OLIVA, Laura Beatrice Fortunata
OLIVA, Laura Beatrice Fortunata. – Nacque a Napoli il 17 gennaio 1821 da Domenico Simeone, professore di letteratura e filosofia, e da Rosa Giuliani di origine corsa. Ebbe tre fratelli maschi, di cui sopravvisse il solo Cesare: due morirono tra il 1830 e il 1841.
Nei primi anni visse in Francia, dove il padre, in seguito al fallimento della rivoluzione costituzionale di Napoli del marzo 1821, era riparato per sfuggire al mandato di cattura emesso da Ferdinando I nei confronti dei sospettati di cospirazione. Alla morte del re (4 gennaio 1825), per intercessione della duchessa di Orléans Maria Amalia, la famiglia poté rientrare a Napoli, ove Oliva frequentò l’istituto delle sorelle Nelly, presso la chiesa dei Girolamini.
Nel 1840 si unì in matrimonio con il conte Pasquale Stanislao Mancini, insigne giurista napoletano, da cui ebbe undici figli, due dei quali morti prematuramente (Grazia, Francesco, Eugenio, Angelo, Eleonora, Nella, Flora, Rosina, Vittorio; fra questi Grazia seguì le orme materne e fu autrice di versi e di due libri di ricordi, mentre Francesco, il 5 marzo 1871 a Firenze, sposò la poetessa Evelina Cattermole, celebrata nelle cronache letterarie come ‘Contessa Lara’).
In occasione del matrimonio gli amici misero insieme una raccolta di versi e prose (Amore e costanza: per le faustissime nozze…, Napoli 1841), in cui sono riassunte le varie tendenze della poesia napoletana della prima metà del XIX secolo (tra gli autori compaiono Antonio Scialoja, Rosa Taddei, Felice Barilla).
Nel 1842 alla morte del padre, cui era profondamente legata e al quale, poeta fra l’altro e traduttore dal greco, doveva la prima formazione e l’amore per le lettere, compose l’elegia Alla memoria del padre. Nel 1844 fu accolta come socia nell’Accademia peloritana di Messina e nel 1845 le venne conferito il diploma di socia dall’Accademia filarmonica di Napoli. Nell’autunno di quell’anno a Genova, dove si recò con il marito che prese parte al Congresso degli scienziati italiani, pronunciò il carme Italia. Pel supplizio dei fratelli Bandiera, composto due anni prima (25 luglio 1844).
Nel 1846 giunse con la famiglia a Firenze, dove ebbe occasione di conoscere letterati dell’epoca, facendo della propria dimora un salotto di ritrovo intellettuale. Frequentarono la sua casa, come a Napoli così a Firenze e a Torino, personaggi illustri, fra cui Carlo Poerio, Guglielmo Pepe, Giuseppe Garibaldi e Terenzio Mamiani. Sul finire dell’anno fece ritorno a Napoli, rimanendovi fino al 1850 e partecipando della momentanea atmosfera di libertà suscitata dai moti del 1848. Nel 1849, durante una pubblica adunanza dell’Accademia pontaniana indetta per celebrare Maria Giuseppa Guacci, pronunciò una canzone in suo onore tutta ispirata al senso di libertà (In morte dell’insigne poetessa napolitana Maria Giuseppa Guacci-Nobile, s.l. 1849).
Successivamente raggiunse il marito a Torino, dov’era stato costretto a riparare in seguito al processo cui era stato sottoposto per i fatti napoletani del 15 maggio 1848 e dove il ministero presieduto da Massimo D’Azeglio gli conferì la prima cattedra italiana di diritto internazionale. A Torino Oliva prese parte alla fondazione di una scuola per allieve maestre e si espose al rischio di un procedimento giudiziario «per offesa con la stampa a un sovrano straniero» a causa di una canzone (Agesilao Milano), composta nel 1857, che ricordava l’attentato alla vita di Ferdinando II avvenuto poco prima (8 dicembre 1856).
Al principio del 1859, mentre si preparava la seconda guerra di indipendenza contro l’Austria, Oliva incoraggiò Francesco, maggiore fra i suoi figli maschi, ad arruolarsi. L’anno successivo fece ritorno a Napoli, appena liberata dai Borboni. In occasione dell’ingresso in città del re Vittorio Emanuele, scrisse ed eseguì una cantata al teatro S. Carlo con musica di Vincenzo Capecelatro (Per l’ingresso in Napoli di Vittorio Emanuele re d’Italia, Firenze s.d.). A settembre 1861 si recò ancora una volta a Torino per assistere alla nomina di ministro del marito.
Nella nuova capitale d’Italia fu pubblicata la sua prima raccolta di canti, intitolata Patria e amore (Torino 1861), molti componimenti della quale erano già apparsi in giornali e strenne.
