GRIMALDI, Lazzaro
Figlio di Cupino nacque a Reggio Emilia il 15 apr. 1472 (Monducci, p. 207). La prima menzione del G. compare in un atto del 1493, nel quale è citato come "Lazaro de Grimaldis dicto de Ardizone pictore" (ibid.); è inoltre ricordato in altri documenti reggiani del 1494 e del 1496 (Tacoli, p. 375). Nel 1498 compare a Ferrara fra i salariati del duca Ercole I d'Este (Campori) e nel 1499 risulta impegnato a dipingere nel duomo della città insieme con Boccaccino Boccacci.
Le figure eseguite in duomo dai due artisti saranno prese per esempio in un contratto del marzo dello stesso anno relativo alla decorazione dell'abside allogata a Lorenzo Costa, Nicolò Pisano e a un non meglio specificato maestro modenese (Cittadella; Franceschini).
Il G. risiedette a Ferrara fino al 1503, salvo due brevi ritorni in patria nel 1499 e nel 1501 (Monducci, pp. 208, 241 s.). In tale anno venne anche invitato a Mantova da Isabella d'Este e Giovanni Gonzaga, marchese di Vescovado. Si ignora quali opere il G. abbia eseguito per Isabella; mentre per Giovanni si sa che attese alla decorazione di una camera del palazzo ducale lasciata però incompiuta a causa del suo rientro a Ferrara, come testimonia una lettera del 20 maggio 1502 in cui il Gonzaga chiede al duca Ercole (ibid., p. 243) di rimandargli il G. perché concluda il lavoro. Nel medesimo periodo l'artista era attivo nella delizia estense di Belfiore, impegnato nell'esecuzione di un ampio ciclo di affreschi per un "saloto", come attestano i numerosi pagamenti del maggio e del luglio 1502 per la fornitura di gesso, colla, carbone (Franceschini, pp. 472, 480 s.).
Di tale opera non rimane nulla; secondo Campori (1885), che non riferisce la fonte della notizia, il G. avrebbe eseguito dipinti ispirati alla Favola di Amore e Psiche; è certo tuttavia che almeno parte degli episodi rappresentati riguardavano il Filocolo di Giovanni Boccaccio, come si evince da un pagamento (28 maggio 1502) per "uno libro intitulato Filopol per fare le istorie lui à a depinzere a Belfiore" (Franceschini, p. 481).
Sempre per la corte estense il G. eseguì nel 1503 "due idoli" da utilizzare come elementi di scena per la rappresentazione dei Menecmi di Plauto (Campori). In questo stesso anno lavorò per la chiesa di S. Maria delle Grazie da poco edificata per volontà di Ercole I (Franceschini, p. 52). Non molto tempo dopo il G. dovette rientrare definitivamente a Reggio Emilia dove, il 5 ag. 1504, fece testamento (Monducci).
Al 1504 andrebbe anche riferita l'esecuzione dell'unica opera nota riconducibile al G., la pala raffigurante La Vergine con il Bambino e i ss. Sebastiano, Giovanni Battista, Bernardino e un santo francescano, firmata in un cartiglio nell'angolo inferiore sinistro: "Laz. De. Grima[…]" (ubicazione ignota: ripr. in Monducci, p. 86, fig. 1). La presenza di s. Bernardino da Siena e di un altro santo francescano avvalora l'ipotesi che fosse destinata a una chiesa o a una cappella dell'Osservanza, non sappiamo se a Ferrara o a Reggio Emilia.
La datazione si deve a Venturi (1890) che asserisce di averla vista sul dipinto; sebbene negli studi successivi (1914; 1931) lo studioso non ne faccia più menzione, si tratta di un dato plausibile poiché ampiamente compatibile con i dati stilistici uniformi alla cultura circolante tra Ferrara e Bologna all'inizio del Cinquecento. Già segnalata a Venezia in palazzo Morolin da Venturi (1888), poi passata a Berlino nella collezione Kaufmann e venduta nel 1917 presso Cassirer-Helbing, la pala è ricomparsa nel 1970 da Sotheby's a Firenze (21 ottobre, lotto 45).
