LAVORI PUBBLICI
. Degli investimenti di risparmio in nuovi capitali una parte crescente, nelle società moderne, è assorbita dalla costruzione d'impianti i quali realizzano le seguenti condizioni: a) di rispondere alla convenienza economica di una pluralità di individui, dei quali ciascuno risente come proprio il bisogno, ma non ha la possibilità né il motivo di soddisfarlo da solo, e, quando esso fosse soddisfatto dagli altri, avrebbe tornaconto a profittare dell'opera altrui senza concorrere nella spesa; b) di raggiungere, a preferenza di qualsiasi altro impianto del genere, il massimo risultato utile con il minimo dispendio; c) di avere, ab initio, capacità di adattarsi al bisogno massimo dei servizî del genere che, a un momento qualsiasi, potrebbe manifestarsi; d) e, per conseguenza, di rendere servizî a un costo unitario decrescente con l'aumentare della quantità prodotta.
Quale che sia l'impresa che costruisce ed esercita impianti in tali condizioni, essa si distingue dalle comuni imprese commerciali perché: 1. quand'anche sia in mani private, esercita - per delega del superiore politico - poteri sovrani di coazione, di espropriazione e d'imposizione sulle persone o sui beni con i quali entra in rapporto, ogni qual volta il tornaconto particolare minacci d'impedire o di limitare il raggiungimento dell'utile comune; 2. lo stato non può quindi disinteressarsi del modo come essa usa di quei poteri; 3. pur operando in condizioni di monopolio, il punto di massima convenienza è il massimo di soddisfazione collettiva.
Imprese di tal genere hanno carattere pubblico o di utilità pubblica e i lavori pubblici sono, di questo genere di imprese, la specie ove le condizioni su esposte sono realizzate al più alto grado.
I lavori pubblici sono, infatti, l'ambiente stesso di ogni particolare industria, e insieme con i varî istituti dell'ordinamento politico e giuridico della nazione, formano un complesso di economie esterne alle quali ogni impresa privata ha generalmente accesso in ragione delle sue dimensioni.
La spesa in conto capitale, rispetto a ogni altro genere di imprese e anche a imprese dello stesso genere, è in proporzioni di gran lunga maggiori della spesa in conto esercizio, che, in certi casi, si riduce praticamente a zero. Ogni pubblica costruzione deve, infatti, poter provvedere - secondo lo stato delle cognizioni tecniche - alla massima domanda coincidente dei suoi servizî; nel tempo stesso, un impianto di tale capacità massima è anche il minimo indispensabile per assicurare un servizio purchessia.
Si aggiunga che ogni opera pubblica è rigorosamente localizzata nel punto o lungo il tracciato i quali meglio rispondono alla tecnica speciale della costruzione e al principio economico del minimo sacrificio, in questo compreso il minimo sacrificio della proprietà privata. Perciò ogni perfezionamento tecnico che importi un migliore risultato annulla d'un tratto il valore degli antichi investimenti per eccellenza irreversibili.
Le opere pubbliche, infine, più di quanto si possa dire per ogni altro bene strumentale, sono fuori d'ogni proporzione con le possibilità e con la convenienza particolare d'una singola economia privata, onde questa non vi ha accesso se non in quanto siano divisibili i servizî che esse rendono.
Ora, nella massa dei servizi delle opere pubbliche ve ne sono alcuni che non hanno alcuna relazione definita con le singole economie private, ma giovano indivisibilmente a tutte quante, aumentando gli elementi di quel benessere che non si può ridurre a una valutazione monetaria. È questo il caso delle varie costruzioni che lo stato intraprende per assicurare alcuni importanti servizî pubblici a esso esclusivamente affidati, come: la difesa nazionale, la giustizia e l'ordine pubblico, l'educazione popolare, e simili.
Nei lavori pubblici in stretto senso riproduttivi, ai quali si ha qui speciale riguardo, ai vantaggi indiretti si aggiungono però vantaggi diretti, vale a dire economicamente apprezzabili da ogni singola economia privata nei calcoli del suo tornaconto particolare.
Ma gli stessi servizî diretti di un'opera pubblica si distinguono, alla loro volta, secondo che: a) abbiano una relazione esattamente determinabile con il costo, nel senso che la quantità domandata e le condizioni della domanda influiscano apprezzabilmente così sulla capacità dell'impianto come sulla spesa d'esercizio; b) non abbiano una precisa relazione con il costo dell'impianto, perché questo rimane il medesimo, sia che renda un massimo, sia che non renda neppure un minimo di servizî; e neppure con il costo dell'esercizio che, comunque varii la quantità dei servizî, rimane invariato o varia in misura trascurabile, o addirittura è nullo.
Quest'ultima distinzione è importante, perché dalla misura diversa in cui, nel complesso dei servizî di un'opera pubblica, entrino servizî diretti e servizî indiretti, e, fra quelli, servizî dei quali sia o non sia rintracciabile il costo, nasce una diversa possibilità che l'iniziativa dell'opera sia assunta, anziché da enti pubblici, da privati imprenditori o dagl'interessati direttamente, e che l'impresa sia ordinata su base commerciale o consorziale.
