LANZONE da Corte
Si ignora il luogo della nascita, avvenuta presumibilmente verso gli inizi dell'XI secolo, poiché in base alle fonti narrative L. risulta attivo in Milano fra il 1029 e il 1059 (nel 1048 e 1059 in qualità di missus regis, H. Keller, 1979). Due testi in particolare, l'Historia Mediolanensis di Landolfo Seniore e il Liber gestorum recentium di Arnolfo, illustrano la sua figura e le sue azioni, mentre alcuni atti privati e pubblici ne attestano il ruolo e la presenza in città.
Di famiglia nobile - è infatti definito da Arnolfo (II, 18) "ingenuus civitatis miles" e da Landolfo (II, 26) "nobilis et capitaneus altus" -, L. assunse il comando della parte popolare durante il conflitto che oppose i cives milanesi ai capitanei e ai valvassori fra il 1041 e il 1044.
Landolfo (ibid.) sottolinea a più riprese le qualità morali di L., "vir magni ingenii magnaeque astutiae, alacri animo promptoque corde […] ut vir conscilio discretus, animo providus et conscilio astutus cottidianis exercitationibus accuratissimus", che "incarna l'eroe cittadino, il modello con il quale si identifica la tradizione militare non soltanto aristocratica ma universalmente urbana" (Bordone, p. 64). In base agli studi di G. Giulini, L. è stato identificato da C. Violante (1955) con un "Vualdo qui et Lanzo iudex domni regis", il quale sottoscriveva nel 1029 un atto di compravendita dell'arcivescovo Ariberto da Intimiano, nel 1034 un testamento del presule e un altro nel 1042 (Giulini, pp. 273-275; Violante, 1955), fra il 1035 e il 1059 alcuni atti privati, mentre nel 1045 compariva a sottoscrivere i placiti tenuti a Milano dal marchese conte Azzone e nel 1048 teneva a sua volta un placito come missus regis. Tale identificazione è stata messa in dubbio da G. Tabacco (Le istituzioni, p. 361), secondo il quale gli argomenti addotti da Violante a favore (gli iniziali legami con Ariberto, la posizione di primo piano accanto al conte, la carica di missus) se armonizzano con un L. nobile e capopopolo potrebbero anche qualificare un L. giudice di rilievo in città.
La rivolta dei cives contro la pars nobilium si colloca nella primavera avanzata del 1041 e attesta le tensioni interne a un contesto cittadino caratterizzato da un pluralismo politico-sociale attivissimo, nel quale il potere dell'arcivescovo Ariberto risultava sempre più indebolito.
Egli, infatti, si era imposto soprattutto grazie all'appoggio del ceto capitaneale, ma in seguito all'emanazione da parte di Corrado II della Constitutio de feudis i capitanei avevano creato un fronte unico con i valvassori, a loro equiparati nei diritti e solidali nell'opporsi ai cives (piccoli possessori, artigiani, notai, giudici) che premevano per una maggiore partecipazione politica. L'arcivescovo non riusciva più a dominare i capitanei né a contrastarli poiché il suo potere derivava per la maggior parte dai vincoli personali che legavano a lui i nobili maggiori come vassalli. La lotta che divampò fra le partes suggellò, allora, anche l'emarginazione di Ariberto, che fuggendo dopo la vittoria dei cives guidati da L. ammise l'impossibilità di esercitare la funzione moderatrice che gli sarebbe spettata in ambito cittadino.
Causa scatenante degli scontri fu, secondo il racconto di Arnolfo (II, 18), l'aggressione perpetrata da un miles ai danni di un uomo del popolo. La violenza della lotta costrinse capitanei e valvassori - seguiti dopo pochi giorni da Ariberto - ad abbandonare la città e a rifugiarsi nel contado, dove fortificarono sei presidi corrispondenti alle porte cittadine e posero l'assedio a Milano, compiendo incursioni di giorno e di notte, mentre gli assediati alternavano azioni difensive ad azioni offensive. Landolfo (II, 26) afferma, al contrario di Arnolfo, che Ariberto non aderì ad alcuna delle due parti, rimanendo imparziale, ma l'abbandono della città risulta a un tempo presa di posizione a favore dei nobili e confessione implicita di impotenza (Violante, 1953, p. 207).
