TAVARONE, Lazzaro
– Nacque a Genova nel 1556 «da parenti di molto tenue fortuna», secondo le informazioni fornite nella prima biografia dedicata al maestro genovese, e pubblicata nel 1674 da Raffaele Soprani (p. 151).
Sempre Soprani segnala il suo precoce ingresso nella bottega di Luca Cambiaso, di cui Lazzaro si professava orgogliosamente discepolo ancora in età matura (Parma, 1999c, p. 413; Ead., 2008), scegliendo di inserire in alcuni affreschi l’indicazione «D.L.C.» (Discipulus Lucae Cambiasii). Il profondo legame instaurato con Cambiaso è documentato anche dal desiderio di raccogliere numerosi studi del maestro, i quali costituirono il nucleo iniziale di un’importante raccolta di grafica ricordata dalle fonti seicentesche. Nell’abitazione del pittore, infatti, erano presenti molti «disegni fatti per mano di Cambiaso e di altri valorosi pittori», conservati assieme a ulteriori «usciti dall’industria delle sue mani, et eran in numero poco meno di nove milla, quali servivano di onorato passatempo a chi tal’hora si compiaceva di visitar le sue stanze» (Soprani, 1674, p. 154; Sanguineti, 2018, p. 12).
Il 26 agosto 1583 il pittore accettò di servire Filippo II, «dove mi sarà ordinato, avvalendomi della mia arte bene e diligentemente», ricevendo un compenso mensile pari a 20 scudi (García-Frías Checa, 2007, p. 173). Nell’aprile del medesimo anno Cambiaso aveva deciso, grazie all’intercessione del nobile Ettore Spinola, di recarsi in Spagna, dove si trasferirono il figlio Orazio, l’intagliatore e scultore Gaspare Forlani e, dunque, anche l’allievo prediletto Tavarone (López Torrijos, 1987). Cambiaso, Orazio e Lazzaro giunsero presso l’Escorial il 31 ottobre dello stesso anno, ricevendo lo stipendio pattuito dal 1° settembre (García-Frías Checa, 2007, p. 173). Il 7 novembre 1583 ottennero alcuni incarichi nell’ambito della fabbrica della basilica di S. Lorenzo (Alvaro - Assini - Cerioli, 2007, doc. a p. 458). In occasione della stesura del terzo testamento di Cambiaso (El Escorial, 5 settembre 1585), Tavarone compare tra i numerosi testimoni (Marías, 1979, p. 83; Alvaro - Assini - Cerioli, 2007, doc. a p. 458). Nel documento egli dichiarò di avere «oltre venticinque anni d’età», di conoscere Cambiaso da diciassette anni e di essere stato suo apprendista vivendo nella casa del maestro (Marías, 1979, p. 85). Tali indicazioni forniscono utili riferimenti per determinare sia la data di nascita del pittore, collocabile in prossimità del 1556 così come ricordato da Soprani, sia il suo ingresso presso la bottega di Cambiaso, che egli asseriva di conoscere dal 1568 (García-Frías Checa, 2007, p. 184 nota 11).
Nel cantiere del monastero di S. Lorenzo, Tavarone e Orazio Cambiaso «svilupparono, ancora in vita il maestro, un percorso professionale autonomo» (ibid., pp. 173-175), collaborando però con Luca Cambiaso nell’esecuzione dei suoi affreschi, tra cui quelli della volta del coro della chiesa, terminati all’inizio del 1585 (Parma, 1999c, p. 413, García-Frías Checa, 2007, pp. 173-175). Tra il dicembre del 1584 e il giugno del 1585 Lazzaro intervenne nella decorazione della volta della galleria delle battaglie, operandovi assieme a Orazio e a Nicolò Granello e Fabrizio Castello, figli di Giovanni Battista Castello. Gli stessi pittori furono poi coinvolti nella decorazione delle volte delle due sale capitolari e delle pareti della galleria delle battaglie (López Torrijos, 1999; García-Frías Checa, 2007, con l’attribuzione a Tavarone di alcune scene e decorazioni affrescate in questi ambienti). Il 7 febbraio 1590 Tavarone ricevette l’incarico di realizzare con Castello e Granello, avvalendosi di disegni forniti da Rodrigo de Holanda, gli affreschi con «pittura della guerra di San Quintino e della battaglia della Terceira nella galleria della stanza reale» del monastero di S. Leonardo (García-Frías Checa, 2007, p. 181). A Lazzaro furono affidati in particolare quattro episodi con «quattro fregi» (ibid.), valutati il 7 febbraio 1591 la somma di 660 ducati (come quelli di Castello, mentre le scene realizzate da Granello furono stimate 775 ducati: Zarco, 1932, pp. 84-88, 99 s.; García-Frías Checa, 2007, pp. 181-183).
