Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Spirito geniale e bizzarro, pastore anglicano dello Yorkshire, Sterne rimane una presenza importante non solo nella letteratura inglese come autore di due opere fortemente innovative: il romanzo Vita e opinioni di Tristram Shandy, pubblicato in nove volumi tra il 1759 e il 1767, in cui l’io narrante smonta e rimonta gli scenari della sua esistenza familiare senza seguire un filo cronologico, e Viaggio sentimentale di Yorick (1967), che stravolge le regole della cronaca di viaggio settecentesca.
Vita e produzione letteraria
Nato nel 1713 in Irlanda, dopo aver vissuto una giovinezza di spostamenti al seguito del padre, ufficiale dell’esercito inglese, Sterne frequenta il Jesus College presso l’università di Cambridge, e dal 1738 intraprende la carriera religiosa, come vicario anglicano a Sutton-on-Forest, vicino a York, dove acquista una certa notorietà con i suoi sermoni, pubblicati nel 1760 e nel 1766 sotto lo pseudonimo di Yorick, il buffone di corte ricordato affettuosamente dall’Amleto shakespeariano nella scena dei becchini (V.1). Il suo spirito indipendente (che comprende una notevole attrazione per il gentil sesso) viene confermato nel 1741 dal matrimonio, in verità piuttosto travagliato, con Elizabeth Lumley, cugina della protofemminista Elizabeth Montagu. Collabora nel frattempo con il “York Gazeteer”, un foglio di ispirazione whig, favorevole alla dinastia Hannover.
Sterne giunge alla celebrità con la pubblicazione dei primi due volumi del Tristram Shandy (The Life and Opinions of Tristram Shandy ), avvenuta a York alla fine del 1759. L’anno successivo, una nuova edizione, che appare a Londra, lo introduce nei circoli intellettuali della capitale e gli permette di viaggiare in Francia, e poi, nel 1765, di visitare l’Italia, raggiungendo Roma e Napoli. Nel 1767 pubblica il nono e ultimo volume del Tristram Shandy. Da tempo sofferente di tubercolosi, muore a Londra il 18 marzo 1768, tre settimane dopo la pubblicazione del Viaggio sentimentale .
La cultura di Sterne è ampia ed eclettica: accanto alla Bibbia, peraltro citata spesso giocosamente, e all’amato Shakespeare (alla ricerca delle cui opere si muove anche a Parigi, in uno degli episodi raccontati nel Viaggio sentimentale), egli frequenta i classici latini, assorbendo tra le sue fonti di ispirazione la satira di Orazio, legge Cervantes e Rabelais, Montaigne e Robert Burton, l’autore secentesco dell’ Anatomia della melanconia. Manfred Pfister ha sottolineato che la fama di Sterne si espande soprattutto fuori dall’Inghilterra, dove l’eccentricità della sua prosa viene sì apprezzata, ma anche considerata effimera e troppo umorale. Tra i suoi estimatori settecenteschi ci sono, in Francia, Diderot, che lo definisce “il Rabelais inglese”, e Voltaire , mentre in Germania è esaltato da Goethe e dai romantici, che lo ritengono un precursore fondamentale. Alla fine dell’Ottocento Nietzsche condivide l’ammirazione di Goethe per Sterne, mentre nel corso del Novecento si cimentano con il Tristram Shandy critici autorevoli come Georg Lukács e Viktor Sklovsky. Quest’ultimo collega lo stile dello scrittore inglese al carattere sovversivo e provocatorio delle avanguardie moderniste, tanto da paragonare Tristram Shandy a uno dei quadri di Picasso. La letteratura italiana ha contribuito precocemente alla fama di Sterne con la traduzione del Viaggio sentimentale di Yorick, più volte ritoccata da Ugo Foscolo e pubblicata definitivamente nel 1813 sotto lo pseudonimo di Didimo Chierico. La qualità rivoluzionaria del Viaggio sentimentale sta nel taglio esplicitamente soggettivo della narrazione, che non vuole essere aridamente informativa, ma si concentra invece su fatti e fatterelli insignificanti, sugli incontri inaspettati, taluni di natura galante, sulla sosta effettuata in varie locande francesi (l’Italia rimane sullo sfondo). L’inesauribile curiosità di Yorick-Sterne è tanto apertamente dispersiva quanto carica di tocchi ironici e autoironici. Nella “Notizia intorno a Didimo Chierico” che precede la traduzione foscoliana, lo stesso Foscolo afferma che “con nuova specie di ironia, non epigrammatica, né suasoria, ma candidamente ed affettuosamente storica, Yorick da’ fatti narrati in lode de’ mortali, deriva lo scherno contro a molti difetti, segnatamente contro alla fatuità del loro carattere”. Il monumento letterario di Sterne rimane comunque il Tristram Shandy.
