LAZZARO o Lazzarone
Voce d'origine spagnola (cfr. lazarino "lebbroso"), che servì a indicare il plebeo napoletano del quartiere Mercato, protagonista, in un certo senso, della sollevazione accaduta nel 1647 e capitanata da Masaniello. Prima di tale epoca il termine non fu usato nell'accezione che divenne poi comune. In occasione della rivolta sopracitata si costituì una compagnia di lazzari, i quali, vestiti di camicie e mutande di tela bianca con berretti rossi, e armati di uncini di ferro di quelli che si adoperavano per afferrare i porci del Mercato, e guidati da Scipione Giannattasio detto Pione, parteciparono ai tumulti. La compagnia fu sciolta dal duca di Guisa, allorché assunse la protezione della repubblica napoletana; ma il nome di lazzari rimase e fu esteso a indicare anche la plebe sollevata di altre città e regioni (l. di Sicilia o di Palermo, e l. del Piano cioè di Piana di Sorrento). Ciò avvenne però soltanto in casi sporadici, mentre a Napoli il nome si perpetuò nella tradizione, e di lazzari si sente parlare in occasione di altre sollevazioni popolari, come nella resistenza opposta al generale Championnet nel 1799 e nella caduta della Repubblica Partenopea. Mentre però, allora, diedero prove di vero valore, sì da meritare l'ammirazione dello stesso nemico, nel 1848, dopo che gli Svizzeri ebbero sconfitto la guardia nazionale, scesero nelle vie della città a raccogliere il frutto della vittoria altrui. I lazzari, ora scomparsi, diedero luogo a leggende, come quella che possedessero un'organizzazione e un capo eletto ogni anno per acclamazione, che trattava da pari a pari col re e col viceré, e furono argomento di romanzi popolari (Fiorentino, Mastriani).
Bibl.: B. Croce, Varietà intorno ai Lazzari, in Napoli nobilissima, XIV (1905).