Nel febbraio del 1591 Tavarone scelse di tornare in patria e il 6 marzo ottenne 200 ducati «per il suo aiuto di costa e per ritornare alla propria terra con licenza di Sua Maestà» (Zarco, 1932, p. 161; García-Frías Checa, 2007, p. 183).
L’assenza del nome del pittore dalla matricola dell’Ars pictoriae et scutariae di Genova è stata giustificata proprio in considerazione del fatto che Tavarone rientrò dalla Spagna nel 1592, quando era ormai «conclusa la disputa sulla nobiltà della pittura con la possibilità, per gli artisti che esercitavano solo la pittura, di non iscriversi alla corporazione» (Parma, 1999c, p. 413).
Nel 1592 il pittore era già attivo da alcuni mesi in città, poiché in quell’anno risulta impegnato nella decorazione della facciata e di alcuni ambienti del palazzo di Giulio Spinola in strada Nuova (volta con Trionfo di Cesare e Storie di Cesare, datata 1592; Parma, 1999b). Tra il 1595 e il 1596 Tavarone lavorò per Giovanni Andrea Doria nella villa Centurione di Pegli, acquistata da Doria nel 1584 (Parma, 2008, pp. 135 s.; Stagno, 2010). Sono considerati frutto di incarichi ricevuti dalla stessa famiglia la perduta immagine con Andrea Doria favorisce l’ordine dei Minimi, dipinta intorno al 1600 da Tavarone nel chiostro del santuario di S. Francesco da Paola a Genova (Caraceni Poleggi, 1987, p. 298) e l’affresco staccato (Genova, Museo di S. Agostino) con Andrea Doria arringa la folla davanti alla chiesa di S. Matteo (Parma, 1999c, p. 413). Il Martirio di s. Bartolomeo affrescato nella volta della chiesa genovese di S. Bartolomeo reca le iniziali del pittore «L.T.» e la data 1596. Si tratta di una composizione nella quale Tavarone palesa un evidente riutilizzo di elementi compositivi e stilistici desunti dalla matura produzione di Cambiaso (Caraceni Poleggi, 1987, p. 274; Parma, 1999c, p. 413). La tela con S. Giacomo salva un innocente dal rogo (Genova, S. Antonio in Sarzano), che in origine faceva parte di un ciclo destinato al distrutto oratorio di S. Giacomo delle Fucine, per il quale furono coinvolti più artisti, tra cui Bernardo Castello e Orazio Cambiaso, fu commissionata a Tavarone dai tintori di seta Battista Savignone e Pietro Rolla, raffigurati nella scena in devota contemplazione dell’evento sacro. È quanto documenta l’iscrizione inserita in primo piano («BAPTISTA. SAVIGNONUS / Q. BENEDICTI / ET. PETRUS. ROLLA. DE / INSULTA ANDREAE / TINTORES SETAE / ANNO D[OMI]NI. 1600 / DIE. 11. 9BRIS») unitamente alla firma del maestro («LAZARUS TAVARONUS FECIT»; Franchini Guelfi, 1982).
I protettori del Banco di S. Giorgio all’inizio del XVII secolo decisero di affidare a Tavarone l’incarico di affrescare la facciata a mare di palazzo S. Giorgio, in sostituzione di una precedente decorazione terminata da Andrea Semino entro il 21 ottobre 1591 (Zanelli, 2007). In relazione a questo cantiere si conoscono numerose testimonianze d’archivio e alcuni documenti figurativi – in primis la tela di Giovanni Battista Paggi raffigurante la Madonna col Bambino tra s. Giovannino e s. Giorgio datata 1608 (Repetto, 2007) –, ma non la decorazione tavaroniana, poiché fortemente deteriorata alla fine dell’Ottocento e per tale motivo completamente ripresa in occasione dei restauri dell’inizio del XX secolo progettati da Lodovico Pogliaghi (Olcese Spingardi, 2007). Nel settembre del 1606 Tavarone fu coinvolto nell’impresa insieme a Battista Carlone e a Daniele Casella per i marmi, a Bernardo Carpente per la fornitura di ferri e a Franco Carrubio per quella della calce. Grazie alle indicazioni annotate nel registro della Fabricae Palatii S.ti Georgii è possibile ricostruire le tappe di questi lavori, che impegnarono Tavarone dal 16 settembre 1606 fino all’8 marzo 1608 (Zanelli, 2007, pp. 8 s.). Durante l’esecuzione degli affreschi di palazzo S. Giorgio, che furono conclusi nel 1608 (anno in cui il maestro acquistò in città una casa; Parma, 1999c, p. 414), Tavarone intervenne anche nella villa di Giacomo Saluzzo (un affresco della loggia est, distrutto durante il secondo conflitto bellico e raffigurante Cristoforo Colombo combatte contro gli indios, recava la data 1607: Parma, 1999f p. 359; Zanelli, 2005, p. 51), mentre nel 1612 decorò con lo Sposalizio della Vergine, la Circoncisione e la Vergine in gloria la volta del presbiterio della chiesa di S. Maria delle Vigne, dove il 27 dicembre 1581, poco prima della partenza per la Spagna, Lazzaro aveva sposato Barbara Cassitia (Alfonso, 1971; Parma, 1999c). Negli anni immediatamente successivi (1617-18) è collocato l’intervento del maestro presso il santuario della Madonna della Misericordia di Savona, su richiesta di Franco Borsotto (Parma, 1993).