Il dipinto si collega, in particolare, a quel genere di pittura di carattere devozionale, segnata da un intenso sentimentalismo e improntata ai "modi di un estetismo bigotto e minuto" (Longhi, 1934), che contraddistingue l'opera di altri artisti attivi a Ferrara tra la seconda metà del Quattrocento e i primi decenni del secolo successivo quali Giovan Francesco Maineri, Domenico Panetti e Michele Coltellini. L'espressività di s. Sebastiano ricorda molto da vicino gli esiti di Francesco Francia, come ha osservato Longhi (1934) evidenziandone i rapporti con la pala dipinta da questo artista nel 1500 per l'Annunziata di Bologna; e del medesimo pittore il G. poté con ogni probabilità osservare direttamente a Reggio Emilia l'Annunciazione con s. Alberto (oggi Chantilly, Musée Condé), realizzata intorno al 1504 per la chiesa di S. Maria del Carmine. Fondamentale risulta per il G. anche la suggestione esercitata dall'opera di Lorenzo Costa cui rimanda il paesaggio che sfonda la base del trono, una sorta di quadro dentro al quadro, come, per esempio, nella pala Ghedini dipinta nel 1497 per S. Giovanni in Monte a Bologna e in quella del 1505 nella chiesa faentina di S. Pietro in Vincoli; anche la complessa base monumentale del trono, ornata da bassorilievi, ha un precedente nella pala Strozzi eseguita nei tardi anni Novanta da Costa in collaborazione con Maineri. Quanto permane tuttavia in questi maestri del gusto prospettico quattrocentesco, nel gioco ottico delle architetture movimentate da molteplici scorci, non si ritrova più nel dipinto del G. dove l'architettura sembra quasi dissolversi nel paesaggio e nell'ampio sfondo del cielo; l'elemento paesaggistico in particolare, partecipa di quel gusto d'ascendenza peruginesca che connota l'opera del cosiddetto Maestro della Maddalena Assunta, seguace di Costa e attivo a Ferrara negli stessi anni. Un'estrema minuzia caratterizza la cura dei singoli dettagli: il prato erboso in primo piano che rimanda all'opera di Amico Aspertini, la chioma dell'albero evidenziata foglia a foglia, la base del trono decorata da un fitto intreccio di racemi vegetali in cui si inseriscono volatili, l'elegante vaso in maiolica sopra la predella del trono. A tal proposito non è da escludere che il G. abbia avuto pratica di miniatura, come osservato da Venturi (1931) e da Longhi (1934), forse proprio nella bottega dello zio Raffaele, orafo e autore nel 1496 di un prezioso reliquiario d'argento con Storie di s. Caterina d'Alessandria per il duomo di Reggio Emilia (Londra, Victoria and Albert Museum).
Nel 1509 il G. è registrato tra i capi famiglia della vicinia di S. Raffaele (Tacoli, p. 389). L'ultima notizia che lo riguarda risale al 1512, quando si impegna a dipingere per i reggiani Stefano Fontanella e Alessandro Malaguzzi una tavola d'altare già assegnata a Bernardino Orsi (Monducci, pp. 237 s.).
Non si conosce la data di morte del G. collocabile con ogni probabilità prima del gennaio del 1516 quando il dipinto suddetto veniva nuovamente commissionato a Orsi (ibid., p. 213). Da un rogito del 21 apr. 1520 risulta che l'artista era ormai defunto.
L'ampliamento del catalogo del G. resta problematico. Gli può forse spettare, come proposto da Garuti (1994, p. 46), una tavola con Alberto III Pio signore di Carpi inginocchiato davanti alla Vergine e presentato dal Battista (già Carpi, collezione Foresti). Il dipinto, per quanto si evince dall'unica fotografia che ne attesta l'esistenza (Catalogue de la Galerie et du Musée appartenants à M.r le chevalier P. Foresti de Carpi, Milano 1913, tav. XVI, fig. 71, ove è attribuito a Pier Ilario Mazzola), presenta la stessa impronta culturale ferrarese sollecitata dall'opera di Costa e di Francia riscontrata nella pala già in collezione Kaufmann, insieme con l'ampio senso dello spazio e con la cura virtuosistica dei dettagli.
