Negli ultimi dieci anni lo sfruttamento delle acque del Nilo è stato oggetto di contesa tra i dieci paesi rivieraschi. In particolare, i paesi dell’Africa orientale dove nascono il Nilo Blu e il Nilo Bianco lamentano i privilegi di cui godono l’Egitto e il Sudan sul controllo delle acque del fiume. Infatti, in virtù degli accordi firmati dal Regno Unito nel 1929 con l’Egitto e nel 1959 con il Sudan, ai due paesi spetterebbe circa l’87% delle acque del Nilo, oltre a un diritto di veto sulla costruzione di dighe, stazioni di pompaggio e sistemi di irrigazione volti a ridurre o a modificare a loro sfavore il flusso di acqua. Al contrario degli altri paesi rivieraschi, che possono contare anche su altre risorse idriche quali le abbondati piogge, il Nilo - che fornisce il 90% dell’acqua - è una risorsa vitale per l’Egitto. Temendo una riduzione del proprio approvvigionamento idrico, l’Egitto insieme al Sudan si è opposto all’accordo firmato a maggio 2010 da Etiopia, Tanzania, Ruanda e Uganda per una ripartizione più equilibrata delle acque del fiume tra tutti i dieci paesi. Il nuovo accordo - cui hanno aderito altri paesi rivieraschi - eliminerebbe il diritto di veto egiziano e sudanese. Sul piano pratico esso sostituisce l’Iniziativa del bacino del Nilo con una Commissione permanente del bacino del Nilo, deputata alla risoluzione delle controversie tra le parti.