LAZZARONI
Incerta è la ricostruzione delle attività dei L. prima che esse assumessero una forma compiutamente industriale, a fine Ottocento.
Le origini della famiglia dovrebbero essere rintracciate in Valtellina, a Teglio, intorno alla metà del Quattrocento; dall'alta Lombardia, i L. si trasferirono prima a Cremona e, infine, nella zona di Milano-Saronno.
Ugualmente difficile è tentare di definire con esattezza gli eventuali collegamenti esistenti tra i rami della famiglia insediati a Saronno e Monza e i numerosi pasticceri di nome Lazzaroni attivi a Milano e nel circondario negli anni a cavallo tra Otto e Novecento. Le fonti concordano comunque nell'individuare in Carlo (1774-1835 [?]) il capostipite della dinastia dolciaria, anche se esiste incertezza nel definire quali fossero le sue attività.
Secondo alcuni autori, Carlo esercitava già alla fine del XVIII secolo un'attività di pasticceria che andava al di là della limitata dimensione cittadina di Saronno, di cui era originario: avrebbe, infatti, raccolto la produzione di più botteghe artigiane e sarebbe stato proprietario di alcuni importanti caffè pasticceria di Milano. L'ascesa dei L., nella sua prima fase, andrebbe collegata alla notorietà della specialità dolciaria alla quale la ditta legò il suo nome, gli amaretti di Saronno. Altre fonti individuano la prima attività di Carlo nell'esercizio di una drogheria di cui si hanno tracce certe a Saronno sin dal 1830.
Nel 1802, Carlo sposò in seconde nozze una nobildonna di Uboldo, Giuditta Garegnani, arricchendo il proprio patrimonio con i possedimenti terrieri della consorte. Si deve al sesto dei suoi tredici figli, Davide (1808-79), l'impianto del primo grande laboratorio dolciario edificato dalla famiglia, in uno stabile di piazza Venezia a Saronno (attestato dagli anni '50-'60 del XIX secolo), nel quale si producevano, oltre che amaretti, anche altre tipologie di dolci di tradizione italiana, tra cui i panettoni. È probabile che l'attività gestita da Davide, dalla moglie Marianna Sala e dai figli avesse ancora carattere misto di commercio al minuto e di produzione destinata a un ambito più ampio di quello locale.
La moda dei biscotti si era diffusa dapprima in Inghilterra all'inizio dell'Ottocento e poi tra le famiglie benestanti del continente: il mercato internazionale rimaneva dominato dai produttori inglesi mentre alcune iniziative locali iniziavano a sorgere in altri paesi (per esempio in Francia e in Germania).
Nell'ultimo ventennio dell'Ottocento, la famiglia L. pensò di sfruttare la popolarità che i biscotti di tipo inglese stavano conquistando anche in Italia: già Davide aveva iniziato ad acquistare macchinari inglesi per produrre nuove varietà, ma la svolta arrivò quando i suoi tre figli, Giacinto (1840-94), Ernesto (1844-1909) e Pietro (1851-1904), costituirono nel 1888 la società in accomandita semplice Stabilimento anglo-italiano D. Lazzaroni & C. Saronno (al capitale sociale di 120.000 lire contribuì anche il banchiere saronnese T. Torri).
Lo stabilimento, edificato a Saronno in via Carcano, venne attrezzato con moderni forni inglesi, come pure dalla Gran Bretagna provenivano alcuni operai specializzati incaricati di formare la manodopera locale. La produzione iniziò nel 1890 e già nel giro di tre anni la Lazzaroni era considerata una delle aziende più importanti, per dimensioni e modernità della produzione, dell'industria dolciaria lombarda: nel 1893 l'intero settore della produzione di biscotti, composto da 5 ditte, occupava nella regione 67 operai, di cui ben 42 erano impiegati nello stabilimento Lazzaroni. Una disparità sostanzialmente analoga esisteva anche nella disponibilità di macchinario, e significativo è il fatto che la Lazzaroni fosse l'unica azienda a registrare un consistente flusso di esportazione, prevalentemente verso l'America meridionale: la tradizione vuole che lo storico marchio dell'azienda rappresenti il piroscafo della società Rubattino che portò Oltreoceano il primo carico di prodotti Lazzaroni.
