Vedi LAVINIO dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
LAVINIO (Lavinium)
Città del Lazio, a 17 miglia a S di Roma, tra Ostia e Ardea, situata in vista del mare (da cui dista quasi 3 miglia) sopra un altipiano e una collina più isolata, dove oggi è il villaggio di Pratica di Mare. Questa collina, congiunta al resto della città da uno stretto istmo, doveva costituire l'acropoli ed è da considerarsi il più antico nucleo della città (situazione identica a quella di Ardea). La regione fra L. e il Tevere era abitata dal popolo dei Laurentes, e i cittadini di L. sono perciò detti Laurentes Lavinates (cfr. Rutuli Ardeates): non sembra attendibile la teoria che vuole una città Laurentum distinta da L., altrettanto antica, e identificabile a Capocotta (Nibby), o tra L. e Ardea (Bendz). Esiste invece in età imperiale, sulla via Severiana, a 4 miglia a S di Ostia, un Vicus Augustanus Laurentium (Itin. Anton., 301), sorto intorno a varie ville di imperatori (qui era anche la nota villa di Plinio il giovane, cfr. Ep., ii, 17, 26). Nelle tenute di Castel Porziano e di Castel Fusano sono molti avanzi di ville, che hanno dato importanti trovamenti, tra cui una copia del Discobolo di Mirone.
L. fu fondata, secondo la leggenda, da Enea, che così l'avrebbe chiamata dal nome della moglie Lavinia (figlia di Latino, re degli Aborigeni). La costruzione delle mura di L. è raffigurata nelle pitture del colombario degli Statili sull'Esquilino (Museo Naz. Romano). L. è ricordata per l'uccisione che ivi sarebbe avvenuta di Tito Tazio sacrificante ai Penati. Fece parte della lega latina nel VI e V sec. a. C. I Fasti Trionfali (I. It., xiii, 1, p. 99 e 541) ricordano un trionfo dei Romani nel 338 a. C., ma la notizia è assai dubbia: dopo la guerra latina infatti L. sembra che ottenesse la piena cittadinanza romana. L'importanza di L. è però principalmente legata al suo carattere di centro religioso (un santuario di Venere esistente nel suo territorio era comune a tutti i Latini: Strab., v, 232) e secondariamente al ruolo che essa ebbe nella leggenda troiana delle origini di Roma (risalente con tutta probabilità già al IV secolo). Per questi motivi L. occupò ben presto un ruolo unico nella religione ufficiale di Roma stessa, come appare sia dal sacrificio che i supremi magistrati romani compivano ai Penati e a Vesta in L. quando assumevano o deponevano la carica (Macr., iii, 4, 11; Serv., Aen., iii, 12), sia dalla credenza che i Penati di L. fossero i Penati di Roma (Varro, Ling. Lat., v, 144), cioè i sacra principia populi Romani Quiritium nominisque latini quai apud Laurentes coluntur (C. I. L., x, 797 = D. 5004) e che fossero gli stessi Penati di Troia, qui portati da Enea, secondo una tradizione indigena, già raccolta da Timeo (in Dion. Hal., i, 67). Sembra molto probabile che i culti di Vesta (di provenienza greca) e dei Penati abbiano notevolmente contribuito alla formazione della leggenda troiana delle origini di Roma (che si servì anche nei dettagli di spunti locali, come della statua bronzea di una scrofa con trenta porcellini esistente in L. ai tempi di Varrone, cfr. R. rust., ii, 4). La tradizione cultuale continuò nell'Impero dando luogo ad una molteplicità di sacerdozi (sacerdos Laurentium Lavinatium, flamen laurentinus, pater patratus, ecc.), e ancora da Simmaco (Ep., I, 71) L. poteva esser definita religiosa civitas. Oltre ai culti di Venere, di Vesta e dei Penati ricordati a L. quelli di Indiges (specificato come Pater, Deus, Iuppiter, Aeneas; cfr. Liv., i, 2, 9; Serv., Aen., i, 259) di Iuno Kalendaris (Macr., i, 15, 18), di Liber (August., De civ. Dei, vii, 21), di Giuturna (Serv., Aen., xii, 139), di Anna Perenna (Ov., Fasti, iii, 647 ss.; Sil. Ital., viii, 28 ss.). Trovamenti occasionali hanno portato, a partire dal sec. XVI, al rinvenimento di tratti delle mura, di basolati di strade, forse di un portico del Foro, di un'ara di età repubblicana, di una necropoli dell'Età del Ferro con numerosa ceramica di impasto e fibule (questo importante materiale è ora completamente disperso), di arule, di ex voto, di lastre del tipo Campana, di basi di statue di età imperiale (con iscrizioni di Lavinia, di Silvio Enea, imperatori, ecc.) e di statue onorarie (ora nel castello Borghese di Pratica di Mare), di iscrizioni relative al culto di Cerere (e forse Vesperna), del III sec. a. C., del Numicus (personificazione del fiume nelle cui acque sarebbe morto Enea), di Iside, della Magna Mater, ecc.
Soltanto pochi resti di età imperiale rimanevano visibili sul terreno fino ai primi saggi sistematici di scavo iniziati nel 1957 (per opera di F. Castagnoli e di L. Cozza), che hanno individuato tratti di mura (col conseguente riconoscimento dell'intero perimetro della città) e due santuarî extraurbani. Del santuario orientale (il cui scavo è appena iniziato) sono stati trovati elementi architettonici, terrecotte, e materiale votivo (III sec. a. C.). Di quello meridionale sono stati messi in luce tredici altari allineati (del tipo greco con pròthysis e ante; e modanature italiche arcaiche), il più antico dei quali può datarsi alla fine del VI sec. a. C. (oltre a materiale fittile, architettonico e votivo di età più tarda e una lamina con iscrizione latina a Castore e Polluce databile intorno al 500 a. C.). Questi trovamenti vengono a documentare rapporti diretti (nel culto e nell'arte) tra il mondo greco e quello latino in età arcaica, al di fuori di una mediazione etrusca.
Bibl.: H. Klausen, Aeneas und die Penaten, I-II, Amburgo-Gota 1840; A. Nibby, Analisi... de' dintorni di Roma, II, Roma 1849, p. 206 ss.; W. Helbig, in Bull. Inst., 1885, p. 59 ss. (cfr. F. von Duhn, Italische Gräberkunde, I, Heidelberg 1924, p. 520 s.); G. Tomassetti, in Bull. Com., 1895, p. 132 ss.; id., in Diss. Pont. Acc. Arch., s. II, VI, 1897, p. 313 ss.; R. Lanciani, in Mon. Linc., XIII, 1903, p. 23 ss.; G. B. Trovalusci, Lavinium, Marino 1928; G. Bendz, in Acta Inst. Rom. Regni Sueciae, IV, 1935, p. 47 ss.; B. Tilly, Vergil's Latium, Oxford 1947, p. 54 ss.; M. Guarducci, in Arch. Class., III, 1951, p. 99 ss. (cfr. S. Weinstock, in Journ. Rom. St., XLII, 1952, p. 34 ss. e M. Guarducci, in Arch. Class., XI, 1959, p. 204 ss.); F. Castagoli, in St. e Mat. Storia Religioni, XXX, 1959, p. i ss.