Dal catalogo del G. sono da espungere la Vergine col Bambino e s. Girolamo (già Venezia, collezione Cini), riferitagli da Bargellesi (1955, fig. 12), ma da riconfermare a Domenico Panetti come proposto da Longhi (1940-55) e da Zamboni (1975, p. 75); la Sacra Famiglia con s. Giovannino (già Carpi, collezione Foresti, poi Londra, presso A.J. Sulley, ripr. in Malaguzzi Valeri, p. 146, dove è data a Maineri), assegnata al G. con cautela da Zamboni (p. 63), che spetterebbe, secondo Daniele Benati, a Filippo da Verona nella sua fase emiliana; il Ritratto di Alberto III Pio del 1512 (Londra, National Gallery), assegnato al G. secondo il suggerimento di Longhi (1934), oggi per lo più attribuito a Bernardino Loschi, come già proposto da Venturi (1914, p. 1091).
Fonti e Bibl.: N. Tacoli, Memorie storiche della città di Reggio di Lombardia, II, Parma 1748, pp. 375, 389; L.N. Cittadella, Documenti ed illustrazioni riguardanti la storia artistica ferrarese, Ferrara 1868, pp. 70-72, 74 s.; A. Bertolotti, Artisti in relazione coi Gonzaga, in Atti e memorie delle Rr. Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, s. 3, III (1885), p. 24; G. Campori, I pittori degli Estensi nel secolo XV, ibid., pp. 580 s.; A. Venturi, Scoperta di un quadro di L. G., in Arch. stor. dell'arte, I (1888), pp. 89 s.; Id., Unbekannte oder vergessene Künstler der Emilia, in Jahrbuch der Königlich Preussischen Künstsammlungen, XI (1890), pp. 189 s.; G. Gruyer, L'art ferrarais à l'epoque des princes d'Este, II, Paris 1897, p. 135; R. von Kaufmann, Gemälde des XIV-XVI Jahr. aus der Sammlungen von Richard von Kaufmann, Berlin 1901, p. XI n. 102, tav. LV; F. Malaguzzi Valeri, La pittura reggiana del Quattrocento, in Rassegna d'arte, III (1903), 10, pp. 146 s., 149; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 3, Milano 1914, pp. 1091, 1099-1102, 1105, fig. 831; Die Sammlung Richard von Kaufmann (catal. di vendita presso Cassirer-Helbing), I, Berlin 1917, pp. 69 s., n. 33; A. Venturi, La pittura del Quattrocento nell'Emilia, Bologna 1931, p. 72; R. Longhi, Officina ferrarese (1934), in Opere complete, V, Firenze 1968, p. 64; Id., Nuovi ampliamenti (1940-55), ibid., p. 189; G. Bargellesi, Una Madonna con s. Girolamo di L. G., in Notizie di opere d'arte ferrarese, Rovigo 1955, pp. 45-47; Catalogo di dipinti antichi, Sotheby's, Firenze, 21 ott. 1970, p. 21, lotto 45; S. Zamboni, Pittori di Ercole I d'Este, Milano 1975, pp. 62 s., 75, tav. 25; E. Monducci, Note biografiche; regesto; documenti, in M. Pirondini - E. Monducci, La pittura del Cinquecento a Reggio Emilia, Milano 1985, pp. 86-88, 207-213, 215, 237 s., 241-243; M. Pirondini, La pittura del Cinquecento a Reggio Emilia, ibid., pp. 11-13, fig. 1; Id., La pittura a Reggio Emilia nel Cinquecento, in La Pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, I, p. 247; M.C. Chiusa, ibid., II, pp. 737 s.; A. Garuti, Il palazzo di Carpi e gli artisti della corte, in Quadri rinomatissimi. Il collezionismo dei Pio di Savoia, a cura di J. Bentini, Modena 1994, pp. 46, 51 n. 67; A. Franceschini, Artisti a Ferrara in età umanistica e rinascimentale. Testimonianze archivistiche, II, 2, Ferrara 1997, pp. 52, 359 s., 472, 480-482, 527; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 41. Per l'attribuzione della Sacra Famiglia, già nella collezione Foresti, a Filippo da Verona, comunicazione orale di D. Benati.