Le possibilità di accrescere il consumo interno rimasero limitate (anche per una serie di scelte fiscali che colpirono i dolciumi come bene voluttuario), ma la Lazzaroni manteneva comunque un importante sbocco commerciale nello stretto rapporto con la città di Milano. Poiché l'iniziativa mirante a contrastare i prodotti inglesi in Italia e a individuare nuovi possibili sbocchi all'estero era di notevole impegno, i fratelli L. decisero di coinvolgere nella società alcuni cugini già attivi, in ambiti contigui, a Monza. Il secondogenito di Carlo senior, Paolo, infatti, si era trasferito a Monza nel 1852 (secondo altre fonti nel 1855) con la moglie Maria Strazza, impiantandovi una drogheria. L'attività dovette prosperare in tempi piuttosto rapidi e, già nel 1869, Paolo stipulò coi propri due figli, Pietro e Luigi (1847-1933), una "società commerciale per l'acquisto e smercio di coloniali, salumi ecc." (le attività sociali furono poi estese alla produzione di cioccolato, caramelle, canditi e liquori). La Paolo Lazzaroni e figli aveva un capitale originario di 87.000 lire e fu gestita, negli anni successivi alla morte del fondatore, dai due suoi eredi e (presumibilmente dal 1904) da Luigi insieme con il figlio di Pietro, Carlo. Venne infine sciolta nel dicembre 1917, a seguito della crisi ingenerata dalla guerra, mentre ormai gli interessi della famiglia erano concentrati nelle attività intraprese a Saronno.
Luigi, seguì studi tecnici e si accostò inizialmente all'industria del cotone. Volontario garibaldino nel 1866, dopo la terza guerra di indipendenza continuò per breve tempo l'attività in campo tessile per dedicarsi poi interamente all'attività paterna di commercio di coloniali (mantenendo tuttavia alcuni interessi nell'ambito della produzione serica della zona briantea).
Quale figura di maggior spicco del ramo monzese già negli ultimi anni dell'Ottocento, Luigi venne dunque coinvolto dai cugini di Saronno nella società che gestiva il nuovo biscottificio anglo-italiano, bisognosa di nuovi capitali e di fresche energie imprenditoriali. Chiamato alla guida della società dal 1894, Luigi perseguì energicamente la via della promozione dei prodotti Lazzaroni all'estero. Nel 1896 la ditta ingrandì il proprio stabilimento (trasferendo anche alcune delle produzioni che avvenivano a Monza) e riuscì a ottenere, attraverso un'interpellanza alla Camera di commercio di Milano, tariffe ferroviarie privilegiate, in modo da favorirne il più possibile la penetrazione commerciale.
Nel 1898 il numero di operai occupati dallo stabilimento raggiungeva già le 120 unità; all'inizio del secolo questa cifra era salita a 200 e la ditta produceva all'incirca 300 diverse varietà di biscotti, presentandosi come una realtà di rilevanza nazionale.
Sotto la guida di Luigi la ditta affrontò anche alcuni periodi di crisi, come nel caso dei due incendi che distrussero gli stabilimenti nel 1898 e nel 1911. Il momento più oscuro si ebbe, tuttavia, negli anni della prima guerra mondiale: la Lazzaroni riuscì ad affrontare la difficile contingenza bellica attraverso una riconversione dei propri prodotti a uso dell'Esercito. Il ristabilirsi della situazione economica nei primi anni del dopoguerra coincise con una rapida ripresa delle attività dell'azienda, che Luigi guidò secondo le linee strategiche delineate negli anni precedenti fino alla sua scomparsa, nel novembre 1933.
