Frangipani, Latino
Latino Malabranca della famiglia dei F.; nacque dal matrimonio di Angelo Malabranca, allora senatore di Roma, con Mabilia Orsini, sorella di Niccolò III.
Ancora giovinetto entrò nell'ordine dei predicatori; studiò a Parigi dove fu insignito del titolo di maestro di teologia. Nominato inquisitore da papa Urbano IV, fu innalzato al cardinalato da Niccolò III il 12 marzo 1278. Uomo di profonda dottrina, oratore brillante, seppe mostrare il suo talento artistico in alcune composizioni di musica sacra; c'è addirittura chi gli attribuisce il Dies Irae. Ebbe modo di far valere le sue virtù tanto nel campo religioso quanto in quello politico, ricevendo incarichi particolarmente delicati; così nel 1278 fu legato a Bologna dove pacificò Geremei e Lambertazzi; di lì a poco tempo si trasferiva in Firenze con lo scopo di porre fine alle lotte tra guelfi e ghibellini; la città lo accolse solennemente l'8 ottobre 1279, memore forse di aver avuto come podestà il padre Angelo Malabranca; qui il cardinale soggiornò circa sei mesi e mezzo, alloggiando nel palazzo dei Mozzi; è molto probabile che durante questo periodo di tempo D., ancora giovinetto, abbia avuto l'occasione di vedere personalmente l'illustre personaggio; una circostanza favorevole potrebbe essersi offerta il 28 ottobre 1279, allorquando fu consacrato un altare in S. Lorenzo: " tra la folla dei fedeli in S. Lorenzo si sarà trovato giovinetto l'Alighieri del popolo di S. Martino del Vescovo ", così il Davidsohn; nella stessa circostanza un altro altare veniva consacrato dall'arcivescovo di Pisa Ruggero degli Ubaldini, il nemico del conte Ugolino.
È evidente che consacrazioni di chiese e altari, sacre ordinazioni, passano in seconda linea rispetto all'attività diplomatica svolta dal cardinale durante il soggiorno fiorentino; il 19 novembre 1279 si fece attribuire dal popolo ampi poteri, il che gli permise di pacificare le due famiglie dei Buondelmonti e Uberti che avevano dato inizio alle lotte; il 18 gennaio 1280 emanò un solenne lodo davanti al popolo raccolto a parlamento nella piazza di S. Maria Novella; un mese dopo, nello stesso luogo, in circostanze analoghe, fu stipulata la pace tra guelfi e ghibellini con lo scambio dei giuramenti e degli abbracci tra cinquanta di ciascuna parte; giurò anche per la Parte guelfa Gianni Schicchi dei Cavalcanti che D. pone in Inferno tra i falsari. Tuttavia l'importanza della legazione non va misurata soltanto in base all'accordo raggiunto dalle due parti, ma anche in base alle nuove vicende politiche che interessarono il comune; il cardinale Latino aveva ben compreso che le Arti, per il fatto stesso di essere al di sopra delle fazioni, costituivano un saldo elemento di equilibrio; pertanto ne favorì lo sviluppo spianando così la via all'istituzione del priorato artigiano: è in questo nuovo contesto politico, creato forse inconsapevolmente, che si trovò a operare politicamente lo stesso Dante.
Sarebbe molto interessante conoscere quale orientamento D. si riservò circa il conclave di Perugia del 1294 in cui ebbe un ruolo determinante proprio il cardinale Latino: questi riuscì infatti a superare la stasi determinata in seno al conclave dalla rivalità tra i fautori degli Orsini e quelli dei Colonna, proponendo il nome di Pietro da Morrone. Sembra che questi già da tempo intrattenesse con il F. rapporti epistolari, e in occasione del conclave avrebbe inviato anche una lettera nella quale si minacciavano i castighi del cielo se non si fosse eletto subitamente il nuovo pontefice; tale lettera sarebbe stata presentata a tutti i cardinali riuniti in sessione dallo stesso Frangipani. Senza dubbio D., così attento alle vicende del suo tempo, dovette esprimere in merito al famoso conclave un suo giudizio; forse lo stesso, amaro e dolente, che non ebbe tema di rivelare nell'epistola XI circa un altro burrascoso conclave: quello di Perugia del 1305.
Bibl. - C. Pietropaoli, Il Conclave di Perugia e l'Elezione di Pier Celestino, in Celestino V, L'Aquila 1894, 97-124; C. Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi, I, Münster 1913, 2; N. Ottokar, Il comune di Firenze alla fine del Dugento, Firenze 1926, 7-15; R. Morghen, Il Conclave di Perugia del 1305 e la lettera di D. ai cardinali italiani, in L'Umbria nella Storia, nella Letter., nell'Arte, Bologna 1954, 105-124; A. Frugoni, Celestiniana, Roma 1954, 82-91; Davidsohn, Storia II II 214-535.