Nel corso del secondo decennio del Seicento l’intensa attività di Tavarone si espresse in modo particolare a Genova nell’ambito dell’esecuzione di cicli pittorici destinati a impreziosire numerosi edifici religiosi, tra cui i perduti affreschi eseguiti nel 1611 nell’oratorio dei disciplinanti di S. Maria, «osservando in ciò la maniera del Bergamasco, già compagno di Luca suo maestro» (Soprani, 1674, p. 154). La considerevole fortuna raggiunta dal pittore è documentata inoltre dagli interventi nelle residenze della nobiltà locale, come quella di Tommaso Grimaldi (attuale sede della Galleria nazionale di Palazzo Spinola), dove nella volta del salone del primo piano nobile fu raffigurato l’Assedio della città di Lisbona da parte dell’esercito del duca d’Alba, siglato dall’autore, mentre per il soffitto del sovrastante salone venne scelto il Trionfo di Ranieri Grimaldi con, ai lati, episodi dedicati alla Difesa della città di Zierikzee (Zanelli, 2009). Sulla base di quanto indicato dall’erudito ottocentesco Federigo Alizeri (1875), nel 1615 Tavarone affrescò le perdute Imprese di Gregorio Grimaldi contro i veneziani nella dimora di Nicolò Grimaldi. Nello stesso momento è possibile collocare pure l’articolato apparato decorativo realizzato da Tavarone nel salone del palazzo De Fornari Chiavari Belimbau, che reca al centro l’episodio con Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona ricevono Cristoforo Colombo al ritorno dal Nuovo Mondo. Il ciclo è stato collegato alla figura del nobile Francesco De Ferrari, il quale, poco dopo il 1611, volle sottoporre l’edificio a un consistente ampliamento (Zanelli, 2005, pp. 53-55).
Tavarone dipinse anche numerose tele a soggetto sacro, tra cui la pala con S. Giacomo e s. Giovanni Evangelista presentati a Gesù dalla madre (Genova, chiesa di S. Giovanni di Prè), commissionata da Battista e Paolo Parodi nel 1613, l’Assunta con s. Giovanni Battista e s. Carlo Borromeo del santuario della Madonna dell’Acquasanta (firmata e datata 1616) e la Pietà con santi (Sanremo, santuario della Madonna della Costa), collocabile all’interno della stessa fase figurativa (Bartoletti, 2001b). A queste opere sono state accostate una tela con il Martirio di s. Sebastiano nella chiesa di Nostra Signora della Consolazione a Celle Ligure, forse proveniente dalla chiesa genovese di S. Agostino, e la Lactatio miracolosa di s. Bernardo da Chiaravalle conservata nella parrocchiale di Moltedo di Imperia e databile poco oltre il 1625, in prossimità, dunque, dell’esecuzione di Cristo resuscita il figlio della vedova di Naim nella Pinacoteca dei cappuccini di Voltaggio, in cui «Tavarone, come sempre, paga il tributo al maestro Cambiaso» (Bartoletti, 2001a, p. 83, Scheda 20), come nel caso delle tele con S. Barnaba e S. Francesco (Genova, chiesa di S. Barbara).