Solo lo stato e gli enti pubblici minori potrebbero, infatti, tenere conto, nei loro calcoli, degli effetti che l'esecuzione di un'opera avrà probabilmente sulla generale prosperità economica e sulla coesione sociale, e altresì dei vantaggi diretti ma non individualmente assegnabili, poiché, ove essi decidano di abbandonare al pubblico il godimento di questi vantaggi, otterranno un compenso, d'altronde, nell'incremento delle entrate che ne deriva alla pubblica finanza.
L'impresa diretta o la partecipazione finanziaria dello stato nell'esecuzione di un'opera pubblica non possono però fondarsi neppure esse in modo esclusivo sulla prospettiva dei soli vantaggi indiretti. I quali sono per loro natura scarsamente dimostrabili e si prestano a essere sopravvalutati per fini estranei all'interesse generale e con danno di quell'equilibrata distribuzione del risparmio tra gl'investimenti pubblici e privati, che si attua al saggio corrente dell'interesse sul mercato libero della capitalizzazione.
La contropartita finanziaria delle pubbliche costruzioni, intese come spese straordinarie in conto capitale è, infatti, il pubblico prestito che - a parità di ogni altra condizione - tende ad attuare, a preferenza di un'imposta straordinaria, la distribuzione migliore nel tempo dell'onere derivante dall'esecuzione di un vasto programma di lavori.
Nei casi in cui lo stato non faccia uso della potestà di imporre, ma entri sul mercato degl'investimenti in concorrenza con le imprese private, vi trova generalmente condizioni più vantaggiose, per l'opinione di solidità che ispira il sistema della pubblica finanza, ritenuto quasi un fondo di riserva delle imprese economiche degli enti pubblici. Ma, come nel primo caso alla chiarezza finanziaria e all'educazione dei pubblici interessi giova l'adozione d'imposte straordinarie con speciale destinazione alle opere pubbliche, così, quando si preferisca di ricorrere al credito, è opportuno destinare all'esecuzione di opere pubbliche riproduttive prestiti speciali e redimibili nel periodo di vita economica dell'impianto affinché, allo scadere di quel periodo, il costo della rinnovazione dell'opera non si accumuli con l'onere perpetuo degl'interessi.
Anche quando lo stato non costruisca o non gestisca direttamente le opere, ma le affidi per la costmzione o per l'esercizio a privati imprenditori o a consorzì d'interessati, può, dall'aspetto finanziario, concorrere, garantendo le obbligazioni che questi emettano o assicurando un minimo d'interesse.
Questa assistenza finanziaria dello stato a imprese di opere pubbliche di società anonime e di consorzî di interessati, sorte sulla base di benefici diretti e pecuniarî, può essere considerata d'altronde come un riconoscimento dei benefici indiretti che esse assicurano alla generalità dei cittadini, e del controllo al quale esse si assoggettano da parte del superiore politico, specie per quanto si riferisce all'estensione e alle modalità dei servizî, e alla determinazione dei corrispettivi richiesti agli utenti.
In nessun caso, infatti, il pagamento richiesto per i servizî dell'opera pubblica può essere paragonato a un prezzo di mercato liberamente formatosi. Dalle imposte generali o speciali, ove trova la sua ricostituzione quella parte della spesa che si riferisce a servizî indiretti o a servizî diretti ma non particolarmente assegnabili; dai prezzi di tariffa, ove si discrimina la varia responsabilità nel costo delle diverse classi di clienti volontarî; ai contributi speciali coattivamente applicati quali oneri reali sui fondi, che, indipendentemente dall'attività o dall'inerzia dei proprietarî, aumentano di valore per effetto dell'esecuzione di un'opera pubblica, in ogni caso il corrispettivo non è limite, ma coefficiente della più completa utilizzazione dell'impianto e della massima soddisfazione collettiva.
Nella politica economica dello stato e degli enti pubblici minori - quando essi provvedano direttamente all'esecuzione - i lavori pubblici appaiono come un ovvio rimedio contro le conseguenze delle fluttuazioni cicliche, e soprattutto contro la più grave di esse: la disoccupazione operaia. Un programma di lavori, studiato in relazione con gli effettivi bisogni, se venga rimandato per l'esecuzione al momento in cui, per chiari sintomi, si prevede la chiusura della liquidazione e l'inizio di una ripresa - quando, cioè, stabilizzatisi i prezzi sul fondo ormai raggiunto, il nuovo risparmio ricerca investimenti sicuri, anche a modesto saggio - può favorire l'inizio di un nuovo ciclo di capitalizzazione e accrescere la capacità d'acquisto di larghi strati della popolazione e quindi la domanda di prodotti e di servizî.