Alla ricerca di Tristram Shandy
Laurence Sterne
Vita e opinioni del gentiluomo Tristam Shandy
Vorrei che mio padre e mia madre, o, meglio, tutti e due, come era loro dovere, avessero pensato a quello che facevano, allorché mi misero al mondo.
Diamine! Avrebbero dovuto considerare le conseguenze di certi loro atti!
Poiché non si trattava soltanto di produrre un Essere pensante, ma di occuparsi della buona formazione del suo corpo, forse, e fors’anche della sua intelligenza e del suo carattere; e per quanto essi ne sapevano, fino a prova contraria, il destino stesso di tutta la sua famiglia poteva dipendere dalle condizioni di spirito in cui si trovavano nel momento culminante.
Se i miei genitori avessero opportunamente valutato e ponderato tutto ciò e avessero agito in conseguenza, io ho la certezza che avrei fatto nel mondo ben altra figura di quella che probabilmente il lettore mi vedrà fare.
Credetemi, buona gente, questo punto non ha così poca importanza, come molti di voi potrebbero supporre. Penso che voi tutti abbiate udito parlare delle essenze vitali, di come si trasmettano dal padre al figlio, eccetera, eccetera... e di molte altre cose inerenti a ciò; ebbene, credetemi, nove volte su dieci il buonsenso o la stupidità di un uomo, i suoi successi o le sue disgrazie in questo mondo dipendono dal dinamismo e dagli impulsi di queste essenze vitali, nonché dai vari indirizzi che voi imprimete loro in quel determinato momento culminante.
E quando avete dato loro l’avvio, giusto o sbagliato che sia (ciò è del tutto trascurabile), ecco che se ne vanno confusamente, come pazze frenetiche, e, calcando più volte le stesse orme, ne fanno una strada levigata e agevole come il viale di un giardino, dalla quale, una volta addestrate, neppure il diavolo le potrà più dirottare.
- Scusami, caro... - chiese mia madre, - non ti sei per caso dimenticato di ricaricare la pendola?
- Perd... ! - strillò mio padre, pur sforzandosi nel contempo di moderare il tono della voce. - È mai capitato, dalla creazione del mondo, che una donna interrompesse un uomo con una domanda cosi stupida?
- Ma, scusate... che stava dicendo vostro padre?
- Nulla.
L. Sterne, Vita e opinioni di Tristam Shandy, trad. it. di G. Aldi Pompili, Milano, BUR, 2002
Lorenzo Sterne
La Fille-de-Chambre
Viaggio sentimentale attraverso l’Italia e la Francia, cap. XXXVIII
Parigi
Il discorso del vecchio ufficiale sui viaggi mi ricondusse la mente alla lezione di Polonio al suo figliuolo su lo stesso soggetto; - e Polonio ad Amleto; e Amleto alle opere di Shakspeare; cosicché nel tornarmi a casa mi fermai al quai de Conti a comperarmene un’edizione.
Il libraio mi disse che non ne aveva. - Comment! Rispos’io, pigliandomi un tomo d’un’edizione schierata sul banco. – Rispose: che gli fu data da legare, e che anzi domattina la rimandava a Versailles al conte de B***.
E il conte de B*** legge Shakspeare? – C’est un esprit fort, replicò il libraio, - ed ama i libri inglesi, e quel che più gli fa onore, ama anche gl’Inglesi, monsieur. – E voi parlate così garbato, io soggiunsi, da obbligare un Inglese a spendere un paio di louis d’or alla vostra bottega – Mi s’inchinò e rispondeva…; - ma una giovinetta pulita, di forse vent’anni, e che al contegno e alle vesti pareva la fille-de-chambre d’una divota qualificata, entrò a chiedere les Egarements du coeur et de l’esprit. Il libraio le diede subito due volumi; ed essa, slacciando una borsellina di raso verde ravvolta d’un nastro dello stesso colore, e mettendovi il pollice e l’indice, trasse il danaro e pagò. – Io non aveva a che più rimanermi nella bottega, e m’avviai seco fuor della porta.
