida di 1600 km², dove vennero localizzati 47 siti preceramici, i più importanti materiali rappresentativi dell'Arcaico provengono dallo scavo di sei grotte; quattro fasi preceramiche furono individuate nella Grotta di Coxcatlan, tre nei ripari El Riego e Purrón e due nella Grotta di San Marcos. I dati ottenuti sono di grande rilievo, soprattutto per ciò che concerne l'evoluzione dell'ambiente e della sussistenza dei gruppi umani che vissero nella valle in epoca anteriore al 1700 a.C. Nella valle di Oaxaca, in particolare nella Grotta di Guilá Naquitz e a Cueva Blanca, le ricerche di K.V. Flannery e dei suoi collaboratori hanno confermato e integrato la sequenza stabilita da MacNeish. A Guilá Naquitz è stato rinvenuto un seme di zucca coltivata (Cucurbita pepo) datato al 7840±240 a.C., che costituisce a tutt'oggi la più antica testimonianza di domesticazione in Mesoamerica. Il complesso dei dati ottenuti nelle alteterre del Tamaulipas, a Tehuacán e nell'Oaxaca indica che il passaggio dalle attività appropriative a quelle produttive fu un processo estremamente lungo, che potrebbe essersi verificato nell'arco di cinque o sei millenni. I modi di occupazione e di sfruttamento di questi territori semiaridi dovettero implicare una profonda conoscenza del ciclo annuale delle risorse selvatiche e una grande mobilità, che consentì lo sfruttamento di nicchie ecologiche disperse. Nel corso del VI e del V millennio a.C. venivano consumate diverse piante in via di domesticazione (peperoncino, zucche, avocado, fagioli e mais). Lo sviluppo dell'orticoltura e, successivamente, quello dell'agricoltura non sovvertirono le modalità tradizionali di sfruttamento seminomadico del territorio; in effetti la mobilità compensava i rischi che un'agricoltura pluviale in ambiente semiarido doveva comportare. Si sarebbe dovuto attendere il I millennio a.C. perché i gruppi di Tehuacán adottassero tecniche irrigue e fondassero villaggi permanenti. Le zone di estuario marino presentano un ambiente di grande ricchezza, prodotto dalla giustapposizione di differenti biotopi che l'uomo poté sfruttare. Nella zona di Ocós (costa pacifica del Guatemala in prossimità del confine con il Messico) M.D. Coe e K.V. Flannery hanno accertato che, a partire da un insediamento permanente, potevano essere sfruttate le risorse dell'oceano, degli estuari, dei mangroveti, oltre che quelle di lagune, foreste e savane presenti nelle regioni interne. Mammiferi, uccelli acquatici, Rettili, Anfibi, Molluschi, Crostacei e Pesci integravano nella dieta i frutti, le bacche e le Graminacee raccolti nei diversi biotopi. Altre ricerche, effettuate sia sulla costa atlantica che su quella pacifica, hanno confermato che in certe zone litoranee della Mesoamerica si verificò una precoce sedentarizzazione. Allo stesso modo, in alcune regioni lacustri dal clima temperato delle aree montuose (zona di Tlapacoya-Zohapilco scavata da Ch. Niederberger) nel corso del VI millennio a.C. venivano sfruttati tre biotopi diversi e complementari: la foresta, le zone alluvionali (in cui vennero intraprese le prime sperimentazioni orticole sull'amaranto, le Cucurbitacee, il pomodoro e il mais) e l'ambiente lacustre. Di quest'ultimo si utilizzavano sia le risorse permanenti (pesci e gallinelle d'acqua), sia quelle stagionali (Rettili e Anfibi commestibili in estate, oche e anatre migratrici in inverno). Le ricerche effettuate nei diversi ambienti hanno così dimostrato come il processo di neolitizzazione sia avvenuto molto più rapidamente nelle regioni da lungo tempo propizie alla domesticazione, in particolare in alcune zone costiere e negli habitat lacustri di montagna. Se in queste aree la sedentarizzazione favorì la nascita dell'agricoltura, in altre essa apparve più come corollario che come causa della domesticazione di piante. Per spiegare la nascita e lo sviluppo dell'agricoltura nel Vicino Oriente si è fatto ricorso sia a mutamenti climatici che ad incrementi demografici. Questi due fattori non entrano apparentemente in gioco in Mesoamerica, dove durante l'Arcaico la popolazione fu poco numerosa e dispersa. Secondo Flannery, mutamenti morfologico-genetici di alcune piante (in particolare Graminacee), come risposta a interventi umani talvolta anche minimi, furono determinanti nel processo di transizione verso un'economia produttiva. Inoltre, in ambienti poco favorevoli come quelli delle zone semiaride, i cacciatori-raccoglitori si resero conto dei rischi prodotti dalle considerevoli variazioni del regime pluviale; forse furono proprio la valutazione di tali rischi e la ricerca di soluzioni atte a ridurli a favorire lo sviluppo delle pratiche agricole. Lo studio del Periodo Arcaico e del processo di neolitizzazione in Mesoamerica è stato ostacolato da due problemi principali: in primo luogo è molto difficile distinguere tra le più antiche specie coltivate e quelle selvatiche; secondariamente, i campioni vegetali sono stati per lungo tempo datati in forma indiretta attraverso analisi radiocarboniche su carboni provenienti dagli stessi livelli stratigrafici. La messa a punto negli anni Ottanta dell'analisi al radiocarbonio per spettrometria di massa con acceleratore (AMS) ha permesso la datazione diretta dei resti vegetali, dal momento che la quantità di materia richiesta da questa tecnica è infima. Le date così ottenute negli ultimi anni da macroresti vegetali del Periodo Arcaico hanno nel complesso considerevolmente ridimensionato l'antichità delle evidenze di domesticazione delle piante. Se la datazione dei primi campioni di zucca rinvenuti a Guilá Naquitz (8000 a.C. ca.) non è stata contraddetta, il mais coltivato non sarebbe invece apparso prima del 3640 a.C. nella valle di Tehuacán e prima del 2455 a.C. nel Tamaulipas sud-occidentale. È stato inoltre accertato che le diverse specie di fagiolo apparvero in epoca tarda e non nelle prime fasi agricole. Queste revisioni cronologiche possono avere un'incidenza sull'analisi del passaggio dalle attività appropriative a quelle produttive: la postdatazione avvicina gli inizi dell'agricoltura a quelli della sedentarietà e autorizza ad accordare maggiore importanza ad eventuali incrementi demografici. Si è comunque ancora lontani dall'elaborazione di un quadro esauriente: in considerazione della scarsità delle ricerche a tutt'oggi realizzate, per esaminare dettagliatamente una questione tanto complessa come la neolitizzazione risulta indispensabile disporre di nuovi dati provenienti da regioni diverse.
M.D. Coe - K.V. Flannery, Early Cultures and Human Ecology in South Coastal Guatemala, Washington 1967; R.S. MacNeish et al., The Prehistory of the Tehuacan Valley, I-V, Austin 1967-72; Ch. Niederberger, Early Sedentary Economy in the Basin of Mexico, in Science, 203 (1976), pp. 131-42; K.V. Flannery (ed.), Guilá Naquitz. Archaic Foraging and Early Agriculture in Oaxaca, Mexico, New York 1986.
di Duccio Bonavia
A differenza della maggior parte del mondo, in America Meridionale non è stata adottata una terminologia specifica per differenziare le varie fasi culturali che si succedono a partire dagli antichi gruppi di cacciatori-raccoglitori fino alle prime comunità agricole, per la ragione fondamentale che nel subcontinente non appare esservi stata unitarietà di sviluppo; alcuni autori indicano questo periodo con il termine di Arcaico, mentre altri impiegano la definizione di Preceramico Medio. Dal momento che l'uomo arrivò in America in epoca relativamente tarda, i confini temporali di tali fasi non coincidono con quelli registrati in altri continenti ed è dunque difficile fissare una data-limite generale per la fine del periodo di caccia-raccolta. Vi sono comunque alcune evidenze che segnalano inizi di mutamento presso vari gruppi durante le prime fasi oloceniche: per questa ragione diversi autori, seppure in forma arbitraria, ritengono che tale datalimite possa essere fissata al 6000 a.C. In considerazione della grande diversità che caratterizza la dinamica degli sviluppi culturali dell'America Meridionale, è molto complesso elaborare un quadro generale: si farà dunque riferimento a ciascuna area, senza entrare in dettaglio. Sul litorale caribico, specificatamente nell'area colombiana, una serie di chiocciolai datati tra il 3500 e il 3400 a.C. attesta per quest'epoca la presenza di gruppi umani con un'economia fondata soprattutto sulle risorse marine. Intorno al 3500 a.C., comunque, in questa zona si verificò un importante mutamento: la comparsa di una tra le prime produzioni ceramiche del continente, rinvenuta a Puerto Hormiga, alla foce del Río Magdalena, e a Bucarelia, nell'interno. Nel primo caso si è in presenza di una società con un'economia centrata sulle risorse terrestri e marine e in possesso di una tecnologia essenzialmente di caccia-raccolta; nel secondo la situazione è analoga, ma la pesca era praticata principalmente nei fiumi, mediante arponi. Chiocciolai datati tra il 4000 e il 3000 a.C. sono stati identificati anche sulle coste del Venezuela; essi documentano società di pescatori-raccoglitori, sebbene alcuni indizi permettano di ipotizzare sperimentazioni agricole. Nella savana dello stesso Paese i giacimenti noti, come quello di Canaima (Stato di Bolívar), corrispondono a gruppi presso cui perduravano attività di caccia. Per l'Amazzonia si possiedono a tutt'oggi scarsi dati. In quest'area il quadro culturale è complesso: in numerose località è attestata una lunga continuità di occupazione dei siti ad opera di società in cui non si verificarono rilevanti mutamenti. Nella Gruta de Gavião e nella Gruta do N1 (Pará, Brasile), ad esempio, è stata identificata una sequenza compresa tra 8000 e 2900 anni fa, corrispondente a un complesso preceramico in cui non compaiono punte, con utensili su scheggia utilizzati per lo sfruttamento di risorse terrestri e fluviali. Anche l'area del Mato Grosso è scarsamente documentata. Più a sud, sul versante atlantico (Minas Gerais, Brasile), mentre la tradizione più antica corrisponde a una società di cacciatori con un'efficiente industria litica, dal 7000 a.C., a causa di un rialzo termico che avrebbe avuto fine solo nel 3000 a.C., l'attività economica principale divenne la raccolta di Molluschi terrestri e di frutti. Nella regione di Lagoa Santa per il periodo tra il 9000 e il 5000 a.C. è documentata una serie di evidenze, identificate sull'altopiano centrale del Brasile, dal Nordeste fino a Minas Gerais, e raggruppate sotto il nome di Tradizione Itaparica. Questa è rappresentata da un'industria su scheggia generalmente priva di punte e bifacciali, propria di cacciatori con accampamenti stagionali che praticavano la raccolta di risorse selvatiche. Sul litorale atlantico sono molto diffusi i sambaquí, vasti depositi di conchiglie datati per la maggior parte tra il 3000 e il 1000 a.C. Le comunità sfruttavano soprattutto le risorse marine: scarse sono infatti le ossa di animali terrestri e le punte di proiettile. L'industria litica si compone di manufatti su scheggia ed è affiancata da un'industria su osso. Si è ipotizzato che gli occupanti dei sambaquí praticassero attività agricole nei terreni vicini alle spiagge, ma questa ipotesi non è stata comprovata. Nelle pampas dell'Uruguay e dell'Argentina i modi di vita non subirono sostanziali trasformazioni almeno fino al 2000 a.C. I gruppi, dediti soprattutto alla caccia al guanaco, crearono un'importante industria litica composta da manufatti su lamella, che in America Meridionale costituiscono un'eccezione; sono inoltre presenti bolas di pietra, tratto caratteristico dei cacciatori di guanaco delle pampas. Tali industrie si diffusero fino all'estremità meridionale del continente, perdurando in taluni casi fino al 2300 a.C. Sulle coste dello Stretto di Magellano, del versante pacifico dell'isola di Chiloé e nell'arcipelago di Capo Horn vi è una serie di chiocciolai, i più antichi dei quali risalgono al 4000 a.C., riferibili a gruppi provenienti dalle regioni interne e inizialmente dediti alla caccia che adottarono modelli economici centrati sullo sfruttamento delle risorse