BATTIFERRI (Battiferra), Laura
Figlia naturale di Giovanni Antonio, nobile di Urbino, nacque in questa città nel 1523. Riconosciuta e legittimata dal padre, ebbe una buona educazione letteraria, filosofica e religiosa. Nulla si conosce della sua giovinezza se non che, andata sposa al bolognese Vittorio Sereni, ne rimase ben presto vedova. Si rimaritò a ventisette anni, il 17 apr. del 1550, con l'architetto e scultore fiorentino Bartolomeo Ammannati, e da questo momento la sua vita appare strettamente legata a quella del marito, non soltanto per le vicende esteriori, ma anche per un'effettiva consonanza di sentimenti e di ideali, quale si manifesta, tra l'altro, in numerosi passi delle lettere e delle poesie di lei.
Da Firenze, o dalla villa di Maiano, dove i coniugi ebbero abituale dimora, la B. si allontanò qualche volta soprattutto per accompagnare il marito chiamato a prestare la sua opera in diverse città italiane. Nel 1552 era con lui a Roma, e rimase presa dalla grandezza della città e dalle sue memorie (cfr. il madrigale "Superbi e sacri colli" e il sonetto "Ecco ch'io da voi sacre alte ruine"), nell'ottobre del 1562 a Venezia, e poi a Padova. Si sa ancora che nell'autunno del 1566 si trovava alla Porretta per la cura delle acque; e altri due viaggi avrebbe dovuto fare, stando a ciò che scrive il Caro nelle sue lettere rispettivamente a Viterbo, per mantenere una promessa da lei fatta di recarvisi, e a Urbino, per concludere un "negozio" relativo alla sua dote, probabilmente quello stesso, certo uno strascico del primo matrimonio, per la cui soluzione si davano da fare il Varchi - tra l'altro con una supplica al cardinal legato di Bologna - e Lelio Bensi, da lei incaricato di consultare certe scritture notarili in questa città.
Non diede figli al marito, e se ne dolse in un sonetto, definendosi, con un petrarchesco bisticcio sul proprio nome, "arbor sterile". Donna di profonda e intelligente pietà, in relazione spirituale con religiosi e monache di diversi Ordini, benefattrice dei padri gesuiti di Firenze, ebbe certamente una parte notevole nelle relazioni del marito con la Compagnia di Gesù nonché nell'orientamento in senso moralistico del pensiero di lui sull'arte, espresso nella Lettera agli ornatissimi Accademici del Disegno del 1582. Accolta nell'Accademia degli Assorditi di Urbino e in quella degli Intronati di Siena, fu in relazione d'amicizia con molti letterati e artisti del tempo, tra cui, oltre il Varchi, il Caro e B. Tasso, si annoverano A. F. Grazzini, Fabio Benvoglienti, professore di retorica, Silvio Antoniano, l'umanista Pier Vettori, Lelio Capilupi, il poeta e predicatore Gabriele Fiamma, Baccio Valori, i pittori A. Bronzino e Luca Martini, l'architetto Gherardo Spini, B. Cellini e altri, i cui nomi ricorrono abbastanza spesso o tra quelli di coloro che vengono a farle visita a Maiano o tra i dedicatari delle sue rime.
Soprattutto la pubblicazione di queste, avvenuta nel 1560, valse a diffonderne la fama anche fuori di Firenze: Michelangelo, scrivendo da Roma all'amico Ammannati, manifestava il desiderio di conoscere quelle poesie; sonetti d'omaggio le furono inviati da due consorelle in Parnaso, la bolognese Lucia Bertano e la napoletana Laura Bacio Terracina; B. Tasso la ricordò nell'Amadigi con l'appellativo di "honor d'Urbino", e mentre il compatriota Bernardino Baldi la proclamava superiore a Saffa e a Corinna, il pittore Van Acken, che le aveva fatto il ritratto, ne portava una copia a Colonia per farla conoscere anche in Germania.
Nel quadro delle sue relazioni letterarie spicca tuttavia l'amicizia con il Varchi di cui son testimonianza le sedici Lettere della B. al critico, raccolte dal Gargiolli nel 1879.Scritte le prime nove tra il gennaio del 1556 e il dicembre del 1557da Firenze o da Maiano, e le successive tra il novembre del 1560e il marzo del 1563, in gran parte destinate ad accompagnare le poesie che la B. manda al critico perché ne giudichi e le corregga, esse contengono anche frequenti ragguagli sulle circostanze in cui furono composte ("il madrigale lo feci la notte di Natale al presepio", lett. del 30 dic. 1556), notizie dei "cento piaceri" che i coniugi si prendono d'estate sulle pendici del Cecero, "ora con l'andare veggendo questi bei luoghi e abitazioni, e ora in veder ballare queste contadine" (lett. del 9 giugno 1557), informazioni sulla salute del marito e raccomandazioni per quella del Varchi (che non stia troppo esposto "a quella freschezza di Fontebaio", e che si guardi "dal bere troppo fresco"; lett. del 6 ag. 1557), per il quale nel dicembre del 1557sta cercando una casa in posizione panoramica "né molto vicina né troppo lontana" dalla villa dei coniugi. Ne risulta un ritratto della poetessa anche più vivo, nelle note di una goduta serenità e di una spontanea affettuosità, di quello che pur si ricava dalle più belle rime.La stampa delle rime preoccupò la B. sia per la scelta del titolo della raccolta sia per il tenore della dedica alla duchessa Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I: dedica che avrebbe desiderato sobria e tale da giustificare la pubblicazione, adducendo il timore che le rime uscissero storpiate a cura di altri che le possedevano. Perciò ne scrisse al Varchi (25 nov. 1560), chiedendo il suo aiuto per la stesura della dedica e lasciandolo arbitro di decidere, quanto al titolo, tra Prima parte delle rime o dei versi e Prima parte dell'opere toscane o Primo libro ecc., "sendovi rime e versi mescolati". La raccolta, intitolata secondo l'ultima proposta, comprende 126 sonetti, 13 madrigali, poche stanze e sestine, due libere volgarizzazioni (Inno alla gloria di S. Agostino, in sciolti; Orazione di Geremia profeta, in terzine) e un'egloga, Europa, dedicata a Eleonora, moglie del gran capitano Chiappino Vitelli, che combattè per Cosimo all'impresa di Siena, oltre a una quarantina di sonetti di altri in suo onore o di risposta. La maggior parte di queste composizioni sono d'occasione e non escono dai limiti della più trita convenzione encomiastica; le altre, che la B. ha scritto per se stessa, hanno un piglio colto, elegante, schietto, pur nei frequenti riecheggiamenti bembeschi, castiglioneschi e soprattutto dellacasiani, e raggiungono i risultati più felici in certi spunti idillici e nella descrizione del paesaggio agreste.