Dei benefici economici dei lavori pubblici, fino a epoca relativamente recente, non si ebbe idea se non imperfetta; a essi si ricollegarono soprattutto considerazioni di egemonia militare e di lusso pubblico. A queste s'ispirarono le stesse opere pubbliche dei Romani che tuttora, nelle loro grandi rovine, "danno a quelli che non lessero mai una pagina di storia romana qualche concetto della grandezza di Roma". Nel Medioevo, le pubbliche costruzioni risposero per lo più agli scopi delle egemonie feudali e delle comunità religiose. Onde si può ritenere che le opere pubbliche dirette ad accrescere la prosperità e la coesione sociale siano un fatto stolicamente connesso con l'origine degli stati nazionali, con lo sviluppo della ricchezza pubblica e con le grandi invenzioni che segnarono gl'inizî del capitalismo. All'invenzione della macchina a vapore, ad es., seguirono in ogni paese civile lavori pubblici grandiosi per lo sviluppo delle vie di comunicazione, i quali si calcola abbiano importato da soli, in appena un secolo, una spesa dieci volte superiore a quella di tutti i secoli precedenti.
In Italia, alla data dell'unificazione del regno, scarsissime erano le pubbliche costruzioni esistenti in gran parte del nuovo stato, mentre evidentissimo era il bisogno, non solo d'accrescere il benessere materiale delle varie regioni, ma altresì di cementare l'unità nazionale. Furono perciò subito decretate notevoli spese, principalmente per provvedere alle strade ordinarie e ai maggiori porti e per sussidiare le costruzioni di strade ferrate.
Successivamente, s'intensificarono le opere per il regime delle acque; si ripresero antichi tentativi di prosciugamento di terreni paludosi, e se ne iniziarono di nuovi, soprattutto con lo scopo della difesa igienica. Larghi furono l'intervento diretto dello stato e il suo concorso finanziario nell'esecuzione di tali opere, ma spesso all'efficacia della spesa contrastarono gli estranei influssi della politica che frammentarono l'esecuzione.
Negli anni 1922-1932, il governo lascista ha coordinato le varie categorie di opere pubbliche in piani regolatori regionali, affidandoli per l'esecuzione a speciali organi, posti in immediato contatto con i bisogni ai quali le opere devono provvedere e dotati dei mezzi necessarî perché i lavori, rapidamente compiuti, diano al più presto i loro frutti.
Nel tempo stesso, esso ha assegnato a un'azienda autonoma la sistemazione e la manutenzione delle strade statali o di grande comunicazione; e tutti i complessi problemi che si comprendono nel moderno concetto di bonifica integrale ha raccolto e affidato alla competenza di un apposito sottosegretariato di stato.
I risultati tecnici principali dei larghi investimenti in opere pubbliche effettuate negli anni 1922-1932 possono essere così riassunti: la difesa idraulica con 4 mila chilometri di arginature nuove o rafforzate assicurata a 3.111.428 ettari di territorio; i bonificamenti estesi a 280 comprensorî, della superficie complessiva di 2.395.747 ha., di cui 683.000 bonificati; corretti 168.810 ha. su 362.700 di bacini montani connessi con le bonifiche, e costruiti 3311 km. di strade di bonifica; 1130 km. di canali di irrigazione; 105 acquedotti rurali; portati a maggiore efficienza i navigli di Lombardia, le idrovie Milano-Venezia e ferraresi, la litoranea veneta e linee annesse, la navigazione sui laghi; costruito in gran parte il canale da Pisa a Livorno e assicurata la navigabilità del tronco inferiore del Tevere; aumentata l'utilizzazione del patrimonio idrico da 1.239.093 kW di potenza installata, con una produzione di 3652,2 milioni di kWh, a 4.300.000 kW di potenza installata, con una produzione di energia, nel 1931, di 9665 milioni di kWh; ampliati e sistemati in gran parte i porti di maggiote importanza nei traffici internazionali; costruite nuove e decorose sedi degli uffici pubblici nella capitale e numerosi edifici per le amministrazioni delle poste, della giustizia, delle finanze e della guerra in tutte le provincie; favorite con importanti contributi le costruzioni di case economiche e popolari, di edifici scolastici e di acquedotti e opere igieniche varie; cancellata definitivamente ogni traccia del passaggio della guerra e ristabilite su basi durevoli le condizioni della vita civile nelle regioni devastate dai frequenti terremoti o nei paesi minacciati da frane; sistemata circa la metà della rete delle strade statali di 21 mila chilometri e ridotto il resto in buono stato di conservazione; sviluppata la viabilità minore delle piovincie e dei comuni, che oggi si misura in circa 150 mila chilometri; ultimate importanti costruzioni ferroviarie, onde l'odierna consistenza della rete di stato in esercizio è di circa 17.000 chilometri (di cui 4107 a doppio binario) e sarà tra breve aumentata dall'apertura di altre linee in avanzata costruzione.
L'ammontare di spesa indicato nei prospetti rappresenta solo quella parte del costo delle opere eseguite, che fu posta effettivamente a carico dello stato. D'altronde, nelle opere eseguite da concessionarî per le quali lo stato paga il suo contributo in annualità - com'è il caso di gran numero di bonificamenti - e altresì nelle opere d'interesse locale, ove lo stato concorre con il pagamento di parte degl'interessi sui mutui contratti con istituti finanziatori - com'è il caso più comune nelle opere di acquedotto, igieniche e sanitarie e nelle costruzioni di edifici scolastici - la spesa sostenuta annualmente sul bilancio dello stato rappresenta una esigua frazione del costo effettivo e non ha più alcuna corrispondenza con il periodo di esecuzione dell'opera.