marine. Tale fenomeno si spiega con un fortissimo aumento dell'umidità verificatosi tra il 6500 e il 4000 a.C., che causò l'espansione delle zone di foresta e dunque la diminuzione dei branchi di guanachi. Per l'area del versante pacifico, scarsi sono i dati provenienti dalle regioni costiere della Colombia e dell'Ecuador, in quanto questi territori sono stati soggetti a forti modificazioni che hanno provocato la scomparsa di vestigia di attività antropiche. Nella Penisola di Santa Elena (Ecuador) tra l'8000 e il 4700 a.C. si sviluppò la cultura Las Vegas, diffusasi anche verso le regioni interne; la caccia e la pesca, la raccolta di vegetali e forse qualche forma di coltivazione fornivano le basi di sussistenza. I giacimenti attribuibili alla cultura Las Vegas documentano occupazioni semipermanenti e un'industria litica molto semplice. Sulla costa centrale del Perù è ubicato l'importante sito di La Paloma, la cui seconda fase di occupazione è compresa tra il 5000 e il 2800 a.C. Si tratta di un insediamento permanente, con un'economia fondata soprattutto sulle risorse marine, in minor misura su quelle vegetali e occasionalmente su quelle animali reperibili nelle vicine lomas, formazioni vegetali proprie della stagione invernale. Poco più a sud, a Chilca, tra il 5000 e il 2500 a.C. erano stanziati altri gruppi semisedentari che, pur sfruttando principalmente le risorse marine, avevano probabilmente iniziato a praticare attività orticole. A Ring Site (zona di Ilo, estremo sud del Perù), invece, tra il 5000 e il 3000 a.C. la popolazione continuava a dipendere dalle risorse del litorale. Sulla costa del Cile settentrionale tra il 5800 e il 3600 a.C. si sviluppò la cultura Chinchorro (le fasi più recenti si datano al 500 a.C.), la cui economia era fondata principalmente sulle risorse marine. Essa produsse un'interessante industria su osso (soprattutto arponi e armi da getto) e ami di conchiglie, oltre a tessuti di cotone e cesteria. Più a sud è stato identificato il complesso Quiani, la cui fase più antica iniziò intorno al 4000 a.C.; l'economia era prevalentemente marittima, anche se erano già conosciute alcune piante domestiche. Uno degli elementi caratteristici di questo complesso è costituito dagli ami di conchiglia. Nella seconda fase (3600-1200 a.C.) si nota l'esistenza di un'organizzazione sociale più complessa, anche se in un contesto economico analogo; nella cultura materiale non si rilevano particolari mutamenti, ma gli ami di conchiglia vennero sostituiti da altri ricavati da spine di cactus. Intorno al 3000 a.C. iniziarono ad essere fabbricate reti di cotone, mentre proseguì l'uso di piante domestiche, quasi certamente provenienti dalle regioni interne. Nelle regioni montuose della Colombia e dell'Ecuador non si registrarono significative trasformazioni rispetto ai modi di vita dei cacciatori pleistocenici. A seguito delle variazioni climatiche, nella savana di Bogotá i gruppi dovettero adattarsi all'ambiente forestale e dunque le attività di caccia vennero progressivamente sostituite da quelle di raccolta. Dal 4000 a.C. si nota una diminuzione nel numero dei siti, ma si rilevano due fenomeni importanti: nel giacimento di Chía I tuberi e radici assunsero una maggiore importanza, mentre il riparo roccioso di Zipacón è l'unico sito di savana con indizi di pratiche agricole datati al 2000 a.C. L'area più importante in questo periodo fu comunque quella delle Ande Centrali. Nella Grotta del Guitarrero (Callejón de Huaylas, Perù) vi sono chiare prove del fatto che già prima dell'8000 a.C. i gruppi di cacciatori-raccoglitori avevano iniziato a praticare l'orticoltura: dal sito provengono infatti le prime evidenze di piante coltivate dell'America Meridionale. Nella sierra centrale del Perù sono state condotte ricerche in un gran numero di giacimenti e in alcuni di essi si nota una lunga continuità di occupazione, come nel caso di Lauricocha, o una prolungata serie di rioccupazioni, come a Telarmachay, dove queste sono comprese tra la fine del Pleistocene e l'Olocene avanzato. Nel sito intorno al 4000 a.C. vennero domesticati i Camelidi; sebbene evidenze di questo processo siano state a tutt'oggi rinvenute solo in questo giacimento, una serie di indizi permette di supporre che esso si sia verificato anche in altre zone delle Ande. Un quadro analogo si registra nella sierra di Ayacucho, ma senza evidenze di domesticazione di animali. Nelle zone elevate della puna cilena i mutamenti furono minori, anche se si rileva un progressivo incremento dello sfruttamento di Camelidi e di tuberi. Invece a Tiliviche (Cile settentrionale), a 1000 m s.l.m., benché predominasse un'economia di tipo marittimo, gruppi transumanti che si spostavano tra il litorale e le aree interne sfruttarono precocemente piante selvatiche e coltivate. A partire dal 3000-2500 a.C. in una serie di giacimenti delle coste dell'Ecuador e del Perù è documentata la presenza di gruppi, provenienti dagli altopiani e in parte dalla zona orientale delle Ande e dalla foresta, che erano dotati di un'organizzazione sociale relativamente complessa e che, nonostante avessero un'economia centrata sulle risorse marine, traevano il principale sostentamento dall'agricoltura. Nonostante il fenomeno sia poco chiaro, tutto sembra indicare l'esistenza di diversi nuclei di domesticazione. Occorre ricordare che questa fu l'epoca in cui vennero domesticate praticamente tutte le piante utilizzate fino all'arrivo degli Europei e si gettarono le basi della civiltà andina.
G.R. Willey, An Introduction to American Archaeology, II, Englewood Cliffs 1971; K.O. Bruhns, Ancient South America, Cambridge 1994; D. Lavallée, Promesse d'Amérique. La préhistoire de l'Amérique du Sud, Paris 1995.
di Thomas R. Hester
Sull'origine delle società complesse in America Settentrionale e in Mesoamerica sono state condotte negli ultimi tre decenni del Novecento approfondite ricerche. Tra gli sviluppi più significativi nello studio del processo di evoluzione della complessità culturale vi sono le più antiche datazioni relative alla comparsa di cultigeni, nuovi dati sulle comunità agricole del Messico settentrionale e l'identificazione di forti influssi delle culture mesoamericane su quelle del Sud-Ovest degli Stati Uniti. La documentazione disponibile attesta che i più antichi cultigeni apparvero in Mesoamerica. J.E. Clark, B. Voorhies e M. Blake hanno rinvenuto lungo la costa del Pacifico evidenze di un insediamento semisedentario risalente al 3000-2000 a.C. (fase Chantuto), basato sullo sfruttamento delle abbondanti risorse di molluschi e sull'orticoltura del mais. A questo modello dell'Arcaico Recente fece seguito sulla costa pacifica del Chiapas la fase Barra (o Mokaya), caratterizzata intorno al 1550 a.C. dalla comparsa della più antica ceramica mesoamericana. Nella fase Barra apparvero villaggi sedentari in cui si coltivavano fagioli e avocado (il mais era solo un alimento complementare), anche se le attività di caccia, pesca e raccolta continuarono a rivestire un ruolo importante. È interessante notare come la ceramica Barra, sebbene di elaborata fattura, tendesse a imitare la forma della zucca. Nella successiva fase Locona (1400-1250 a.C.) gli insediamenti divennero più numerosi e la ceramica morfologicamente più complessa; è stata inoltre rilevata l'esistenza di una gerarchia nella dimensione dei siti, possibilmente a seguito dello sviluppo di un sistema politico. Ad esempio, il sito di Paso de la Amada possiede edifici pubblici e copre 50 ha di superficie, mentre altri insediamenti della stessa fase sono di dimensioni minori, occupando un'area di 1 ha o meno. Le successive fasi Ocós, Cherla e Cuadros (1250-900 a.C.) mostrano una crescente complessità sociopolitica: si formò un nuovo centro regionale in aggiunta a quello di Paso de la Amada e le élites locali iniziarono a scambiare beni e idee e ad adottare alcuni tratti della tradizione olmeca. Nella dieta l'importanza di fagioli e avocado continuò ad essere maggiore di quella del mais. Nelle paludi ai confini settentrionali del Belize sono state rinvenute evidenze di coltivazione incipiente, probabilmente a livello di orticoltura, attribuibili a cacciatori-raccoglitori dell'Arcaico Recente (o Preceramico) e risalenti al 3000-2500 a.C. Il Colha Preceramic Project ha raccolto molti dati palinologici sui cultigeni (forse manioca, peperoncino, cotone) e su tipici utensili unifacciali in pietra scheggiata, impiegati come strumenti da macina. I siti più importanti sono Colha, Ladyville e Kelly. Non si sa invece quasi nulla sulla struttura dei villaggi o sulla mobilità dei gruppi. La distribuzione degli utensili unifacciali preceramici in gran parte del Belize settentrionale e centrale indica un modello ampiamente diffuso. Una probabile area di abitazione è stata scavata da M. Pohl a Pulltrouser Swamp, nel Belize settentrionale, ma a tutt'oggi nella regione (a differenza di altre aree della Mesoamerica) non sono stati identificati villaggi agricoli appartenenti con certezza al Formativo Antico: i più antichi insediamenti conosciuti, come quelli identificati a Cuello, Colha e nell'alta valle del Belize, risalgono infatti al 1000-900 a.C. circa (inizi del Formativo Medio). Nell'Oaxaca K.V. Flannery, J. Marcus e altri ricercatori hanno dettagliatamente analizzato il processo di formazione delle società complesse, con particolare riferimento alla cultura zapoteca. Fin dal Formativo Antico, e forse anche nelle fasi precedenti, vi erano villaggi con una popolazione di oltre 500 abitanti, una stratificazione sociale e un'economia basata su zucche e fagioli. Intorno al 1350 a.C. si affermò come centro principale San José Mogote, al cui interno vennero edificati templi, terrapieni ed edifici pubblici. Queste manifestazioni sono precorritrici dello sviluppo di Monte Albán, considerata da molti studiosi come la prima città della Mesoamerica; fondata nel 500 a.C., essa raggiunse l'apogeo intorno al 700 d.C., quando arrivò a contare una popolazione di almeno 24.000 abitanti (Classico Recente), per poi entrare in una fase di irreversibile decadenza. Alcune tra le più dettagliate informazioni sui più antichi villaggi agricoli mesoamericani provengono dagli scavi realizzati negli anni Sessanta da R.S. MacNeish in numerosi siti della valle di Tehuacán (Messico meridionale). Durante la fase Coxcatlan (5500-4500 a.C.) i gruppi erano ancora numericamente ridotti. MacNeish ritiene che essi avessero già iniziato a coltivare le primitive forme di mais, oltre a peperoncino, amaranto e zucche. I gruppi erano ancora nomadi, in quanto le principali attività di sussistenza continuavano ad essere la caccia e la raccolta. L'antichità dell'orticoltura postulata da MacNeish a Tehuacán è stata rimessa in discussione nel 1989 da alcune datazioni radiocarboniche che la collocano al 3000 a.C. e non a circa 2000 anni prima. Ciò nonostante, il lavoro di MacNeish continua ad essere di grande utilità per la comprensione dell'evoluzione dei modelli insediativi nel Messico meridionale. A partire dalle fasi Abejas e Purrón (3500-1500 a.C.) prese avvio una significativa produzione agricola e apparvero villaggi sedentari. Intorno al 1700-1500 a.C., il graduale sviluppo dell'agricoltura e della sedentarietà rappresentò un modello ampiamente diffuso in gran parte della Mesoamerica; ad esempio, sulla Costa del Golfo di Messico apparvero piccoli villaggi che sembrano precorrere lo sviluppo della civiltà olmeca. La fase preolmeca Ojochi (1500-1350 a.C.) risulta caratterizzata da una ceramica tipica, da figurine di argilla e da schegge di ossidiana importata. Sulla base di similarità riscontrate nella produzione fittile, è possibile ipotizzare che questi villaggi del Formativo Antico abbiano anche avuto contatti con i gruppi della fase Barra della costa del Chiapas. A nord della Costa del Golfo di Messico, i villaggi del Formativo Antico comparvero intorno al 1700 a.C., con ceramica, strumenti di ossidiana e probabilmente la coltura della manioca. Per il periodo successivo (intorno al 1150 a.C.) esistono