Laura
(USA 1944, Vertigine, bianco e nero, 88m); regia: Otto Preminger; produzione: Otto Preminger per 20th Century-Fox; soggetto: dall'omonimo romanzo di Vera Caspary; sceneggiatura: Jay Dratler, Samuel Hoffenstein, Betty Reinhardt; fotografia: Joseph LaShelle; montaggio: Louis L. Loeffler; scenografia: Lyle R. Wheeler; costumi: Bonnie Cashin; musica: David Raksin.
Dalle parole di Waldo Lydecker, cinico e sofisticato giornalista newyorkese, parte l'evocazione della storia di Laura Hunt. La giovane donna, disegnatrice pubblicitaria e protetta di Lydecker, viene trovata morta nel suo appartamento, il volto sfigurato dai colpi sparati a bruciapelo. Conduce le indagini il pragmatico ispettore McPherson, che rende nota a Lydecker la sua posizione di sospetto. Quindi interroga Shelby Carpenter, tipo ambiguo e seducente che voleva sposare Laura; per riflettere sulla proposta, lei aveva trascorso il week-end precedente l'omicidio nella sua casa di campagna. Ma soprattutto McPherson torna sul luogo del delitto, e poco alla volta si lascia irretire dalle stanze in cui Laura ha vissuto, dalle tracce della vita di lei. Lydecker lo avverte: innamorarsi di una morta lo condurrà alla pazzia. Quella stessa sera, l'ispettore si addormenta su una poltrona dell'appartamento; e d'improvviso, Laura appare. Lui è sbalordito, lei quasi altrettanto. Torna ora dalla casa di campagna, non ha saputo nulla della propria 'morte' né dell'inchiesta. Trova nella casa un vestito appartenuto a una certa Diane, una delle volgari amanti con cui Carpenter la tradiva, e deduce che sia lei la vittima dal volto sfigurato. McPherson, turbato e infinitamente sollevato dal fatto che Laura ha deciso di non sposare Carpenter, deve comunque annoverarla tra i sospetti. Lydecker, alla vista improvvisa della donna, perde i sensi; McPherson, nella cui mente si fa strada un'idea, sottopone Laura a interrogatorio. La resa dei conti con l'assassino ha luogo nell'appartamento di Laura: lei accusa Lydecker di avere coartato la sua vita in nome di un attaccamento insano, lui trae il fucile dal nascondiglio in cui l'aveva riposto dopo l'assassinio della donna sbagliata. Prima che possa far fuoco su Laura, McPherson arriva nell'appartamento e uno dei suoi uomini abbatte Lydecker. Le ultime parole dell'assassino morente, parole d'amore, sono per Laura.
Primo successo hollywoodiano di Otto Preminger, tra i film fondativi del genere noir, come rappresentazione di un'ossessione e di un'illusione Laura può esser paragonato al solo Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) di Alfred Hitchcock (è involontaria astuzia che il titolo italiano d'un film coincida con il titolo inglese dell'altro). Il film prende il via da una morte fittizia e diventa, per un tratto, una storia di feticismo: un investigatore si confronta col caso d'omicidio di una bellezza della società mondana, e in breve si rende conto che sta per innamorarsi della presunta vittima sulla sola base dei suoi oggetti e dei documenti postumi (lettere, diario, la sua immagine in un quadro). Quindi, tornata Laura dalla sua falsa morte, quel che occupa la scena è una rappresentazione della falsa vita ‒ ovvero d'una società fatua e brillante la cui eleganza superficiale nasconde l'incapacità di vivere dei suoi protagonisti, o il loro sopravvivere aggrappandosi a mere illusioni. Ed è essenziale, nel film, che spettatore e personaggi rimangano per lo stesso tempo sotto l'effetto d'una medesima illusione. Così Dana Andrews si muove nell'appartamento di Gene Tierney, ancora creduta morta (da lui e da noi) toccando i suoi vestiti, annusando i profumi, ascoltando il disco rimasto sul piatto del giradischi: "E, in uno dei massimi momenti della storia del cinema, l'uomo sprofonda in una poltrona davanti a un ritratto di Laura, chiude gli occhi, la porta si apre e Laura fa il suo ingresso. L'illusione è diventata realtà" (E. Archer). Questa atmosfera sospesa, questa malinconica eccitazione quasi soprannaturale è forse ciò che il film eredita da Rouben Mamoulian, che ne girò poche sequenze prima di essere licenziato e sostituito (non fu estraneo al licenziamento lo stesso Preminger, che aveva proposto alla 20th Century-Fox il romanzo di Vera Caspary e sin dall'inizio aspirava a dirigere il film, ma a seguito dei suoi burrascosi rapporti con Darryl Zanuck si era trovato 'relegato' al ruolo di producer).
Nel romanzo di Vera Caspary esistevano diverse voci narranti, che Preminger riduce a una sola: la voce del cronista mondano Waldo Lydecker, i cui commenti sfoggiano un'acre ironia morbosa, un'evidente necrofilia, un'autentica anima noir; ed è presto evidente che le caratteristiche di bellezza, eleganza e intelligenza che, apparentemente, si incarnano nel personaggio di Laura, sono in realtà una creazione di Lydecker, caustico narciso, Pigmalione e demiurgo che si nutre della sottomissione della sua creatura e non sopravvive al suo distacco. Preminger mette in scena due diverse visioni della donna e della vita. McPherson, il poliziotto interpretato da Dana Andrews, è un uomo qualsiasi, ma anche lui, al pari del raffinato Lydecker, si costruisce un'immagine di Laura che risponde ai propri desideri, ne fa l'icona delle proprie speranze. Come il contemporaneo The Woman in the Window (La donna del ritratto, 1945) di Fritz Lang, Laura è un appassionante saggio sul significato del viso femminile nell'America degli anni di guerra e dopoguerra (la passione quasi devozionale per le immagini delle pin-up rappresentava l'altra faccia della stessa medaglia); ed è al tempo stesso una lettura critica del mondo maschile e della sua tracotanza. L'amore ossessivo degli uomini verso una donna che è puro prodotto della loro immaginazione è l'amore per un fantasma, un'allucinazione, una natura morta. Dell'autodistruzione di Lydecker siamo testimoni; con più sottile crudeltà, il momento della verità dell'onesto McPherson viene rimandato al fuori campo e al futuro ‒ possiamo solo immaginare la grigia noia della vita di Laura divenuta moglie d'un poliziotto, scenario già descritto da Lydecker con tanta diabolica preveggenza.
Il film segnò l'affermazione luminosa di Gene Tierney, una delle dive americane il cui fascino ha mostrato maggiore resistenza al tempo, e il successo d'una colonna sonora divenuta presto immensamente popolare: Johnny Mercer scrisse le parole e David Raskin la melodia d'una canzone suggestiva e impalpabile quanto un film (thriller, satira sociale e mistery psicologico) che resta ancor oggi arduo ascrivere a un genere.
Interpreti e personaggi: Gene Tierney (Laura Hunt), Dana Andrews (Mark McPherson), Clifton Webb (Waldo Lydecker), Vincent Price (Shelby Carpenter), Judith Anderson (Anne Treadwell), Dorothy Adams (Bessie Clary), James Flavin (McAvity), Clyde Fillmore (Bullitt), Ralph Dunn (Fred Callahan), Grant Mitchell (Corey), Kathleen Howard (Louise).
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Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 211-212, juillet-septembre 1978.