Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Luogo di produzione e scambio di rapporti intellettuali e sociali, l’accademia letteraria secentesca sviluppa il modello classico-rinascimentale della “adunanza di uomini studiosi”, secondo la definizione del Vocabolario della Crusca, aggregati volontariamente in una struttura mimetica, ma differenziata rispetto alla società reale. L’istituzione nasce per appagare l’inclinazione dialogica dei letterati, e si autoidentifica attraverso un nome, un’impresa, un rituale che reduplicano l’identità dell’accademico attraverso la maschera di una cultura selettiva.
Retorica dell’Accademia
Fondata sul potere della parola, l’accademia letteraria celebra il trionfo della retorica sull’etica: la virtù del gruppo consiste nel pensiero esibito, recitato, teatralizzato, in funzione collettiva. A differenza dell’accademia scientifica che trasforma il sapere in lavoro, l’istituzione letteraria è profondamente connessa con il modello cortigiano nei suoi aspetti più effimeri di gioco, festa, conversazione mondana. La mancanza di specializzazione caratterizza i discorsi accademici secenteschi orientati a intrattenere graziosamente gli interlocutori, più che a comunicare messaggi di alto contenuto professionale.
Accademia degli Oziosi di Napoli
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Gli essercitii da farsi nell’Academia, percioché sono lo strumento principale a conseguire il fine da noi desiderato, dovranno essere con molta sollecitudine posti in opera dagli Academici. Saranno principalmente tre, et ciò sono le lettioni, le compositioni e le questioni ad esseguire. I quali essercitii deve ragunarsi l’Academia almeno un giorno della settimana, a ciò stabilito nell’hora che parrà più opportuna, e dovrà ciascuna ragunanza durare almeno per lo spatio d’un’hora e mezza, distribuendo la prima mezz’hora alle lettioni, la seconda alle compositioni et alle loro censure et risposte, l’ultima alle questioni. Le lettioni dovranno imporsi dal Principe degli Academici conforme la loro habilità, dottrina et inclinatione, e distribuite che saranno dovrà farsene nota dal Segretario, il quale havrà pensiero d’andare racordando a tempo a coloro che dovranno leggere, affinché in niuna adunanza manchi la dovuta lettione; et in caso di assentia o d’altro impedimento di colui a chi toccasse di leggere, potrà con saputa del Principe avisare per la lettione alcuno degli altri nella nota descritti. La materia delle lettioni dovrà essere ’ntorno alla Poetica, alla Ritorica, alle discipline matematiche et a tutte le parti della filosofia, et intorno alla spianatione degli autori c’hanno delle sopradette materie scritto: vietando che non si debba leggere alcuna materia di Teologia e della Sacra Scrittura, delle quali per riverenza dobbiamo astenerci, e medesimamente niuna delle cose appartenenti al publico governo, i quali si deve lasciare alla cura de’ Principi che ne reggono.
in Letteratura italiana, I. Il letterato e le istituzioni, a cura di A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 1982
L’origine cortigiana giustifica il carattere municipale delle accademie letterarie italiane e germaniche in confronto alla dimensione nazionale dell’Académie Française; le prime catalogate come “pompa” e “decoro” della cultura cittadina dall’abate Giuseppe Malatesta Garuffi nell’Italia Accademica (1688) e ridicolizzate da Paul Fontanier-Pellisson, redattore della Storia dell’Accademia francese (1653), per la tendenza parcellizzante riflessa nelle definizioni bizzarre. L’istituzione italiana si segnala per la ricerca del nome raro, insolito e curioso, in accordo al gusto barocco del concetto e della metafora: basti pensare (ed è quasi un paradosso) all’Arcadia.
L’idea di nazione tra Accademia e linguaggio
Nel corso della sua lunga storia di avversione al barocco l’Arcadia persegue l’obiettivo di ovviare all’isolamento autonomistico delle accademie cittadine, proponendosi come centro di riferimento nazionale. Le “colonie” rappresentano le sedi distaccate dell’archetipo romano e diffondono in modo omogeneo l’ideale del “buon gusto” e della “razionalità”: questioni che interessano pure l’organizzazione coerente di una forma di produzione culturale centripeta e “italiana”.
Questione fondamentale delle dispute accademiche risulta l’aspetto linguistico della letteratura. In Francia dove esiste una lingua nazionale, il dibattito assume valore antropologico-sociale: da una parte la lingua d’uso popolare, dall’altra quella cortigiana celebrata da Claude Favre de Vaugelas nelle Osservazioni sulla lingua francese (1647).
In Germania diviene un problema di identità: occorre difendere il tedesco dall’invasione straniera e condurlo a una purezza ideale che ha qualcosa di sacro, almeno secondo la filosofia misticheggiante di Jakob Böhme. In Italia e in Spagna si discute soprattutto il concetto di imitazione, muovendo sempre alla ricerca di autorevoli modelli nel passato. Il problema dell’italiana Accademia della Crusca nasce dall’esigenza di selezionare l’italiano fiorentino trecentesco come paradigma letterario assoluto e insuperabile. La madrilena Accademia Imitatoria rilancia la classicità di Orazio contro lo sperimentalismo di Luis de Góngora.