Luigi ottenne numerosi riconoscimenti; il più prestigioso fu il titolo di cavaliere del lavoro, conferitogli il 30 maggio 1907. Luigi fu anche attivo all'interno della Camera di commercio di Milano, presso la quale fu consigliere dal 1904 al 1911; partecipò a diverse delle commissioni permanenti della Camera e in particolare poté avvalersi della propria esperienza nel campo del commercio internazionale nell'ambito delle commissioni Trasporti e Tariffe. Partecipò anche ad altre iniziative industriali, per esempio come socio e consigliere della Società anonima Citterio per l'industria dei salami (nel 1907), fu tra i fondatori della Società elettrica saronnese e presidente della Società anonima tranvia Monza-Rezza-Bergamo. Fu consigliere comunale a Monza, adoperandosi anche in una serie di attività filantropiche, e svolse un ruolo di primo piano nella vita di Saronno, dove erano concentrati gli interessi economici della famiglia.
Negli ultimi anni della sua attività Luigi venne affiancato nella gestione della ditta da due dei figli avuti da Virginia Vismara, Paolo (1882-1930) e Mario (1895-1982). Dopo la prematura scomparsa del fratello maggiore e la morte del padre, Mario rimase unico responsabile delle attività di famiglia, imprimendo loro un nuovo slancio dopo il periodo di bassa congiuntura legato alla depressione internazionale del 1929-30.
Mario, immediatamente dopo gli studi ginnasiali compiuti a Monza, fu inviato a completare la propria formazione all'estero in Sassonia, Svizzera, e al Politecnico di Londra, città in cui lavorò anche in imprese inglesi. Dopo la parentesi della prima guerra mondiale, durante la quale servì come ufficiale di aviazione con funzioni di interprete, dal 1920 iniziò a occuparsi delle attività familiari, trovandosi unico titolare della ditta, poco dopo il matrimonio con Augusta Andina, figlia di un industriale tessile comasco.
I suoi studi in scienze alimentari lo spinsero a impegnarsi per fare del biscotto un importante elemento nutrizionale piuttosto che un genere di consumo di lusso (particolare impegno venne dato, per esempio, allo sviluppo di prodotti per l'infanzia). Parallelamente, vennero studiate nuove confezioni atte a favorire una migliore e più lunga conservazione del prodotto, oltre che soluzioni più economiche (sono di questi anni l'impiego di fogli d'alluminio, che permettevano la messa in vendita di piccole confezioni, e la creazione, intorno al 1935, di un nuovo tipo di biscottiera, "a rendere", in grado di mantenere a lungo inalterate le caratteristiche delle produzioni Lazzaroni). Inoltre le tradizionali confezioni metalliche della ditta furono decorate da importanti illustratori dell'epoca tanto da divenire uno dei principali strumenti pubblicitari dell'azienda.
Lo scoppio del secondo conflitto mondiale sottopose la produzione a restrizioni e contingentamenti, fino al collasso totale degli ultimi anni di guerra. Contemporaneamente, la situazione della ditta fu aggravata da una dispersione del capitale sociale tra i vari membri della famiglia: Mario riuscì a ristabilire un efficace controllo nel 1950, riavviando la crescita dell'impresa in un contesto molto più favorevole, grazie all'evoluzione dei modelli di consumo alimentari stimolata dal boom economico italiano.
Nonostante alcuni limiti allo sviluppo dei consumi, legati principalmente alle politiche agricole e fiscali che interessavano le principali materie prime (soprattutto lo zucchero), gli anni Cinquanta segnarono un periodo di sostenuta espansione del settore dolciario che assunse caratteri pienamente industriali in molte aree fino ad allora caratterizzate dalla parcellizzazione e da dimensioni quasi artigianali.
Anche per la Lazzaroni (che pure operava su scala già notevolmente superiore alla media nazionale) si realizzò una fondamentale opportunità di espansione. L'aumento delle vendite registrato per tutto il corso degli anni Cinquanta rese insufficiente lo storico stabilimento di via Carcano, sostituito nel 1957 da un nuovo moderno impianto costruito alla periferia di Saronno, presso un importante svincolo autostradale.