Bibl.: F. Ferrara, Introduzione al volume X, serie 1ª, della Biblioteca dell'economista, Torino 1864; S. Jacini, Studi sulle opere pubbliche in Italia nel loro rapporto con lo Stato, Milano 1869; Ch. De Franqueville, Du régime des travaux publics en Angleterre, 2ª ed., Parigi 1875; H. C. Adams, Relation of the state to Industrial action, in Publications of the American Economic Association, 1887, n. 6; P. Iannaccone, I tributi speciali, Torino 1905; L. Einaudi, La finanza della guerra e delle opere pubbliche, Torino 1914; A. Messedaglia, Dei prestiti pubblici, cap. 1°, in Opere scelte, I, Verona 1920; V. A. Mund, Public works as a prosperity reserve, in Annals of the American Academy of Political and Social Science, maggio 1930; A. de' Stefani, L'azione dello Stato Italiano per le opere pubbliche dal 1862 al 1924, Roma 1925; Ministero dei lavori pubblici, Le opere pubbliche nel secondo decennio del Regime fascista, Roma 1933.
I lavori pubblici nell'ordinamento amministrativo italiano.
L'espressione "opere pubbliche" o "lavori pubblici", nel suo più generale significato, indica nell'ordinamento amministrativo italiano tutti i lavori (nuove costruzioni, trasformazioni di quelle esistenti, lavori di ordinaria o straordinaria manutenzione) che si eseguono per conto o nell'interesse, anche parziale, dello stato o di un altro ente pubblico (v. per es. art. 12 n. 1 r. decr.-legge 28 agosto 1924, n. 1395, modificato con la legge 15 luglio 1926, n. 1263; art. 3 legge 24 giugno 1929, n. 1137; r. decr. 18 maggio 1931, n. 544). Si tratta, quindi, di una nozione distinta, così da quella di cosa o bene pubblico o demaniale, come dall'altra di opere di pubblica utilità. Non tutte le opere pubbliche, infatti, costituiscono, quando siano eseguite, un bene demaniale, né, d'altra parte, tutti i beni demaniali derivano dall'esecuzione di opere pubbliche, molti essendo di origine naturale. Così pure il concetto di opera di pubblica utilità, che nella legislazione italiana è giuridicamente rilevante ai fini delle espropriazioni per pubblica utilità e dell'imposizione del contributo di miglioria (art. i legge 16 dicembre 1926, n. 2251), da un lato è più ristretto di quello di opera pubblica, perché si riferisce solo alle opere che interessano direttamente la collettività, dall'altro più largo, perché si estende anche alle opere eseguite dai privati nell'interesse pubblico (art. 2 legge 25 giugno 1865, n. 2359). Tuttavia le più recenti disposizioni tendono a far coincidere, ai fini delle espropriazioni, il concetto di opera pubblica dello stato con quello di opera di pubblica utilità, disponendo (art. 30 r. decr.-legge 8 febbraio 1923, n. 422) che la dichiarazione di pubblica utilità è implicita per tutte le opere, la cui esecuzione è autorizzata per legge, mentre per le altre da eseguirsi dallo stato, o direttamente o per concessione, la dichiarazione stessa si deve ritenere insita nell'approvazione dei relativi progetti.
Le opere pubbliche si distinguono, a seconda dello scopo a cui servono, in varie categorie: strade ordinarie, ferrovie e tramvie; opere marittime; opere idrauliche; opere per la navigazione interna; opere di sistemazione idraulico-forestale; bonificazioni e trasformazioni fondiarie di pubblico interesse; opere igieniche (risanamento degli abitati, fognature, acquedotti); opere edilizie in genere, come edifici scolastici, per biblioteche e per musei, archivî di stato, edifici carcerarî, case popolari ed economiche; costruzioni telegrafiche e telefoniche; fortificazioni, caserme e altre opere militari. Oltre le disposizioni di carattere più generale applicabili a tutti o a più gruppi di lavori pubblici, ciascuna specie ha un proprio ordinamento giuridico. L'assegnaione di un'opera all'una o all'altra specie, ai fini dell'applicazione delle norme che più particolarmente la riguardano, non dipende tanto dalle sue caratteristiche tecniche, le quali possono anche non fornire un criterio decisivo, quanto dallo scopo che con essa l'ente pubblico si propone di raggiungere secondo il suo discrezionale apprezzamento. Possono essere considerati, ad es., opere di bonificazione i lavori più diversi, stradali, idraulici, ecc., in quanto convergenti al fine della bonifica integrale di un dato comprensorio (v. bonifica). Occorre quindi quasi sempre un provvedimento concreto di classificazione (alcune volte una legge formale, più spesso un atto amministrativo), che normalmente deve precedere l'esecuzione dell'opera.