Più o meno agganciati alle classi sociali dominanti, gli accademici europei adoperano una lingua comprensibile solo a livello alto, straniera per la maggior parte dei parlanti, mediamente analfabeti.
Fenomeno di costume, l’istituzione accademica rappresenta la socialità degli intellettuali, coinvolgendo pure le donne, specie laddove esiste una tradizione culturale femminile. In Francia l’abitudine preziosa dei salotti mondano-culturali viene alimentata da figure seduttive e originali, scrittrici in proprio o appassionate lettrici: presso la sua residenza parigina, la marchesa di Rambouillet organizza una sorta di accademia galante, nella quale hanno posto musica, recite e dibattiti letterari. Da questo punto di vista risulta arretrata la Germania dove solo l’Ordine dei pastori e dei fiori accoglie pubblico femminile.
Decisamente connotati in senso mondano, i salotti francesi nascono con intenzioni moralizzatrici reagendo alla corruzione cortigiana dell’epoca di Enrico IV. Mantengono in seguito lo stato di luoghi privilegiati di elaborazione autonoma di valori eleganti e virtuosi al tempo stesso. Laddove l’etica è rigidamente controllata dal potere religioso, l’accademia letteraria diviene strumento di propaganda (è il caso in Italia dei collegi gesuiti) o assume esplicitamente l’orientamento aconfessionale. In Germania l’Associazione fruttifera e la Società d’ispirazione tedesca mantengono le distanze dalle questioni teologiche, vivamente sentite dai soci dell’Ordine dei cigni dell’Elba.
Vera e falsa amicizia
In Italia la latitanza politica risulta altrettanto complessa di quella religiosa, sia per motivi finanziari sia per strategia culturale del potere. A Firenze ad esempio, l’Accademia Fiorentina e quella degli Apatisti vengono appoggiate dai Medici; quella dei Percossi svolge azione di disturbo, come già l’Accademia della Crusca nelle sue fasi iniziali. A Milano all’istituzione accademica viene affiancata la Biblioteca Ambrosiana per iniziativa del cardinale Federico Borromeo; a Bologna esiste collaborazione tra Accademia dei Gelati, curia romana e università, caso non comune secondo quanto specifica Giambattista Alberti nel Discorso dell’origine delle accademie pubbliche e private (1639); a Roma gli Umoristi appoggiano la politica filofrancese di Urbano VIII, pur salvaguardando l’intenzione critico-umorale annunciata dal nome. Unico per spirito polemico il caso degli Incogniti veneziani i quali importano la cultura libertina, contribuendo alla diffusione di uno stile di vita ragionevolmente non condizionato dai pregiudizi.
La fenomenologia dell’amicizia accademica non conosce il concetto di collaborazione, bensì la più meschina e gratuita emulazione interna o esterna al gruppo. Quando Giovan Battista Marino rientra dalla Francia, viene conteso a Napoli da Oziosi e Infuriati; ad altro livello si colloca con Fontenelle l’Académie Française che ospita la querelle des anciens et des modernes e interviene nella polemica letteraria sull’opera di Pierre Corneille attraverso la voce di Chapelain.
Sempre in Francia si assiste a un’urgenza lessicografica, ma il vocabolario viene faticosamente compilato dagli accademici rimproverati dal Antoine Furetière di negligenza. Per ciò che riguarda la situazione italiana, in anticipo sugli altri Stati europei, il Vocabolario della Crusca viene seguito da numerose opere polemiche, tra cui l’esplicita Anticrusca di Paolo Beni.
Atmosfere funebri
Perché muore un’accademia? Un poco per il carattere scarsamente autonomo dell’istituzione, un poco per l’esaurirsi degli argomenti, un poco per la stanchezza dei soci. Nel caso della presenza di un forte apparato statale il languore accademico resta un fenomeno secondario; non così in Italia dove al letterato non viene richiesto l’impegno sociale o la competenza di colto funzionario-burocrate, bensì la retorica dell’elogio, spesso dell’ipocrisia. Gli Italiani restano anzitutto cortigiani che sembrano preferire l’asservimento della cultura alla fatica di professionalizzare l’attività rischiando in prima persona i proventi comunque assai scarsi.
Parzialmente diverso il caso di altri Stati europei dove esiste una classe borghese-intellettuale, abituata all’etica del lavoro: Germania e Inghilterra, anzitutto. Adulatori sono i Francesi, raccolti attorno alla corte, ma il modello alternativo degli studi scientifici non può passare inosservato. L’acutezza dei Lincei, lo sperimentalismo dell’Accademia del Cimento, la curiosità degli Investiganti vengono esplicitati sin dal nome e il programma degli incontri poco ha a che fare con le decadenti recite dei letterati. In Francia esperienze simili verranno realizzate sul modello dell’Académie des Sciences.