E che c’entrano, o giovinetta, le dissi, I traviamenti del cuore con voi che appena sapete d’averlo? E se prima l’amore non te ne avverte, o un infido pastore non te lo faccia dolere, puoi tu accertarti che tu l’hai il cuore? – Dieu m’en garde! disse la fanciulla. – Ed hai ragione, le dissi, - chè s’egli è buono, saria peccato a rubartelo; ed è il tuo tesoretto, e abbellisce l’aria del tuo volto più che s’altri te lo adornasse di perle.
La giovinetta ascoltavami con attenta docilità, e teneva in quel mentre la sua borsellina di seta. – La è pure piccina, diss’io, toccandola nel fondo. – La fanciulla me la sporgeva. – E c’è pur poco qui dentro, mia cara; ma siate buona come siete bella, e il cielo ve la riempirà. Io mi trovava in mano parecchi scudi da pagare l’edizione di Shakspeare: e poiché mi trovai in mano anche la borsellina, ve ne misi uno; e rannodando il nastro, la resi alla fanciulla.
E la fanciulla corrispose con una riverenza più modesta che umile – uno di que’ placidi atti di grazie accennati appena dalla persona, ma ne’ quali l’animo si piega riconoscente. Né so d’aver dato mai scudo ad una ragazza nemmeno con la metà del piacere d’allora.
L. Sterne, Il viaggio sentimentale di Yorick, trad. it di Didimo Chierico (Ugo Foscolo), Firenze, G. Barbèra Editore, 1922
Mentre il romanzo inglese dei primi decenni del Settecento organizza le sue potenti strutture narrative coniugando avventura, introspezione, dettagli realistici nel Robinson Crusoe di Defoe, stravolgendo in satira e antiutopia la cronaca delle esplorazioni per mare nei Viaggi di Gulliver di Swift, indagando attraverso il linguaggio epistolare le zone del sentimento e della sessualità in Pamela di Richardson, portando sul suolo inglese gli umori della prosa picaresca nel Tom Jones di Fielding, con i nove volumi che compongono Vita e opinioni di Tristram Shandy, Sterne compie un’operazione radicale che mette in discussione la stessa forma del romanzo borghese, a cominciare dall’espediente autobiografico, utilizzato sia da Defoe che da Swift con intenzioni diverse. L’io narrante sterniano, infatti, non persegue nessuna coerenza stilistica né alcuna volontà di seguire un ordine cronologico. All’inizio del capitolo XX del libro quarto, Tristram commenta: “Che andatura irregolare ho tenuto in questi primi quattro volumi! Tutta a salti e capriole, un po’ su e un po’ giù, senza mai voltarmi indietro o degnare di uno sguardo chi mi passava vicino o chi avevo calpestato!”. Fin dal I capitolo del libro primo, che tratta del momento della sua concezione, nove mesi prima di una nascita che fa capolino solo nel IV capitolo e poi viene ripresa in più modi (ad esempio attraverso le vicende della figura della levatrice), comincia un’opera di dispersione della trama che ricostruisce l’evento attraverso i comportamenti del padre e della madre in quel determinato giorno, specula sulla sua condizione di homunculus in balia dei capricci del destino (cap. II), introduce (cap. III) la figura cruciale dello zio Toby, un testimone stravagante e “fissato”, un ex-soldato menomato da una ferita di guerra, accudito dal fido caporale Trim e fanaticamente impegnato a ricostruire i dettagli dell’evento bellico (l’assedio di Namur) in cui è stato colpito da una pallottola. L’autobiografia di Tristram è, nello stesso tempo, la biografia dello zio, tanto che l’opera culmina nel laborioso racconto dell’innamoramento di Toby per la vedova Wadman. Attorno alla materia frammentata, episodica, perfino caotica, che costituisce il mondo quotidiano dei sentimenti e delle azioni si coagulano riflessioni e citazioni le più svariate, mentre nel capitolo XXII del libro primo Tristram esalta il valore speculativo e narrativo delle digressioni, che di fatto diversificano e ampliano il discorso, bloccando l’avanzata del tempo, come se – a imitazione parodica delle Mille e una notte – il profluvio di sempre nuovi riferimenti e di differenti percorsi narrativi avesse il potere di posporre l’arrivo della morte, la definitiva vittoria del silenzio, che arresta qualsiasi forma di comunicazione. Del resto, anche il viaggio in Francia e in Italia raccontato nel libro settimo e poi alla fine del nono, viene motivato con la volontà di sfuggire dall’incontro con morte, un personaggio che si era già affacciato a reclamare la vita del protagonista, ovvero dello scrittore malato.