Nel 1969 le dimensioni dell'impianto vennero raddoppiate e le linee subirono un nuovo aggiornamento tecnologico. Il nuovo stabilimento era infatti altamente automatizzato e ulteriori investimenti in tale direzione vennero sostenuti negli anni successivi per far fronte alla crescita del costo della manodopera. Nel 1976, sotto la guida dei figli di Mario, venne introdotto il primo impianto al mondo per il confezionamento automatico dei pasticcini assortiti, mentre nel 1980 la linea di produzione degli amaretti non richiedeva più alcuna operazione manuale, ma era costituita da un unico processo automatico che andava dalle impastatrici fino all'incarto e al confezionamento.
Le trasformazioni dei mercati di riferimento e dell'apparato produttivo resero necessario un progressivo adeguamento delle strutture societarie: nel 1960 si passò dall'accomandita alla forma della società per azioni e, a partire dal 1966, Mario iniziò a essere affiancato, nella direzione dell'azienda, dai figli Luigi (1931) e Paolo (1936). Dal 1975 Mario si ritirò dall'impegno attivo nell'azienda, cedendo tutte le responsabilità ai figli, sotto la guida dei quali l'impresa entrò in un decennio di forte crescita in Italia e all'estero con notevole aumento dei livelli occupazionali.
Accanto all'attività nella propria azienda, Mario contribuì attivamente alla vita degli organi rappresentativi di categoria a livello sia locale sia nazionale: come consigliere dell'Associazione nazionale industrie alimentazione dolciaria, si adoperò per ricomporre la frattura creatasi, dal 1957, tra la Confindustria e alcune importanti aziende (Motta, Alemagna, Saiwa, Ferrero) che avevano deciso di perseguire una politica indipendente attraverso la creazione dell'Unione industriali dolciari italiani (il compromesso venne trovato nel 1967, con la riunificazione nell'Associazione industrie dolciarie italiane, di cui Mario divenne presidente onorario). Inoltre tra il 1963 e il 1965, fu chiamato a presiedere la delegazione italiana della Coabisco, Associazione dolciari del Mercato comune europeo. Mario fu anche nominato, nel 1933, rettore ordinario della neocostituita provincia di Varese; cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia nel 1934, ricevette nel 1952 il titolo di commendatore e, nel 1970, quello di cavaliere del lavoro.
Dopo la morte di Mario (1982), i fratelli Lazzaroni decisero di aderire a una proposta del gruppo americano Campbell's, interessato a estendere le proprie attività nel settore dei biscotti di alta qualità. Il nuovo assetto proprietario fu definito nel luglio 1985: venne formata una società da 33 miliardi di lire di capitale, di cui la multinazionale americana manteneva la maggioranza assoluta; Luigi fu presidente, vicepresidenti il fratello Paolo e un manager del socio straniero, Arrigo Polli.
Dopo una breve fase di recupero, a partire dal 1989 i bilanci ripresero a essere chiusi in perdita e si verificò un costante calo degli occupati e della produzione (da oltre 800 dipendenti all'inizio degli anni Ottanta, si passò a 240 nel 1991).
Il pacchetto azionario tornò in mani italiane grazie all'intervento di Enrico Citterio, cugino dei Lazzaroni, ma i fratelli, che continuavano a detenere direttamente solo una quota di minoranza del capitale (inferiore al 20%), non ebbero più funzioni operative nella ditta, ormai interamente controllata dai Citterio.
Fonti e Bibl.: L'Associazione Mario Lazzaroni è depositaria del materiale storico della ditta (documenti e oggetti), raccolto da Luigi Lazzaroni dal 1962 e attualmente conservato presso lo stabilimento del biscottificio: l'archivio storico copre in maniera pressoché completa tutto il periodo dalla fondazione agli anni Sessanta (con documenti anche successivi) e ha una consistenza di circa 300 cartelle, più diversi registri (copialettere, libri sociali) e documentazione pubblicitaria (manifesti, scatole, oggetti omaggio).