Sono altresì degni di nota, per sincerità d'accento e chiarezza di struttura, alcuni sonetti spirituali, di ispirazione classico-cristiana o neoplatonica (cfr. "Mentre solinga a pié d'un verde faggio", "Santa luce immortal che 'l primo cielo", "Di cerchio, in cerchio e d'una in altra idea che, insieme alle citate volgarizzazioni e ai Sette salmi penitenziali, pubblicati nel '64, valgono a definire l'altro aspetto della B., quello per cui la poetessa si colloca nel quadro della letteratura controriformistica. I Salmi, dedicati a Vittoria Farnese della Rovere, duchessa d'Urbino, sono libere versioni dal latino biblico, in metri vari, tra cui il tetrastico oraziano del tipo introdotto da B. Tasso. Indirizzati ciascuno a una monaca e preceduti da argomenti in presa, rivelano nell'interprete l'impegno, sovente mantenuto, di conservare ai versi la semplicità e l'immediatezza dell'originale.
La B. morì a Firenze nel novembre del 1589, lasciando il marito erede usufruttuario dei suoi beni. Fu sepolta nella chiesa di S. Giovannino dei padri gesuiti. Sia le Rime sia i Salmi ebbero notevole fortuna di ristampe integrali o antologiche in ogni secolo. Alcuni suoi sonetti erano già noti nel 1557 alla corte di Madrid; uno, in morte di Michelangelo, e dunque posteriore all'edizione del '60, fu tradotto da Francisco Pacheco (Biblioteca de autores españoles, XXXII, Madrid 1872, p. 369).
Opere: Il primo libro delle opere toscane, Firenze, Giunti, 1560 (un secondo libro non fu mai pubblicato); Rime (nella raccolta dell'Atanagi, Rime di diversi nobilissimi, et eccellentissimiautori, Venezia 1561, p. 117); I sette salmi penitenziali tradotti in lingua toscana con gli argomenti ed alcuni sonetti spirituali, Firenze, Giunti, 1564, ed ivi ristampati nel 1566 e 1570 e in Raccolta di salmi penitenziali di diversi, a cura di Francesco Turchi, Venezia, Giolito, 1568; e ancora, Napoli, Bulifon, 1697; Verona 1749; Rime varie (nella raccolta di L. Bergalli, Componimenti poetici delle più illustri rimatrici, Venezia 1726); Rime sacre (in Rime di pentimento spirituale, Milano, Silvestri, 1821); Rime (in Rime oneste..., I, Bassano 1821); Lettere a B Varchi, a cura di C. Gargiolli, Bologna, Romagnoli, 1879.
Bibl.: G. M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, IV, Venezia 1730, pp. 95, 96; F. Vecchietti, Biblioteca picena, II, Osimo 1791, pp. 116-120; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, IV, Milano 1833, p. 154; P. L. Ferri, Biblioteca femminile italiana, Padova 1842, pp. 42-44; C. Rosa, recensione alla raccolta delle Lettere della B. al Varchi, in Arch. stor. marchigiano, I (1879), pp. 590-592; C. Cimegotto Lettere di Cinquecentisti. L. B. e due lettere ineditedi B. Tasso, in Giorn. stor. d. lett. ital., XXIII(1894), p. 467, e XXIV (1894), pp. 388-398: ma attribuisce alla "morte di un Andrea" le espressioni che la ventinovenne B. dedica in un sonetto al martirio di S. Andrea!; G. Zaccagnini, Lirici urbinati del sec.XVI, in Le Marche, III (1903), pp. 1-3; C.L. Nicolay, F. Pacheco & the Italians, in Modern language notes, XX(1905), pp. 214 s.; G. Bertoni, Lucia Bertani e L. B., in Giorn. stor. d. letter. ital., LXXXV (1925), p. 379; J. De Blasi, Antologia delle scrittrici italiane, Firenze 1930, pp. 208 ss.; Id., Le scrittrici italiane dalle origini al 1800, Firenze 1930, pp. 121 s.; B. Croce, La lirica del Cinquecento, in La Critica, XXIX (1931), p. 8; Id., Poesia popolare e poesia d'arte, Bari 1933, p. 409; L. Baldacci, Lirici del Cinquecento, Firenze 1957, pp. 354 ss.