Le disposizioni sui lavori dello stato sono estese, in quanto applicabili, ai lavori delle provincie, dei comuni e dei consorzî amministrativi per l'esecuzione di opere pubbliche (art. 1 legge 27 maggio 1926, n. 1013).
All'attività amministrativa avente ad oggetto le opere pubbliche sovrintende l'apposito Ministero dei lavori pubblici, in quanto esse non rientrino nella competenza di altri dicasteri. Più specialmente è opportuno ricordare che nel suddetto ministero sono stati concentrati tutti i servizî relativi alle opere edilizie (r. decr. 18 maggio 1931, n. 544) e quelli per le nuove costruzioni di caserme e di edifici militari in genere, escluse le opere di stabilità e di grande trasformazione di fabbricati militari, di fortificazione con le relative strade, e alcune altre per le quali provvede il genio militare (r. decr.-legge 15 ottobre 1925, n. 1394 e r. decr. 14 giugno 1929, n. 960); allo stesso ministero spetta la costruzione di nuove linee ferroviarie, mentre le altre opere ferroviarie, comprese quelle di elettrificazione, dipendono dal Ministero delle comunicazioni (art. 4 r. decr.- legge 30 aprile 1924, n. 596; r. decr.-legge 4 agosto 1924, n. 1262; r. decr. 25 marzo 1926, n. 548); le opere di bonifica idraulica, di sistemazione montana, d'irrigazione, di trasformazione fondiaria di pubblico interesse, e anche le opere idrauliche prevalentemente connesse con la bonifica e con la trasformazione fondiaria sono poste alla dipendenza del sottosegretario per la bonifica integrale presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste (art. 31. decr. 27 settembre 1929, n. 1726); i lavori eseguiti sotto la direzione degli uffici tecnici di finanza dipendono dal Ministero delle finanze (art. 2 r. decr.-legge 27 ottobre 1927, n. 2128).
Nello svolgimento dell'attività amministrativa in esame ha fondamentale importanza il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che ha sede presso il dicastero omonimo, ma che esplica le sue attribuzioni nei riguardi di quasi tutte le opere pubbliche, anche se dipendenti da altri ministeri. Esso è un organo consultivo, non più soltanto tecnico, essendo costituito, oltre che dagl'ispettori superiori del genio civile, e da altri funzionarî tecnici dello stato, anche dai più alti funzionarî amministrativi dei varî ministeri interessati all'esecuzione delle opere pubbliche, da consiglieri di stato, da avvocati dello stato e da esperti, estranei all'amministrazione (art. 7 legge 1° giugno 1931, n. 678). È diviso in quattro sezioni, la cui rispettiva competenza è determinata dalla specie delle opere, e delibera in assemblea generale, o in adunanze di sezione o di sezioni riunite (articolo 12 legge cit.). Il suo parere su tutte le questioni generali che interessano la materia dei lavori pubblici, sui progetti delle opere da eseguire, sui contratti, sulle concessioni, sulle divergenze insorte fra l'amministrazione e gli esecutori delle opere, si estende, per ciascun oggetto, così all'aspetto tecnico, come a quello della legalità e della convenienza amministrativa, e quindi sostituisce il parere di ogni altro organo dello stato, deliberativo o consultivo, a eccezione del Consiglio di stato nei casi stabiliti dalla legge (articoli 1 e 6 legge cit.).
In alcune regioni l'amministrazione dei lavori pubblici è decentrata. Per le provincie venete e di Mantova fu istituito, con la legge 5 maggio 1907, n. 257, modificata con la legge 13 luglio 1911, n. 774, e con i rr. decr. 12 dicembre 1923, n. 2846 e 31 dicembre 1923, n. 3228, il magistrato alle acque, che esercita, nei riguardi delle opere idrauliche e di bonifica, le attribuzioni del Ministero dei lavori pubblici, con l'assistenza di un comitato tecnico, che sostituisce la seconda sezione del consiglio superiore. Nel mezzogiorno d'Italia e nelle isole il decentramento ha carattere temporaneo (fino al 30 giugno 1936), essendo stati istituiti, con il r. decr.-legge 7 luglio 1925, n. 1173, modificato col r. decr. 9 luglio 1926, n. 1366, i provveditorati alle opere pubbliche, con sede a Caserta, Aquila, Bari, Potenza, Catanzaro, Palermo e Cagliari, e, col r. decr.-legge 15 agosto 1925, n. 1636, modificato coi rr. decr. 7 giugno 1928, n. 1552 e 21 novemb. 1929, n. 2220, l'alto commissariato per la città e per la provincia di Napoli. Per la Maremma toscana è stato istituito nel febbraio 1926 uno speciale ufficio con sede a Grosseto. Quasi tutte le attribuzioni del Ministero dei lavori pubblici sono state deferite, nei suddetti compartimenti, ai provveditorati e all'alto commissario, assistiti dai rispettivi comitati tecnico-amministrativi, composti sullo schema del Consiglio superiore dei lavori pubblici, del quale esercitano le attribuzioni per le opere da eseguirsi nei compartimenti stessi. Le opere pubbliche dello stato si eseguono in base a progetti compilati dagli uffici del genio civile o da altri uffici tecnici governativi, civili o militari, e approvati dal ministero competente, previo il visto del consiglio superiore o di altri organi, se l'importo del progetto su̇pera o no il milione di lire. Sui progetti delle opere a carico delle amministrazioni della guerra e della marina si devono pronunciare, a seconda dell'importo, i comandi del genio di corpo d'armata o la direzione superiore delle costruzioni del genio militare. Le opere da eseguirsi dalle aziende autonome (della strada, delle ferrovie, delle poste e telegrafi, dei telefoni) sono soggette soltanto al parere dei rispettivi consigli di amministrazione (art. 1 r. decr. 8 febbraio 1923, n. 422; art. 1 r. decr.- legge 28 agosto 1924, n. 1396; art. 2 r. decr.-legge 7 maggio 1925, n. 646; art. 1 r. decr.-legge 27 ottobre 1927, n. 2128; articoli 1 a 5 legge 1° giugno 1931, n. 678).
