CERETO (Cereta, Cereti), Laura
Nacque a Brescia nel 1469 dal giureconsulto Silvestro e da Veronica di Leno. All'età di sette anni fu affidata per l'educazione a un monastero, ma dopo qualche tempo il padre la riportò a casa, preferendo seguirne direttamente la formazione. Con lezioni e letture private la C. adolescente si costruì le basi di una larga, anche se non profonda, cultura, che spaziava dai classici latini e volgari alla filosofia e alle scienze naturali. A quindici anni andò sposa al mercante Pietro Serina, che morì dopo soli diciotto mesi. Rimasta vedova senza figli, la C. trascorse negli studi il resto della sua breve vita. Morì infatti a Brescia nel 1499 e fu sepolta nella chiesa di S. Domenico.
Il nome della C. è legato a una raccolta di lettere latine da lei inviate ai familiari e a una serie di personaggi, in verità di non eccezionale rilievo, del mondo culturale dell'Italia settentrionale. Tra i destinatari delle missive si distinguono i nomi di Bonifacio Bembo, Ludovico Cendrata, Cassandra Fedele, Paolo Zane. La raccolta è dedicata, con una lettera prefatoria e una conclusiva, al cardinale Ascanio Maria Sforza Visconti. Non si può dire che le lettere della C. occupino un posto di rilievo nel filone tipicamente umanistico degli epistolari. Vi manca prima di tutto ogni riferimento alla problematica culturale, e più specificamente filosofica, dell'epoca. Attaccatissima all'ortodossia religiosa quanto attirata dalla classicità profana, la C. non si pone il problema di un eventuale contrasto tra i diversi valori, ma li concilia sul piano pratico, rafforzando le affermazioni di fede con un robusto bagaglio di erudizione storico-mitologica. Inevitabile rilievo assume nelle lettere l'avvenimento principale della vita della C., cioè la morte del marito. Abbondano quindi riflessioni sull'umana fragilità e sulla labilità dell'esistenza, talvolta condensate nella classica forma di consolatorie per la morte di persone care ai corrispondenti. Superficiali cognizioni scientifiche, di tipo schiettamente medievale, forniscono poi alla C. l'occasione di brevi dimostrazioni del proprio sapere, cui è comunque estranea ogni ricerca di novità. Nulla dispiace comunque nell'epistolario più della pesantezza, davvero esagerata, della prosa della C., infarcita di citazioni e di memorie classiche spesso prive di ogni giustificazione. A questo ingenuo tentativo di amplificare la trama delle lettere corrisponde la volontà di imitare i maggiori modelli di prosa latina mediante l'adozione di un lessico e di una sintassi chiaramente superiori alle proprie capacità compositive. Ma appena il modello prescelto viene meno, il latino della C. precipita in volgarismi d'ogni tipo che fanno distinguere a prima vista il suo epistolario dai principali esempi contemporanei del genere. Nel complesso i passi più vivaci e interessanti delle lettere riguardano la difesa della dignità femminile e del diritto delle donne a educarsi e a competere sul piano culturale con gli uomini. Toccata sul vivo da critiche e insinuazioni malevole, la C. rivendica in tono talvolta durissimo l'autonomia e l'originalità della propria posizione culturale.
Di qualche importanza per la storia della pietà in Brescia alla fine del sec. XV è la lettera al vescovo Paolo Zane sull'abbandono in cui era lasciata l'eucaristia nel duomo cittadino. È probabile che lo spunto alle rimostranze della C. fosse fornito dalla predicazione effettuata a Brescia (1493-94) da Bernardino da Feltre, che portò appunto alla costituzione della "Scuola del Santissimo Corpo di Cristo" del duomo.
L'epistolario della C. è stato pubblicato quasi interamente da I. F. Tomasini, Laurae Ceretae ... epistolae..., Patavii 1640. Poche altre lettere, come ad esempio, quella al vescovo Zane, si trovano nei codici Marciano lat. XI, 28 (=4186) e Vaticano lat. 3176, i quali contengono anche un buffo dialogo, Asinarium funus, cui prende parte la stessa Cereto.
Fonti e Bibl.: Notizie sulla C. raccolte da G. B. Rodella si conservano nel manoscritto DiRosa 15della Bibl. Queriniana di Brescia. Su di lei vedi inoltre: O. Rossi, Elogi histor. di bresciani illustri, Brescia 1620, pp. 196-200, 226-228; V. Peroni, Biblioteca bresciana, I,Brescia 1818, pp. 250-252; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, III, Milano 1833, p. 169; A. Zanelli, L. C. al vescovo Zane, in Brixia sacra, XIV (1923), pp. 273-278; E. Caccia, Cultura e lett. nei secc. XV e XVI, in Storia di Brescia, II,Brescia 1963, pp. 486, 494-496, 517; A. Cistellini, La vita relig. nei secoli XV e XVI, ibid., p. 423 n. 2; V. Cremona, L'Umanesimo bresciano, ibid., pp. 546, 564, 566; C. Pasero, Il dominio venetofmo all'incendio della Loggia (1426-1575), ibid., pp. 200, 202, 238 n. 1; E. Merli, Le vesti deibresciani, ibid.,III, Brescia 1964, pp. 950-952; P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, pp. 253, 359.