evidenze di forti legami con la cultura olmeca e di accentuato sviluppo della produzione di mais. Nella fase Bari delle basseterre del Veracruz-Tabasco (1750-1400 a.C.), di cui è buon esempio il sito di San Andrés, nei pressi di La Venta, è documentata la presenza negli insediamenti di ceramica e di pietre da macina; nelle fertili pianure alluvionali era probabilmente praticata l'orticoltura, ma perdurava anche un intenso sfruttamento delle risorse fluviali e marine (principalmente molluschi). A partire dal 1350 a.C. vi fu una forte accelerazione nei processi di sviluppo culturale, che risulta particolarmente visibile nel Formativo Medio con la comparsa della civiltà olmeca in questa regione della Costa del Golfo. Per il Messico centrale è stata delineata una lunga sequenza di villaggi del Formativo. La fase Zohapilco (2500 a.C. ca.) corrisponde alle prime comunità di villaggio che coltivavano mais, peperoncino e zucche, continuando però a praticare anche attività di caccia e pesca. Apparentemente in questi villaggi non veniva prodotta ceramica, anche se va segnalato il rinvenimento di una figurina fittile. Il Formativo Antico (1800 a.C.) è attestato a Cuicuilco, nei pressi di Città di Messico, che agli inizi del Formativo Recente, nel 300 a.C., potrebbe aver raggiunto una popolazione di 10.000-20.000 abitanti. Il sito perilacustre di Tlatilco (1000 a.C. ca.) nel Formativo Recente possedeva case con muri a cannicciata, fosse-silos e alcune semplici piattaforme sopraelevate di argilla; esso è noto soprattutto per un'importante necropoli rinvenuta negli anni Quaranta, contenente centinaia di tombe, grandi quantità di figurine di ceramica e molte rappresentazioni di animali. La transizione verso società complesse è chiaramente documentata dalla nascita di Teotihuacan, avvenuta tra il 300 e il 100 a.C.; la città, che nel 500 d.C. (Periodo Classico) raggiunse forse una popolazione di 200.000 abitanti, fu invasa e parzialmente distrutta intorno al 750 d.C. Sviluppi urbani più tardi si verificarono presso i Toltechi con la città di Tula, a ovest di Città di Messico, che raggiungeva una popolazione di 60.000 persone nel 1200 d.C., quando fu distrutta. La successiva civiltà azteca fu fondata da cacciatori-raccoglitori provenienti da nord che avevano invaso il Messico centrale e costruito la loro capitale, Tenochtitlan, durante il Postclassico Recente (1427-1521); quando nel 1519 gli Spagnoli giunsero nella città, essa era uno dei maggiori centri urbani del mondo. I processi che portarono all'urbanizzazione in Mesoamerica furono diversi e determinati da un gran numero di fattori causali. Attività specializzate di caccia e di raccolta, integrate da un'agricoltura incipiente, condussero alla sedentarizzazione e a una rapida crescita demografica; ciò determinò lo sviluppo di villaggi più vasti, di complessi sistemi politici e religiosi, di una stratificazione sociale, di reti commerciali organizzate e di conflitti per il controllo delle risorse e della produzione. Si formarono in tal modo élites e potenti leaders che mediante alleanze diedero vita a formazioni socio-politiche in grado di realizzare opere pubbliche e di amministrare vasti centri urbani. Nel corso degli anni Novanta sono stati compiuti importanti progressi nella conoscenza delle prime comunità agricole dell'America Settentrionale e del loro ruolo nella nascita delle società complesse. A questo riguardo le aree culturali più significative furono il Sud-Ovest degli Stati Uniti, dove può essere tracciata una lunga sequenza di sviluppo delle culture complesse, e le Foreste Orientali, in particolar modo la regione in cui fiorì la cultura del Mississippi; anche qui vi è una lunga sequenza, da villaggi in cui le attività di sussistenza si fondavano sull'agricoltura e sulla caccia-raccolta specializzate allo sviluppo di culture complesse con grandi centri e almeno una città, Cahokia. Non sembra essere esistito un legame diretto tra il Sud-Ovest e l'area del Mississippi: l'evoluzione culturale del primo, sicuramente favorita da influssi mesoamericani, parrebbe più antica. La presenza di terrapieni di notevole antichità, di ceramica e di pratiche orticole è documentata in molti siti delle Foreste Orientali e, all'apice della complessità sociale, nell'area del Mississippi molti insediamenti presentavano affinità con quelli mesoamericani e, secondo molti studiosi, per gran parte ne derivavano. Per lungo tempo si è ritenuto che le culture Hohokam, Mogollon e Anasazi (Pueblo) del Sud-Ovest si fossero sviluppate dai gruppi di cacciatori-raccoglitori dell'Arcaico; nuovi studi indicano tuttavia che i cultigeni (mais) apparvero intorno a 3000 anni fa e che a partire da 500 anni più tardi cominciarono a formarsi villaggi permanenti con pithouses (abitazioni a pozzo). Questi dati provengono sia dall'Arizona meridionale che dai deserti di Sonora e Chihuahua (Messico nord-occidentale). Le evidenze rinvenute a Cerro Juanaquena (Chihuahua) suggeriscono un complesso sviluppo della vita di villaggio nel Messico settentrionale e nel Sud-Ovest. Il sito dovette ospitare una densa popolazione, pithouses, strutture comunitarie, silos e sepolture; per intensificare la produzione del mais vennero costruiti terrazzamenti agricoli. La cultura materiale è comunque tipica dell'Arcaico Recente (punte di proiettile, macine e altri strumenti in pietra levigata), mentre lo studio dei resti di semi e di animali attesta una predominanza di piante e mammiferi selvatici (conigli, cervo americano, antilopi) nell'economia di Cerro Juanaquena. R.J. Hard e J.R. Roney segnalano l'esistenza di almeno dieci altri siti risalenti a questo periodo nel Messico settentrionale e nel Sud- Ovest e sottolineano la necessità di rivedere i vecchi modelli di sviluppo unilineare dell'agricoltura nel Sud-Ovest: allo stato attuale delle conoscenze, infatti, nella lunga transizione dalla caccia-raccolta all'agricoltura sembrano avere giocato molte variabili e nella regione dovettero coesistere strategie adattative diversificate (accampamenti versus villaggi, piccoli gruppi versus grandi popolazioni). In gran parte del Sud-Ovest, zucche e fagioli (introdotti dalla Mesoamerica) si aggiunsero al mais, come documentato per il Periodo Basketmaker, agli inizi della sequenza Anasazi. I villaggi erano semisedentari, con un'economia centrata sia sull'orticoltura che sulla caccia-raccolta. Intorno al 200 d.C. nell'area venne introdotta la ceramica e si intensificò la dipendenza dall'agricoltura. Ciò portò alla comparsa di villaggi sedentari nelle tre aree culturali principali, ciascuna caratterizzata da una serie di fasi evolutive che riflettono progressivi incrementi di complessità nell'architettura, nella cultura materiale, nell'organizzazione socio-politica e nei commerci a lunga distanza. Il culmine di questo processo nel Sud-Ovest è meglio documentato nel Chaco Canyon (New Mexico nord-occidentale), dove intorno al 700-900 d.C. iniziò la costruzione di vasti pueblos, che vennero notevolmente ampliati nell'XI secolo. In tutto il Sud-Ovest i siti scavati negli anni Novanta hanno fornito moltissimi dati in merito agli influssi mesoamericani che hanno favorito la nascita di culture complesse. Vi furono ovviamente varie direttrici, così come diverse tipologie di relazioni; la diffusione delle credenze religiose mesoamericane (in particolar modo il culto di Quetzalcoatl) può essere considerata, insieme a numerosi altri tratti culturali e religiosi, di derivazione messicana. Nell'area delle Foreste Orientali, molti siti dell'Arcaico Recente documentano l'esistenza di modelli di insediamento sedentari o semisedentari; spesso i villaggi sono ubicati in ambienti rivieraschi e rivelano modelli di sussistenza fondati sullo sfruttamento di risorse vegetali, animali e ittiche. In alcuni siti di quest'area risalenti al 3000-1000 a.C. è stata riscontrata la presenza di silos, evidenze di commerci a lunga distanza e di progressivi incrementi demografici. Intorno al 2500 a.C. sulla costa del South Carolina apparve una ceramica piuttosto rozza, con degrassante di fibre vegetali. Nella bassa valle del Mississippi, almeno dal 1700 a.C. si edificavano terrapieni e si praticava l'orticoltura di piante domesticate native (come la zucca). Il sito più noto, ritenuto appartenente all'Arcaico Recente da alcuni studiosi e al Woodland Antico da altri, è Poverty Point, in Louisiana (1000 a.C. ca.), forse il primo vero chiefdom dell'America Settentrionale. Sebbene Poverty Point sia stato considerato per lungo tempo un fenomeno isolato, gli scavi effettuati negli anni Novanta in siti della Louisiana, come Watson Brakes, hanno portato alla scoperta di terrapieni di maggiore antichità. Nelle fasi Woodland Medio e Recente vi fu un costante incremento di complessità socio-culturale, come testimoniano l'elaborata cultura materiale, la costruzione di tumuli e le estese alleanze formatesi in epoca Adena e Hopewell. Nonostante l'alto livello di complessità, i villaggi delle culture Woodland erano ancora di dimensioni ridotte. Dal 1000 d.C. circa, una maggiore dipendenza dall'agricoltura (soprattutto mais e fagioli) creò i presupposti per la formazione di più vasti aggregati di popolazione; con essi si sviluppò una complessa organizzazione politica, sociale ed economica che, insieme a particolari pratiche religiose (il Culto Meridionale), condusse alla creazione di grandi centri e di città. Gli insediamenti principali comprendevano vasti tumuli (mounds) a piattaforma disposti intorno a plazas centrali (molto simili a quelle dei centri mesoamericani) ed erano protetti da fossati e palizzate. Molti centri, come Moundville e Etowah, non contavano più di 3000-5000 abitanti; fu solo a Cahokia (Illinois) che un insediamento della cultura del Mississippi raggiunse il livello urbano. L'apogeo della città risale al 1050-1250 d.C., quando essa arrivò ad occupare una superficie di oltre 13 km² e a contare una popolazione tra 20.000 e 30.000 abitanti. Il territorio di Moundville si estendeva probabilmente per un raggio di oltre 60 km. Le élites al potere in entrambi i centri esigevano tributi dai villaggi posti sotto il loro controllo e commerciavano a lunga distanza per ottenere beni esotici (conchiglie marine, rame, mica, sale, selce e stagno), impiegati come simboli di prestigio e di autorità. Comparando i dati archeologici della Mesoamerica e dell'America Settentrionale appare evidente che i più antichi cultigeni apparvero nella prima area, sebbene molti possano essere derivati da precedenti sviluppi agricoli dell'America Centrale. La Mesoamerica comprende diverse subaree culturali in cui vi è una lunga e dettagliata sequenza di sviluppo, dall'Arcaico Recente o Preceramico (con orticoltura, raccolta specializzata e semisedentarietà) al Formativo (o Preclassico), il periodo di formazione delle grandi civiltà mesoamericane. In America Settentrionale solo il Sud-Ovest e alcune regioni delle Foreste Orientali mostrano sequenze comparabili e, anche nelle fasi di massima auge, il livello di complessità sociale non raggiunse mai quello della Mesoamerica. Inoltre, molte delle piante coltivate nel Sud-Ovest e nella valle del Mississippi sembrano provenire dalle regioni mesoamericane. Nelle fasi preistoriche recenti dell'America Settentrionale, tra il 700 d.C. e l'epoca storica, si formarono comunità agricole nella regione di Caddo (Texas orientale) e negli Stati adiacenti. Analogamente, nelle Grandi Pianure modi di vita di villaggio sedentari o semisedentari, basati sull'agricoltura e sulla caccia al bisonte, si affermarono in epoca tarda, intorno al 1000 d.C., venendo interrotti dall'arrivo degli Europei e dall'introduzione del cavallo. La ceramica più antica potrebbe invece essere comparsa in America Settentrionale (ceramica con degrassante vegetale del Sud-Est) e non in Mesoamerica (materiali del Chiapas pubblicati da J.E. Clark). Appare dunque positivo il fatto che siano state avviate innovative ricerche archeologiche e che si stiano rivedendo gli antichi modelli di sviluppo delle società complesse.
