SPINOLA (Grimaldi Ceba), Lazzaro Maria
SPINOLA (Grimaldi Cebà), Lazzaro Maria. – Nacque a Genova nel 1607 da Paolo Agostino fu Domenico e da Ginevra Grillo fu Agapito. Venne battezzato in San Luca il 3 giugno 1607, tenuto a battesimo da Nicolò Pallavicino e da Marzia vedova di Lazzaro Grimaldi Cebà. Appartenne alla linea degli Spinola di San Luca, ma portò anche il nome di Lazzaro Grimaldi Cebà in virtù dell’eredità di quest’ultimo, doge di Genova morto in carica il 15 gennaio 1599 e signore di Masone in valle Stura – feudo sottoposto alla Repubblica di Genova.
Quest’ultimo, non avendo avuto discendenza dalla moglie Maria o Marzia Centurione figlia di Marco marchese di Stepa, aveva designato erede la discendenza primogenita maschile della sorella Peretta, sposa di Domenico Spinola fu Giacomo. Il padre del nostro Lazzaro era stato così il primo a succedere all’illustre zio. Il 10 novembre 1594 aveva sposato Ginevra Grillo, figlia di Agapito Grillo e di Luisa Centurione del detto Marco. Lazzaro, nacque nell’anno seguente la morte del fratello maggiore, Lazzarino, spentosi a 6 anni nell’aprile del 1606. Oltre a lui, da Paolo Agostino e Ginevra nacquero un altro maschio, chierico somasco con il nome di Paolo Agostino Spinola, che le genealogie individuano erroneamente come figlio del nostro Lazzaro, e una monaca, suor Giovanna Serafina.
Lazzaro crebbe nell’ambito del grande patriziato genovese filospagnolo. Fu ascritto al Liber nobilitatis della Repubblica di Genova il 13 dicembre 1628 contemporaneamente a due cugini, Paolo Vincenzo e l’omonimo Lazzaro, figli di Giovanni Domenico Spinola e di Battina Lomellini. Alla morte del padre, nel 1632, Lazzaro succedette nella signoria di Masone. Intanto il 19 novembre 1628 aveva sposato Faustina Spinola di Geronimo fu Marc’Antonio della linea di Luccoli, dalla quale nacquero due maschi, morti entrambi poco dopo la nascita: Paolo Agostino Geronimo Lazzaro e Paolo Agostino Francesco Lazzaro. Rimasto vedovo, il 30 aprile 1637 si unì in matrimonio a un’altra nobile genovese, Aurelia Gentile di Pietro Maria, dalla quale nacquero Agata, monaca in S. Paolo con il nome di suor Maria Arcangela, Vittoria, monaca in S. Paolo con il nome di suor Arcangela Faustina, Aurelia, Paolo Agostino, Franca, Maria e Maddalena. Nuovamente vedovo, sposò Maria Spinola fu Leonardo, vedova di Battista Spinola di Francesco.
L’impegno di Lazzaro fu principalmente rivolto all’amministrazione del proprio feudo di Masone, importante centro economico specializzato nella produzione del ferro, attraverso numerose ferriere che, sfruttando il carbone prodotto grazie all’abbondanza di legname garantita da un territorio prevalentemente boschivo, fondevano il minerale ferroso estratto dalle miniere dell’isola d’Elba. La figura del feudatario rimane celebre per l’esercizio particolarmente severo delle proprie prerogative signorili. Contemporaneamente investì i propri capitali nei domini della Corona spagnola e condusse una vita sociale di grande livello. Nell’estate del 1648 fu scelto come gentiluomo della Repubblica presso il papa Leone X, dal quale la Repubblica desiderava ottenere pieno riconoscimento delle prerogative diplomatiche analoghe a quelle dei sovrani europei, ma ottenne dal Senato di essere esentato dalla carica per gli impegni che lo trattenevano a Genova.