Il mezzo con il quale ordinariamente si provvede all'esecuzione dei lavori è il contratto d'appalto; l'esecuzione a cura diretta degli uffici tecnici governativi o comunali e provinciali (in economia) è consentita solo per alcuni lavori, soprattutto di carattere urgente, determinati dai regolamenti, o quando ricorrano speciali circostanze (art. 325 legge 20 marzo 1865, n. 2248; art. 8 r. decr. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 66 r. decr. 25 maggio 1895, n. 350 nel nuovo testo approvato col r. decr. 15 dicembre 1898, n. 556; art. 189 legge com. e prov. 4 febbraio 1915, n. 148).
Il procedimento per la formazione del contratto di appalto si può scomporre in quattro fasi: la preparazione dello schema, la scelta del contraente, la stipulazione, l'approvazione.
Ciascun ministero stabilisce preventivamente le clausole di carattere più generale applicabili a tutti i contratti aventi a oggetto i lavori di sua competenza o una determinata specie di essi; gli atti che le contengono prendono il nome di capitoli d'oneri o capitolati generali o capitoli normali, di regola approvati con decreto ministeriale (solo per i lavori del genio militare, con decreto reale: r. decr. 17 marzo 1932, n. 366-367). Il più importante è quello per l'esecuzione dei lavori dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, approvato con decr. min. 28 maggio 1895, e successivamente modificato con decr. min. 8 novembre 1900, 9 giugno 1916 e 4 maggio 1921. Anche le amministrazioni dei comuni più importanti e delle provincie devono compilare un capitolato generale, possibilmente conforme a quello dello stato, e che deve essere approvato dalla giunta provinciale amministrativa, sentito il consiglio di prefettura. Il carattere giuridico dei capitolati, quando non siano approvati con decreto reale, è discusso: sembra esatta l'opinione che ravvisa in essi una fonte, non di norme giuridiche, ma di disposizioni contrattuali obbligatorie in virtù dell'accordo delle parti. Le condizioni specifiche del singolo contratto, con la descrizione del lavoro da eseguire, sono poi racchiuse in un capitolato speciale. Lo schema di contratto così formato è sottoposto, se eccede una certa cifra, al parere del Consiglio di stato e del Consiglio superiore dei lavori pubblici; per i contratti degli enti locali, al parere del consiglio di prefettura (art. 323 legge 20 marzo 1865; art. 5 segg. r. decr. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 45 segg. r. decr. 23 maggio 1924, n. 827; art. 1 r. decr.-legge 7 maggio 1925, -n. 646; art.54 r. decr. 30 dicembre 1923, n. 2839; art. 17 r. decr. 14 settembre 1931, n. 1175).
Per la scelta del contraente il sistema normalmente prescritto è quello dei pubblici incanti; nei casi determinati dalla legge (quando il contratto non superi una certa cifra, quando vi sia urgenza di provvedere, ecc.) l'amministrazione è autorizzata a seguire il sistema della licitazione privata, o anche quello della trattativa privata: diverso da quelli indicati è il sistema dell'appalto-concorso. Questo sistema offre il duplice vantaggio di sfruttare le iniziative private nella compilazione di opere tecnicamente importanti, e di ridurre la possibilità di controversie con l'appaltatore, che, essendo l'autore del progetto, meno facilmente può addurre la non corrispondenza della realtà alle previsioni per richiedere compensi maggiori di quelli stabiliti, sul quale tema si svolgono quasi tutte le liti fra lo stato e gli appaltatori.
