LAUTREC, Odet de Foix, visconte di
Nato, si disse, fra il 1483 e il 1484, ma forse parecchi anni prima, godette già credito presso Luigi XII, da cui ebbe l'ufficio di gran siniscalco di Guienna. Prese parte all'impresa contro Genova (1507) e ai maneggi che prepararono il concilio scismatico di Pisa (1511), ed ebbe dal re l'incarico di scortarvi i cardinali e rimanervi come luogotenente regio. Mandato a difendere Bologna contro Spagnoli e pontifici, combatté valorosamente nella battaglia di Ravenna (11 aprile 1512), vi fu ferito e tenuto per morto. Più largo favore ottenne da Francesco I, anche prima e dopo che fosse amante del re la sorella di lui, Francesca contessa di Châteaubriand; fu creato maresciallo di Francia, venne col re in Italia (1515), difese il ducato di Milano da Massimiliano imperatore (1516), succedette al contestabile di Borbone nel governarlo col titolo di luogotenente generale regio in Italia (maggio 1516); ma, per l'alterigia, il lusso, la severità, non riusci a cattivarsi i Milanesi, né seppe frenare la licenza e la violenza delle truppe, mentre il suo atteggiamento ostile al pontefice fu non ultima causa dell'unirsi di Leone X con Carlo V. Scoppiata la guerra, riuscì a tener fedeli al re gli Svizzeri, pagandoli, in parte, di suo, costrinse imperiali e pontifici a lasciare l'assedio di Parma (settembre 1521); ma, lasciatasi sfuggire l'occasione di schiacciare Prospero Colonna a Robecco sull'Oglio (ottobre), sorpreso dalla rapida avanzata del nemico e minacciato dall'agitarsi delle popolazioni, dovette abbandonare Milano (19 novembre), pur riuscendo a conservare Cremona. Dopo varie fazioni, fu disfatto alla Bicocca presso Milano (27 aprile 1522) per l'impazienza e l'indisciplina degli Svizzeri male pagati, e perdette la Lombardia. Ritornato in Francia, difese contro gli Spagnoli la Guienna, si chiuse e sostenne in Baiona (1523) ed ebbe dal re anche il governo di Linguadoca. Di nuovo in Italia, combatté e fu ferito a Pavia (24 febbraio 1525); dopo il sacco di Roma, ebbe, nel 1527, per desiderio del re d'Inghilterra, il comando dell'esercito d'Italia col titolo di capitano generale della lega antimperiale, apparendo ora egli, già fiero nemico dei preti e degli Italiani, liberatore di questi e del papa. Ricevette la capitolazione di Genova, costrinse il presidio di Alessandria alla resa, prese e saccheggiò Pavia. Secondo gli ordini del re, lasciata da parte Milano, scese per la Romagna e le Marche verso il regno di Napoli; e la sua marcia, quantunque lenta, sia per la mancanza di danaro, sia per le trattative di pace fra l'imperatore e il re di Francia, produsse prima la liberazione di Clemente VII da Castel S. Angelo, poi l'uscita dei lanzichenecchi e degli altri imperiali da Roma. Ottenne facilmente la resa delle città dell'Abruzzo, ma perdette tempo a conquistare la Puglia; e, giunto sotto Napoli con milizie male disciplinate e male pagate, non osò tentarne l'assalto e la strinse col blocco (aprile 1528). Il rivolgersi di Andrea Doria e della flotta genovese a parte imperiale rese impossibile la conquista, che pareva vicina; l'esercito francese, divenuto di assediante assediato, fu decimato dalle malattie; il Lautrec stesso, dopo avere lottato contro l'infermità, venne a morte (15-16 agosto 1528). Il duca di Sessa, nipote di Gonsalvo di Cordova, ne trovò le ossa non onorate di monumento, e provvide, cavallerescamente, a farlo erigere nel 1556, nella chiesa di S. Maria la Nuova di Napoli.
Soldato valoroso e brutale, ritenuto dai contemporanei, forse con non troppo merito, excellentissimo capitanio, fu orgoglioso, testardo, inetto a conservare e a governare uno stato.
Bibl.: Oltre alle storie generali di questo periodo, vedi in particolare: P. de Brantôme, Oeuvres, in Coll. de la Soc. d'hist. de France, III, Parigi 1867; L. Santoro, Dei successi del sacco di Roma e guerra del regno di Napoli sotto Lotrech, Napoli 1858; H. Omont, Les suites du sac de Rome par les impériaux et la campagne de Lautrech en Italie, in Mélanges d'archéol., 1896; B. de Chanterac, Odet de Foix vicomte de L., in Revue des questions historiques, CX (1929), p. 257; CXI (1929), p. 7 segg.