L’antologia è organizzata in due sezioni: la prima raccoglie poesie patriottiche e testi dedicati a scrittori contemporanei; la seconda è rivolta al marito, al quale le «armonie» – come definì i suoi canti – sono dedicate come un «domestico ricordo» (p. 2). La raccolta venne riedita postuma per Le Monnier (Firenze 1874) con alcuni cenni biografici e un ragionamento di Terenzio Mamiani, che ricordava di aver letto per la prima volta i componimenti della poetessa durante il suo esilio parigino, e ne rilevava il «sentire animoso e virile», reso in uno «stile puro ed elegante» tale da rievocare la «schiettezza e bellezza antica» dei classici. Un «ingenuo e forte sentire» espresso nei sentimenti per la patria e per la libertà che portavano a proclamare Oliva «poetessa civile» del Risorgimento italiano (pp. III-V). In particolare Mamiani si soffermava sul polimetro Le ultime ore di Saffo (composto nel 1859) e sulla capacità di descrivere con intensità e veemenza «lo invasamento d’amore» e il «parlar passionato» della poetessa greca, portando il racconto ad assumere quasi una forma drammatica (p. VIII).
Tra i componimenti volti a celebrare eventi e personaggi spiccano il carme dedicato Ad Adelaide Cairoli (Firenze 1868), per il sacrificio del figlio Enrico a Mentana, nonché il canto Alla Polonia, composto nel 1863 per celebrare il sollevamento polacco contro l’Impero russo. Pur riscuotendo largo successo e approvazione, il canto dispiacque all’allora ministro degli Affari esteri Giuseppe Pasolini che volle l’eliminazione di alcuni versi perché esplicitamente allusivi all’occupazione francese di Roma; la richiesta non venne accolta da Oliva che, malgrado l’ingiunzione, declamò i versi al teatro Carignano.
Si cimentò anche nella scrittura di tragedie in versi: tuttavia l’unica a essere pubblicata e rappresentata fu Ines de Castro (ibid. 1845), composta intorno al 1840-41, nella quale è possibile ravvisare elementi autobiografici, seppure trasposti nelle vicende della principessa portoghese.
La tragedia fu messa in scena per la prima volta al teatro de’ Fiorentini di Napoli (16 febbraio 1849), incontrando il giudizio positivo della critica; fu poi riproposta nel 1856 al teatro Carignano di Torino, con l’interpretazione di Adelaide Ristori, alla quale, per l’occasione, Oliva dedicò un canto (Ad Adelaide Ristori per aver rappresentata la mia tragedia ‘Ines de Castro’, Torino 1856). Di altri esperimenti di teatro tragico, quali Girolamo Olgiati, Cola di Rienzo, Pausania, rimangono solo alcuni frammenti manoscritti. Della tragedia Cristoforo Colombo, composta nel 1846 in occasione dell’VIII Congresso degli scienziati italiani, si conserva solo la riduzione in versi (Colombo al convento della Rabida, Genova 1846).
Trasferitasi nuovamente a Firenze nel 1865, l’anno successivo, allo scoppio della terza guerra d’indipendenza, favorì l’invio al fronte di un altro suo figlio, Angelo.
Qualche anno più tardi si ammalò gravemente. Condotta a Fiesole nella villa Niccolini-Alamanni con la speranza di una guarigione, qui morì il 17 luglio 1869.
Fu sepolta nel cimitero di S. Miniato al Monte. Dopo la morte di Mancini (26 dicembre 1888), la salma fu tumulata insieme con quella del marito nel famedio di Capodimonte.
Nel 1869, presso la casa dove nacque (via della Concordia, ora via Laura Mancini Oliva), fu posta in sua memoria un’iscrizione che la celebra come «poetessa delle sventure e della libertà d’Italia».
La produzione poetica, animata da una spontaneità e profondità di sentimento e realizzata attraverso una forma chiara e fluida, riflette il gusto e le tendenze della letteratura del tempo. Sperimentò diversi metri: dalla canzone petrarchesca all’ottava al sonetto. Tra i tanti componimenti, quello composto a Napoli nel gennaio 1850 e dedicato al marito in esilio a Torino (L’invio del mio ritratto dipinto da me stessa allo sposo esule) suscitò l’interesse di Francesco De Sanctis per la chiarezza e la semplicità delle forme. L’intera raccolta Patria ed amore fu comunque apprezzata dal critico in quanto improntata a un sentire femminile particolarmente consono all’espressione degli affetti familiari. Il profondo sentimento civile fece tuttavia di Oliva, nell’opinione generale, una ‘musa del Risorgimento italiano’.
Fonti e Bibl.: F. Lattari, Biografia di L. O. Mancini, in Alla memoria di L. O. Mancini: tributo di affetto degli amici di Napoli, Napoli 1869, pp. 5-28; G. Giovannini Magonio, Italiane benemerite del Risorgimento nazionale, Milano 1907, pp. 395-410; F. Lo Parco, L.B. Mancini O., in Rivista d’Italia, II (1913), pp. 742-770; E. D’Avanzo, L.B. Mancini O., Benevento 1925; F. De Sanctis, La scuola cattolico-liberale e il Romanticismo a Napoli, a cura di C. Muscetta - G. Candeloro, Torino 1953, pp. 196-198.