Dopo tre anni di assedio L., "ingenio providus, corporis virtute laudandus, negotiis militaribus curiosissimus, in angustiis pervigil, de hostium victoria sollicitus" (Landolfo, II, 26), accompagnato da Alberio, valvassore, si recò presso l'imperatore Enrico III a chiedere un aiuto per la pace. Enrico promise di appoggiare le iniziative di pace a patto che i Milanesi accogliessero in città un presidio di 4000 cavalieri tedeschi. L., rientrato in patria, ottenne dall'assemblea dei cives il consenso alla proposta imperiale ma, riflettendovi attentamente e reso consapevole del pericolo di perdere la libertas cittadina insito nella proposta, convocò in segreto alcuni rappresentanti del fronte nobiliare, ai quali propose che i fuorusciti rientrassero in Milano e trattassero con i cives una pace duratura (ibid.).
"Il problema di fronte a cui si trovò a Milano Lanzone quando chiese e ottenne la promessa di un intervento del re, procedeva dalla natura del "gladius" che il re avrebbe sguainato: i "quatuor milia equites mei iuris" che dovevano essere accolti nella città, erano "Teutonici, gens sine conscilio, sine misericordia". Essi erano "plus quam sperasset" Lanzone: troppi, insomma, ad una considerazione attenta dei vantaggi e dei rischi" (Tabacco, Le strutture, p. 122). In base al racconto di Arnolfo, invece, le due parti avrebbero firmato la tregua grazie all'azione di legati inviati da Enrico ("veniunt ab augusto legati, treguam inviolabilem indicentes", II, 19), senza mediazione alcuna da parte di Lanzone. In effetti, è plausibile che rappresentanti imperiali siano intervenuti a seguire le trattative: la presenza a Milano del messo regio Adelgerio nel 1043, dunque in piena lotta, costituisce una prova in tal senso, poiché altrimenti gli sarebbe stato impedito l'accesso in città. Il sovrano, peraltro, appoggiò i cives contro i nobili milanesi giusta la tradizionale politica imperiale di sostegno delle forze sociali più deboli contro quelle che potevano minacciare l'autorità regia e imperiale (Violante, 1972, p. 283).
La fine degli scontri, suggellata dalla firma della pace, si colloca prima del febbraio 1045. Dopo tale data, se si accetta l'identificazione di L. con il "Vualdo qui et Lanzo iudex", la sua presenza, come già accennato, è attestata nei documenti fino alla fine degli anni Cinquanta dell'XI secolo.
Il racconto di Galvano Fiamma sulla prigionia di L. nella torre dei Moriggi e il suo invio in esilio dopo il 1045 è da ritenersi privo di fondamento (Manipulus florum, col. 623; Chronicon maius, p. 616).
Non sono noti né il luogo, né la data di morte di Lanzone.
Fonti e Bibl.: G. Fiamma, Chronica Mediolani seu Manipulus florum, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XI, Mediolani 1727, coll. 621-623 (capp. CXLV-CXLVII); Arnulphus Mediolanensis, Liber gestorum recentium, a cura di L.C. Bethmann - W. Wattenbach, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, VIII, Hannoverae 1848, pp. 16 s. (l. II, capp. 18 s.); Landulphus Senior, Historia Mediolanensis, a cura di L.C. Bethmann - W. Wattenbach, ibid., pp. 62-65 (l. II, capp. 26 s.); Die Urkunden Heinrichs III., a cura di H. Bresslau - P. Kehr, ibid., Diplomata, V, Berlin 1957, nn. 131 s.; G. Fiamma, Chronicon maius, a cura di A. Ceruti, in Miscellanea di storia italiana, VII, Torino 1869, p. 616; I placiti del "Regnum Italiae", a cura di C. Manaresi, III, 1, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XCVII, Roma 1960, nn. 364 s., 368, 379; Gli atti privati milanesi e comaschi del secolo XI, III, 2, a cura di G. Vittani - C. Manaresi, Milano 