Oltre che nell'archivio aziendale, informazioni relative alle attività della famiglia in area monzese e a Milano si trovano a Milano, Arch. stor. della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA), Atti pre-1961, Registro ditte, sc. 93; Atti 1861-1920, Registro ditte, scc. 455, 567; nonché (relativamente all'attività di Luigi come consigliere della Camera di commercio), ibid., Resoconti sedute Consiglio, voll. 244, 245. Dati relativi alla Società di Saronno si possono invece ricavare dal f. 9761 del Registro ditte della Camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato della Provincia di Varese (Ditta Luigi Lazzaroni & Co.). Riguardo al conferimento del titolo di cavaliere del lavoro a Luigi e a Mario, alcune notizie sono reperibili a Roma, Arch. stor. dei cavalieri del lavoro, Scheda Luigi Lazzaroni, n. 300, 30 maggio 1907; Scheda Mario Lazzaroni, n. 1713, 2 giugno 1970. Si vedano anche Federazione nazionale dei cavalieri del lavoro, I cavalieri del lavoro. Cent'anni di imprenditoria, Roma 2001; Id., I cavalieri del lavoro (1901-2001). Storia dell'Ordine e della Federazione, ibid. 2001.
Pur non esistendo alcuna pubblicazione storica dedicata esclusivamente alla famiglia L., numerose informazioni possono essere ricavate da L. Caprera, I L.: una famiglia, un'industria dal 1830 al 1914, tesi di laurea, Università degli studi di Milano, facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1992-93. Cfr. anche P. Macchione - A. Bertoni, Non solo amaretti, Varese 1995. Elementi specifici sulla vita di Luigi e Mario sono ricavabili dai necrologi in Il Cittadino, 16 nov. 1933 (per Luigi) e in Corriere della sera e La Prealpina, 16 nov. 1982 (per Mario); vedi anche Artefici del lavoro italiano, I-II, Roma 1956-62, ad indices. Altro materiale utile si trova nelle pubblicazioni giubilari e nei cataloghi, dedicati nello specifico alla ditta o all'intero contesto produttivo saronnese: Saronno. Le sue opere e le sue industrie…, Milano 1931; Città di Saronno. Cenni storici. Attività produttive, Abbiategrasso 1976, ad ind.; Biscotti. Storia per immagini di una dolce tradizione, a cura di G. Buccellati, Milano 1982, ad ind.; D. Lazzaroni & C., a cura di L. Lazzaroni, Trieste 1986; Biscotti & Co. La tradizione verso il futuro, Trieste 1987.
Informazioni di carattere statistico relative alla fine dell'Ottocento possono essere ricavate da L. Sabbatini, Notizie sulle condizioni industriali della provincia di Milano, Milano 1893. Elementi sulle vicende complessive del settore sono descritti in F. Chiapparino, Tra polverizzazione e concentrazione. L'industria alimentare dall'Unità al periodo tra le due guerre, nonché G. Gallo - R. Covino - R. Monicchia, Crescita, crisi, riorganizzazione. L'industria alimentare dal dopoguerra a oggi, in Storia d'Italia (Einaudi), Annali 13, L'alimentazione, a cura di A. Capatti - A. De Bernardi - A. Varni, Torino 1998, rispettivamente alle pp. 205-268 e 269-343. Si veda inoltre Dolce business. Storia e miti dell'industria dolciaria italiana, Milano 1996, ad indicem. Per una ricostruzione complessiva del contesto economico saronnese e del ruolo di questo nell'ambito della provincia di Varese, si vedano P. Macchione, Una provincia industriale: miti e storia dello sviluppo industriale tra Varesotto e alto Milanese, I, Dal XVIII sec. alla prima guerra mondiale, Varese 1989, ad ind.; A.M. Falchero, Tra locomotive e amaretti: un secolo di industria a Saronno (1880-1980), in La storia e l'economia. Misc. di studi in onore di Giorgio Mori, a cura di A.M. Falchero et al., Varese 2003, ad indicem.