BERNABEI, Lazzaro
Apparteneva ad una famiglia emigrata nel sec. XII da Famagosta in Ancona e ascritta in seguito alla nobiltà cittadina. Nacque da un Bernabeo di Cecco, presumibilmente tra gli anni 1430 e 1440, primogenito dei quattro fratelli Francesco, Giovanni, Angelo e Nicola. Doveva essere ancor giovanetto nel 1443, anno a cui fa risalire, in base ai suoi ricordi, la prima fondazione della Loggia dei Mercanti e la decapitazione del podestà Piero Grifoli da Siena, accusato di segrete intese con Francesco Sforza. Nel 1497 compilava le ultime pagine delle sue Cronache e, poiché la narrazione si interrompe improvvisamente, è da ritenere che sia morto nello stesso anno. Appare certo che il B. abbia atteso agli studi letterari e di diritto. Il fatto poi che in vari rogiti della sua famiglia gli sia attribuito il titolo di "maestro" prova che egli si sia dedicato anche all'insegnamento. Infatti dagli Atti consigliari del Comune risulta che il 15 apr. 1451 fu chiamato a sostituire i maestri Iacopo da Gubbio e Simeone nel pubblico insegnamento e che nell'aprile del 1493 veniva ancora riconfermato in tale ufficio. Da un rogito di Antonio di Giovanni di Giacomo del 25 giugno 1467 si rileva che ebbe in moglie donna Riccabella di Ciriaco Giacchelli, da cui ebbe quattro figli, Niccolò notaio, Ciriaco, Francesco e una fernmina, di cui non si conosce il nome. Il B. ricoprì varie magistrature cittadine, tra cui quella di priore degli Anziani, ottenendo, c0m'era d'uso, il titolo di "magnifico ". Già inoltrato negli anni, egli si propose di tramandare ai posteri le memorie della sua città e particolarmente di quel travagliato periodo di cui era stato diretto testimone. Nel 1492 diede inizio alla sua narrazione, come si rileva dal titolo delle Cronache e da alcuni precisi riferimenti contenuti nelle medesime. Nel 1494 continuava con alacrità, come egli stesso ci attesta, nel suo lavoro, a cui poneva termine nell'anno 1497, che è l'ultima data registrata.
Delle Cronache del B. esistono numerosi manoscritti in Ancona e fuori: tra i più importanti sono da annoverarsi il Comunale (sec. XV), il Bernabei (sec. XVII), il Capitolare (sec. XVIII) e il Bevilacqua (sec. XIX). Sono da ricordarsi anche il Chigiano (sec. XV), che già appartenne alla Biblioteca dei card. Chigi e di cui si servì nel Seicento lo storico Saracini, e il Ravennate della Biblioteca Classense. Il Comunale è il più antico e forse il più corretto: esso ha sul frontespizio il titolo di Chroniche anconitane trascripte et insieme reducte per me, Lazzaro de' Bernabei anconitano, 1492. Nella prima pagina è raffigurato a penna lo stemma di "C.B." (Cesare Bernabei); dopo, tre carte bianche, ne seguono altrettante d'indice, in capo a cui è scritto: Chroniche di Cesare Bernabei. Tale indicazione non vuol dire, come si è talora ritenuto, che Cesare sia l'autore delle Cronache,cosa che sarebbe in contrasto con l'indicazione iniziale, ma semplicemente che egli era proprietario del manoscritto. Il codice dalla carta 1 alla 167 contiene le Cronache dei B.; alla 167 è il proemio dei seguito promesso da Piermatteo, nipote di Lazzaro. Le ultime dieci pagine sono in bianco. Le carte hanno per segno una sfinge racchiusa in un circolo e sono alte mm. 284 e larghe mm. 204. Il volume è forse autografo dello stesso B.; comunque è dell'epoca, vale a dire della fine del sec. XV o dei principio del seguente: esso appartenne già alla famiglia Bernabei, ed è passato in tempi recenti alla Biblioteca Comunale di Ancona. Il codice è molto ben conservato. Prevalentemente su di esso, collazionato con altri codici locali, è stata condotta l'edizione dell'opera, apparsa nel 1870 a cura di C. Ciavarini (L. B., Croniche anconitane, in Collez. di docum. stor. antichi ined. e editi rari delle città e terre marchigiane, I, Ancona 1870).
Circa il valore storico dell'opera, si può osservare che il B. rimane nella cerchia dei vecchi cronisti, che, pur rivelandosi appassionati ricercatori di notizie, desiderosi di dire la verità, mancano di senso critico. Pertanto la sua narrazione ha importanza soprattutto per i tempi in cui egli visse e per i fatti di cui fu testimone. Per le epoche anteriori il B. attinge da varie fonti, valendosi dell'autorità dei nomi, ma senza alcun discernimento. Le notizie di carattere profano dei tempi più antichi sono spesso desunte dall'Itinerarium di Ciriaco d'Ancona. Da Ciriaco il B. deriva la favola della Regina Fede, che avrebbe dato origine alla città di Ancona, affermando di "accostarsi non poco" a questa antichissima opinione. Seguendo lo stesso Ciriaco e ripetendone le inesattene, parla dei rapporti di Traiano con Ancona e del dono fatto alla città di una statua d'oro, come sua insegna. Delle più antiche memorie sacre parla in base alle tradizioni e alle leggende che erano comunemente ammesse ai suoi tempi. Per le vicende medioevali il B. si vale di storie e di cronache degli autori contemporanei ai fatti o di poco posteriori. Così per la guerra bizantina contro i Goti attinge da Procopio di Cesarea, compendiato dall'aretino Leonardo Bruni; per l'assedio di Cristiano di Magonza del 1173 dalla Cronaca del Boncompagno; e per gli avvenimenti dei sec. XIV trascrive per intero la Cronaca di Oddo de Biagio. Delle cose contemporanee il B. dichiara di voler narrare o per diretta testimonianza o sulla fede di uomini che ebbero parte in qualche negozio o sull'esame di scritture originali ed autentiche. Così procedendo, è ovvio che il racconto del B., avvicinandosi ai tempi in cui egli visse, diventa sempre più interessante e circostanziato per larghezza ed attendibilità di notizie.