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di Krzysztof Makowski Hanula
In America Meridionale l'area nucleare di "civilizzazione" risulta sostanzialmente circoscritta all'interno dei confini politici dell'impero Inca, ad eccezione delle sue frontiere settentrionali. Data l'ampia estensione e la varietà ecologica, l'area così definita comprende diversi nuclei di neolitizzazione e varie zone di integrazione culturale. Le condizioni climatiche, l'altezza della Cordigliera delle Ande, così come il tracciato delle vallate interandine condizionarono la formazione di tre aree culturali con una specifica configurazione, nonostante già prima della conquista Inca e di quella spagnola i loro percorsi culturali fossero stati interrelati: 1) l'area delle Ande Settentrionali, comprendente l'Ecuador e la Colombia sud-orientale, così come l'estremo Nord del Perù a settentrione della zona-cuscinetto di Paita; 2) l'area delle Ande Centro-Settentrionali, che si estende sulla costa del Perù tra le valli di Piura e di Asia e nella sierra comprende i bacini del Marañon e del Mantaro; 3) l'area delle Ande Centro-Meridionali, con le valli costiere del Perù e quelle del Cile a sud della valle di Asia e, nella sierra, con i bacini dell'Apurimac e del Lago Titicaca; essa comprende pertanto il Perù meridionale, la Bolivia, l'Argentina nord-orientale e il Cile settentrionale. Nella prima di queste aree, definita da G.R. Willey come zona intermedia tra i due poli dell'America nucleare, a partire dagli inizi del Periodo Formativo lo sviluppo fu marcato da contatti diretti con l'America Centrale, nonostante l'originale, precoce e autonoma linea evolutiva delle fasi precedenti (culture Las Vegas, Valdivia, Chorrera). Nelle altre due aree ebbe origine la Cotradizione andina, intuita da J.C. Tello e definita da W.C. Bennett. Fin dal Preceramico i tratti distintivi delle Ande Centro-Settentrionali furono rappresentati dallo sviluppo parallelo di culture complesse della costa (Huaca Prieta, Cupisnique, Moche, Lambayeque-Sicán, Chimú) e di vigorose tradizioni della sierra (Mito, Chavín, Recuay, Cajamarca). Nelle Ande Centro-Meridionali, invece, le culture espansioniste della sierra (Tiwanaku, Huari, Inca) riuscirono a sottomettere politicamente i gruppi vicini delle regioni costiere (Nazca); le prime evidenze di complessità sociale si manifestarono in quest'area circa 500 anni più tardi rispetto alle Ande Centro-Settentrionali, nonostante la precoce neolitizzazione (complesso Chinchorro).
Il processo di sviluppo delle Ande mostra diversi caratteri particolari, che ostacolano la comparazione diretta con altre aree del mondo antico. Il più ovvio riguarda il fatto che complesse iconografie ed elaborati sistemi mnemotecnici (come il quipu) vennero impiegati in luogo della scrittura dalle società andine prima del 1533 d.C., data della Conquista spagnola. Nonostante ciò, l'esistenza di architettura monumentale di grande rilievo, di sepolture di élite e di una ricca iconografia figurativa indica che forme complesse di organizzazione sociopolitica si erano strutturate già nella seconda metà del III millennio a.C., precedendo di vari secoli le prime evidenze della lavorazione di metalli e dell'uso generalizzato di ceramica. D'altro canto, lo sviluppo tecnologico seguì nelle Ande percorsi singolari, condizionati dall'ambiente, estremamente vario e instabile a causa, tra le altre cose, delle caratteristiche climatiche estreme, delle particolarità dei suoli e della copertura vegetale, così come del periodico impatto di episodi del fenomeno El Niño. La varietà ecosistemica si esprime in una lunga lista di oltre 25 specie domesticate, tra cui tuberi, Graminacee, Leguminose, alberi da frutto e piante industriali. Contrasta con tale diversità e con la ricchezza di risorse marine della costa del Pacifico il numero ridotto di specie animali domesticate per ricavarne carne e materie prime e per il trasporto: il lama e l'alpaca della famiglia dei Camelidi, oltre al cane (Canis familiaris), alla cavia (Cavia porcellus) e all'anatra (Cairina moschata); nessuna di tali specie possedeva le caratteristiche idonee per essere impiegata come animale da tiro, fattore che spiega l'assenza di carri (nonostante la ruota fosse conosciuta). Dalle origini fino alla Conquista, l'agricoltura si fondò esclusivamente sulla forza dell'uomo. Il bastone da scavo e la zappa, impiegata per rompere le zolle, furono gli unici strumenti agricoli tradizionali e il loro uso perdura a tutt'oggi. I progressi della tecnologia agraria sarebbero consistiti nell'introduzione di nuove tecniche di irrigazione (canali, gallerie filtranti o puquios, captatori di umidità nelle lomas), di gestione di zone soggette a siccità (campi seminterrati), di campi rialzati (waru-waru o camellones), di erosione di suoli (andenes), e nell'uso di fertilizzanti naturali (guano). Il miglioramento genetico e il sistema di policolture (diverse specie seminate nello stesso appezzamento) con varie modalità di rotazione sono tra gli aspetti importanti dell'evoluzione tecnologica ancora poco studiati dall'archeologia andina. La semplicità dei mezzi tecnologici riguarda anche i trasporti (lama da carico, balsas prive di vela e di timone, ad eccezione dell'area delle Ande Settentrionali) e la guerra. L'arco, in uso nelle aree marginali, non venne invece impiegato nella zona nucleare, dove si utilizzò il propulsore (atlatl). L'equipaggiamento militare comprendeva fionde, mazze eventualmente dotate di punte e teste di metallo, lance e asce. Lo sviluppo della metallurgia ebbe un impatto molto limitato sulla tecnicizzazione della guerra e consistette essenzialmente nel miglioramento delle punte e nell'introduzione di nuove forme di ascia. Dal momento che un adeguato regime alimentare e l'accesso a beni suntuari (principalmente tessuti e coca) dipendevano dal controllo di ecosistemi e livelli ecologici diversi, sovente le organizzazioni politiche adottavano la forma territorialmente discontinua, articolata in "arcipelaghi", teorizzata da J. Murra. Il volume dei beni scambiati a lunga distanza durante il periodo precedente la formazione di Stati regionali espansionisti era ridotto, date le limitazioni nei trasporti, eccetto che per le conchiglie tropicali (Spondylus sp., Strombus sp. e Conus sp.), provenienti dall'Ecuador settentrionale. Lo scambio diretto sembra avere assolto un ruolo molto più importante di quello istituzionalizzato a lunga distanza, eccetto che nell'area delle Ande Settentrionali. I rinvenimenti di oggetti suntuari in zone molto distanti dal luogo di produzione si devono nella maggior parte dei casi a pellegrinaggi (Galleria delle Offerte di Chavín, Pachacamac), a tributi e a meccanismi statali di reciprocità (tessuti e ceramica Inca). Caratteristiche molto particolari assunse anche l'urbanizzazione. Il modello predominante di insediamento era disperso; nei centri cerimoniali (Cahuachi, Pacatnamú, Pachacamac) e amministrativi (Pikillacta, Huánuco Pampa) risiedeva in genere una scarsa popolazione permanente. Pertanto, difficilmente l'urbanizzazione può essere considerata il frutto di un lungo processo, comparabile con quello descritto da V.G. Childe e R.McC. Adams. I centri andini di aspetto urbano dovettero la loro esistenza a cause di ordine politico e alla formazione di organizzazioni religiose e/o di Stati regionali; ciò risulta chiaro sia dalle loro sequenze di occupazione, relativamente brevi, sia dalla relazione con un unico componente culturale. L'assenza di tutta una serie di fattori tecnologici che, secondo il modello di Childe, avevano condizionato la formazione della società urbana divisa in classi, della città-stato, della proprietà privata e dei meccanismi di mercato potrebbe spiegare le particolarità dell'organizzazione socio-economica e politica nelle Ande. Ciò nonostante, non vi è ancora consenso in merito alla rilevanza assunta dalle differenze sopra elencate. L'ipotesi secondo cui le Ande e la Mezzaluna Fertile avrebbero condiviso la stessa linea evolutiva, segnata da due rivoluzioni (quella neolitica e quella urbana) ha a tutt'oggi sostenitori (L.G. Lumbreras, J. Marcos). Allo stesso modo, gli scambi commerciali e l'ipotetica nascita del modello urbano continuano ad essere utilizzati preferenzialmente dagli archeologi andini per spiegare i meccanismi di formazione dello Stato (W.H. Isbell per lo Stato Huari, D.J. Wilson e I. Shimada per quello Moche). Le alternative al modello comparativo di V.G. Childe, J.H. Steward e D. Collier sono state formulate a partire dagli anni Settanta. J.H. Rowe (Cuzco), J. Murra e C. Morris (Huánuco Pampa) hanno sottolineato le particolarità dell'urbanizzazione e del sistema economico Inca. Influenzati da M. Fried e R. Carneiro, S. Pozorski, T. Pozorski e J. Haas hanno avanzato l'ipotesi che la formazione dello Stato preceda le prime manifestazioni dell'ipotetica urbanizzazione andina e sia coeva alla tradizione ceramica più antica sulla costa dell'area delle Ande Centro-Settentrionali. Fattori scatenanti di questo processo sarebbero stati la comparsa di conflitti armati per l'accesso alle terre irrigabili e l'incremento di differenze nel livello di vita tra i centri vallivi e la periferia montuosa. Altri ricercatori hanno preferito esplorare le potenzialità offerte dalla comparazione con le forme politiche complesse presenti nel Nuovo Mondo, nelle Hawaii e in area caribica (T. Earle), vale a dire il dominio (chiefdom) e il dominio complesso. È stata ipotizzata l'esistenza di quest'ultimo tipo di organizzazione a Chavín (R. Burger e L.G. Lumbreras), Moche (I. Shimada) e Nazca (H. Silverman), tra gli altri siti. Negli anni Novanta anche archeologi di orientamento comparativista hanno preso le distanze da facili parallelismi sia con il Vecchio che con il Nuovo Mondo. R. Burger enfatizza il ruolo dei sistemi andini di lavoro corporativo, mentre D.J. Wilson e A. Kolata rigettano la possibilità di utilizzare il modello di città-stato nel senso della classificazione binaria di B.G. Trigger (stato-regione versus città-stato) rispettivamente per Moche e per Tiwanaku. Ugualmente, i risultati di studi etnostorici sulla cosmovisione e sulle strutture tradizionali di parentela e di possesso della terra iniziano ad alimentare le argomentazioni degli studiosi. T.D. Dillehay stabilisce un parallelismo tra l'architettura del Formativo e lo spazio sacro definito dalle costruzioni cerimoniali dei Mapuche del Cile. D'Altroy ubica la lotta per il potere nella valle del Mantaro, nel periodo in cui essa venne conquistata dagli Inca, nel contesto di un sistema di parentela patrilineare e matrilineare, i cui principi sono stati ricostruiti da T. Zuidema. W.H. Isbell tenta di rintracciare le origini della comunità territoriale di parentela (ayllu), nota attraverso le fonti coloniali, a partire dall'identificazione di comportamenti funerari nella sierra. Seguendo la linea tracciata da J.H. Rowe, M. Curatola e M.S. Ziolkowski indagano il ruolo della religione e degli oracoli nella lotta politica tra le panaca (lignaggi) imperiali Inca. A.M. Hocquenghem e K. Makowski trovano nell'iconografia e nei modelli funerari e insediativi Moche argomenti decisivi per sostenere l'esistenza di un sistema politico (diarchia), simile a quello che dominava ai tempi della Conquista spagnola varie zone del Tahuantinsuyu, secondo quanto accertato dalle ricerche di M. Rostworowski.