Il 18 agosto 1649, «con occasione del viaggio che pensa di fare alla Corte di Spagna» (Archivio di Stato di Genova, Notai antichi, 7704, Paolo Sommovigo, doc. 18 agosto 1649), dettò un testamento dal quale emergono il grande amore per la moglie Aurelia, largamente beneficiata, e un grande attaccamento ai propri sudditi di Masone, per i quali disponeva numerosi legati e abbonava cospicui debiti, perdonando anche coloro che, insofferenti delle prerogative signorili, avevano arrecato offese a lui e al padre. Non avendo maschi, erede universale sarebbe stata la figlia Maddalena e le altre eventuali femmine nasciture. In questa eventualità, se Maddalena avesse sposato Federico Spinola fu Giovanni Giacomo, destinato a succedere nella signoria, avrebbe ricevuto una dote di 100.000 scudi, comprensiva dei beni di Masone, con l’obbligo di mantenere ad Aurelia la dimora nelle case del fedecommesso. Se invece fosse deceduta prima di avere compiuto i 20 anni senza lasciare discendenza, Lazzaro designava eredi per metà la moglie Aurelia e per l’altra metà i cugini Paolo Vincenzo e Lazzaro Spinola.
Spinola assunse un ruolo pubblico di grande rilievo quando, il 22 ottobre 1654, fu incaricato di un’ambasceria straordinaria alla corte di Francia, ove la Repubblica era rappresentata dall’ambasciatore residente Giovanni Battista Pallavicino, per rendere omaggio al quattordicenne Luigi XIV, incoronato re. La missione è largamente documentata dalla copiosa corrispondenza indirizzata al governo genovese, tutta sottoscritta con il nome di Lazzaro Grimaldi Cebà e sigillata imprimendo sulla ceralacca, rossa o nera, uno scudo recante le armi inquartate Grimaldi, Spinola, Gentile e Grillo, e dalla minuziosa relazione presentata al Senato, secondo la prassi, dopo il rientro in patria, il 10 aprile 1655. Nella missione era accompagnato da quattro gentiluomini genovesi d’antica nobiltà, Marc’Antonio Grillo, l’abate De Mari, Federico Spinola e Filippo Lomellini di Giacomo. Lazzaro e il suo seguito lasciarono Genova il 31 ottobre 1654 e fecero ingresso ufficiale a Parigi il 31 dicembre, dopo un viaggio lungo e denso di incontri significativi. Nei giorni seguenti Spinola ricevette la visita di alcuni dignitari della corte, che gli tributarono sempre il rango di eccellenza e appellarono la Repubblica con il titolo di Serenissima. Finalmente il 17 gennaio fu solennemente condotto al Louvre, ove fu ricevuto prima dal re e da suo fratello Filippo, duca d’Angiò, e poi dalla regina madre, Anna d’Austria, la quale, saputo che Spinola parlava poco il francese, gli si rivolse in spagnolo, rassicurandolo che avrebbe perorato gli interessi genovesi presso il re suo figlio. Nei giorni seguenti ottenne udienze da tutti i maggiori personaggi e diplomatici presenti alla corte di Francia e il 21 febbraio fu ricevuto dal re e dalla regina per le consuete udienze di congedo, che si svolsero in un clima di grande cordialità con espressioni benevole della famiglia reale nei confronti della Repubblica. Il giorno seguente fu anche ricevuto dal duca d’Angiò e il 24 si recò dal cardinal Mazzarino, informandolo che il Senato aveva decretato l’ascrizione sua e dei suoi nipoti al patriziato genovese. Dopo molti altri incontri con alte personalità della corte, l’8 marzo ricevette la visita del cardinale Mazzarino. Finalmente, il 13 marzo Spinola e il suo seguito poterono lasciare Parigi. Fecero rientro a Genova il 10 aprile, dove egli presentò subito al doge le lettere indirizzategli dal re e dal cardinal Mazzarino. I sovrani avevano donato oggetti d’argento all’ambasciatore genovese, il quale al suo rientro li presentò al Senato, che deliberò di lasciarglieli in segno di apprezzamento.
