Vedi LATO dell'anno: 1961 - 1995
LATO (v. vol. IV, p. 499)
Le ricerche condotte nell'ultimo ventennio sulla storia e sull'archeologia di L. hanno portato a un consistente arricchimento delle conoscenze sulla città. Il nome L., corrispondente forse al toponimo ra-to (?) attestato sulle tavolette in Lineare B, sembra derivare da quello della dea Leto (Λητώ, dorico Λατώ): Kretschmer indica una possibile provenienza da έν Λατώς, έν ΛατοΤ, «nel santuario di Leto». L'esistenza di una città nota come Λατώ Ἑτέρα (menzionata nello Stadiasmo) che, secondo J. N. Svoronos (Numismatique de la Crète ancienne, Macon 1890, pp. 217-221), avrebbe coniato monete con il nome Λατώς seguito da una E, non può essere accettata poiché, come ha recentemente dimostrato O. Picard, la E dovrebbe essere l'iniziale di Eileithyia (Ilizia), la principale divinità di L., raffigurata sulle monete tra il 200 e il 67 a.C.
I nuovi scavi hanno dimostrato che le rovine di L. non sono riferibili, come si riteneva comunemente, all'età arcaica, né tantomeno a quella «micenea», come aveva creduto Evans, ma appartengono ai periodi classico ed ellenistico (V-II sec. a.C.). La storia di L. in età ellenistica è nota esclusivamente da testimonianze epigrafiche, che hanno consentito peraltro la sua identificazione. Intorno alla metà del III sec. L., assieme ad altre diciannove città cretesi, faceva parte della simmachia capeggiata da Cnosso. Successivamente, verso il 200 a.C., passò sotto l'influenza della Macedonia. Di estrema importanza è un'iscrizione del no a.C. circa, in cui sono accuratamente descritti i nuovi confini tra L., Hierapytna e Olunte: numerosi sono i toponimi inconsueti qui nominati. A partire dal III sec. a.C. la vecchia città di L. è sorpassata e gradualmente eclissata dal, suo porto, Kamara, fatto attribuibile alla sicurezza del mare e alla soppressione della pirateria, soprattutto durante la successiva pax romana. Lentamente la città alta venne abbandonata. Nel periodo paleocristiano Kamara fu sede vescovile. Il culto principale della città era quello di Ilizia, che possiamo probabilmente riconoscere tra le terrecotte figurate arcaiche rinvenute nella città. A Kamara la dea era associata ad Athanaia Deramis: secondo Willetts il titolo dovrebbe derivare dal luogo del tempio, essendo connesso a termini che significano «cresta» o «gola» (δειράς, cretese δηράς). Doveva esistere un rapporto tra Ilizia e L., come a Delo, ma non conosciamo altre notizie oltre al fatto che questa era nominata tra Apollo Pizio e Artemide nell'elenco delle divinità di fronte alle quali i cittadini annualmente prestavano giuramento; il suo tempio viene ricordato due volte nelle iscrizioni.
Ai primi scavi francesi del 1899-1900 sono seguite altre campagne a partire dal 1967, soprattutto da parte di P. Ducrey e O. Picard. Le nuove ricerche, oltre a portare alla luce altre aree dell'abitato, hanno permesso di determinare con maggiore precisione la cronologia e la funzione dei monumenti già noti. Il periodo di inizio del culto nel santuario rettangolare posto al centro dell'agorà è stato così abbassato al VI sec. a.C., mentre i nove o dieci gradini che delimitano a Ν l'agorà sono stati datati intorno alla seconda metà del IV o all'inizio del III sec. a.C. Tale struttura, che poteva ospitare 180 persone in piedi o 80 sedute, era stata interpretata in precedenza come un retaggio diretto delle «aree teatrali» dei palazzi minoici, indicato anche dalla presenza del presunto numero sacro dei Minoici, il 9, ed era stata datata all'VIII o al VII sec. a.C. Attualmente si ritiene che la gradinata vista come una cavea rettilinea, imitante quelle della Grecia continentale, fosse verosimilmente utilizzata dall'assemblea degli anziani della città (dorico ϐωλά). Nella sala O dell'edificio collocato al di sopra dei gradini, il focolare centrale è stato più specificamente interpretato come l'eschàra, il focolare ufficiale (κοινά εστία) della città; questa sala sarebbe stata utilizzata per i pasti in comune dei kòsmoi e per ricevere gli ospiti di riguardo, p.es. i cosmeti di Olunte, che, secondo il testo di un trattato, ebbero il privilegio di mangiare qui. Due piccoli ambienti a essa adiacenti costituivano forse l'archivio cittadino, come fanno ritenere i frammenti ivi rinvenuti di un trattato tra L. e Gortina.
