lavoro (labore; laboro)
Ricorre nella Commedia, nel Convivio e nel Fiore.
L'accezione dominante è " attività dell'uomo ", sia tradotta in pratico operare (Cv IV XXX 2 ciascuno buono fabricatore, ne la fine del suo lavoro, quello nobilitare e abbellire dee in quanto puote), che in astratto (Pd V 33 Se credi ben usar quel c'hai offerto, / di maltolletto vuo' far buon lavoro, dove il lavoro è collettivo per " opere " nel significato cristiano).
Tra questi poli si collocano alcune connotazioni rare e interessanti della Commedia. In If XXIX 90 se l'unghia ti basti / etternalmente a cotesto lavoro, il l., non senza forse una sfumatura di dileggio, indica il grattarsi cui gli alchimisti sono costretti dalla lebbra-scabbia (v. LEBBRA). Notava Benvenuto: " delectabile enim videtur scabioso scalpere; ideo optat sibi instrumentum indeficiens quo possit semper delectari, quasi dicat: si Deus det semper tibi ad laborandum... "; in Pg XII 34 il gran lavoro di Nembròt è la torre di Babele (cfr. Gen. 11, 1-9; Agost. Civ. XVI 4, ecc.); in Pd I 13 l'ultimo lavoro designa l'ultima cantica della Commedia (cfr. Virg. Buc. X 1 " Extremum hunc, Arethusa, mihi concede laborem "), mentre in VI 24, nelle parole di Giustiniano, con l'alto lavoro si allude al Corpus iuris, il vertice più alto per D. nell'opera dell'imperatore di Bisanzio.
Per influsso del campo semantico della voce latina (richiamata formalmente con ‛ labore ' e ‛ laboro ') il sostantivo designa anche una " fatica ", fisica o spirituale. Così in Pg XXI 112 Se tanto labore in bene assommi, e XXII 8 sanz'alcun labore / seguiva in sù li spiriti veloci, con riferimento alla travagliosa ascesa del Purgatorio; e in Pd XXXI 9 come schiera d'ape che s'infiora / una fïata e una si ritorna / là dove suo laboro s'insapora (cfr. Aen. VI 707 ss. e Bernardo di Chiaravalle De Serm. Dom. 44), ove D. " dice che s'insapora il laboro e non ciò che è stato con esso raccolto; sì che il fatto si trasforma in una meravigliosa sintesi poetica per cui non solo il polline, ma tutto il complesso travaglio dell'ape si fa sapore, dolcezza di miele " (Grabher).
Interessanti ricorrenze nel Fiore, ove accanto al di lor lavor vivien (dei " proventi del loro lavoro ": CXII 13), riferito ai compagnoni di s. Paolo, si trovano (XL 3 e 12) due casi di uso eufemistico in cui quel lavor designa il rapporto carnale tra uomo e donna.
Da ricordare infine sanz'altro lavoro (dove l. è variante di aiutorio) del Vaticano 3199 in Pd XXIX 69, poi passato nell'ediz. Aldina; cfr. Petrocchi, ad locum. V. anche LAVORIO.