LATICLAVIO (latus clavus, tunica laticlavia)
I Romani dicevano clavi le fasce che ornavano le vesti, le coperte, ecc. Nelle prime, e più precisamente nelle tuniche, la disposizione, la larghezza e il colore di queste fasce potevano variare. La tunica guarnita di fasce purpuree era riserbata, come speciale privilegio, ad alcune categorie di cittadini, e cioè ai senatori e ai cavalieri. Secondo la tradizione l'origine di questo segno di distinzione sarebbe da ricercarsi fra gli Etruschi (Plin., Nat. Hist., IX, 136); può essere che nei tempi più antichi esso fosse il distintivo del patriziato: certo è che soltanto nel sec. I a. C., allo scopo di dare ai senatori un segno di distinzione più alto di quello dei cavalieri, si fissa per i primi l'uso di una tunica con fasce purpuree larghe (latus clavus), mentre ai secondi rimane la tunica con fasce più ristrette (angustus clavus): ma mentre la prima era propria soltanto dei senatori, la seconda poteva essere portata, sebbene forse piuttosto come abuso, anche da chi non apparteneva alla classe dei cavalieri. La maggiore o minore larghezza delle fasce, che erano tessute nella stoffa, e che sembra corressero lungo i bordi di essa, era relativa: ché non vigeva al riguardo alcuna norma fissa. Col tempo, ma già da Augusto, fu esteso l'uso del laticlavio a tutti i membri delle famiglie senatorie: il giovane lo prendeva insieme con la toga virile, uscendo dalla minore età (iuvenis laticlavius): la concessione del laticlavio divenne perciò simbolo e sinonimo di aggregazione all'ordine senatorio. È dubbio se avessero il diritto del laticlavio anche i decurioni dei municipî e delle colonie: da un passo di Orazio (Sat., I, 5, 34) sembrerebbe che il portarlo da parte loro fosse piuttosto una ridicola ostentazione di dignità. La tunica laticlavia si portava discinta; nei momenti di lutto pubblico essa veniva deposta o sostituita con una tunica angusticlavia.
Bibl.: Hula, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, col. 4 segg., s. v. Clavus; L. Heuzey, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire, I, ii, p. 1242 segg., s. v. Clavus latus, angustus, ecc.