Vedi LATO dell'anno: 1961 - 1995
LATO (Λατώ)
Città di Creta, secondaria, ma fra le più antiche del periodo arcaico, situata nella parte orientale dell'isola, scarsamente testimoniata dalle fonti letterarie.
È stata identificata, sulla base delle fonti epigrafiche, negli abbondanti ruderi della odierna Gulas, al di là della vallata di Mirabello, sul versante E dei monti Lassiti.
Una strada univa L. superiore all'omonima L. Πρὸς Καμάρα, più tardi solo Καμάρα: corrispondente all'odierna Hagios Nikolaos, di cui si riconoscono a mala pena le rovine, che fu anche porto della città superiore. La città marittima, strettamente unita alla prima, sembra però, essere vissuta più a lungo. L'importanza di L. era data dal fatto che essa dominava la strada che metteva in comunicazione la parte occidentale con quella orientale di Creta.
Il nome, che era stato interpretato come Latos, poiché confuso con il genitivo che appare sulle monete, è stato messo in relazione con Leto, divinità venerata in Creta. Il culto che sembra aver avuto maggior importanza è quello di Ilizia, la cui testa appare anche sulle monete, insieme a quella di Diana e Mercurio, attestate dal 200 circa al 67 a.C.
La storia di L. ci è pressoché sconosciuta: dopo il 260 sappiamo che fu alleata con i Milesi; alla fine del III sec. con i Gortini; prima della fine del III sec. i Lati, partecipi del concilio dei Cretesi, usufruivano di un comune corpo di leggi. Alla metà del Il sec., fecero un'alleanza con gli Olinti e stabilirono con cura i confini dei terntori su cui era sorta una controversia; tra il 120 e il 116 gli Cnossî si interposero come arbitri tra i Lati e gli Olinti litiganti.
Gli scavi condotti dalla scuola francese nel 1899-1900, continuati con qualche sondaggio nel 1910, hanno fatto abbassare l'antichità di L., datata dall'Evans al periodo miceneo: le prime tracce di vita sono datate da cocci e terrecotte geometriche.
Che la città abbia conservato, nel campo estetico e religioso, sopravvivenze della civiltà precedente è indubbio, ma lo stato che essa ci presenta è più recente. Anzi, le rovine di L., nell'impianto dell'abitato e nella scelta del luogo, arduo e quindi facilmente difendibile, ma non inaccessibile, ci danno oggi la migliore idea del tipo di città greca del periodo arcaico.
Essa occupava due colline separate da una profonda depressione. Possedeva probabilmente due acropoli; all'acropoli S non salivano case: essa, a picco e isolata, possedeva forse solo fortificazioni; al di fuori vi sono solo edifici religiosi e cappelle che potevano trovarsi sulla strada che all'acropoli saliva da O.
L'acropoli N, al centro della città, è meno elevata della S e termina in una spianata con una costruzione centrale in tutto simile alle abitazioni del resto della città: non è però assolutamente provata la sua funzione di acropoli.
L'abitato si stendeva sulle pendici e nella depressione che separa le due colline ed è interamente costruito su terrazze artificiali che ordinariamente non hanno posto che per una linea di case. I muri di terrazzamento, di aspetto poligonale, con tendenza ad assise orizzontali, si sviluppano a volte su di un lungo percorso e prendono anche tutto il versante di un colle.
È evidente che le funzioni difensive sono predominanti, tanto che, pur non esistendo fortificazioni, le mura di terrazzamento, che spesso si sviluppano in bastioni, danno alla città un aspetto di fortezza, sistemazione giustificata dallo stato di continua incertezza in cui vivevano le città cretesi a causa delle continue, reciproche rivalità.
Non esiste un sistema regolare di strade le quali si adattano invece alle linee del pendio, trasformate a volte con rampe di scale; anche le costruzioni sembrano giacere a caso.
Le case sono costruite con pietre grandi e rozze, tranne gli stipiti delle porte, che sono squadrati e spesso monolitici. La roccia tagliata forma a volte i gradini di accesso, a volte la parete di fondo della casa stessa, particolarità questa comune nell'O di Creta, ma rara nell'E, a causa della durezza della pietra locale. Gli ambienti sono differenti per grandezza e numero, e la copertura era a terrazza o a doppio spiovente. Numerose le cisterne, scavate nella roccia o costruite, pubbliche o annesse alle case.
Su una terrazza particolarmente larga, aperta sul fianco del colle settentrionale, si trova l'agorà, in un punto protetto dai venti e accessibile dalla pianura e dal porto.
