LAOS (Λάος, Laus)
«Colonia di Sibari, poco elevata sul mare, a 400 stadî da Elea»: così Strabone (VI, 1,1) parla della città, ricordando che nelle sue vicinanze si trovava l'heròon di Draconte, il quale aveva vaticinato la grande sconfitta degli Italioti nella battaglia del 389 a.C., descritta dettagliatamente da Diodoro (XIV, 101 ss.), da cui apprendiamo che in quell'anno la città era già nelle mani dei Lucani. Erodoto (VI, 21) attesta che a L. e a Skidros abitavano i Sibariti, dopo la distruzione della loro città nel 510 a.C.; altra fonte importantissima per la storia di L. è la monetazione d'argento che si data a partire dagli inizî del V sec. a.C.
Sulla base di scavi recenti si propone di identificare la città antica (ma a partire dalla seconda metà del IV sec. a.C.) con la collina di S. Bartolo di Marcellina-S. Maria del Cedro, che si trova 3 km a S della riva del Lao, in prossimità della foce. Il sito, scoperto nel 1929, era stato indagato (soprattutto la cerchia muraria) e identificato con la statio di Lavinium Bruttiorum (Galli), segnalata dalla Tabula Peutingeriana. L'identificazione non è corretta, perché nel sito di Marcellina non si rinvengono tracce di occupazione urbana dopo la fine del III sec. a.C., quando la città fu abbandonata. Un verso di Silio Italico (VIII, 579) fa riferimento alla furia devastatrice del Marte cartaginese; all'epoca di Plinio (Nat. hist., III, 71) il centro abitato non esisteva più.
La ricerca archeologica nell'area si è svolta su due versanti: ricognizione topografica nel territorio (soprattutto la fascia costiera da S. Nicola Arcella a Diamante) e saggi di scavo sulla collina di Marcellina, allo scopo di individuare la struttura urbanistica e la distribuzione delle aree. Problemi pone la menzione straboniana della colonia di Sibari, quando si consideri che fino alla fine del VI sec. a.C. il territorio è occupato da villaggi indigeni, costituiti da piccoli gruppi di capanne situate in prevalenza su costoni rocciosi presso la costa. Questi insediamenti non presentano mai tracce di vita dopo la fine del VI sec.; è perciò probabile che la fondazione da parte dei Sibariti si debba mettere in relazione con l'abbandono della loro città dopo la distruzione del 510 a.C. Nessuna ipotesi è possibile avanzare sull'ubicazione della città nel V sec. a.C. in mancanza assoluta di dati. La ricerca prova, invece, che verso la seconda metà del IV sec. a.C. una nuova città fu impiantata sulla collina di Marcellina: essa era dotata di una cinta muraria (lunga c.a 3 km) che abbracciava un'area di oltre 60 ha. Lo spazio urbano era organizzato secondo un piano rigorosamente ortogonale e nel rispetto scrupoloso degli orientamenti fissati secondo i punti cardinali: due platèiai N-S (la cui larghezza varia dai 10 ai 12 m) erano incrociate a intervalli di 96 m da strade E-O, larghe c.a 5 m. Le maglie (96 m) erano a loro volta divise da canaletti-fogna o da stenopòi in blocchi di 23 m. Uno di questi è stato esplorato estensivamente e ha restituito una grandissima; abitazione di oltre 700 m2, fornita di cortile, stalle e magazzini per derrate che rimandano con chiarezza alla base agraria dell'aristocrazia locale. Nella zona pubblica, al centro della città, è stata scavata e identificata la zecca, grazie al rinvenimento di ventotto tondelli di bronzo non monetati. E probabile che alla periferia Ν si trovasse il santuario, segnalato dal ritrovamento di diverse decine di contromarche fittili recanti, impressa, la figura di Eros in ceppi, mentre alla periferia S è stato identificato il quartiere dove era concentrata la produzione vascolare.
La necropoli è localizzabile sotto il paese moderno di Marcellina, in particolare presso lo scalo ferroviario, dove è stata rinvenuta una grande tomba a camera con ricco corredo di armi, gioielli, vasi e una defixio, databile al terzo quarto del IV sec. a.C.
Dopo la fine del III sec. a.C. il territorio resta sostanzialmente spopolato fino all'età augustea, epoca in cui si data l'impianto di almeno quattro grandi ville di produzione.
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