LAO (Λᾶος, Laus)
Città sulla costa tirrenica presso la foce del fiume, che porta ancora lo stesso nome e che segnò dapprima il limite settentrionale dell'Italia più antica, poi il confine fra la Lucania e il Bruzio.
Fu fondata dai Sibariti (Strabo, vi, 253) probabilmente intorno alla metà del VI sec. a. C., quando la metropoli sul Mare Ionio all'apice della potenza estese al massimo il suo dominio; e quando questa fu distrutta nel 510 a. C., L. accolse parte dei profughi (Herod., vi, 21).
Non ebbe, tuttavia, lunga vita poiché nel I sec. Plinio (Nat. hist., iii, 72) ne menziona l'esistenza al passato remoto. Fu occupata dai Lucani alla fine del V secolo. Nel 389 a. C. gli alleati italioti tentarono di ricacciare i barbari dalla regione, ma subirono una sanguinosa disfatta sui monti del retroterra ed i superstiti, raggiunto il litorale, si lanciarono in mare, illudendosi di trovare salvezza sulle navi, che il tiranno Dionigi di Siracusa aveva mandato per appoggiare i Lucani (Diod., xiv, 101, 5). Strabone aggiunge che un oracolo aveva predetto la strage intorno al monumento commemorativo di Draconte. Ma non sappiamo dove sorgesse questo heròon di un compagno di Ulisse e nemmeno della città si è identificato con certezza il sito. Piuttosto che a Scalea, dove molti la collocano, è forse da cercarsi sull'attuale riva sinistra del fiume, che può aver trasferito più a N la sua foce. Resti di una cinta urbica sono stati messi in luce presso la stazione ferroviaria di Verbicaro-Orsomarso (Not. Scavi, 1932, p. 323 ss.), mentre da Scalea proviene una testa femminile arcaistica (Not. Scavi, 1936, p. 67 ss.) e in una grotta sulla punta Talao si sono trovati avanzi dell'industria paleolitica (Not. Scavi, 1897, p. 177).
In definitiva L., tutt'ora inesplorata, è nota, oltre che per la battaglia, per la monetazione, che le viene attribuita (v. anche laino). Gli stateri d'argento incusi con la leggenda ΛΑFΙ-ΝΟΣ divisa fra diritto e rovescio furono emessi dopo la caduta di Sibari: il toro androcefalo retrospiciente è un riflesso del tipo sibaritico, adattato a rappresentare il fiume Lao, ma la sua figura si differenzia dalle tante simili per la testa interamente umana con lunghi capelli acconciati in un molle krobỳlos e, specie in relazione con i caratteri provinciali, non può datarsi prima dell'inizio del V sec. a. C. La successiva coniazione d'argento a doppio rilievo, col toro androprosopo di gusto ancora arcaico sulle due facce e le leggende ΛΑΙ o ΛΑΙΝΟΣ, si prolunga dopo una interruzione con molte emissioni di bronzi almeno fino a tutto il IV sec.: alla leggenda ΛΑΙΝΩΝ se ne aggiungono diverse altre, credute sigle o nomi di magistrati, mentre alcuni tipi rivelano chiaramente l'influsso della Sicilia e di Siracusa in particolare.
Bibl.: G. Gioia, Mem. Stor. e Docum. sopra Lao, Laino ecc., Napoli 1885; D. P. Marincola, Di Terina e di Lao, Catanzaro 1886; M. Lacava, Del sito di... Lao, Napoli 1891; O. Dito, Appunti di geogr. stor. Calabrese: Laos, in Riv. Cal. di storia e Geogr., I, 1893, pp. 175 ss. e 260 ss.; Philipp, in Pauly-Wissowa, XII, i, 1924, col. 1039, s. v. Laus; E. Ciaceri, Storia della Magna Grecia, I, 1928, p. 271; II, 1932, p. 413 ss.; J. Bérard, La Colonisation Grecque, Parigi 1941, pp. 160 e 334; T. J. Dunbabin, The Western Greeks, Oxford 1948, pp. 41, 78 s., 155, 204 ss., 365 s. Per le monete: J. Babelon, Traité des Monnaies, I, n. 2101 ss., tav. LXVIII, 1-3; B. V. Head, Historia numorum, Oxford 1911, p. 73 ss.; British Museum Catalogue, Italy, p. 235 ss.; J. Babelon, Bibliothèque Nationale, Cat. Coll. De Luynes, I, p. 91, nn. 443-448; Syll. Num. Gr., II, Lloyd Coll., nn. 287-290, tav. IX; III, Lockett Coll., nn. 362-364, tav. VI; IV, Fitzwilliam Mus., nn. 445-448, tav. VIII; Danish Nat. Mus., I, nn. 1145-1157, tav. 23; L. Breglia, in Annali Ist. It. Num., II, 1955, pp. 13, n. 9 e 21, tav. I, 7.