Per le ragioni esposte, esistono ampie divergenze su aspetti di cruciale importanza, come la datazione della nascita dei primi Stati e le loro caratteristiche strutturali. Secondo alcuni autori le origini dello Stato sono connesse con l'apparizione dell'architettura cerimoniale durante il II e addirittura il III millennio a.C.; altri enfatizzano l'importanza di tratti strutturali arcaici nell'organizzazione sociopolitica Inca. La maggior parte degli studiosi colloca la formazione dei primi Stati tra il II e l'VIII sec. d.C. Occorre segnalare che quest'ultima data coincide con lo sviluppo della metallurgia complessa nelle tre aree delle Ande Settentrionali, Centro-Settentrionali e Centro- Meridionali. L'assenza di consenso rispetto alle caratteristiche di processi, strutture sociali e istituzioni si riflette direttamente nell'uso di cronologie relative. Dato che non vi è un sistema generalmente accettato, affine alla sequenza di stadi o periodi dell'archeologia europea, i ricercatori utilizzano, in alcuni casi contemporaneamente, tre o più sistemi cronologici formulati sulla base di criteri diversi. Per le aree delle Ande Settentrionali e delle Ande Centro-Settentrionali la maggioranza degli studiosi segue fedelmente le teorie della scuola storico-culturale e l'ordinamento delle evidenze per stili-culture. Sebbene in teoria si prendano in esame tecniche costruttive, comportamenti funerari, iconografia e altri aspetti della cultura materiale in cui sono documentate situazioni di continuità o di discontinuità culturale, l'individuazione di mutamenti morfologici e stilistici nella ceramica cerimoniale ostacola le interpretazioni dei processi in misura molto maggiore rispetto ad altri criteri. I periodi recano i nomi delle ipotetiche culture etniche e si suddividono in fasi (Moche, Lambayeque o Sicán, Chimú). I tentativi di sostituire a questo un altro sistema basato sulla seriazione (J.A. Ford) e svincolato dalla scomoda identificazione a priori tra stile ed ethnos, o entità politica, non hanno a tutt'oggi prodotto risultati. Vari sostenitori ha invece il sistema cronologico elaborato a partire dall'approccio neoevoluzionista, secondo cui a certi livelli di sviluppo tecnologico corrisponderebbero sempre forme date di organizzazione politica e sociale. I nomi e le definizioni di periodi corrispondono dunque a supposti stadi evolutivi: popolamento ad opera di gruppi di cacciatori-raccoglitori, domesticazione di piante e animali, sedentarizzazione, stratificazione sociale e urbanizzazione, formazione e crollo di chiefdoms complessi, stati e imperi. Nelle Ande Centro-Meridionali si è imposto il sistema cronologico elaborato da J.H. Rowe, D. Menzel e dai loro collaboratori, in base al quale il tempo viene scandito da mutamenti dei motivi decorativi e di certe forme di ceramica cerimoniale. Per convenzione si assume che tale sequenza, stabilita per la valle di Ica sulla costa centro-meridionale, sia valida per tutto l'esteso territorio delle Ande Centrali. Le epoche di influssi foranei, denominate Orizzonti, si alternano nella sequenza ad epoche di predominanza di stili regionali, definite Periodi Intermedi. Occorre sottolineare che le cronologie basate sull'ipotetica relazione diretta tra uno stile della ceramica cerimoniale e un'unità etnica urtano contro varie difficoltà che pongono in evidenza la falsità dell'ipotesi. A margine delle polemiche sulla cronologia, nella preistoria dell'area nucleare andina si distinguono cinque grandi periodi, ciascuno dei quali si chiude con una fase di mutamenti accelerati. Queste fasi terminali creano il fenomeno dell'"orizzonte stilistico" descritto da G.R. Willey, J.H. Rowe, D. Menzel e R. Burger (Chavín, Huari e Inca) nei periodi marcati dalla presenza di ceramica. Si è assunta l'esistenza degli stadi citati come punto di partenza per proporre una periodizzazione di riferimento e facilitare in questo modo la comparazione tra numerose cronologie locali e subregionali come indicato in Tabella. Nei termini della cronologia proposta, le evidenze indiscusse di Stati espansionisti in lotta per l'egemonia (Sicán- Lambayeque, Chimú, Inca), di dottrine dinastiche espresse nei rituali funerari e nell'iconografia, di commercio statale a lunga distanza e della metallurgia del bronzo si concentrano nell'ultimo periodo, quello cioè degli Stati Combattenti. Di conseguenza, per seguire il processo che condusse alla comparsa di forme complesse di organizzazione sociale, si debbono prendere in esame tre periodi, compresi tra il 7600 a.C. e il 900 d.C.; essendo il Periodo Arcaico già stato trattato in precedenza, ci si occuperà qui del Formativo e del Periodo degli Sviluppi Regionali.
Periodo Formativo (2700-200 a.C.) - L'apparizione dell'architettura cerimoniale a carattere monumentale, che generalmente precedette la diffusione della ceramica nelle due aree centro-andine (1800-1500 a.C.), costituisce il tratto principale di questo periodo, anche se sono state individuate alcune vestigia più antiche (alta valle dello Zaña). In varie zone (Kotosh, Piruro) l'architettura monumentale rappresenta l'evidenza principale del modo di vita sedentario. Occorre segnalare che queste precoci manifestazioni si circoscrivono esclusivamente alle Ande Settentrionali (Real Alto) e Centro-Settentrionali (El Paraíso). Nelle Ande Centro-Meridionali gli edifici cerimoniali di carattere monumentale più antichi vennero costruiti da 15 a 20 secoli più tardi, nelle fasi medie e recenti del periodo (Paracas a Chincha, Pucara-Chiripa). Appare significativo che le prime grandi costruzioni pubbliche siano associate alle evidenze della piena domesticazione di tutta una serie di specie che costituirono la base alimentare delle civiltà andine. La diffusione della conoscenza della ceramica fu lenta e la sua adozione nelle aree centro-andine tra il 1800 e il 1500 a.C. non si associò ad altri significativi mutamenti nella cultura materiale. Agli inizi del II millennio a.C. in varie regioni si consolidarono tradizioni differenziate di architettura cerimoniale, che sarebbero perdurate senza importanti trasformazioni per oltre un millennio. Sulla costa i templi mostrano piante variate, ma si ripetono sempre due classi di componenti: una struttura formata da terrazze scalonate sulla cui sommità si trovano ambienti cultuali con l'atrio e, ai suoi piedi, una piazza o un complesso di piazze allineate. Piccole corti seminterrate a pianta circolare o semicircolare con gradinate, simili ad anfiteatri, sono spesso simmetricamente distribuite sia al centro delle ampie piazze, sia nelle terrazze superiori. Recenti scavi (Sechín Bajo, Sechín Alto nella valle del Casma, Cardal e Mina Perdida in quella del Lurín) hanno rivelato che i templi venivano progressivamente ampliati in un arco temporale che a volte superava il millennio. La crescita era verticale e orizzontale. Gli edifici preesistenti venivano accuratamente sepolti sotto strati di riempimento e coperture di argilla; in tal modo, la piattaforma scalonata aumentava ogni volta di altezza. Sulla sommità si tornavano a costruire atrii seminterrati con altari, accessibili mediante scalinate monumentali, o ampie sale ipostile i cui tetti poggiavano su colonne di legno rivestite di argilla. Nuovi segmenti venivano inoltre aggiunti a quelli già esistenti. Questi due modelli di ampliamento si osservano soprattutto sulla costa centrale, dove i templi adottarono la forma ad U. La complessità del disegno, la monumentalità e l'investimento di lavoro che caratterizzano i templi del Formativo Preceramico e Ceramico hanno pochi parallelismi nelle epoche successive. Il più imponente degli edifici conosciuti, quello di Sechín Alto, costruito nel corso del II millennio a.C., misura 300 × 250 m ed è alto 44 m. Le facciate dei templi avevano una decorazione scultorea e/o erano dipinte. Nella maggioranza dei casi, complessi disegni figurativi erano realizzati in stucco d'argilla modellato a mano, inciso e dipinto in policromia (Moxeke a Casma o Garagay a Lurín), ma si conoscono anche rilievi di pietra, come ad esempio l'imponente facciata di Cerro Sechín. Nella sierra si distinguono almeno due tradizioni diverse. Nella prima, identificata a Cajamarca, i templi mostrano affinità con quelli costieri riguardo all'organizzazione spaziale, ma approfittano dei pendii o delle sommità dei monti; le terrazze modificano il rilievo naturale del terreno (Huacaloma, Cerro Blanco). La seconda tradizione sembra essersi diffusa dal versante orientale verso la costa del Pacifico attraverso la cordigliera andina (La Galgada e Carral-Chupacigarro). Il suo nome, Kotosh o Mito (fase di occupazione di Kotosh), deriva dal sito omonimo. Due componenti ricorrenti la definiscono: ambienti a pianta approssimativamente quadrangolare dagli angoli arrotondati, con banchette e nicchie lungo le pareti interne, e focolari ventilati, provvisti di un dotto a mo' di camino e impiegati per bruciare ritualmente le offerte. Questi ambienti formano gruppi agglutinati sulla sommità di piattaforme; occorre segnalare la trasformazione di alcuni di essi in camere funerarie che ospitavano sepolture di rappresentanti dell'élite di entrambi i sessi, accompagnati da corredi dalle caratteristiche eccezionali (La Galgada). Nelle due fasi finali del Formativo (800-200 a.C.) si riscontra una tendenza all'integrazione senza precedenti. I templi locali furono abbandonati e al loro posto sorsero centri di culto di prestigio extraregionale, come Chavín nel dipartimento di Ancash e Kuntur Wasi in quello di Cajamarca. La complessità dell'architettura e dell'iconografia ha indotto vari studiosi ad ipotizzare l'esistenza di forme relativamente complesse di organizzazione politica: chiefdoms, o addirittura Stati, la cui autorità era circoscritta a una valle. L'esistenza di sepolture d'élite, con corredi comprendenti acconciature e ornamenti in oro, nel contesto dell'architettura cerimoniale (Kuntur Wasi) costituisce un argomento a favore di tale ipotesi. Complessi meccanismi di distribuzione sono attestati anche dalla produzione fittile e dai tessuti con decorazione figurativa. A Chavín le offerte di ceramica rivelano la presenza di pellegrini provenienti da luoghi tanto distanti come le valli del Rimac e di Cajamarca. Lo stile Cupisnique, originario della costa settentrionale del Perù, è quello maggiormente rappresentato; i suoi influssi sono evidenti anche nella decorazione architettonica. Il programma iconografico del tempio di Chavín lascia supporre che una complessa dottrina religiosa regolasse le relazioni tra le élites. Motivi Chavín vennero imitati sui tessuti con elementi pittorici della costa centro- meridionale (Carhuas a Paracas, Callango a Ica); le tele cerimoniali oggetto di scambi costituivano probabilmente il principale mezzo di diffusione dell'iconografia. La pressione delle popolazioni vicine, che si espansero da aree periferiche, provocò tra il 400 e il 200 a.C. l'abbandono di entrambi i templi e di vari centri regionali. Le confederazioni religiose, i pellegrinaggi e, al termine del periodo, la mobilità etnica favorirono la diffusione di forme e disegni in vasti territori. Si manifestò così il primo orizzonte (Orizzonte Antico), identificato nell'area delle Ande Centro-Settentrionali; la sua durata e le sue caratteristiche sono oggetto di controversie. Nelle Ande Centro-Meridionali le prime evidenze di architettura monumentale e di ceramica cerimoniale con complesse decorazioni figurative si datano alle fasi finali del Formativo (culture Chiripa e Pucara). Sebbene la presenza di grandi piazze seminterrate a pianta rettangolare e di edifici a piattaforma, che si avvalevano dei rilievi naturali, trovi parallelismi nelle Ande Centro-Settentrionali, gli altri aspetti della cultura materiale suggeriscono un'origine locale e uno sviluppo autonomo a partire dall'Arcaico. I contatti con le regioni settentrionali furono limitati e Paracas sembra avere svolto il ruolo di intermediario (tradizione Yaya-mama). Nelle Ande Settentrionali, dopo il tramonto della longeva cultura Valdivia intorno al 1500 a.C., si osserva un fenomeno comparabile con quello di Chavín-Cupisnique, rappresentato dalle culture Machalilla (1500-800 a.C.), Chorrera ed Engoroy (800-200/100 a.C.). In questo caso sono l'iconografia ceramica e la storia degli stili fittili i principali indicatori della crescente complessità sociale e tecnologica. Occorre inoltre segnalare lo sfruttamento e l'esportazione delle conchiglie Spondylus sp. nelle isole di Salango e di La Plata, così come lo sviluppo della metallurgia dell'oro nel II millennio a.C. La formazione della rotta di scambio di conchiglie durante il III millennio a.C. (El Paraíso, valle del Chillón) spiegherebbe la presenza di manufatti e di influssi Valdivia (Huaca Prieta) nei siti preceramici del Perù e quella di influssi Machalilla e Chorrera a Cupisnique. Importazioni dirette dall'Ecuador sono attestate nell'Alto Piura (Ñañañique). Lo sviluppo della rete di scambio di Spondylus princeps, evidente tra l'altro nelle relazioni tra Valdivia Recente e Cerro Narrío, spiegherebbe secondo alcuni studiosi gli influssi che Machalilla avrebbe esercitato sulle tradizioni del Messico occidentale, così come sulla costa del Soconusco in Chiapas. Le relazioni della costa centrale e settentrionale dell'Ecuador con l'America Centrale ebbero un notevole incremento durante l'ultima fase del Formativo (500-200 a.C.), come attesta la formazione delle culture Bahía, Jama-Coaque, Tiaone e La Tolita-Tumaco, l'iconografia delle quali è direttamente ispirata a motivi mesoamericani. È stato ipotizzato che mercanti specializzati, comparabili con i mindalaes citati dalle fonti coloniali, avessero in quest'epoca assunto il controllo dello scambio delle preziose conchiglie, il cui flusso era orientato sia verso le Ande Centrali che verso Teotihuacan. Secondo queste teorie, a partire dalla fine del Formativo gli sviluppi delle Ande Settentrionali e delle due aree centro-andine avrebbero seguito percorsi diversi. Nelle regioni settentrionali si sarebbe avviato un processo di integrazione con l'area caribica, con quella Maya e con il Messico, attraverso l'intermediazione di una rete di mercanti che agiva in forma indipendente rispetto ai numerosi chiefdoms complessi. La strategia adottata dalle élites, consistente nel massimizzare le relazioni esterne e le alleanze, fu forse il principale fattore causale della permanente frammentazione politica. Nelle Ande Centrali, invece, vasti Stati territoriali preferirono estendere il controllo diretto sulle fonti di beni e materie prime utilizzati per la produzione di manufatti cultuali, di ornamenti e di altri simboli di potere; le principali strategie adottate per raggiungere tale obiettivo furono le conquiste militari e la fondazione di colonie.
Periodo degli Sviluppi Regionali (200 a.C. - 900 d.C.) - Rilevanti mutamenti nella tecnologia fittile (cottura ossidante, pittura precottura), tessile (tela doppia e successivamente arazzo, uso generalizzato di lana, decorazione bordata) e metallurgica (leghe bi- e trimetalliche: rame, oro, argento) si verificarono nelle fasi iniziali di questo periodo, costituendo antecedenti tecnici e formali per la maggioranza delle tradizioni artistiche che avrebbero caratterizzato le culture classiche sviluppatesi nelle due aree centro-andine: Moche (costa settentrionale), Recuay e Cajamarca (sierra settentrionale), Lima (costa centrale), Nazca (costa meridionale), Huarpa-Huari e Tiwanaku (sierra meridionale). I tratti più significativi di queste culture comprendono tecniche costruttive riferibili ai sistemi di lavoro corporativo su vasta scala, coordinati da un'autorità centralizzata, così come forme di oggetti rituali, di iconografia religiosa e di comportamenti funerari di élite. Dal momento che si tratta di espressioni materiali della vita politica di una società, il consolidamento di tali culture tra il 200 d.C. e il 600 d.C. si deve probabilmente alla formazione di Stati regionali o di confederazioni di chiefdoms indipendenti, che però condividevano una stessa ideologia religiosa. Ciò è suggerito anche dall'organizzazione spaziale degli insediamenti, con estesi centri cerimoniali alcuni dei quali possono essere qualificati come protourbani (Huaca del Sol e Huaca de la Luna a Moche, Cahuachi a Nazca, Tiwanaku sull'altopiano), da imponenti sistemi di irrigazione le cui prese d'acqua erano protette da agglomerazioni abitative di élite e da installazioni difensive. Occorre inoltre rilevare il notevole incremento di importanza delle armi e dei simboli connessi con l'ethos guerriero all'interno dei corredi funerari di élite, soprattutto in comparazione con quelli del Formativo. Tra gli aspetti del progresso tecnologico riferibili alla formazione dello Stato, si devono citare la costruzione di sistemi di irrigazione intervallivi (Moche Recente nella valle del Lambayeque), la massificazione della produzione ceramica grazie alla produzione in serie (stampo, spatolatura), l'uso del bronzo arsenicale (Sicán) e stannifero (Tiwanaku) e del telaio verticale (Huari). Il caso Moche è particolarmente indicativo. La sua coerente iconografia, in cui le scene mitiche sembrano spiegare l'origine dei complessi rituali (combattimenti, corse, sacrifici umani, giochi divinatori) e delle gerarchie politiche, si diffuse lungo i 700 km della costa centro-settentrionale del Perù tra le valli di Piura e Huarmey. Questo fenomeno costituisce la principale evidenza del fatto che una sola ideologia univa le élites governanti, nonostante vari centri di potere (peer-polities) si affrontassero per l'egemonia a sud e a nord delle pampas di Paiján, almeno a giudicare dalla distribuzione spaziale dei centri con architettura monumentale e delle tombe reali (Moche, Huaca Cao, Loma Negra, Sipán, Dos Cabezas, Pañamarca). Gli studi sui riti funerari rivelano da una parte un'accentuata stratificazione e dall'altra la piena vigenza di relazioni sociali articolate in base a legami di parentela. I lignaggi regnanti (Loma Negra, Sipán), i sacerdoti e gli addetti al culto (Huaca de la Luna, Huaca de la Cruz), i guerrieri (Dos Cabezas), le famiglie di agricoltori e pescatori di un certo rango (Pacatnamú) e quelle di status inferiore (si vedano le necropoli lungo le valli del Virú e del Santa) furono probabilmente sepolte nel loro luogo di residenza, mentre i defunti appartenenti alle élites erano deposti all'interno delle strutture di carattere amministrativo e/o cerimoniale. Le distanze sociali sono marcate dalla presenza o dall'assenza di sarcofagi, involti funerari e abiti cerimoniali rivestiti di placche di metallo, dal numero delle sepolture secondarie associate, da offerte di Camelidi, così come dalla quantità di manufatti confezionati appositamente come parte del corredo. Comunque, in tutti i livelli di rango, eccetto che in quello inferiore (assenza di corredo), sono presenti vasi e abiti, fatto che sembra porre in rilievo i diritti "civici" acquisiti o ereditati dal defunto. La comparazione tra la cultura Moche e altre culture coeve suggerisce che Stati territoriali sarebbero coesistiti con altre forme politiche complesse, quali confederazioni etniche e religiose di chiedfoms. Nella sierra settentrionale il modello disperso di insediamento, le sepolture di élite in templi-mausolei (Pashash) e la distribuzione di vari stili subregionali lasciano ipotizzare che vari chiefdoms si fossero ripartiti l'esteso territorio tra Cajamarca e l'Alto Huaura. Contrasta con questa frammentazione l'unità dell'iconografia Recuay, possibile evidenza di un sistema religioso condiviso. I simboli delle principali divinità Recuay non solo vennero incorporati nell'iconografia Moche, ma furono anche adottati dalle élites della cultura Lima, i cui centri si ubicavano a Maranga e Cajamarquilla (valle del Rimac). Secondo l'interpretazione di H. Silverman, sulla costa meridionale il grande centro cerimoniale di Cahuachi agglutinava politicamente i chiefdoms Nazca. Nell'altipiano, invece, da un territorio che comprendeva inizialmente le aree delle antiche culture Pucara e Chiripa, il centro cerimoniale di Tiwanaku era divenuto tra il 200 e il 600 d.C. la capitale di uno Stato in grado di fondare e di controllare colonie sulla costa dell'Atlantico. L'architettura palaziale associata a quella cerimoniale, la complessa iconografia (Porta del Sole e Porta della Luna) che decora tanto i templi quanto gli abiti dei governanti (Monolito Bennett), probabilmente divinizzati, costituiscono altre evidenze a favore di questa ipotesi. Lo sviluppo delle culture Cienaga e La Aguada nell'Argentina nord-orientale è probabilmente in relazione con i processi di integrazione osservabili nell'altipiano. Il ritmo dei mutamenti subì un'accelerazione al termine della fase media del periodo. Probabilmente, in ragione delle siccità del VI sec. d.C. e di un forte episodio di paleo-Niño nel VII sec. d.C., venne aumentando la pressione esercitata dalle popolazioni delle valli interandine sulla costa. Tra gli Stati espansivi della sierra, un ruolo particolarmente importante sarebbe stato assolto da Huari, i cui governanti estesero le loro conquiste fino alle frontiere di Cajamarca e Tiwanaku. Stranamente, sebbene la capitale dello Stato fosse stata fondata nel VI-VII sec. d.C. nel cuore della cultura Huarpa, le sue élites adottarono stili foranei (Tiwanaku e Nazca) nell'iconografia religiosa e negli oggetti cultuali; in tal modo si formò un complesso di stili sincretici Huari (Chakipampa). Le divinità principali vennero rappresentate secondo gli schemi utilizzati nell'altipiano e con gli attributi Tiwanaku (Conchopata). I potenti chiefdoms e gli Stati della costa sembrano avere gradualmente ceduto all'attacco degli invasori: essi furono dominati o strinsero alleanze strategiche (Nazca, Cañete, Lima, costa centro-settentrionale tra Huaura e Huarmey). L'espansione Huari verso l'area Moche è oggetto di polemiche. Comunque, un aspetto resta inconfutabile: tra l'VIII e il IX sec. d.C. si intensificarono gli scambi di ceramiche e di tessuti cerimoniali tra le regioni meridionali e quelle settentrionali; vari elementi dell'iconografia religiosa Huari, così come il simbolismo delle forme di vasi rituali (kero) della stessa provenienza, furono assimilati nell'area centro-settentrionale. In tal modo si definì nella sequenza precolombiana un secondo orizzonte; esso fu accompagnato da un'evidente ristrutturazione dello spazio politico, con la nascita di nuovi centri di potere e il tramonto di quelli antichi. Per il suo effetto, si sarebbero formati nuovi Stati regionali, la cui esistenza è attestata da stili e tratti iconografici ancora presenti nelle Ande al momento della Conquista spagnola: Sicán-Lambayeque, Chimú, Chancay, Ychma, Chincha-Ica. In quest'ultimo periodo la densità abitativa della sierra conobbe un notevole incremento. Fu in questo nuovo contesto che il chiefdom periferico del Cuzco arrivò a costituire un grande impero panandino, il Tahuantinsuyu.
