LAVABO (lat. "laverò", allusione al versetto Lavabo inter innocentes manus meas [Salmi, 25, 6] entrato nel Canone della Messa)
Il lavabo, luogo e apprestamento per abluzioni, ha precedenti nelle fonti lustrali che solitamente si trovavano nell'atrio della basilica (v.), dalle quali derivarono le fonti dei chiostri monastici. Queste dovevano essere destinate non solo a ornamento, ma a comune lavabo dei monaci si trovavano perciò qualche volta in una edicola chiusa, comunicante col chiostri, come nella badia di Thoronet in Provenza (sec. XII); per solito, nei chiostri dei secoli XII e XIII, sono in edicole ad arcate, originariamente protette da copertura: esempî mirabili quelle dei chiostri di Monreale e di Fossanova. Il lavabo ebbe anche forma di acquaio con recipiente per conserva d'acqua, munito di cannelle, e con vasca di scarico. E in questa forma, frequente negli atrî dei refettorî monastici, fu usato per le abluzioni liturgiche nelle sagrestie. L'arte italiana del Rinascimento compose e ornò riccamente i lavabi liturgici: basti ricordare, a Firenze, quelli delle sagrestie del duomo, il lavabo della sagrestia vecchia di S. Lorenzo - attribuito da F. Albertini ad A. Rossellino, e forse del Verrocchio - il lavabo a maioliche di Giovanni della Robbia in S. Maria Novella; il grandissimo, con attiguo pozzo, della Certosa di Pavia, dove, nelle cappelle della chiesa, vi è esempio di lavabo liturgico a una sola cannella. La stessa forma - determinata dall'uso - dovette servire nelle case, modificata variamente nelle dimensioni, nella materia, nell'ornato: si hanno piccoli lavabi composti di recipiente e di catinella da appendere a muro, lavorati in piastra di rame d'arte rustica, e altri in porcellana e in maiolica, squisite opere dell'arte del sec. XVIII.
Comuni furono già nel Medioevo: lavamano portatili, formati di bacinella e di mesciacqua, per l'uso di dare acqua alle mani, e anche profumi, nei pasti. A ciò poterono servire molti dei preziosi recipienti d'oro, di argento, di bronzo lavorato all'agemina, provenienti dall'arte sassanide, persiana, musulmana in genere. Nella quale i mesciacqua - detti nel Medioevo "acquamanili" - ebbero spesso forma di animali, seguendo antichissime tradizioni dell'arte industriale, come poi nell'arte occidentale dal sec. XII al XIV.
Il Museo Nazionale di Firenze conserva una superba collezione di acquamanili i quali sono dovuti ad artisti francesi, fiamminghi e tedeschi e risalgono al secolo XIII e al sec. XIV. I due più antichi eseguiti in Francia rappresentano un guerriero chiuso in una pesante armatura e un altro, un cavaliere in cotta, incoronato di rose. Entrambi i cavalli sono di fine esecuzione. Un acquamanile più tardo di arte tedesca del Trecento raffigura un San Giorgio a cavallo in atto di uccidere il drago. L'arte fiamminga dello stesso torno di tempo ci offre un esempio di acquamanile sotto le fogge di un leone fornito di maniglia sul dorso. Acquamanili di arte fiamminga deì Quattrocento nella forma di un cavallo chimerico e di un liocorno provveduti di rubinetti decorati si hanno nel Museo di Cluny.
Nei secoli successivi, i lavamani continuarono a essere portatili e di bronzo, per lo più lisci, e nel Settecento se ne avevano sostenuti da tre piedi e di solito erano costruiti in modo da potersi collocare negli angoli delle sale e delle camere. Nei tempi più vicini a noi, erano racchiusi in armadî di legno che contenevano anche la brocca dell'acqua e lo specchio.
I lavabi odierni (generalmente in maiolica o porcellana, talvolta in ghisa smaltata o porcellanata) possono essere di due tipi: a mensola o a piede; il piede a sua volta può essere dello stesso materiale della vasca oppure, secondo una tendenza moderna, di metallo cromato.
I lavabi di porcellana, come tutti gli apparecchi sanitarî della stanza da bagno e come le piastrelle per il rivestimento delle pareti, si fabbricano oggi nei più svariati colori; essi sono muniti di un gruppo di rubinetteria che consta generalmente di due chiavette per l'acqua calda o fredda nonché di una piccola doccia collegata al gruppo stesso mediante un tubo metallico flessibile. Il lavabo ad una catinella ha dimensioni variabili tra mm. 780 × 520 e mm. 1100 × 630; quelli a due catinelle hanno dimensioni tra mm. 1150 × 580 e 1500 × 700.
I lavabi per l'uso di collettività come: prigioni, ospedali, scuole, caserme, ecc., presentano speciali caratteristiche. Essi consistono in una lunga vasca per lo più metallica, leggermente inclinata verso una delle estremità in modo da permettere l'evacuazione dell'acqua attraverso uno scarico unico a sifone, nonché di una serie di rubinetti convenientemente spaziati. Questo sistema presenta la necessità di far uso per lavarsi della sola acqua corrente. Un altro tipo è quello composto di un piano di lastre di marmo in cui sono innestate le bacinelle metalliche imperniate su due punti opposti del perimetro e quindi agevolmente ribaltabili per lo scarico in una vasca sottostante che ha le stesse caratteristiche di quella già descritta per il tipo precedente. Il riempimento e la svuotatura di questo lavabo sono in genere comandati simultaneamente da un custode. (V. tavv. LXXVII e LXXVIII).
Bibl.: A. Schultz, Das höfische Leben zur Zeit der Minnesinger, 2ª ed., Lipsia 1889, I, pagine 417-20; V. Gay, Glossaire archéol. du moyen âge, II, Parigi 1928, p. 72; Handb. d. Architektur; Allg. Hochbaukunde, III, Lipsia 1926; D. Donghi, Manuale dell'architetto, I, II, 1923.