Poco dopo il suo rientro a Genova, il 13 dicembre 1655 furono celebrate le nozze della figlia Maddalena con il cugino Giulio Centurione fu Giovanni Agostino. Spinola le assegnò una dote di 140.000 lire, donando inoltre agli sposi cospicui crediti e diritti che vantava in Spagna. Continuò quindi a occuparsi attentamente del proprio feudo. Il 19 aprile 1658, gravemente malato nella sua dimora genovese «posta nella strada dritta tra le chiese di San Luca e di San Siro» (Archivio di Stato di Genova, Notai antichi, 6834, Pietro Francesco Panesi, doc. 19 aprile 1658), dettò il testamento, con il quale designò eredi le figlie femmine in eque porzioni o, se maschio, il figlio che la moglie attendeva.
Morì nei giorni immediatamente seguenti poiché nel registro dei defunti della parrocchia gentilizia di S. Luca in data 23 aprile erano annotate la sua morte e la sua sepoltura nella chiesa di S. Maia della Cella.
Il 7 maggio il senatore Cesare Gentile, anche in nome degli altri fedecommissari, fece raccogliere secondo la prassi le testimonianze della morte di Lazzaro e delle volontà testamentarie in base alle quali erano eredi universali le figlie Maddalena, Maria Aurelia e Maria Ginevra, attestando anche la possibilità che la vedova fosse incinta e che quindi l’eventuale nascita di un maschio o di un’altra femmina avrebbe potuto fare mutare la successione ereditaria. Il giorno seguente i fedecommissari, costituiti al cospetto del pretore di Genova nella dimora della vedova nelle vicinanze della chiesa di S. Siro, furono ammessi all’esercizio delle proprie funzioni e adirono l’eredità in nome delle figlie, fatta salva l’eventualità che nascesse un maschio. Quest’ultima possibilità non si verificò e i fedecommissari compirono tutti gli atti necessari per redigere l’inventario dell’eredità di Lazzaro, rilasciando numerose procure per recuperare crediti a Genova, Palermo, Madrid, Napoli e Roma e, rappresentati da padre Paolo Agostino Spinola, sostennero una vertenza contro Federico Spinola fu Giovanni Giacomo per i crediti del defunto nei confronti del fedecommesso di Lazzaro Grimaldi Cebà nel quale lui era succeduto.
Il 18 novembre 1668 Maria Aurelia sposò il patrizio genovese Giovanni Francesco Pallavicino, marchese del Sacro Romano Impero, alla cui discendenza sarebbe pervenuta l’eredità della famiglia. Un copialettere di Lazzaro Spinola compilato tra l’8 luglio 1654 e il 29 marzo 1655, durante la sua ambasceria in Francia è pervenuto in via ereditaria nell’Archivio Pallavicino conservato nel complesso archivistico Durazzo-Giustiniani di Genova.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Manoscritti, 491, p. 32 (albero genealogico della famiglia Spinola); Archivio Segreto, 2833, Nobilitatis, docc. 283-284 (13 dic. 1628); Notai antichi, 3424, Stefano Carderina, doc. 76 (2 ag. 1599); 4550, Ambrogio Rapallo, doc. 27 ag. 1618; 6834, Pietro Francesco Panesi, doc. 19 apr. 1658; 7703, Paolo Sommovigo, doc. 16 dic. 1648; 7704, Paolo Sommovigo, docc. 8 e 10 luglio, 17 e 18 agosto, 28 sett., 1°, 17 e 30 ott., 15 nov. 1649, 9 febbr. 