LAZZI
. Termine tratto dalla commedia italiana, col quale s'indicava una piccola azione, muta e a volte parlata, che improvvisamente s'intercalava nel mezzo d'una scena. Nei primi tempi questi intermezzi si chiamarono "l'actioni" o "l'azzioni", e, in forma abbreviata e con la soppressione dell'apostrofe, "lacti" o "lazzi", fino ad assumere un secondo articolo e a diventare di genere maschile: "i lazzi".
Uno dei più vecchi e più usati, specialmente nei teatrini di fiera, era che, nel meglio d'una scena amorosa, Arlecchino (o altro zani), comparso sul palcoscenico senza un perché al mondo, faceva ampia provvista di mosche e di pulci e fingeva di mangiarle. Da muti divennero parlanti, come, p. es., allorché, durante una discussione tempestosa fra i due "vecchi" (Pantalone e il Dottore), Arlecchino s'avanzava in punta di piedi e imponeva silenzio, ripetendo esasperantemente il giuoco quattro, cinque, dieci volte. Naturalmente, non potevano mancare i "lazzi a due", p. es., tra Brighella e Arlecchino. E finalmente, veri e proprî ludi da zani, c'erano i lunghi e complicati lazzi acrobatici, come, p. es., quando Arlecchino e Mezzettino, legati braccia a braccia e schiena a schiena, dovevano attingere il cibo da uno stesso piatto posto a terra.
Via via si venne creando un repertorio di "lazzi", che negli scenarî del tempo erano indicati, almeno i più comuni e tradizionali, col solo titolo ("lazzo dell'orina fresca", "lazzo del piangere e ridere", "lazzo di frutti e baci", "lazzo di polso, orina e ricetta", ecc.): nel qual caso, l'attore se non li conosceva, poteva anche ricorrere a qualche prontuario. Affermare che, in sé stessi, sono tutti più o meno insipidi, significa ripetere ciò che deplorava non solo il Goldoni (che, tuttavia, anche nelle sue commedie scritte ne intercalò parecchi, se non proprio interrompenti l'azione, certo affatto inutili), ma anche, più d'un secolo prima, quel comico intelligente e di buon gusto ch'era il Cecchini. Tuttavia i lazzi, oltre che piacere al pubblico grosso, riuscivano, in certi casi, molto comodi agli stessi attori, per sviare un errore o per ravvivare una scena.
Bibl.: v. arlecchino.