Nel piano nobile della dimora di Giacomo Saluzzo, dove si conservava un suo affresco datato 1607, Lazzaro decorò nel 1614 ulteriori spazi, tra cui la volta del salone con i Fasti di Alessandro Farnese, contrassegnata dall’iscrizione «LAZARI TAVARONI / OPUS MDCXIIII» (Parma, 1999f). Due anni dopo egli dipinse le Storie di Giuda Maccabeo contro Antioco V nella villa di Franco Borsotto, che dall’agosto del 1617 al luglio del 1618 lo coinvolse nel cantiere del santuario della Misericordia di Savona, con pagamenti registrati dal 22 luglio 1616 al 30 settembre 1617 (Parma, 1993; Ead., 1999e, p. 368). L’affresco nella volta del salone del piano nobile della villa genovese, raffigurante la Battaglia di Bet-Zaccaria e il sacrificio di Eleazaro, è datato 1617 («LAZARI TAVARONI/IUS MDCXVII./D.L.C»). Allo stesso anno risaliva la perduta decorazione della volta del salone di villa Ayrolo Negrone a Genova (Parma, 2008, pp. 139 s.).
Nel 1622, anno in cui è registrato il possibile acquisto di un’ulteriore casa (Parma, 1999c, p. 414), il pittore affrontò la decorazione della volta del coro della cattedrale di S. Lorenzo di Genova con il Martirio di s. Lorenzo («LAZARUS /TAVARONUS / F. MDCXXII»), circondato da medaglioni con Santi, e del catino absidale, dove rappresentò S. Lorenzo che indica i poveri al prefetto Valeriano. L’importante cantiere fu terminato nel 1624 (Di Fabio, 2000). Su commissione di Giovanni Battista Adorno, nello stesso anno Tavarone decorò alcuni ambienti in palazzo Cattaneo Adorno di strada Nuova, dipingendo episodi legati alla storia genovese (Guglielmo Embriaco espugna Gerusalemme) e all’esaltazione della famiglia Adorno (Gesta del doge Antoniotto Adorno per la liberazione di papa Urbano VI assediato da Carlo III re di Napoli a Nocera; firmato e datato «LAZARUS TAVARONUS PINGEBAT 1624»: Parma, 1999a). Nel 1626 Lazzaro realizzò l’affresco con l’Ultima Cena che decorava in origine uno degli ambienti dell’ospedale di Pammatone a Genova e fu poi trasferito nella cattedrale di S. Lorenzo (Boccardo, 2012; Parma, 2008, p. 138). Secondo Santo Varni (1861), nel 1626 il pittore fu console dell’Arte.
La composizione un tempo in Pammatone fu replicata nella controfacciata dell’oratorio dei Ss. Nazario e Celso di Multedo (Genova Pegli) nell’ambito della decorazione dell’interno dell’edificio, affidata a Tavarone l’11 aprile 1634 (Zanelli, in corso di stampa). Questo ciclo mostra stringenti rapporti anche con gli affreschi con Storie della Passione, datati 1633, che decoravano gli ambienti del distrutto convento agostiniano di S. Maria in Passione a Genova (Newcome, 1982; Ead., 1996, p. 373). Il ciclo dell’oratorio di Multedo fu realizzato tra il mese di aprile e la fine del 1634, poiché sia l’Ultima Cena («LAZARUS TAVARONUS PINXIT ANNO DO[MI]NI MDCXXXIV») sia l’Apoteosi dei ss. Nazario e Celso dipinta nella volta («ANNO DO[MI]NI 1634 L T F [Lazarus Tavaronus Fecit]») sono datate in quell’anno. Si tratta, verosimilmente, dell’ultimo cantiere dell’ormai anziano pittore, che, come ricordato da Soprani, negli anni finali della vita, «oppresso dal carico degli anni, e stanco per le passate fatiche, più che di star sopra i ponti, era bisognoso di riposar in sua casa» (1674, p. 154).
Risale al 20 febbraio 1638 il primo testamento noto del pittore, in cui risulta indicato quale erede il suo unico figlio Bartolomeo. Egli scelse come luogo di sepoltura la chiesa di S. Agostino (Alfonso, 1971, pp. 43 s.). L’8 marzo 1640 venne redatto un ulteriore testamento a favore della nipote Angiola Maria, figlia di Bartolomeo (Parma, 1999c, p. 414). Tavarone morì a Genova nel corso di quell’anno, poiché gli esecutori testamentari domandarono il 26 novembre 1640 una proroga per la vendita della casa ereditata dalla nipote (ibid.).
Per ulteriori indicazioni sulla produzione ad affresco del maestro e ai suoi committenti: Parma, 1999c, pp. 413 s.; Ead., 2008, pp. 133-143 (con bibl. precedente). Per l’analisi della consistente produzione grafica del pittore si rimanda ai seguenti testi: Newcome, 1981, pp. 44-52; Ead., 1985; Ead., 1990, pp. 203-207; Ead., 2000, pp. 157 s.; L. T., 2009 (con bibl. precedente).
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