BALDI, Lazzaro
Nacque a Pistoia nel 1624 circa. Attratto dalla fama del conterraneo Pietro Berrettini da Cortona, desiderò avviarsi alla pittura sotto la sua guida e pertanto lo raggiunse a Roma, dove fu amichevolmente accolto. Il Pascoli narra che ottenne le prime commissioni per tramite del Berrettini che ritoccava i suoi piccoli quadri di soggetto sacro inviati poi in Toscana. Prima opera pubblica fu probabilmente il S.Francesco nella terza cappella a sin. in S. Marco a Roma, del periodo al quale risale la decorazione secentesca della chiesa (1653-56). In tale affresco il B. si rivela formato, in concomitanza con Ciro Ferri, sullo studio attento del Cortona, mentre nelle opere successive, i tre affreschi eseguiti nel 1657 nella galleria di Alessandro VII nel palazzo del Quirinale, il suo stile appare evolversi in una scelta di toni chiari che resteranno la gamma tipica della sua pittura, oggi apprezzabile soprattutto negli affreschi, essendosi verificata nella maggior parte delle tele un'alterazione cromatica che ha prodotto un generale iscurimento. I dipinti in detta galleria, tra i molti distribuiti ad allievi del Cortona e i due eseguiti rispettivamente da P. F. Mola e da C. Maratti, sono la Creazione di Adamo ed Eva, il Diluvio universale e l'Annunciazione, riconosciuti del B. solo recentemente (Wibiral), mentre prima gli si attribuiva il riquadro con David e Golia, che spetta a F. Murgia. La rettifica consente d'intendere per quale via il B. giunse all'interpretazione personale del cortonismo, allora dominante in Roma accanto alla corrente neo-veneta rappresentata dal Sacchi, ritenendone formule compositive e la tipologia, ma non l'impeto barocco, estraneo, salvo rare eccezioni, al suo calibrato comporre. Nella rappresentazione del paesaggio fu influenzato da Gaspar Dughet - il francese dipinse lo sfondo nella Creazione di Adamo ed Eva - e anche dal Mola come appare anche nella pala con il Riposo durante la fuga in Egitto (Pistoia, chiesa dell'Umiltà), verosimilmente giovanile; muovendo da queste premesse il B. sviluppò un'inclinazione classicistica che è già nel Diluvio al Quirinale ed è scoperta nei cinque affreschi con Storie dell'Evangelista (oggi molto sbiaditi) nel tempietto borrominiano in S. Giovanni in Oleo a Porta Latina, dipinti nel 1658 circa; qui il pittore appare inteso a recuperare l'ormai antico classicismo domenichiniano nella stesura di un racconto facile, elementare. Tuttavia nella Visione di s. Giovanni in Patmos già attua l'immersione della figura in uno spazio atmosferico, di lume cortonesco, ciò che gli riuscirà assai meglio tra il '60 e il '65 nel suo capolavoro, l'affresco di analogo soggetto in S. Giovanni in Laterano, ove consegue uno dei risultati più alti del cortonismo e nello stesso tempo anticipa il plein-air tipico di molta pittura settecentesca.
Successivamente, il B. ricade nell'impostazione classicistica del quadro, vietandosi l'illusionismo spaziale proprio del barocco, per comporre, come il Maratti, su piani regolari; e ne sono esempio il complesso di tele e di affreschi eseguiti verso il 1671 nella cappella di S. Rosa in Santa Maria sopra Minerva (in cui si assiste peraltro alle conseguenze dell'alterazione cromatica avvenuta nelle tele, gravemente compromesse rispetto ai luminosi affreschi della volta), la Consegna delle chiavi a s. Pietro nell'oratorio di Propaganda Fide, le Storie di s. Carlo Borromeo e s. Filippo Neri in S. Anastasia, del 1679 circa. Ricorrente è tuttavia l'omaggio al Cortona tra le molte pale eseguite dal B., per esempio nella Madonna del Rosario in S. Anastasia (anteriore all'edizione del 1686 dell'Ammaestramento... del Titi) o nell'Annunciazione in S. Marcello al Corso. Nel suo ultimo periodo di attività pittorica, che sembra concluso qualche anno prima della morte, per un sopravvenuto fervore religioso che, dopo averlo indotto a pubblicare (Roma 1681) un Breve compendio della vita di s. Lazzaro monaco e pittore lo spingeva a dedicarsi a opere pie, il B. trova una vena di drammaticità, nello sbattimento di lumi e di moti, che sembra rifarsi alla pittura del Lanfranco; e in questo senso l'artista pistoiese dà notevoli opere, come il Martirio di s. Andrea in S. Andrea delle Fratte e la Madonna col Bambino e s. Antonio nel palazzo Odescalchi a Bassano di Sutri. Ma il più delle volte la sua pittura si ottunde in un ispessimento e irrigidimento delle forme - per esempio nelle tele in S. Maria di Campomarzio (1685 circa) o nel Miracolo di s. Zita in S. Croce dei Lucchesi (1695 circa) che la escludono da una relazione viva e operante con i maggiori fatti pittorici contemporanei.
Il B. morì a Roma nel 1703.
Oltre le numerose pale sparse nelle chiese di Roma e quelle inviate a Pistoia, Camerino, Foligno, Perugia, Spoleto e in Spagna, il B. eseguì molti bozzetti o piccoli quadri, tra i quali quelli, verosimilmente di epoca tarda, conservati nelle gallerie Spada e Pallavicini e una inedita Adorazione dei pastori, riconosciuta dal Briganti, nel palazzo del Quirinale.
Disegnò moltissimo: piccoli studi vivaci a bistro e biacca si conservano, in gran parte inediti, nel Gabinetto Nazionale delle Stampe di Roma, taluno firmato, altri attribuibili con certezza; altri fogli suoi si trovano a Vienna nell'Albertina, a Edimburgo nella Gall. Nazionale, a Parigi nel Cabinet des dessins del Louvre. Fu anche incisore, come prova la stampa firmata raffigurante la Conversione di s. Paolo.
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