1965, nn. 169, 218, 228, 294, 303, 305; G. Giulini, Memorie spettanti alla storia, al governo e alla descrizione della città e campagna di Milano ne' secoli bassi, II, Milano 1854, pp. 198-200, 271-275, 327; A. Amati, Ariberto e L. ossia Il risorgimento del Comune di Milano, Milano 1865, passim; E. Steindorff, Jahrbücher des deutschen Reichs unter Heinrich III., I, Leipzig 1874, pp. 239, 240 n., 241 s.; O. Kurth, Landulf der ältere von Mailand, Halle an der Saale 1885, p. 37; C. Pellegrini, I santi Arialdo ed Erlembaldo. Storia di Milano nella seconda metà del secolo XI, Milano 1897, pp. 21-27; App. III, pp. 501-504; A. Colombo, Milano feudale e comunale, Milano 1928, pp. 94, 109 n.; G. Zanetti, Il Comune di Milano dalla genesi del consolato fino all'inizio del periodo podestarile, in Arch. stor. lombardo, LX (1933), pp. 70-133 passim; A. Bosisio, Prospettive storiche sull'età precomunale e comunale in Milano, in Arch. stor. italiano, XCIV (1936), 1, pp. 201-216; A. Visconti, Storia di Milano, Milano 1937, ad ind.; C. Violante, La società milanese nell'età precomunale, Bari 1953, pp. 204-213; G.L. Barni, Dalla morte di Corrado a quella dell'arcivescovo Ariberto (1039-1045), in Storia di Milano, III, Dagli albori del Comune all'incoronazione di Federico Barbarossa (1002-1152), Milano 1954, pp. 93-110; C. Violante, La pataria milanese e la riforma ecclesiastica, I, Le premesse (1045-1057), Roma 1955, pp. 36 s.; G. Corradi, L. da C., in Grande Diz. enciclopedico, VII, Torino 1958, p. 682; M. Marzorati, Ariberto, in Diz. biogr. degli Italiani, IV, Roma 1962, p. 150; H. Keller, Die soziale und politische Verfassung Mailands in den Anfängen des kommunalen Lebens, in Historische Zeitschrift, CCXI (1970), 1, pp. 37, 50-55; G. Martini, Lo spirito cittadino e le origini della storiografia comunale lombarda, in I problemi della civiltà comunale. Atti del Congresso storico intern. per l'VIII centenario della I Lega lombarda, Bergamo… 1967, a cura di C.D. Fonseca, Milano 1971, p. 143; C. Violante, Aspetti della politica italiana di Enrico III prima della sua discesa in Italia (1039-1046), in Id., Studi sulla cristianità medioevale, Milano 1972, pp. 280, 283-285, 288; H. Keller, Adelsherrschaft und städtische Gesellschaft in Oberitalien: 9. bis 12. Jahrhundert, Tübingen 1979, pp. 209 s.; Id., Der Übergang zur Kommune: zur Entwicklung der italienischen Stadtverfassung im 11. Jahrhundert, in Beiträge zum hochmittelalterlichen Stadtwesen, a cura di B. Diestelkamp, Köln-Wien 1982, pp. 66, 71; B. Stock, The implications of literacy. Written language and models of interpretation in the eleventh and twelfth centuries, Princeton 1983, pp. 158 s., 165, 173, 188, 192, 236; R. Bordone, La società cittadina del Regno italico, Torino 1987, pp. 63-67; G. Picasso, La Chiesa vescovile: dal crollo dell'Impero carolingio all'età di Ariberto (882-1045), in Diocesi di Milano, I, Milano 1990, p. 162; G. Tabacco, Le strutture del Regno italico fra XI e XII secolo, in Id., Sperimentazioni del potere nell'Alto Medioevo, Torino 1993, pp. 120, 122; Id., Le istituzioni di orientamento comunale nell'XI secolo, ibid., pp. 357, 360 s.; H. Keller, Mailand im 11. Jahrhundert. Das Exemplarische an einem Sonderfall, in Die Frühgeschichte der europäischen Stadt im 11. Jahrhundert, a cura di J. Jarnut - P. Johanek, Köln 1998, pp. 81-104; O. Capitani, Storia dell'Italia medievale, Bari 1999, p. 265; La vassallità maggiore nel Regno italico: i capitanei nei secoli XI e XII. Atti del Convegno, Verona… 1999, a cura di A. Castagnetti, Roma 2001, ad indicem.