1650; 7705, Paolo Sommovigo, doc. 8 dic. 1651; 7706, 22 sett. 1654, 29 ott., 27 nov., 12 dic. 1655-11 luglio 1656, 10 marzo, 4 e 16 maggio, 21 luglio e 2 ag. 1656; 7707, Paolo Sommovigo, docc. 12 maggio 1657, 7, 8 e 16-20 maggio 1658, 5 giugno-11 dic., 9 giugno, 3 luglio e 3-11 dic. 1658; 8434, Giacomo Bollino, doc. 30 apr. 1666; 8435, Giacomo Bollino, docc. 22 e 29 luglio 1666; Notai di Genova, I Sezione, 60, Paolo Ambrogio Ratto, docc. 88 (30 apr. 1672), 94 (4 luglio 1672), 95 (31 luglio 1672), 116 (13-18 apr. 1673), 120 (17 giugno 1673), 132 (27 genn. 1674), 136 (9 apr. 1674), 145 (8 sett. 1674), 157-159 (26 genn. 1675), 260 (13 maggio 1679), 267 (2 febbr. 1680), 270 (16 febbr. 1680), 271 (23 febbr. 1680), 289 (31 marzo 1681), 326 (26 genn. 1683), 327-328 (1° febbr. 1683), 347 (6 febbr. 1684), 377 (28 febbr. 1693), 378 (1° marzo 1693), 379 (14 giugno 1693); 61, Paolo Ambrogio Ratto, docc. 7 (30 giugno 1673), 18 (28 nov. 1679) e 23 (12 ag. 1696) (tre testamenti di Maria Aurelia Spinola fu Lazzaro moglie di Gio. Francesco Pallavicino fu Paolo Geronimo); Sala Senarega, 62, Collegi Diversorum, doc. 434 (30 luglio 1627); 97, Collegi Diversorum, doc. 17 ag. 1647; 1614, Atti del Senato, docc. 121 (16 febbr. 1599) e 291 (4 marzo-27 apr. 1599); Genova, Archivio della Parrocchia di San Luca, Atti di Battesimo (1581-1681), cc. 83v (3 luglio 1607), 121v (12 febbr. 1636); Atti di Matrimonio (1581-1805), cc. 71r (13 dic. 1655), 80r (18 nov. 1668); Atti di Morte (1582-1832), cc. 91r (15 genn. 1599, 27 apr. 1606), 94r (23 apr. 1658), 133v (22 genn. 1632, 6 genn. 1635); Biblioteca civica Berio, Sezione di Conservazione, manoscritti rari IX.2.23: F. Federici, Scruttinio della Nobiltà Ligustica composto dall’eccellentissimo senator Federico Federici ad uso dell’illustrissimo signor Tomaso Fransone quondam Tomaso (sec. XVII), cc. 164rv; manoscritti rari V.4.2: D. Piaggio, Epitaphia, sepulcra et inscriptiones cum stemmatibus marmorea et lapidea existentia in ecclesis genuensibus (1720), II, pp. 25, 33; manoscritti rari VIII.2.31: Alberi genealogici di diverse famiglie nobili, compilati et accresciuti con loro prove dal molto reverendo fra’ Antonio Maria Buonaroti, sacerdote professo del Sagr’Ordine Gerosolimitano in Genoa, distribuita in tre tomi, manoscritto cartaceo del 1750, I-IV, pp. 262 s.
R. Soprani, Li scrittori della Liguria e particolarmente della maritima, Genova 1667, pp. 211 s.; L.M. Levati, Dogi biennali di Genova dal 1528 al 1699. Parte I dal 1528 al 1633, (s.l. s.d.), pp. 238-250; G. Guelfi Camajani, Il “Liber Nobilitatis Genuensis” e il governo della Repubblica di Genova fino all’anno 1797, Firenze 1965, pp. 456 s.; Inventione di Giulio Pallavicino di scriver tutte le cose accadute alli tempi suoi (1583-1589), a cura di E. Grendi, Genova 1975, pp. 8 s., 25, 27, 30, 55, 106, 180, 196, 208 e 252; Gli Archivi Pallavicini, I, Archivi Propri, a cura di M. Bologna, in Atti della società ligure di storia patria, XXXIV (1994), 1, pp. 23, 83 s., 187 s., 190, 192; II, Archivi Aggregati, a cura di M. Bologna, ibid., XXXV (1995), 2, p. 434.