LARRA y SÁNCHEZ DE CASTRO, Mariano Josè de
Letterato e giornalista spagnolo, nato il 29 marzo 1809 a Madrid, dove si uccise il 13 febbraio 1837. Breve vita, continuamente travagliata da passioni, che acuirono la feconda attività di un nobile intelletto; il quale gettò lo sguardo sul mondo, ne osservò le antinomie, e per sé non trovò una norma sì da conquistarsi quella piena libertà a cui romanticamente aspirava. La sua prima educazione L. la ricevette in un collegio di Bordeaux, quando il padre, medico nell'esercito di Giuseppe Bonaparte, dovette lasciare la patria insieme con l'invasore (1812). L'amnistia concessa agli esuli da Ferdinando VII richiamò la sua errante famiglia a Madrid. Quivi, sotto la guida degli scolopî, continuò i suoi studî nel collegio di S. Antonio Abate (1818-22) e li riprese, dopo una breve dimora insieme col padre a Corella (Navarra), nel collegio imperiale dei gesuiti (1823-25). S'iscrisse alla facoltà giuridica di Valladolid dove aveva preso stanza la sua famiglia; ma improvvisamente, per contrasti sentimentali che pare ponessero il figlio di fronte al padre, colpevole di relazioni con la fanciulla dalla quale L. aveva sperato amore, lasciò la casa e si recò a Valenza. Deluso e amareggiato, ansioso di vivere nella sua solitudine spirituale, L. si recò tosto a Madrid (1826), tentando per breve tempo la via del piccolo impiego; ma, insofferente di freno, vi rinunziò, frequentando i circoli letterarî della capitale, soprattutto quello del Parnasillo, scrivendo poesie di occasione e lanciando i cinque fascicoletti di a Duende satírico del día (1828-29): manifestazione, sull'esempio del Jouy, di quegli articoli costumistici che ebbero voga più tardi. Dopo il matrimonio contrastato e infelice con Giuseppina Wetoret y Velasco (1829), fu obbligato per necessità pratiche all'ufficio di traduttore di commedie francesi, giungendo però a ritrovare la sua nota originale, con una libera elaborazione di alcuni spunti presi da Les Adieux au comptoir di Scribe e Legouvé, nella commedia No más mostrador (1831). Ritornando al giornalismo pubblicò in quattordici fascicoli El Pobrecito Hablador, revista satírica de costumbres por el bachiller Don Juan Perez de Munguía (1832-33). Bella serie di articoli dove uno spirito, amabilmente caustico e puntuale nell'osservazione, coglie tipi e caratteri di una società che ammanta di festosa allegria la propria miseria intellettuale e morale (El mundo todo es máscaras), mette in luce la falsità di un'educazione irrigidita in vieti pregiudizî (El castellano viejo), colpisce con amara ironia l'insipienza e la pigrizia dei governanti e dei governati (Vuelva Usted mañana). Questa attività frammentaria si moltiplica negli anni che seguono la morte di Ferdinando VII, durante la reggenza di Maria Cristina, nell'indeciso pronunziarsi di tendenze liberali, quando L. diviene poi redattore della Revista Española, critico teatrale di El Correo de las damas, articolista di El Observador (1835), El Español, La Revista mensajera. La sua critica letteraria passa dal neoclassicismo, con la temperanza di un eclettismo geniale, al gusto romantico, anelando a una letteratura che s'informi ai più urgenti bisogni spirituali e sia luce del progresso intellettuale del secolo. Le velate allusioni politiche e la reticente ironia dei suoi primi scritti si trasformano in satira amara (Los tres no son más que dos, 1834; ¿Qué hace en Portugal su Majestad?, 1834; El hombre-globo, 1835, ecc.) dove Fígaro, il nuovo pseudonimo di L., manifesta tutte le impazienze e tutte le prevenzioni di un liberalismo che si vede di giorno in giorno frustrato nelle sue aspirazioni più nobili da governanti che si succedono senza autorità e senza programma. Nel grande conflitto d'idee e di passioni che devastava moralmente e materialmente la Spagna, L. si getta con fermezza di propositi, con impeti di ribellione e con il desiderio di un rinnovamento spirituale che coinvolga e trascini dietro di sé tutta la nazione. Sono i suoi anni di battaglia, densi di esperienza politica e di attività letteraria, improvvisamente conchiusi con la morte. La passione per Dolores Armijo de Cambroneros, che lo aveva strappato alla moglie e ai figli (1833), divampa con note di evidente autobiografismo nel romanzo El doncel de Don Enrique el Doliente (1834) e nel dramma, dello stesso argomento, Macías (1835), e lo trascina, dietro la bella avventuriera, a Badajoz, a Lisbona, in Francia, in Inghilterra e nel Belgio. Quand'ella nel pomeriggio del 13 febbraio 1837 viene a Madrid, in casa di lui, per chiedergli la restituzione delle lettere, ché tutto era finito, L., dopo vane ripulse, acconsente; la congeda con animo supplicante e poi si uccide.
Ediz.: Obras completas de Fígaro, Barcellona 1886; Artículos de costumbres; Artículos de crítica literaria; Artículos políticos y sociales, ed. J. R. Lomba (in Clasicos castellanos, 45, 52, 77), Madrid 1923-27
Bibl.: M. Chaves, Don M. J. de L. Su tiempo, su vida, sus obras, Siviglia 1898; J. Nombela y Campos, L. (Figaro), Madrid 1909; Azorín, Rivas y L., Madrid 1916; Carmen de Burgos, Figaro. Epistolario inédito, Madrid 1919; A. Farinelli, Il romanticismo nel mondo latino, Torino 1927.