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di Gaetano Cofini
Le tracce più antiche della presenza umana in Oceania provengono da giacimenti del Pleistocene superiore rinvenuti in Nuova Guinea e in Australia. Nei millenni anteriori alle trasgressioni marine iniziate circa 16.000 anni fa, queste terre formavano insieme alla Tasmania una vasta piattaforma insulare denominata Sahul o Grande Australia. Le fasi iniziali del suo popolamento risalirebbero a 60.000-40.000 anni fa, sebbene evidenze isolate (Riparo di Jinmium) e testimonianze indirette (aumento dei carboni nelle sequenze polliniche, formazione di accumuli di molluschi) potrebbero indurre a retrodatare tale evento di varie decine di millenni. Sono state tuttavia avanzate riserve sulle datazioni più antiche ottenute con le tecniche della termoluminescenza e della luminescenza ottica, in quanto esse si discostano considerevolmente da quelle radiocarboniche, risalenti a non oltre 40.000 anni fa. Secondo l'ipotesi più accreditata, gruppi umani dai tratti morfologici moderni attraversarono con imbarcazioni di corteccia o con zattere di tronchi lo stretto di mare (Wallacea) fra le propaggini continentali del Sud-Est asiatico (Sunda) e il Sahul. I dati disponibili non permettono ancora di stabilire se tali gruppi abbiano inizialmente popolato solo le aree costiere, o se invece siano giunti nelle regioni più a sud penetrando nell'interno lungo i bacini fluviali ricchi di vegetazione, per poi inoltrarsi nei territori desertici e montuosi meno ospitali. Le alte potenzialità di adattamento dei cacciatori-raccoglitori aborigeni sono ad ogni modo testimoniate dalla frequentazione tra 50.000 e 20.000 anni fa di ambienti estremamente diversificati: dai territori freddo-temperati della Tasmania alle aride regioni dell'Australia centrale, dai sistemi fluvio-lacustri Darling e Murray dell'Australia sud-orientale alle coste tropicali e agli altopiani della Nuova Guinea, fino alle isole dell'Arcipelago di Bismarck e alle Salomone. Le strategie di sussistenza variarono considerevolmente a seconda delle zone occupate e della disponibilità stagionale delle risorse. Nei siti perilacustri del New South Wales sono stati rinvenuti resti di pesci e di molluschi, uova di emù e ossa di mammiferi terrestri, mentre forme sistematiche di caccia a Marsupiali erano praticate nella Tasmania sud-occidentale fin da 35.000 anni fa. Contrariamente ad altre aree del pianeta, non vi sono ancora prove certe dello sfruttamento per scopi alimentari della megafauna che popolava il Sahul. Choppers, chopping-tools, grattatoi nucleiformi e schegge di varie fogge e dimensioni, occasionalmente ritoccate sui margini, compaiono nelle industrie litiche pleistoceniche, a cui è stata attribuita nel 1970 la definizione di Australian Core Tool and Scraper Tradition. L'avanzamento delle ricerche ha tuttavia evidenziato l'assenza di questa tradizione da aree del Sahul (Nuova Guinea, Arcipelago di Bismarck) e da importanti giacimenti australiani (Devil's Lair, Upper Swan, Miriwun), così come lo sviluppo di complessi locali. È il caso ad esempio della Tasmania sud-occidentale, dove a partire da 17.000 anni fa si affermò la produzione di una particolare classe di grattatoi. Degli strumentari su pietra fanno inoltre parte grandi "lame" o "accette" con intaccature laterali recuperate in Nuova Guinea, nel Queensland e nell'Isola dei Canguri, nel Sud dell'Australia. Asce-accette con i bordi picchiettati e levigati sono state rinvenute in depositi antropici del Nord del Sahul datati tra 30.000 e 20.000 anni fa, mentre l'esportazione di ossidiana dalla Nuova Britannia alla Nuova Irlanda documenta spostamenti via mare nell'Arcipelago di Bismarck a partire da 20.000 anni fa. È altresì attestata la lavorazione di punte in osso in siti australiani (Cloggs Cave, Willandra Lakes, Devil's Lair) e tasmaniani (Cave Bay Cave, Warren Cave, Bone Cave). Tra le testimonianze di natura simbolica si ricordano gli ornamenti in osso di Devil's Lair e quelli in conchiglia del Riparo di Mandu Mandu Creek, sulle coste dell'Australia occidentale, in cui sono stati trovati 22 grani di Conus inclusi in uno strato datato a 32.000 anni fa circa. Tracce di ocra, utilizzata generalmente per le decorazioni corporali e per le pitture parietali, sono state ritrovate in alcuni dei maggiori giacimenti (Mungo, Cuddie Springs, Nauwalabila I, Malakunanja II). Da Koonalda Cave e da Early Man Shelter, ubicati rispettivamente nell'Australia Meridionale e nella penisola di Capo York, provengono infine significativi esempi di arte rupestre datati tra 22.000 e 13.000 anni fa. Il deterioramento delle condizioni ambientali nell'apice glaciale (20.000-18.000 anni fa) determinò probabilmente l'abbandono di molti siti e un calo della popolazione, così come potrebbe avere avuto un ruolo cruciale nell'estinzione della megafauna pleistocenica.
M.A. Smith - M. Spriggs - B. Fankhauser (edd.), Sahul in Review, Canberra 1993; R.C. Green, Changes over Time: Recent Advances in Dating Human Colonisation of the Pacific Basin Area, in D.G. Sutton (ed.), The Origins of the First New Zealanders, Auckland 1994, pp. 19-51; J. Allen, First Settlement of Sunda and Sahul, in B. Fagan (ed.), The Oxford Companion to Archaeology, New York 1996, pp. 72-73; H. Lourandos, Continent of Hunter-Gatherers, Cambridge 1997; M. Spriggs, The Island Melanesians, Oxford 1997.
di Gaetano Cofini
La transizione tra il Pleistocene e l'Olocene fu contrassegnata nel Sahul, come in altre aree del mondo, da radicali modifiche dell'ambiente. A partire da circa 15.000 anni fa il livello del mare iniziò a innalzarsi rapidamente, sommergendo le pianure costiere e separando la Tasmania (11.000 anni fa) e la Nuova Guinea (8000 anni fa) dall'Australia. Il riscaldamento del clima e l'aumento delle precipitazioni favorirono l'espansione del manto vegetale nel Sud dell'Australia e la sua risalita a quote più elevate, nonché la contrazione delle zone aride. Il quadro delle testimonianze archeologiche risulta ancora frammentario per queste fasi. Ricerche sistematiche sono state effettuate solo in un numero limitato di aree; molti giacimenti sono stati inoltre sommersi durante le trasgressioni marine. I progressi compiuti negli ultimi venti anni hanno permesso comunque di rilevare tra i millenni finali del Pleistocene e il primo Olocene un aumento del numero dei siti e delle evidenze culturali lungo il fiume Murray, nel Queensland, nei deserti centrali e occidentali e nella Terra di Arnhem. Sono state inoltre documentate significative variazioni in complessi locali. È il caso ad esempio del Kakadu National Park (Terra di Arnhem), dove l'evoluzione delle pitture parietali appare direttamente influenzata dalle trasformazioni ambientali intervenute in quest'area. Mutamenti di rilievo sono stati osservati negli strumentari di pietra nel Sud-Est di Capo York e, nelle fasi immediatamente successive all'apice glaciale, nel Sud-Ovest della Tasmania. All'Olocene antico e medio risalirebbe inoltre la lavorazione di punte e lame a dorso abbattuto, come rivelano le indagini effettuate a nord di Sydney (Upper Mangrove Creek). L'incertezza sull'antichità di questi e di altri componenti della Small Tool Tradition pone seri dubbi sulla validità della tesi secondo cui questi strumenti formerebbero un complesso unitario introdotto intorno a 4500-3500 anni fa. A partire da 6000-4000 anni fa il numero dei siti in Australia aumentò considerevolmente; vengono datati a queste fasi i numerosi chiocciolai distribuiti lungo i litorali. Si intensificò l'occupazione di aree frequentate fino ad allora in maniera sporadica, ad esempio i rilievi orientali, e lo sfruttamento di determinate risorse, come i semi di piante erbacee nei territori desertici o i frutti di Macrozamia nel Queensland. In nessuna fase dell'Olocene i cacciatori-raccoglitori australiani praticarono l'agricoltura; la sua assenza a sud dello Stretto di Torres è da imputare a fattori soprattutto culturali, tra cui forse la scelta di mantenere inalterato l'equilibrio tra densità demografica, risorse disponibili e tecnologie utilizzate. L'introduzione del dingo (Canis dingo), responsabile dell'estinzione di marsupiali predatori (Sarcophilus, Thilacinus) e l'ampia diffusione dei complessi microlitici si datano a circa 4000 anni fa; nonostante l'opinione di alcuni specialisti, i due eventi non sarebbero collegati. Elevate densità abitative sono documentate da 3000-2000 anni fa nel tratto centrale del Murray (Australia sud-orientale), mentre da aree dello Stato di Victoria provengono indizi che indicherebbero una diminuzione della mobilità dei gruppi aborigeni e l'esistenza di una estesa e fitta rete di contatti. I mutamenti riscontrati negli ultimi 4000 anni vengono correlati con la crescita demografica, con l'intensificazione delle strategie produttive e con forme più articolate di interazione sociale. Vi sono tuttora opinioni divergenti su tali fenomeni: non è chiaro se essi siano inquadrabili in un processo di sviluppo unilineare tendente a modelli economici e sociali più complessi, o se invece rappresentino risposte adattative locali. Per alcuni studiosi, infine, l'aumento delle testimonianze datate agli ultimi millenni potrebbe derivare in realtà da una maggiore visibilità archeologica di queste ultime.