I nuovi scavi si sono concentrati in un'area adiacente l'agorà, dove, su una lunga terrazza sostenuta da un possente muro di sostruzione in rozza tecnica a blocchi di calcare, sorgono i resti del «grande tempio della città» (c.a 6,5 x 10 m), esplorati nel 1967. Il tempio era privo di colonne e consisteva in una cella semplice, di pianta approssimativamente quadrata, preceduta a SE da un pronao, con un piccolo ingresso e un altare rettangolare con due gradini di fronte a questo. I muri, costruiti in calcare locale, mostravano esternamente grandi blocchi rettangolari con un leggero bugnato, tranne che sulla facciata, dove erano levigati con cura. Un'iscrizione qui incisa era troppo lacunosa per permettere l'identificazione della divinità venerata, forse Ilizia. Le pareti interne presentavano una muratura poligonale irregolare, ma disposta a corsi; il pavimento della cella era di stucco con ciottoli, mentre quello del pronao era costituito da pietrisco o dal banco roccioso affiorante. La base della statua di culto è stata ricomposta in situ. Il tempio è databile alla fine del IV o all'inizio del III sec. a.C. Nelle sue vicinanze sono state scoperte alcune fornaci, databili nel VII e VI sec., con frammenti ceramici e figurine di terracotta. A E del tempio, su una terrazza più bassa e su una piattaforma allargata (31 x 15 m), presso la strada che porta ai quartieri di SE, si trova un teatro con cavea rettangolare rivolta a N, costruito subito dopo il tempio; presentava dieci/undici gradini a E, sette/otto gradini a O, in parte realizzati con grandi blocchi, in parte tagliati nella roccia, lunghi c.a 15 m, conservati solo alle estremità e poteva ospitare più di 350 persone. Organicamente connessa al teatro, sullo stesso asse e a E di esso, è una esedra (12 x 4,50 m) con banconi lungo tutti e quattro i lati; le pareti, tranne che sul lato N, sono costruite in una muratura accurata di calcare locale, accostata al banco di roccia; si tratta di un impianto difficilmente comprensibile. Era forse una loggia ipetrale appartenente al teatro o meglio, secondo Picard e Ducrey, una sala per l'assemblea dei kòsmoi, mentre il teatro stesso era forse utilizzato come luogo per l’ekklesìa, l'assemblea del popolo. Questa intensa attività edilizia a L. alla fine del IV-inizî del III sec. a.C. deve essere attribuita al fiorire di una ricca classe di mercanti e armatori, comune d'altronde al resto dell'isola.
Sulla cima del monte Thylakas (521 m) la Scuola Francese scavò all'inizio del secolo un santuario, relativo soprattutto al periodo geometrico-arcaico. Alcuni dei ritrovamenti ricordano i materiali caratteristici dei santuari delle vette medio-minoici, cosicché alcuni studiosi ritengono che il culto sia iniziato qui nell'Età del Bronzo o che addirittura si sia in presenza di un vero e proprio santuario delle vette minoico. I risultati di un breve scavo condotto da Davaras nel 1971 non confortano tuttavia quest'ultima interpretazione, poiché tali santuari minoici presentano caratteristiche del tutto diverse.
Numerose tombe dell'Età del Bronzo sono state portate alla luce presso Kritsa da Platon agli inizî degli anni '50: tra esse vi sono tombe a camera del Tardo Minoico III e tombe a thòlos protogeometriche. Nell'area dovrebbe trovarsi un insediamento minoico, e nella stessa Kritsa fu rinvenuta una figurina del Tardo Minoico III Β.
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