Tristram è ovviamente una maschera dello stesso autore, che assume anche le fattezze di Yorick, ma è, nello stesso tempo, una figura autonoma, sfuggita, in un certo senso, al controllo del suo creatore. Yorick viene evocato nel I libro, come un ulteriore alter ego, la cui famiglia ha avuto origine in Danimarca e un cui antenato era il buffone di corte sepolto nel cimitero visitato da Amleto, vicino a Elsinore. Alla sua morte, il personaggio conosciuto da Tristram viene sepolto da un amico in un angolo della chiesa dove Yorick esercitava le sue funzioni ecclesiastiche (le stesse del parroco Sterne), sotto una lastra di marmo e l’incisione ALAS, POOR YORICK! (le parole pronunciate da Amleto, quando un becchino gli mette in mano il teschio del buffone di corte). Seguono, dopo la conclusione del capitolo XII del libro primo, due pagine totalmente nere, come a trasportare dentro il volume il momento luttuoso all’interno della narrazione, senza che sia più necessaria la mediazione della parola. E comunque Yorick verrà resuscitato nel seguito dell’opera, quando avrà un ruolo importante nell’episodio dilatato ruotante attorno al battesimo di Tristram.
Se Sterne può essere annoverato, a seconda delle generazioni che si accostano alla sua opera, nella schiera dei romantici e in quella dei modernisti, egli è anche un modello postmoderno, che si interroga ironicamente sul carattere fittizio della creazione letteraria, si muove all’interno del castello di sabbia che ha costruito, così come lo zio Toby ispeziona le fortificazioni lillipuziane riprodotte su un tratto del terreno grazie all’opera del fedele caporale Trim, almeno finché la firma del trattato di pace di Utrecht (1713, l’anno della nascita dello scrittore) pone fine, nel libro sesto, al suo hobby. Lo hobby, o hobby horse, un’attività bizzarra e maniacale che appartiene a vari personaggi del romanzo, conferma l’irruzione di una dimensione straniata, che si carica di sfumature grottesche, ma ribadisce il carattere soggettivo, arbitrario, dell’esistenza privata di ogni individuo. D’altra parte, se innumerevoli sono le citazioni dirette e indirette tratte da Rabelais e da Cervantes, tutto lo scibile contemporaneo viene sciorinato nelle incursioni filosofiche, storiche, geografiche, compiute da Tristram-Sterne. Anche il viaggio in Francia e in Italia, che verrà poi attribuito a Yorick nel Viaggio sentimentale, ha luogo prima nel libro settimo, e poi negli ultimi capitoli del libro nono, preceduto da un’invocazione al “mio amato Cervantes”, il quale viene invitato a osservare la miserevole condizione delle brache e delle camicie di Tristram. Il tono burlesco della narrazione proietta il Tristram Shandy in una dimensione letteraria certamente radicata nella tradizione del romanzo picaresco e della satira swiftiana, ma diviene anche modello esemplare della vocazione ludica postmoderna, in cui l’autore diviene personaggio e anche il lettore viene trascinato nel vortice metanarrativo. Così, nel libro settimo, raccontando del suo viaggio a Calais, alla fine del capitolo V Tristram minaccia di intrattenere il lettore con la farraginosa narrazione, tratta dalle antiche cronache, di un episodio dell’assedio della città da parte del re inglese Edoardo III: “L’episodio non occuperebbe più di cinquanta pagine, sarebbe un’ingiustizia privare il lettore di una minuta descrizione…”; dopodiché, all’inizio del capitolo successivo, lungo appena quattordici righe (nella traduzione di Giuliana Aldi Pompili, BUR Rizzoli): “Coraggio! Simpatico lettore, stavo scherzando! È già molto ch’io ti tenga in tuo potere; non voglio sfruttare oltremodo il vantaggio che ho su di te, grazie alla mia penna. Sarebbe troppo…no?”. Queste osservazioni non significano che Sterne non orchestri una sua sapiente struttura narrativa, come sottolinea anche l’analogia istituita con una partitura musicale basata su una sequenza di variazioni sul tema che costituiscono l’ossatura del romanzo e danno conto della sua straordinaria complessità.