J. Flood, Archaeology of the Dreamtime, Sydney 1995³; J. Allen - J.F. O'Connell (edd.), Transitions. Pleistocene to Holocene in Australia and Papua New Guinea, in Antiquity, 265 (1995); D. Frankel, Aboriginal Peoples of Australia, in B.M. Fagan (ed.), The Oxford Companion to Archaeology, Oxford 1996, pp. 73-75; H. Lourandos, Continent of Hunter-Gatherers, Cambridge 1997; P. Hiscock - V. Attenbrow, Early Holocene Backed Artefacts from Australia, in AOceania, 33 (1998), pp. 49-62.
di Gaetano Cofini
I sistemi di drenaggio identificati in Papua Nuova Guinea (Kuk) attesterebbero gli inizi dell'agricoltura certamente a partire da 6000 anni fa e forse fin da 3000 anni prima. Le indagini archeologiche sottolineano il progressivo incremento delle pratiche agricole in quest'isola, in relazione anche alla diffusione del maiale e all'introduzione della patata dolce nel II millennio d.C. Lo sviluppo demografico di alcuni gruppi degli altipiani papuani non sarebbe stato accompagnato tuttavia dalla nascita di chiefdoms o di altre forme di società stratificata. Nella cultura materiale viene documentata l'intensa produzione e gli scambi di asce-accette, oltre alla lavorazione di mortai e pestelli, di teste di mazza e di figurine recuperate in larga maggioranza nel corso di raccolte di superficie. Per il periodo intorno a 6000 anni fa vi sono testimonianze dirette dell'arboricoltura sulle pianure costiere dell'isola; a queste fasi risalirebbe inoltre la comparsa del maiale e dei primi reperti ceramici. Contatti tra i gruppi delle coste papuane e quelli austronesiani Lapita parrebbero indicati dalle affinità osservate nelle rispettive produzioni vascolari. Sulle coste meridionali determinate aree (Port Moresby, Isola di Yule) vennero interessate nel II millennio a.C. da un'estesa circolazione di beni, che lascia supporre l'esistenza di centri specializzati di produzione (Isola di Mailu). La comparsa di elementi culturali neolitici negli arcipelaghi melanesiani e polinesiani viene correlata con i movimenti migratori dei gruppi austronesiani Lapita, originari dell'Asia sud-orientale. Le evidenze archeologiche indicano in un periodo di quattro-cinque secoli (3600-3200/3100 anni fa) la colonizzazione di un territorio vastissimo, dall'Arcipelago di Bismarck alle isole Tonga, Samoa, Futuna e Uvea, grazie al possesso di progredite conoscenze e tecnologie di navigazione. La sussistenza di tali gruppi si basava principalmente sulla pesca e sulla raccolta di molluschi, ma anche sull'orticoltura e l'arboricoltura e, in minor misura, sull'allevamento. Essi abitavano prevalentemente in villaggi costieri, alcuni dei quali, come Talepakemalai (82.000 m² ca.), potrebbero avere ospitato diverse decine di nuclei familiari. Nei depositi archeologici sono stati messi in luce abbondanti frammenti di ceramiche sia inornate che finemente decorate, varie fogge di asce di pietra e di conchiglia, ami, numerosi ornamenti e altri manufatti; l'esportazione di tali materiali anche su grandi distanze testimonia l'esistenza di un articolato sistema di relazioni e di scambi tra queste comunità. Ipotesi sulla struttura sociale Lapita sono state formulate recentemente traendo spunto dagli studi paleolinguistici. Nell'idioma proto-oceanico, un sottogruppo della famiglia austronesiana adottato verosimilmente nelle fasi iniziali Lapita, compaiono lessemi indicanti distinzioni di rilievo. In particolare, i termini tala(m)pat (persona importante, di rilievo) e qa adiki (primogenito) potrebbero far supporre, secondo P.V. Kirch, una trasmissione ereditaria dell'autorità basata sulla primogenitura. Si presume inoltre che le genti Lapita celebrassero riti domestici incentrati sul culto degli antenati, a cui sono forse associate le figure antropomorfe riprodotte sul vasellame e su oggetti di arte mobiliare. Nella Melanesia insulare chiari indizi di differenziazione provengono prevalentemente da contesti datati al II millennio d.C., quali ad esempio le sepolture nobiliari rinvenute nelle Vanuatu centrali. Al momento non vi sarebbero tuttavia elementi sufficienti per stabilire con certezza se le comunità gerarchiche melanesiane costituiscano fenomeni recenti, influenzati direttamente dai domini polinesiani, o se derivino dai modelli Lapita. Verso la fine del I millennio a.C., nei gruppi insulari di Tonga, Samoa, Futuna e Uvea vennero gettate le basi di una cultura polinesiana ancestrale (Ancestral Polynesian Society), dalla quale si sarebbero più tardi sviluppate le società della Polinesia orientale. L'apparizione di tratti tipicamente polinesiani viene ricondotta ad un processo millenario di differenziazione dai complessi Lapita orientali, favorito dall'isolamento geografico della regione. Il popolamento delle isole polinesiane impose modifiche sostanziali dettate da una disponibilità ridotta di materie prime, di terreni coltivabili, di risorse idriche e di nicchie ecologiche. Le produzioni vascolari conobbero ad esempio un graduale declino, che portò alla loro scomparsa intorno ai primi secoli della nostra era. Disuguaglianze sociali ereditate forse dai progenitori Lapita parrebbero caratterizzare la struttura delle più antiche comunità polinesiane. Nella lingua protopolinesiana vi sono diversi lessemi che riflettono status e ruoli differenziati, dei quali tuttavia non si conservano tracce archeologiche; tra questi, ariki designava probabilmente il capo di un lignaggio in possesso di spiccati attributi sacrali (mana, tapu). L'organizzazione sociale dei primi gruppi polinesiani si fondava verosimilmente su di un clan conico con una leadership ereditaria e con differenze di rango misurate in base alla distanza genealogica da un antenato divinizzato. Le datazioni del popolamento della Polinesia centro-orientale si collocano tra gli inizi e la fine del I millennio d.C. Notevoli sono le affinità riscontrate nella cultura materiale dei più antichi siti finora scoperti, tra cui Hane e Haatuatua nelle Isole Marchesi, e Maupiti e Vaitootia/Faahia nelle Isole della Società. Esse sono riconducibili alla rete di comunicazioni che collegava tra loro queste isole e che si estendeva fino alla Polinesia occidentale e probabilmente ad alcuni arcipelaghi melanesiani. Gli scambi consentirono ad elementi innovativi, come le teste di arpone o le asce con codolo, di diffondersi in gran parte della Polinesia centro-orientale. Tuttavia il raggio e la frequenza dei contatti diminuirono progressivamente, fino a cessare quasi del tutto agli inizi del II millennio d.C., quando apparvero aspetti culturali locali. I secoli che precedettero la penetrazione europea nel Pacifico videro in Polinesia l'affermarsi di società gerarchiche (chiefdoms) caratterizzate da rilevanti differenze per quanto concerne il grado di coesione sociale, il livello di stratificazione e la centralizzazione politica. Le ricerche effettuate negli ultimi tre decenni hanno fornito importanti dati per la ricostruzione di tali processi, individuando fattori determinanti come la crescita demografica, l'incremento delle attività produttive, la competizione tra gruppi dominanti e le guerre di conquista. I massimi livelli di complessità furono raggiunti, secondo il parere concorde degli specialisti, nelle Hawaii, nelle Isole della Società e a Tonga, dove il contatto con gli Europei portò alla nascita di organismi statali. Nell'arcipelago delle Hawaii l'apice della piramide sociale era occupato da un ceto nobiliare (alii) rappresentato da un clan notevolmente ramificato. Oltre alle classi che detenevano il potere decisionale, vi erano numerosi consiglieri, sacerdoti e servitori. Espressione diretta delle differenze di status erano le insegne di rango, le prerogative riconosciute all'aristocrazia, l'endogamia di classe, le interdizioni religiose, le fastose cerimonie pubbliche in templi monumentali e il controllo della produzione. Va sottolineato inoltre come la redistribuzione dei beni offerti al leader fosse limitata essenzialmente ai componenti del ceto dominante. Contrariamente ad altri domini polinesiani, il chiefdom di Tonga inglobava una vasta area che si estendeva ben oltre i limiti dell'arcipelago. La competizione per lo sfruttamento delle terre coltivabili portò all'egemonia della discendenza del tui tonga sul gruppo insulare comprendente Tongatapu e, a partire dal XVI secolo circa, sulle più distanti isole di Niuatoputapu, Niuafoou e Uvea. La sfera di influenza economica e politica venne ampliata inoltre alle Samoa e alle Figi orientali, dalle quali erano importati oggetti di prestigio come piume, piroghe, vele, stuoie, cesti, vasellame e spose per i dignitari. Fondamentali per l'affermazione di un tale modello organizzativo furono i progressi compiuti nella navigazione e nella carpenteria e il controllo della dinastia regnante su una fitta rete di scambi. Quando gli Europei giunsero nell'arcipelago, la società di Tonga era rigidamente stratificata; al suo vertice si ponevano le due figure del tui tonga, la massima carica politica, e dell'hau, che incarnava il potere secolare. Un prestigio considerevole era attribuito ad alcune categorie ereditarie di artigiani (tufunga), come ad esempio i costruttori delle piroghe utilizzate dall'aristocrazia. I mutamenti sociali e politici sono rispecchiati archeologicamente dai modelli d'insediamento, in particolare dalle trasformazioni subite dal centro di Lapaha, sede cerimoniale e amministrativa del chiefdom situata nell'isola di Tongatapu. In Micronesia complessi modelli sociopolitici sono stati osservati nelle Marianne, a Yap, a Pohnpei e a Kosrae. Studi approfonditi effettuati in queste ultime due isole hanno delineato la stratificazione delle comunità autoctone nel II millennio d.C. Nel periodo compreso tra il popolamento iniziale e il XII-XIII sec. d.C. Kosrae era abitata da gruppi di modeste dimensioni con al vertice un leader locale. In seguito si formarono probabilmente unità più ampie che occupavano distretti territoriali ed erano suddivise in tre strati: il popolo, i dignitari e un capo supremo. A partire dal 1400 d.C. l'isola fu unificata sotto i signori di Lelu, che diedero vita a una società organizzata in quattro livelli gerarchici. L'isola di Pohnpei sarebbe stata riunita tra il 1200 e il 1600 d.C. sotto un unico sovrano che risiedeva insieme alla sua corte nel centro cerimoniale di Nan Madol. Gli eventi successivi portarono tuttavia a un frazionamento dell'unità politica dell'isola e alla nascita di tre regni separati.
J.P. White - J.F. O'Connell, A Prehistory of Australia, New Guinea and Sahul, Sydney 1982; P.V. Kirch, The Evolution of the Polynesian Chiefdoms, Cambridge 1984; R. Cordy, The Lelu Stone Ruins (Kosrae, Micronesia), Honolulu 1993; R.C. Green, Community-level Organisation, Power and Elites in Polynesian Settlement Pattern Studies, in M.W. Graves - R.C. Green (edd.), The Evolution and Organisation of Prehistoric Society in Polynesia, Auckland 1993, pp. 9-12; Id., Tropical Polynesian Prehistory. Where Are We Now?, in M. Spriggs et al. (edd.), A Community of Culture, Canberra 1993, pp. 218-38; Id., Changes over Time: Recent Advances in Dating Human Colonisation of the Pacific Basin Area, in D.G. Sutton (ed.), The Origins of the First New Zealanders, Auckland 1994, pp. 19-51; P.V. Kirch, The Lapita Peoples, Oxford 1997; M. Spriggs, The Island Melanesians, Oxford 1997.