latifondo
Grande proprietà terriera coltivata con i metodi dell’agricoltura estensiva
I latifondi si formarono nell’antica Roma e si consolidarono nel Medioevo. Mentre in Italia settentrionale furono smantellati dalla civiltà comunale, nel Centro-Sud sopravvissero fino alla metà del 20° secolo, frenando lo sviluppo agricolo e lasciando i contadini nella miseria. Il latifondo si sviluppò anche in altre regioni arretrate dell’Europa e tuttora persiste in varie zone dei continenti extraeuropei
La parola latifondo ha origine latina e significa «vasto» (latus) «podere» (fundus). Fu usata in Italia per indicare grandi proprietà terriere coltivate con i metodi dell’agricoltura estensiva: vaste estensioni di terreno lavorate con scarso impiego di mezzi. Spesso fu la natura stessa del terreno a ostacolare il ricorso a metodi intensivi di sfruttamento, basati sull’uso di tecniche e strumenti che richiedono grandi investimenti di denaro. In Italia inoltre ci sono tante aree caratterizzate da forte siccità o da un’abbondante piovosità concentrata in certe stagioni, oppure dalla presenza di numerose pendenze del terreno (zone appenniniche e collinari), poco adatte all’agricoltura intensiva.
Altri ostacoli alla modernizzazione furono la scarsità di bestiame da lavoro e la mentalità di molti latifondisti. Tanti padroni, infatti, erano ‘assenteisti’, cioè non si occupavano direttamente della conduzione della proprietà ma l’affidavano a degli amministratori limitandosi a riscuotere le rendite e vivendo spesso in città, lontano dalle terre.
Nell’antica Roma i latifondi nacquero in epoca repubblicana, ma si svilupparono soprattutto in età imperiale, quando entrò in crisi la piccola proprietà fa;miliare. Molti contadini, impoveriti dall’inflazione e oppressi dai debiti, dovettero vendere le terre. Ne approfittarono i proprietari più ricchi, che acquistarono quelle terre e costituirono vaste proprietà fondiarie, per l’appunto i latifondi. Con le invasioni barbariche, ai latifondisti romani si aggiunsero o sostituirono i nuovi proprietari germanici: nel 7° secolo non c’erano quasi più contadini autonomi.
Nel Medioevo anche la Chiesa divenne proprietaria di numerosi latifondi. Nel frattempo tramontò l’istituzione romana della schiavitù e cambiò l’organizzazione del lavoro nei campi. I latifondi furono divisi in due parti: una a conduzione diretta del signore (detta pars dominica), l’altra divisa tra i contadini (pars massaricia). In quest’ultima i contadini avevano una casa e un terreno, ma numerosi erano gli obblighi nei confronti del proprietario: dovevano consegnargli come tributo una parte del raccolto e prestare gratuitamente alcune giornate di lavoro (dette corvées) al suo servizio. Spesso i latifondisti erano anche i signori locali, con poteri politici, giudiziari e militari. Quando, nel 14° secolo, la popolazione fu decimata dalle ondate di peste, in molte terre l’agricoltura fu abbandonata e sostituita dal pascolo ovino. Nell’Italia settentrionale la civiltà comunale provocò la scomparsa del latifondo già negli ultimi secoli del Medioevo, sostituito dalla piccola proprietà o dai contratti di mezzadria.
Il latifondo sopravvisse per secoli nell’Italia centro-meridionale con un’agricoltura arretrata, prevalentemente cerealicola, e grandi squilibri sociali tra i pochi grandi proprietari e la massa dei contadini poveri. Dopo l’unificazione nazionale (1861) alcune inchieste parlamentari (come quella di Stefano Jacini del 1879) documentarono la miseria dei contadini e criticarono il latifondismo, ma non riuscirono a provocare risolutive riforme agrarie. Provvedimenti concreti arrivarono nel 20° secolo. La bonifica di alcune regioni paludose (come l’Agro Romano), avvenuta negli anni del fascismo, si accompagnò allo smantellamento dei latifondi e alla divisione delle terre in poderi familiari.
La riforma agraria più significativa, però, ebbe luogo dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1950. In realtà, la frammentazione in piccole proprietà fu eccessiva e ai contadini non fu garantita un’adeguata assistenza. Essi erano troppo poveri e i loro terreni troppo piccoli per creare aziende agricole moderne. Nel Meridione, oltretutto, scarseggiavano infrastrutture e servizi essenziali, come l’acqua e le strade. Il risultato fu che molti contadini furono costretti ad abbandonare le terre e a emigrare nelle città industriali del Nord.