atipico, lavoro
atìpico, lavóro locuz. sost. m. – Espressione con la quale si fa riferimento all’insieme dei rapporti di lavoro diversi da quello del lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato. Comprende, dunque, realtà lavorative ampiamente variegate e una vasta categoria di forme occupazionali contraddistinte da profonde differenze, in relazione, per es., al tipo e alla durata del rapporto di lavoro e alla protezione dell’impiego. La generale crescita delle forme di lavoro atipico, che si è verificata in tutti i paesi industriali, sia pure con alcune differenze, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso è strettamente connessa alle trasformazioni dei processi che interessano trasversalmente l'organizzazione della produzione e dei servizi da parte delle imprese. L’espressione lavoro atipico, inizialmente utilizzata in antitesi alle forme tipiche di impiego tradizionale e stabile, non è più risultata adeguata a definire le nuove opportunità occupazionali: da un lato, infatti, risulta troppo generica e poco esaustiva nel descrivere la complessità delle numerose tipologie di lavoro offerte dal mercato. L'introduzione del lavoro interinale ha favorito l'allargamento delle opportunità di accesso professionale, che assumono forme diverse quali, per es., contratto a termine, a tempo parziale, di formazione-lavoro, apprendistato, tirocini, borse di lavoro, collaborazione a progetto e così via. Il lavoro, subordinato, autonomo e parasubordinato, comprende dunque contratti diversificati in funzione del livello di subordinazione organizzativa, della durata, della possibilità di lavorare per più datori di lavoro, della retribuzione e dell'orario. Le trasformazioni compiutesi hanno fatto sì che il lavoro venga inteso più come un percorso che come un 'posto'; l'attenzione è rivolta infatti alla sua influenza nella dimensione culturale e valoriale, dei significati, dei simboli, degli stili di vita, dell'individualizzazione. Quest'ultima è una variabile fondamentale nei regimi occupazionali e, considerata come legame fiduciario tra lavoratori e datori di lavoro, assume rilevanza in funzione dell'attivazione di canali formali e informali per l'incontro tra domanda e offerta. Dall’altro lato, nell'economia globalizzata, la trasformazione della produzione e la destandardizzazione del lavoro continuano a far mutare la linea di confine tra questo e il lavoro atipico. I cambiamenti sono legati ai processi che interessano trasversalmente l'organizzazione della produzione e dei servizi; le relazioni produttive tendono infatti alla diversificazione e/o integrazione del lavoro, che si attua mediante un sistema d'interscambio 'a rete' tra le imprese. Le opportunità, la qualità e i contenuti del lavoro sono correlati alla flessibilità organizzativa e alla propensione all'innovazione da parte delle imprese. Dal lato delle opportunità di lavoro si rileva che l'evoluzione della scena politica ed economica, alla fine del Novecento, ha fatto registrare segnali di crisi dell'occupazione sia sul piano internazionale sia nazionale e seppur all'inizio del 21° sec. è stato possibile osservare alcune inversioni di tendenza, la situazione di crisi globale manifestatasi a partire dal 2010 ha colpito in maniera più radicale le fasce occupazionali caratterizzate da più elevata flessibilità e da conseguenti maggiori difficoltà a ricollocarsi sul mercato del lavoro. Dal lato della qualità ci si trova invece di fronte a una pluralità di lavoro flessibili a tutti i livelli di qualificazione. È dubbio nell’opinione di molti economisti (per es. Olivier J. Blanchard, 2005) che la liberalizzazione del mercato del lavoro abbia portato alla diminuzione della disoccupazione; ciò che invece è possibile osservare è come essa abbia creato un mercato del lavoro duale, con lavoratori protetti, da una parte, e lavoratori marginali e scarsamente tutelati dall’altra, riproponendo il tema della precarietà del lavoro atipico nei termini della mancanza di garanzie del welfare, che invece sono assicurate al tipologie di lavoro tradizionale. Per quanto riguarda il profilo degli interventi legislativi, a partire dagli anni Novanta si sono susseguite diverse riforme che hanno attenuato la rigidità della disciplina sul lavoro subordinato, riconoscendo spazio a una serie di rapporti, anche subordinati, ma tuttavia sottratti a interi blocchi della disciplina della subordinazione, con la mediazione della contrattazione collettiva. L’intervento legislativo che ha di fatto sancito la nascita dell’espressione lavoro atipico è la l. 196/1997 (pacchetto Treu), che ha profondamente modificato la precedente normativa, anche con l’istituzione di nuovi strumenti e incentivi per favorire l’occupazione, mentre ulteriori modifiche alla disciplina che hanno introdotto innovazioni nel lavoro atipico sono avvenute attraverso la legge Biagi del 2003 (v. Biagi, legge).