La stipulazione del contratto, quando si sia seguito il sistema dell'asta pubblica o della licitazione privata, consiste nell'atto solenne dell'aggiudicazione fatta al migliore offerente. Ma può a essa susseguire la compilazione di un contratto formale, che occorre sempre nei casi della trattativa privata o dell'appalto-concorso. La stipulazione può essere fatta con atto notarile, più spesso nella cosiddetta forma pubblica amministrativa, e cioè con un atto ricevuto da un funzionario della stessa amministrazione, che adempie alle funzioni di ufficiale rogante; o anche, quando si sia seguito il sistema della trattativa privata, per mezzo di una scrittura privata, o di un'obbligazione stesa in calce al capitolato o per mezzo di corrispondenza (art. 16 r. decr. 18 novembre 1923, cit.; art. 93 segg. r. decr. 23 maggio 1924, n. 827). I contratti dello stato, comunque formati, non sono esecutivi se non sono approvati dal ministro o da un suo delegato; quelli (solo i più importanti) dei comuni e delle provincie devono essere approvati dal prefetto. Il ministro, o il prefetto, accertano se siano state osservate le forme prescritte, ma anche dei contratti riconosciuti regolari possono negare l'approvazione per gravi motivi d'interesse pubblico o dello stato o dell'ente locale (art. 19 r. decr. 18 novembre 1923, cit.; articoli 107 e 113 r. decr. 23 maggio 1924 cit.; art.53 r. decr. 34 dicembre 1923, n. 2839). L'approvazione costituisce, secondo l'opinione più corretta, un elemento, non per l'esistenza, ma per l'efficacia giuridica del contratto. Nei casi d'urgenza il ministero può autorizzare l'inizio dei lavori anche subito dopo l'aggiudicazione; in questo caso si tiene conto di tutto ciò che sia stato predisposto o fornito dal deliberatario per il rimborso delle spese, quando il contratto non sia approvato (art. 337 legge 20 marzo 1865, n. 2248). Lo svolgimento dell'appalto è regolato, per le opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, dalle norme fondamentali contenute nella legge sui lavori pubblici 20 marzo 1865, n. 2248, all. F (articoli 325 a 365), e più minutamente dal r. decr. 25 maggio 1895, n. 350 e dal già ricordato capitolato generale. Questo complesso di norme, però, ha ormai una più generale applicazione, essendo richiamato quasi sempre anche nei contratti per l'appalto delle altre opere pubbliche dello stato e degli enti locali, mentre sono sostanzialmente analoghe le disposizioni del r. decr. 17 marzo 1932, n. 365, per i lavori del genio militare.
La caratteristica essenziale del pubblico appalto consiste in ciò, che l'assuntore non ha completa autonomia nell'organizzare e nel condurre innanzi i lavori, ma deve eseguirli sotto la direzione e la vigilanza di un funzionario appositamente nominato (il direttore dei lavori), al quale spetta di dare tutte le disposizioni che ritenga opportune affinché i lavori siano eseguiti a regola d'arte, in conformità dei relativi progetti e contratti, e nel tempo stabilito. Se l'appaltatore ritiene che le prescrizioni dategli sono contrarie alle clausole del contratto, la divergenza è rimessa all'ingegnere capo del genio civile, alle cui decisioni l'appaltatore deve uniformarsi, salva la sua facoltà di ricorrere alle autorità gerarchiche superiori, e, se il suo reclamo non sia accolto, d'iscrivere le opportune riserve nel registro di contabilità (articoli 13 e 23 r. decr. 25 maggio 1895 cit.). Alcuni divieti stabiliti nella legge nei riguardi dell'assuntore e dei terzi e speciali facoltà conferite all'amministrazione appaltante tendono a garantire la costante realizzazione dell'interesse pubblico connesso col compimento dell'opera. L'appaltatore non può cedere o subappaltare in tutto o in parte l'opera senza l'approvazione dell'autorità competente; può soltanto dare a cottimo l'esecuzione dei movimenti di terra (art. 339 legge cit.). Le somme a lui dovute per lavori in corso, e cioè prima del collaudo, non possono essere né cedute né sequestrate senza il consenso dell'amministrazione (art. 9 legge sul contenzioso amministrativo 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; articoli 351 e 352 legge cit.). L'appaltatore è tenuto ad eseguire tutte le variazioni e aggiunte dei lavori progettati, che siano ordinate dall'amministrazione, purché non mutino essenzialmente la natura delle opere appaltate e fino a concorrenza di un quinto in più o in meno dell'importo del contratto (articoli 343 e 344 legge cit., articoli 17 e 19 cap. gen.). L'amministrazione può senz'altro rescindere il contratto, se l'appaltatore si renda colpevole di frode o di grave negligenza (art. 340 legge cit.); o fare eseguire d'ufficio in tutto o in parte i lavori, quando ritenga che, per negligenza dello stesso, l'opera non possa essere compiuta nel termine prefisso (art. 341 legge cit.). L'amministrazione, infine, può risolvere in qualunque momento il contratto, mediante il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell'importo delle opere non eseguite (art. 345 legge cit.).
Il corrispettivo dovuto per l'esecuzione dell'opera può essere fissato a corpo o a misura, stabilendosi, nel secondo caso, prezzi invariabili per unità di misura e per ogni specie di lavoro (articoli 326 e 329 legge cit.). Quando occorra eseguire una specie di lavoro non prevista o diversa da quella prevista nel contratto, i nuovi prezzi sono concordati fra le parti, o in mancanza, sono fissati dall'amministrazione, salva la facoltà dell'appaltatore di non accettarli, chiedendo che la divergenza sia risolta nel modo stabilito nel contratto (articoli 21 e 22 r. decr. 25 maggio 1895 cit.).