Più che le qualità critiche, che il B., per le sue modeste esperienze culturali, possedette in grado molto limitato, si impongono all'attenzione dei lettore la nobiltà dei sentimenti, il sincero attaccamento alla città e alle sue istituzioni, la rettitudine morale. Il B., nel rievocare fatti e persone, mostra grande rispetto verso la propria città, mettendo in risalto l'autorità e la saggezza dei libero governo della, Repubblica, il modo severo ed imparziale di amministrare la giustizia, la rigida osservanza delle leggi e la severità usata contro i suoi violatori, sia patrizi sia plebei, la gelosa difesa dei diritti e privilegi contro i papi e i loro legati, contro gli imperatori e i loro ministri. Il B. nota, con senso di orgoglio, l'ingrandirsi e l'abbellirsi della città con l'erezione della Loggia dei Mercanti e del palazzo dei Signori, con l'istituzione di nuovi ospedali ed opifici, con lo sviluppo delle industrie e dei traffici. Nelle Cronache sono ritratte con particolare efficacia le figure di tiranni e di capitani, e sono ricordate le ire e le gelosie delle città limitrofe: i Malatesta oppressori oppure protettori di Ancona, gli Sforzeschi insidiatori, Federico di Urbino capitano generale della Chiesa, Carlo di Montalbodo e Martino di Faenza traditori; Osimo, Iesi, Fermo con Recanati, che contrastano ad Ancona il primato della provincia e l'estendersi della sua autorità su terre e castelli; Venezia, che pur lontana, continua ad ostacolare la libertà dei mari e dei commerci; i Turchi che con la caduta dell'Impero d'Oriente conquistano la Grecia e si avanzano verso la stessa Italia.
Allo stesso tempo il B. cerca di mettere in rilievo gli avvenimenti più gravi e determinanti del suo secolo, come la caduta di Costantinopoli in mano di Maometto II, i tentativi di crociata, specie da parte di Pio II, che moriva in Ancona, la discesa di Carlo VIII per la conquista del reame di Napoli.
Il B. nel redigere le sue Cronache ha usato il volgare, come aveva già fatto Oddo de Biagio, un volgare molto semplice, mescolato di continuo a forme latineggianti e ad espressioni di carattere dialettale. Il suo stile non ha pretese letterarie: esso procede candido e disadorno, ma non è privo di energia e di incisività. I giudizi del B. talvolta, nella loro crudezza e concisione, rivelano una penetrazione insolita dei personaggi e degli avvenimenti, come quando, scrivendo di Sigismondo Malatesta, usa franchezza e vigore: "Verum lui crese recuperare el perduto et perse el guadagnato; fece male grande a li Anconitani, ma ad sé proprio molto magiore". Della fierezza con cui il B. esalta i principi di giustizia da cui sono guidati i suoi concittadini basti ricordare il passo seguente: "Li Anconitani naturaliter pacifici de continuo hanno avuto in odio homicidi et assassini, castigando quelli secondo la qualità dei loro delitti, como etiam al presente è intravenuto".
Tra gli aspetti negativi dell'opera del B., oltre allo scarso discernimento critico, è da lamentarsi la mancanza di un vero metodo narrativo in quanto la raccolta di notizie procede in modo molto confuso e frammentario. L'autore cerca di dare ai fatti, a lui contemporanei, un ordine cronologico, registrando date e altri particolari, legati a luoghi e a circostanze. Ma neppure il succedersi degli avvenimenti è da lui rispettato con continuità e difficilmente si riesce a cogliere tra di essi un qualche nesso. Il B., consapevole di questa mancanza di ordine nella sua narrazione, premette di scrivere "secondo me sono occorse le materie ". E della confusione che era derivata da questo modo di procedere si giustifica nei capp. XIX e LX dicendo che "niuno prenda admiratione da me se non è serbato l'ordine de li tempi ", perché "de cose anconitane non si trovano notate da li predecessori distinte ordinateque ". Si può spiegare questo suo procedimento col fatto che egli compilava le sue cronache quando era già avanti negli anni.
Nonostante le imperfezioni più o meno gravi, che si possono scoprire nella sua opera, il B. ha sempre il merito di aver compilato la prima raccolta di notizie sulla città di Ancona fin dalle origini, utilizzando fra l'altro alcune memorie locali, oggi perdute, e fornendoci valide testimonianze intorno ad importanti avvenimenti del suo tempo. Sotto questo rispetto le Cronache possono giustamente considerarsi una fonte preziosa non solo per la storia di Ancona, ma anche per quella regionale e nazionale.
Bibl.: [F. Vecchietti], Biblioteca picena, II, Osimo 1791, p. 215; G. Colucci, Antichità picene, XXVII, Fermo 1796, p. 19; C. Feroso, Ancona, Ancona 1886, p. 16; G. B. De Rossi, Inscriptiones christianae urbis Romae, II, 1, Romae 1888, pp. 356 s.; P. Giangiacomi, Guida spirituale di Ancona, Ancona 1933, pp. 154 s.; M. Natalucci, Ancona attraverso i secoli, I, Città di Castello 1961, p. 561; G. Bernabei, Tavola cronologica della famiglia Bernabei (foglio a stampa, conserv. nella Bibl. Com. di Ancona).