Ad essa convergevano le strade principali, e cioè: un'arteria commerciale proveniente da O, fiancheggiata sulla destra da botteghe e magazzini, e sulla sinistra da un muro di terrazzamento interrotto da torri e da porte che immettevano nel quartiere N della città; due strade provenienti da E, che si aprivano un passaggio nel muro di sostruzione dell'agorà stessa; l'arteria principale da S che, attraverso le terrazze inferiori, collegava l'agorà al porto.
La spianata su cui sorge l'agorà ha la forma di un pentagono irregolare, dominata da una gradinata a N, e misura, sull'asse maggiore, 35 metri. Le rovine che ci sono state conservate sono numerose, ma non appartengono tutte all'età arcaica. La spianata fu regolarizzata progressivamente e gli edifici restarono sempre divisi dalle strade che sboccavano sulla piazza.
Il piccolo lato S è occupato da un'esedra aperta sulla piazza, il lato occidentale da una stoà. Queste due costruzioni apparterrebbero al periodo ellenistico, data confermata dallo stile di un capitello dorico conservato in loco nella stoà, tuttavia le proporzioni suggeriscono un'epoca anteriore all'ellenismo.
Quasi al centro della spianata si alza una costruzione rettangolare di metri 4,60 × 8,50, con un unico ambiente orientato verso N, i cui muri poligonali, di blocchi ben squadrati, conservati per circa 6o cm al di sopra del suolo, sono coronati da una cornice. Si è creduto di poter ravvisare in questa costruzione un edificio ipetrale, un recinto sacro a cielo aperto; ma l'ipotesi pare infirmata dal fatto che gli stipiti della porta, conservata con la soglia, si elevano oltre i muri. La copertura poteva essere di materiale leggero, e, in questo caso, il paragone più calzante sarebbe con il Pythion di Gortina. Il santuario è ancora anonimo: nulla permette di attribuirlo con sicurezza alla divinità di L., Ilizia. Si è d'accordo sul carattere arcaico di questa costruzione, per l'aspetto del muro poligonale e per i ritrovamenti (ceramica e terrecotte) che in gran parte si datano al 650 circa, permettendo di stabilire l'inizio del culto sul principio del VII secolo. Gli stessi ritrovamenti però ci testimoniano anche una continuità dello stesso culto fino al periodo ellenistico.
Contigua al santuario si trova una cisterna che ha fornito numerosi ritrovamenti. Ad E è un grande spazio libero.
Al N la spianata dell'agorà era dominata da una serie di dieci gradini, limitati ad E e ad O da due bastioni quadrangolari che sottolineano, anche nell'agorà, l'aspetto di fortilizio che tutta la città presenta. I gradini sono interrotti da due serie intermedie di mezzi gradini che ricordano la sistemazione di una cavea. Ad O due piccoli vani più tardi si vennero ad intercalare fra la torre e le scale. Sopra i gradini si alza un edificio complesso, comprendente due grandi sale, di cui quella O è una sala da banchetto con le klìnai disposte intorno ad un focolare, mentre l'altra comprende banchi disposti lungo i muri, secondo una tradizione micenea. L'edificio è stato identificato col pritaneo della città, riservato al consiglio e al collegio dei Cosmeti.
I muri di questa costruzione sono in piccole pietre ben connesse e sono posteriori di circa un secolo a quelli del tempio; la scalinata su cui si fondano era naturalmente anteriore, mentre le torri che fiancheggiano la scalinata stessa, e che sono in semipoligonale, con tendenza alle assise orizzontali, e prevalenza di bugnato, potrebbero appartenere al IV secolo.
Il piano primitivo dell'agorà era perciò semplicissimo: una spianata intorno ad santuario, punto di incontro delle principali arterie e luogo di assemblea, funzione sottolineata dalla gradinata simmetrica e rettilinea, appoggiata ad una terrazza naturale. In seguito, l'importanza del luogo attirò gli edifici pubblici ed amministrativi.
La mancanza di edifici di grandi dimensioni testimonia lo stato di ricchezza media di questa città. I ritrovamenti, non molto ricchi, permettono di datarla tra la fine dell'VIII sec. circa e il II-I sec. a. C., con un periodo di maggiore fioritura in età arcaica.
Bibl.: J. Demargne, in Bull. Corr. Hell., 1901, pp. 282-307; 1903, pp. 206-232; id., ibid., 1929, p. 382 ss.; M. Guarducci, Iscr. Cret., I, Roma 1935, p. 107 ss., con il riassunto della bibl. prec.; J. D. S. Pendlebury, The Archaeology of Crete, Londra 1939; E. Kirsten, in Pauly-Wissowa, Suppl. VII, 1940, c. 350 ss., s. v.; C. Anti, Teatri greci arcaici, Padova 1947; R. Martin, Recherches sur l'Agorà grecque, Parigi 1951; R. Martin, L'urbanisme dans la Grèce antique, Parigi 1956.