La consegna dei lavori, le eventuali sospensioni autorizzate dall'amministrazione e le successive riprese, l'accertamento dei danni verificatisi per un caso di forza maggiore, devono risultare da appositi verbali (articoli 10, 16 e 25 r. decr. cit.); mentre si annotano nei registri a ciò destinati, il più importante dei quali è il registro di contabilità, le principali vicende dell'appalto, le quantità dei lavori eseguiti, le somministrazioni fatte e le somme attribuite all'appaltatore; questi deve tempestivamente iscrivere e svolgere nel registro di contabilità le sue domande, altrimenti decade dal diritto di proporle (art. 36 segg. r. decr. cit.). Compiuti i lavori, si redige il processo verbale della loro ultimazione; indi si compila il conto finale, che l'assuntore è invitato a sottoscrivere, e nel quale egli deve, a pena di decadenza, confermare le domande già inserite nel registro di contabilità (articoli 62 e 65 r. decr. cit.).
Segue il collaudo dei lavori, compiuto da una o più persone nominate dal ministero; il collaudatore verifica la rispondenza dell'opera alle prescrizioni contrattuali e alle regole dell'arte, ed emette il certificato di collaudo, ovvero suggerisce i provvedimenti da prendere; controlla e corregge la contabilità; dà il suo giudizio sulle riserve dell'assuntore; trasmette gli atti al ministero per le sue deliberazioni, da comunicarsi all'appaltatore, il quale, se non le accetta, deve, entro trenta giorni, promuovere il giudizio arbitrale secondo la clausola compromissoria inserita nel capitolato generale (art. 91 segg. r. decr. cit.; art. 42 segg. cap. gen.). Se l'importo dei lavori non supera le 50.000 lire, l'atto formale di collaudo può essere sostituito da un certificato del direttore, confermato dall'ingegnere capo dell'ufficio tecnico (art. 3 r. decr.-legge 28 agosto 1924, n. 1396).
Tutte le opere pubbliche possono essere oggi eseguite anche col sistema della concessione (v. appalto), già normalmente in uso per l'esecuzione e l'esercizio di determinate opere (ferrovie e tramvie, bonifiche, ecc.). Secondo la legge 24 giugno 1929, n. 1137, possono essere concesse in esecuzione a provincie, comuni, consorzî e privati opere pubbliche di qualunque natura anche indipendentemente dall'esercizio delle opere stesse. La spesa a carico dello stato è ripartita in non più di trenta rate annuali costanti, complensive di capitale e interessi (il limite massimo del tasso dell'interesse è del 5,60%: r. decr. 22 ottobre 1932, n. 1378). L'importo dei contributi da corrispondersi al concessionario può essere fissato a corpo, ovvero determinato a misura, secondo la quantità effettiva dei lavori eseguiti in base a prezzi fissati per unità di misura; solo nelle concessioni a consorzî e ad altri enti pubblici che contribuiscono nella spesa può eccezionalmente stabilirsi che i contributi siano commisurati alla spesa effettiva erogata per i lavori, aumentata di una percentuale fissa per spese di amministrazione. Occorrendo dei lavori suppletivi e imprevisti si provvede con atto aggiuntivo.
In sostanza, con questa legge sono stati sottoposti al medesimo regolamento giuridico tutti i casi di esecuzione di opere pubbliche a pagamento differito. Ma non pare che si possa fare a meno di distinguere l'ipotesi in cui il concessionario (il consorzio, ad es., dei proprietarî dei terreni da bonificare, o un comune per le opere d'interesse locale) è cointeressato al compimento e contribuisce nella spesa dell'opera, da quella in cui il concessionario è un semplice esecutore di lavori nell'interesse altrui. In questa seconda ipotesi il rapporto fra lo stato e l'assuntore, benché denominato di concessione, è, nell'essenza, un contratto di appalto; mentre solo alla prima ipotesi può ritenersi logicamente applicabile l'ultimo capoverso dell'art. 1 della legge, secondo il quale, se siano stati autorizzati dei lavori suppletivi, l'importo complessivo dei contributi non potrà superare di oltre un quinto quello prima previsto, rimanendo a totale carico del concessionario l'eventuale maggiore spesa occorrente per l'opera.
Bibl.: F. Bufalini, La pratica dei lavori pubblici, voll. 2, Torino 1884-1885; A. Lion, Trattato sulla legislazioe dei lavori pubblici e dell'edilizia, voll. 2, Torino 1900-1901; C. Petrocchi, La politica dei lavori pubblici, Roma s. d.; M. Vita Levi, Della locazione di opere e più specialmente degli appalti, Torino 1876; L. Rabachino, Il nuovo capitolato generale degli appalti, Torino 1899; L. Abello, Trattato della locazione, IV, Napoli 1922; A. Cuneo, Appalti di opere pubbliche, 2ª ed., Milano 1924; G. Vacchelli, Diritti e interessi negli appalti per la esecuzione di opere pubbliche, in Il diritto dei pubblici appalti, 1918, p. 1 segg.